Carcere per il malato: bilancio tra diritto alla salute e tutela della collettività

Per la valutazione delle condizioni di salute del detenuto e del loro livello di gravità, la struttura dell’art. 275, comma 4 bis, c.p.p. presuppone l’accertamento giudiziale non solo della patologia, ma anche delle reali disponibilità di diagnosi, terapia e cura e di una pronta allocazione presso una struttura in grado di garantirle. Solo all’esito di tale verifica l’Autorità giudiziaria può trarre le conclusioni di sua esclusiva competenza circa la possibilità di bilanciare il diritto alla salute con le esigenze di difesa della collettività.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 49237, depositata il 26 novembre 2014. Il fatto. Il Tribunale di Catania rigettava l’appello proposto dall’indagato in stato di custodia cautelare in carcere, avverso l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari che aveva respinto l’istanza di arresti domiciliari. Il Tribunale argomentava che, tenuto conto della peculiare patologia da cui è affetto l’indagato, la riscontrata necessità di periodici controlli clinici e strumentali, non determina di per sé uno stato d’incompatibilità rilevante ex art. 275, comma 4 bis , c.p.p., ai fini dell’operatività del divieto di custodia cautelare. Infatti, sosteneva il Tribunale, il presupposto applicativo di tale disposizione è da ravvisare in uno stato morboso in atto cui si possa ovviare mediante il trasferimento del detenuto in idonei centri clinici penitenziari. Contro tale ordinanza propone ricorso per cassazione l’indagato, il quale lamenta mancanza e manifesta illogicità della motivazione circa la sussistenza dei presupposti per il mantenimento della custodia cautelare in carcere. Divieto di custodia cautelare in carcere. Intervenuto il Collegio, ricorda innanzitutto che l’art. 275, comma 4 bis , c.p.p. stabilisce un divieto generale in forza del quale non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere, quando l’imputato sia affetto da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria ovvero da altra malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue condizioni di salute risultino incompatibili con lo stato di detenzione o, comunque, siano tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione. Valutare le condizioni di salute in concreto. Secondo la Corte, la valutazione delle condizioni di salute del detenuto e del loro livello di gravità da porre in correlazione, da un lato, con la tutela della salute, garantita dall’art. 32 della Costituzione e, dall’altro, con le esigenze di difesa della collettività a fronte della commissione di gravi delitti, richiede un’attenta valutazione da effettuare non in astratto rispetto alle potenzialità di diagnosi, terapia e cura offerte dalle strutture dell’amministrazione penitenziaria, bensì in concreto con riferimento alle effettive possibilità offerte dal circuito penitenziario. Verificare la disponibilità di strutture idonee a garantire le necessità di diagnosi e cura della patologia. Nel caso in esame, ritiene il Collegio, l’ordinanza impugnata non ha rispettato tali principi. Infatti, dopo aver dato atto delle risultanze della perizia svolta - attestanti la gravità della patologia cardiaca dell’indagato, la necessità di periodici controlli clinici e strumentali, preordinati alla valutazione nel tempo delle condizioni patologiche e alla pianificazione della terapia farmacologica più congrua, anche a mezzo di brevi ricoveri presso ambienti specialistici esterni al circuito carcerario - ha omesso di verificare l’effettiva disponibilità di strutture e di posti idonei a garantire in maniera concreta e tempestiva le necessità di diagnosi e cura della patologia da cui è affetto l’indagato. Accertamento giudiziale. Invero, la struttura dell’art. 275, comma 4 bis , c.p.p. presuppone proprio l’accertamento giudiziale non solo della patologia, ma anche delle reali disponibilità di diagnosi, terapia e cura e di una pronta allocazione presso una struttura in grado di garantirle. Solo all’esito di tale verifica l’Autorità giudiziaria può trarre le conclusioni di sua esclusiva competenza circa la possibilità di bilanciare il diritto alla salute con le esigenze di tutela della collettività. Per tutti questi motivi, la S.C. ha annullato l’ordinanza impugnata e rinviato per nuovo esame al Tribunale di Catania.