Azienda in crisi, ma forse qualcosa si poteva ancora fare…non esclusa la punibilità

Il reato di omesso versamento di ritenute certificate comporta l’indebita appropriazione di somme altrui di cui si ha la detenzione e tale evenienza rende irrilevanti eventuali difficoltà economiche impreviste, o la circostanza che non sia stata rilasciata al sostituto alcuna certificazione o quella del rilascio di certificazione mendace.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 49214, depositata il 26 novembre 2014. Il caso. Il gup del tribunale di Bergamo assolveva il legale rappresentante di una società per non aver versato le ritenute risultanti dalla certificazione, rilasciata ai sostituti d’imposta, relativi all’anno 2009. Alla base della decisione, la momentanea difficoltà economica, che avrebbe escluso la volontà di evadere le imposte. Il pm, però, non ci sta e ricorre in Cassazione, deducendo che per il reato di omesso versamento di ritenute certificate previsto dall’art. 10- bis d.lgs. n. 74/2000 è sufficiente il dolo generico, non rilevando la circostanza di crisi dell’azienda. La Corte di Cassazione ricorda che la condotta contestata comporta l’indebita appropriazione di somme altrui di cui si ha la detenzione e tale evenienza rende irrilevanti eventuali difficoltà economiche impreviste, o la circostanza che non sia stata rilasciata al sostituto alcuna certificazione o quella del rilascio di certificazione mendace. Dolo generico e relativa prova. Il reato è punibile a titolo di dolo generico, essendo necessaria la mera consapevolezza della condotta omissiva, come affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 37425/2013 . Prove del dolo sono il rilascio della certificazione al sostituito e della presentazione della dichiarazione annuale del sostituto Mod. 770 , che riporta le trattenute effettuate, la loro data ed ammontare, nonché i versamenti relativi. Inoltre, nel precedente richiamato si era sottolineato il collegamento intercorrente tra il debito verso il fisco relativo al versamento delle ritenute e l'erogazione degli emolumenti ai collaboratori, per cui, quando queste ultime vengono effettuate dal sostituto d'imposta, insorge a carico del datore l’obbligo di accantonare le somme dovute all'Erario e di organizzare su scala annuale le risorse disponibili in modo da poter adempiere all'obbligazione tributaria. Stato di necessità. In seguito ulteriori pronunce della Cassazione tra cui Cass n. 15416/2014 avevano escluso l’applicabilità dello stato di necessità ex art. 54 c.p., in quanto mancavano i presupposti per la sua applicabilità nelle ipotesi in cui si ritenga di privilegiare il pagamento delle retribuzioni ai dipendenti per evitare licenziamenti, si sia dovuto pagare i debiti ai fornitori, pena il fallimento della società oppure si sia verificata la mancata riscossione di crediti vantati e documentati, spesso nei confronti dello Stato. Impossibilità assoluta. Ciò non si pone in contrasto con altre decisioni ex multiis , Cass. n. 10813/2014 , in cui si è ammessa la possibilità in astratto di casi in cui si poteva invocare l’assenza del dolo o l'assoluta impossibilità di adempiere l'obbligazione. Tuttavia, l'imputato doveva dimostrare che le difficoltà finanziarie non fossero a lui imputabili e che le stesse, inoltre, non avrebbero potuto essere altrimenti fronteggiate con idonee misure, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale. Nel caso di specie, non era stata dimostrata l’impossibilità assoluta di adempimento dell’obbligazione, non bastando il valore dato ai bilanci della società. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione ai giudici di merito.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 6 – 26 novembre 2014, numero 49214 Presidente Squassoni – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. II Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Bergamo, con sentenza del 14.11.2013, emessa a seguito di giudizio abbreviato conseguente ad opposizione a decreto penale di condanna, ha assolto A.M., perché il fatto non costituisce reato, dal delitto di cui all'art. 10-bis d.lgs. 74\2000 contestatogli perché, in qualità di legale rappresentante della società BRA-MAR s.r.l. , non versava, essendone obbligato, nei termini previsti per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, le ritenute risultanti dalla certificazione, rilasciata ai sostituti di imposta, per il periodo di imposta 2009, per un ammontare pari ad euro 107.506,00. Avverso tale pronuncia propone ricorso immediato per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Brescia. 