Lavori in corso, ma il giudice non deve aspettare educatamente per sequestrare il manufatto abusivo

L’esigenza di impedire la prosecuzione di lavori di edificazione di un immobile abusivo ancora in atto è una condizione di per sé sufficiente per disporre e mantenere il sequestro preventivo del manufatto e dell’area ove lo stesso insiste, indipendentemente dalla natura ed entità degli interventi ancora da eseguire per completare l’immobile in ogni sua parte e ritenere così perfezionato il reato.

Lo afferma la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 49220, depositata il 26 novembre 2014. Il caso. Il tribunale di Roma confermava il sequestro preventivo, disposto dal gip di Tivoli, di un manufatto in corso di realizzazione su un terreno agricolo, di proprietà del Comune, gravato da uso civico e situato in zona sismica. L’indagata era priva dei necessari titoli abilitativi o di altri titoli giustificativi della disponibilità del terreno. La donna ricorreva in Cassazione, lamentando la mancanza di fumus e periculum per giustificare il sequestro deduceva che non fosse stata adeguatamente valutata la situazione sussistente al momento dell’adozione del sequestro, in particolar modo in riferimento alla concreta possibilità che la libera disponibilità del bene potesse assumere un carattere strumentale rispetto all’agevolazione della commissione di altri reati dello stesso tipo. La Corte, però, dichiara inammissibile il ricorso innanzitutto, la ricorrente ha opposto delle censure volte ad una valutazione alternativa delle circostanze di merito. In secondo luogo, era un dato di fatto che la donna stava realizzando un manufatto la cui esecuzione era in corso di esecuzione al momento del sequestro su un’area di proprietà comunale, gravata da uso civico ed avente destinazione agricola, sottoposta a vincolo paesaggistico e soggetta a normativa antisismica. Erano, quindi necessari dei titoli abilitativi di cui la ricorrente non disponeva. Sequestro a lavori in corso. I giudici di legittimità ricordano, infine, che l’esigenza di impedire la prosecuzione di lavori di edificazione di un immobile abusivo ancora in atto è una condizione di per sé sufficiente per disporre e mantenere il sequestro preventivo del manufatto e dell’area ove lo stesso insiste, indipendentemente dalla natura ed entità degli interventi ancora da eseguire per completare l’immobile in ogni sua parte e ritenere così perfezionato il reato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, ordinanza 6 – 26 novembre 2014, n. 49220 Presidente Squassoni – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. II Tribunale di Roma, con ordinanza del 7/7/2014, ha confermato, quale giudice del riesame, il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Tivoli il 3/6/2014 nei confronti di T.S. e concernente un manufatto delle dimensioni di m. 9,25 X 9,55, con altezza minima di m. 3,50 e massima di m. 6,80, in corso di realizzazione su terreno a destinazione agricola, di proprietà comunale, gravato da uso civico e ubicato in zona sismica, in assenza dei necessari titoli abilitativi e di qualsivoglia titolo giustificativo della disponibilità del terreno in capo all'indagata. Avverso tale pronuncia la predetta propone personalmente ricorso per cassazione. 2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rilevando che i giudici del riesame non avrebbero indicato quali elementi siano stati valutati per ritenere la sussistenza del fumus del reato, stante la carenza di documentazione all'interno del fascicolo processuale e l'assenza di riferimenti su tempi e modalità dell'intervento edilizio. Quanto al periculum, assume che non sarebbe stata adeguatamente valutata la situazione sussistente al momento dell'adozione del sequestro, segnatamente con riferimento alla concreta possibilità che la libera disponibilità del bene assuma carattere strumentale rispetto alla agevolazione della commissione di altri reati della stessa specie. Insiste, pertanto, per l'accoglimento dei ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. Il Tribunale del riesame, nel dare contezza dei fatti oggetto di provvisoria incolpazione, ha posto in evidenza che il manufatto in corso di realizzazione da parte della ricorrente insiste su area di proprietà comunale gravata da uso civico ed avente destinazione agricola, sottoposta a vincolo paesaggistico e soggetta alla normativa antisismica. La realizzazione dell'intervento edilizio richiedeva, pertanto, il preventivo rilascio di una pluralità di titoli abilitativi dei quali la ricorrente è risultata non disporre. I giudici del riesame hanno peraltro evidenziato come difettasse anche, in capo alla medesima ricorrente, qualsivoglia titolo giustificativo della legittima disponibilità del terreno interessato dai lavori. Tali evenienze, opportunamente poste in rilievo nel provvedimento impugnato, rendono palese la astratta configurabilità dei reati ipotizzati. 2. A fronte di tale evidenza, la ricorrente oppone censure del tutto generiche, il cui laconico contenuto, privo di qualsivoglia riferimento concreto alle motivazioni del Tribunale, consentirebbe comunque di rilevarne la inammissibilità. Nondimeno, dette censure appaiono anche manifestamente infondate laddove lamentano l'assenza di documentazione e riferimenti concreti alla condotta contestata, poiché i giudici dei riesame hanno chiaramente posto in rilievo la presenza in atti degli accertamenti effettuati dal Corpo Forestale e dalla Polizia locale, corredate da rilievi fotografici e dalla relazione del responsabile dell'ufficio tecnico comunale, il contenuto dei quali ha consentito di apprezzare consistenza e stato di avanzamento dei lavori. 3. Altrettanto puntualmente il Tribunale ha rilevato come, sempre dalla suddetta documentazione, sia possibile constatare che, all'atto dei sequestro, l'intervento abusivo era in corso di esecuzione. Tale evenienza è stata dunque correttamente valutata, dando atto che la libera disponibilità del bene avrebbe consentito l'ultimazione dei lavori ed il consolidamento dell'opera abusiva e così ritenendo la piena sussistenza del periculum, considerato, peraltro, ulteriormente rafforzato dall'assenza della legittima disponibilità dell'area di proprietà comunale. Si tratta, anche in questo caso, di argomentazioni giuridicamente corrette, perché la consumazione in atto dell'illecito urbanistico giustificava i sequestro preventivo del manufatto abusivo. 4. Va, a tale proposito, ribadito il principio, già in precedenza affermato Sez. 3, n. 38216 del 28/09/2011, Mastrantonio, Rv. 251302 , secondo il quale l'esigenza di impedire la prosecuzione di lavori di edificazione di un immobile abusivo ancora in atto è condizione di per sé sufficiente per disporre e mantenere il sequestro preventivo del manufatto e dell'area ove lo stesso insiste, indipendentemente dalla natura ed entità degli interventi ancora da eseguire per completare l'immobile in ogni sua parte e ritenere così perfezionato il reato. Ne consegue che, anche sul punto, la infondatezza delle generiche censure formulate in ricorso risulta di macroscopica evidenza. 5. II ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità - non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa della ricorrente Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186 - consegue l'onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00 P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.