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 3 ottobre – 26 novembre 2014, n. 49237 Presidente Chieffi – Relatore Cassano Ritenuto in fatto 1. Il 2 maggio 2014 il Tribunale di Catania, costituito ai sensi dell'art. 310 c.p.p., rigettava l'appello proposto da F.F. - in stato di custodia cautelare in carcere per i delitti di cui agli artt. 416-bis c.p. e 12-quinquies L. n. 356 del 1992 - avverso l'ordinanza del giudice per le indagini preliminari del locale Tribunale che, in data 16 settembre 2013, aveva respinto l'istanza di arresti domiciliari con autorizzazione a recarsi, secondo le necessità e il programma terapeutico, presso il centro cuore . Il Tribunale osservava che dalla relazione del perito nominato dal giudice per le indagini preliminari e dall'ulteriore perizia effettuata dal Dott. V. e disposta dopo i rilievi svolti dalla difesa emergeva che lo stato di salute di F. - affetto da cardiopatia ischemica cronica rivascolarizzata mediante PTCA e DES su CDX, stenosi critica residua su IVA e MO1m, ipertensione arteriosa, dislipidemia, angina pectoris da discrepanza - non era adeguato all'attuale stato di custodia cautelare in carcere, sussistendo la necessità di uno stretto controllo dei fattori di rischio, attuabile in una struttura più adeguata rispetto a quella ove in atto si trovava detenuto al momento della decisione. Il perito segnalava altresì che, ai fini di una valutazione scientificamente più appropriata della riserva coronarica residua, era stata programmata una scintigrafia miocardica con stress farmacologico, ma che la stessa non era stata eseguita per difficoltà logistiche ed operative. Il Tribunale argomentava che, proprio tenuto conto della peculiarità della patologia da cui è affetto l'indagato, la riscontrata necessità di periodici controlli, clinici e strumentali, preordinati alla valutazione nel tempo delle condizioni patologiche e alla pianificazione della terapia farmacologica più congrua - anche eventualmente a mezzo di brevi ricoveri presso ambienti specialistici esterni al circuito carcerario - non determina di per sé uno stato d'incompatibilità rilevante ex art. 275, comma 4-bis, c.p.p., ai fini dell'operatività del divieto di custodia cautelare in carcere. Il presupposto applicativo di tale disposizione è, infatti, da ravvisare in uno stato morboso in atto cui non si possa ovviare mediante il trasferimento del detenuto in idonei centri clini ci dell'amministrazione penitenziaria. 2. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, F. , il quale lamenta mancanza e manifesta illogicità della motivazione circa la sussistenza dei presupposti per il mantenimento della custodia cautelare in carcere. Osserva che dalla relazione del Dott. V. emerge chiaramente che la condizione cui è subordinato il giudizio di compatibilità delle condizioni di salute dell'indagato con lo stato di detenzione in carcere è la possibilità di usufruire di continui controlli. Sottolinea, inoltre, che dall'elaborato peritale risulta che le difficoltà logistico e organizzative, imputabili all'amministrazione penitenziaria, hanno determinato l'incompleta anamnesi del malato, impedendo al perito e al Tribunale di conoscerne con esattezza il quadro clinico. Tale dato è stato pretermesso dai giudici territoriali che non hanno adeguatamente considerato i limiti ad un'anamnesi completa denunziati dal perito. Osserva che, per valutare la compatibilità delle condizioni di salute di F. con lo stato di detenzione in carcere, occorre avere riguardo alle reali e concrete possibilità offerte dal sistema penitenziario e che è lo stesso Tribunale ad ammettere l'inadeguatezza del centro clinico della casa circondariale di omissis . Evidenzia, infine, che il Tribunale, pur avendo affermato che, ai fini dell'applicazione dell'art. 275, comma 4 bis c.p.p., il giudizio di compatibilità deve essere svolto non solo in astratto, ma anche in concreto, ha omesso di indicare il centro clinico penitenziario più idoneo, demandando al DAP l'individuazione della struttura più idonea. Sottolinea, infine, che l'unica struttura qualificata come altamente specializzata nella Sicilia orientale è situata a ben centocinquanta chilometri di distanza dalla casa circondariale di . Osserva in diritto Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito precisate. 