2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge, rilevando che l'imputato è stato assolto sul presupposto che difettasse la coscienza e volontà di evadere le imposte, dal momento che la società che egli rappresenta versava, negli anni 2008 e 2009, in condizioni di grave crisi finanziaria, come dimostrato dai bilanci. Aggiunge il Pubblico Ministero ricorrente che tale assunto si pone in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha sempre affermato che il reato de quo è integrato dal dolo generico, non rilevando quindi la circostanza della momentanea difficoltà economica. Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto l. II ricorso è fondato. Il reato in esame, come è noto, si consuma con il mancato versamento, per un ammontare superiore ad euro cinquantamila, delle ritenute complessivamente risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti entro la scadenza del termine finale per la presentazione della dichiarazione annuale. La condotta comporta, sostanzialmente, la indebita appropriazione di somme altrui di cui si ha la detenzione e tale evenienza, come pure si è ricordato ritenendo manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della disposizione in esame per asserito contrasto con l'art. 3 Cost. Sez. III numero 10120, 11 marzo 2011 , rende del tutto irrilevanti eventuali difficoltà economiche impreviste, o la circostanza che non sia stata rilasciata al sostituto alcuna certificazione o quella del rilascio di certificazione mendace. Inoltre, quanto all'elemento soggettivo, questa Corte ha già avuto modo di affermare che il reato è punibile a titolo di dolo generico, richiedendo la mera consapevolezza della condotta omissiva sez. III numero 25875, 7 luglio 2010. V. anche SS.UU numero 37425, 12 settembre 2013 . La prova del dolo, secondo la citata pronuncia delle Sezioni Unite, è insita, in genere, nella duplice circostanza del rilascio della certificazione al sostituito e della presentazione della dichiarazione annuale del sostituto Mod. 770 , che riporta le trattenute effettuate, la loro data ed ammontare, nonché i versamenti relativi. Sempre nella medesima decisione, le Sezioni Unite hanno posto in evidenza il collegamento intercorrente tra il debito verso il fisco relativo al versamento delle ritenute l'erogazione degli emolumenti ai collaboratori, con la conseguenza che, quando queste ultime vengono effettuate dal sostituto d'imposta, insorge a suo carico un obbligo di accantonamento delle somme dovute all'Erario e di organizzazione su scala annuale delle risorse disponibili in modo da poter adempiere all'obbligazione tributaria. 2. La questione è stata nuovamente affrontata da questa Corte dopo la pronuncia delle Sezioni Unite di cui si è appena detto, proprio con riferimento ad un caso analogo a quello oggetto del presente procedimento e riguardante una pronuncia assolutoria del medesimo Tribunale sostanzialmente negli stessi termini di quella oggi impugnata. In tale decisione Sez. III numero 20266, 15 maggio 2014 , richiamate le affermazioni del supremo organo nomofilattico e precedenti arresti di questa Sezione Sez. III numero 15416, 4 febbraio 2014, non massimata Sez. III numero 5467, 4 febbraio 2014 numero 37528, 13 settembre 2013 si esclude esplicitamente l'applicabilità dello stato di necessità di cui all'art. 54 cod. penumero , difettando i presupposti per l'applicabilità di tale scriminante nelle diverse ipotesi in cui si ritenga di privilegiare il pagamento delle retribuzioni ai dipendenti per evitare licenziamenti, si sia dovuto pagare i debiti ai fornitori, pena il fallimento della società ovvero si sia verificata la mancata riscossione di crediti vantati e documentati, spesso nei confronti dello Stato. Si rileva inoltre che tale orientamento non si pone in contrasto con altre decisioni Sez. III numero 10813, 6 marzo 2014, non massimata Sez. III numero 5467, 4 febbraio 2014. V. anche Sez. III numero 3124, 23 gennaio 2014 nelle quali si ammette la possibilità in astratto di casi - il cui apprezzamento è devoluto al giudice del merito e come tale è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato - nei quali possa invocarsi l'assenza del dolo o l'assoluta impossibilità di adempiere l'obbligazione tributaria, a condizione, però, che l'imputato dimostri che le difficoltà finanziarie non siano a lui imputabili e che le stesse, inoltre, non avrebbero potuto essere altrimenti fronteggiate con idonee misure anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale. 3. Avuto riguardo ai principi dianzi richiamati, i quali sono pienamente condivisi dal Collegio, che intende farli propri, deve rilevarsi come, nella fattispecie in esame, l'impossibilità assoluta di adempimento al debito tributario nei termini appena specificati non risulta affatto dimostrata, nulla evidenziando, in tal senso, quanto riportato nei bilanci valorizzati dal giudice del merito. Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio alla Corte di appello di Brescia ai sensi dell'art. 569, comma 4 cod. proc. penumero P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Brescia. Così deciso in data 6.11.2014