1. L'art. 275, comma 4-bis, c.p.p. stabilisce un divieto generale in forza del quale non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere, quando l'imputato sia persona affetta da AIDS conclamato o da grave deficienza immunitaria ovvero da altra malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue condizioni di salute risultino incompatibili con lo stato di detenzione o, comunque, siano tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione. In coerenza con tale previsione occorre che, ai sensi dell'art. 275, comma 4-ter c.p.p., il giudice accerti, fornendo specifica e puntuale motivazione, la sussistenza delle seguenti condizioni a l'adeguatezza della struttura penitenziaria in relazione alla specifica patologia da cui risulta affetta la persona b la compatibilità tra le condizioni di salute dell'indagato o imputato e la permanenza in carcere c la configurabilità di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, fondate su un pericolo di spiccata rilievo, quali desumibili da elementi concreti e specifici. 2.L'art. 11, comma 2, legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modifiche, espressamente richiamato dall'art. 240 d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271 disposizioni di attuazione, di coordinamento e transitorie del cod. proc. pen. , postula, a sua volta, una malattia non particolarmente grave oppure una patologia, pur grave, che si profili contingente e rimettibile con interventi e/o terapie praticabili in regime di temporaneo trasferimento in ospedali civili o in luoghi esterni di cura, fermo lo stato di detenzione in carcere. 3. La valutazione delle condizioni di salute del detenuto e del loro livello di gravità da porre in correlazione, da un lato, con la tutela della salute, garantita a livello costituzionale art. 32 Cost. e, dall'altro, con le esigenze di difesa della collettività a fronte della commissione di gravi delitti, espressivi di elevata pericolosità sociale, richiede un'attenta valutazione da effettuare non in astratto rispetto alle potenzialità di diagnosi, terapia e cura offerte dalle strutture dell'amministrazione penitenziaria, bensì in concreto con riferimento alle effettive possibilità offerte dal circuito penitenziario, tenuto conto anche dei centri e dei posti ivi realmente disponibili rispetto alle specifiche esigenze poste dalla patologia del detenuto, nonché delle possibilità di un celere trasferimento presso gli stessi. 4. Nel caso in esame il provvedimento impugnato non ha rispettato i principi sopra illustrati, essendo caratterizzato da un'evidente aporia logica tra le regole enunciate e la loro applicazione. Infatti, dopo avere dato atto delle risultanze della perizia svolta dal Dott. V. , attestanti la gravità della patologia cardiaca di F. , la non radicale eliminazione dei rischi di instabilizzazione del quadro clinico, l'impossibilità di svolgimento della scintigrafia miocardica con stress farmacologico per difficoltà logistiche ed operative, la necessità di periodici controlli clinici e strumentali e la necessità di uno stretto controllo dei fattori di rischio presso un centro clinico dell’amministrazione penitenziaria, ha omesso di verificare, anche mediante la richiesta di informazioni al competente Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, l'effettiva disponibilità di strutture e di posti idonei a garantire in maniera concreta e tempestiva le necessità di diagnosi e cura della patologia da cui è affetto F. . Il rinvio all'adozione dei provvedimenti più consoni rispetto alla malattia dell’indagato da parte dell’Amministrazione penitenziaria si risolve in un'inversione logica della struttura dell’art. 275, comma 4-bis c.p.p. che, ai fini del giudizio finale di compatibilità o meno delle condizioni di salute della persona con lo stato di detenzione in carcere, presuppone l'accertamento giudiziale non solo della patologia stessa, ma anche delle reali disponibilità di diagnosi, terapia e cura e di una pronta allocazione presso una struttura in grado di garantirle. Solo all'esito di tale verifica l'Autorità giudiziaria può trarre le conclusioni di sua esclusiva competenza circa la possibilità di bilanciare il diritto alla salute della persona con le esigenze di tutela della collettività. Per tutte queste ragioni s'impone l'annullamento dell'ordinanza impugnata e il rinvio per nuovo esame al Tribunale di Catania. La cancelleria dovrà provvedere all'adempimento prescritto dall'art. 94, comma 1 ter, disp. att. c.p.p P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Catania. Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell'istituto penitenziario ai sensi dell'art. 94, comma 1 ter , disp. att. c.p.p