Impianto di scarico carente, fossa settica ko: condanna per il fastidio provocato al vicino appartamento

Confermata la pena dell’ammenda per la proprietaria di un ristorante. Ella è ritenuta responsabile per non avere provveduto alla manutenzione dell’impianto di scarico, nonostante gli input arrivati dal giudice civile e dal Comune. Irrilevante il fatto che si sia provveduto ricorrendo all’intervento periodico di un’azienda per la rimozione dei liquami.

Molestie davvero insopportabili, e per la vista e per l’olfatto. Fatale il precario impianto di scarico allestito dalla proprietaria di un ristorante-pizzeria, o, meglio, la consequenziale fuoriuscita di liquami dalla fossa settica. Tutto ciò a beneficio – si fa per dire, ovviamente – della famiglia che vive nel vicino appartamento. Inevitabile la condanna per la proprietaria del locale, colpevole anche per non avere rispettato gli ordini arrivati dall’Ufficio Idrico del Comune Cassazione, ordinanza n. 49213, sez. III Penale, depositata oggi . Negligenza. Come detto, il problema, evidentissimo, è una nauseabonda fuoriuscita di liquami dalla fossa settica , frutto del non idoneo impianto di scarico del ristorante-pizzeria. Conseguenza, altrettanto evidente, è la presenza, in luogo privato, ma comune , di liquidi maleodoranti, atti ad imbrattare l’area comune ed a molestare gli altri proprietari . A finire sotto accusa è la proprietaria dell’esercizio commerciale, la quale viene condannata alla pena dell’ammenda per le molestie arrecate alle persone che abitano e vivono nelle vicinanze del ristorante-pizzeria. E tale sanzione viene ora confermata anche dai giudici della Cassazione, i quali ritengono irrilevanti le obiezioni mosse dal difensore della donna e fondate, tra l’altro, sul fatto che in attesa della decisione del Tribunale civile in ordine alla sussistenza o meno di una servitù di scarico, si era provveduto ad incaricare periodicamente una ditta di rimuovere i liquami al fine di scongiurarne la fuoriuscita . Per i giudici è decisiva la constatazione che l’emissione di odori nauseabondi era stata avvertita dalla parte civile, che risiede in un appartamento ubicato accanto al ristorante-pizzeria, in occasione di alcune cene , e che i reflui erano tracimati dalla fossa settica, destinata a raccoglierli, come documentato da fotografie e dall’annotazione redatta dalla polizia giudiziaria, fatta intervenire sul posto . Per giunta, gli odori nauseabondi avevano anche provocato un malore ad un ospite Evidente la situazione di assoluta invivibilità, non attenuata dalla effettuazione di periodiche rimozioni di fanghi , anche perché, evidenziano i giudici, sarebbero stati necessari interventi più incisivi . E tale situazione, concludono i giudici, è sicuramente attribuibile alla proprietaria del ristorante-pizzeria, poiché la fuoriuscita dei liquami era dovuta ad una negligente, o nulla, manutenzione della fossa settica ed alla deliberata scelta di non adempiere alle più incisive cautele dettate dal giudice civile in via di urgenza e dall’amministrazione comunale .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, ordinanza 6 – 26 novembre 2014, n. 49213 Presidente Squassoni – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. II Tribunale di Marsala, con sentenza del 14.3.2013 ha dichiarato A.G.I. responsabile del reato di cui all'art. 674 cod. pen. e l'ha condannata alla pena dell'ammenda perché, quale proprietaria del ristorante pizzeria denominato Sole Sale , non realizzando un idoneo impianto di scarico, che generava una fuoriuscita di liquami dalla fossa settica, versava in luogo privato ma comune, liquidi maleodoranti atti ad imbrattare l'area comune ed a molestare gli altri proprietari in Marsala, fino al mese di agosto 2010 . Avverso tale pronuncia la predetta propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, Avv. G.P. 2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, lamentando che l'affermazione di penale responsabilità sarebbe stata basata dal giudice del merito sul mancato adempimento di quanto stabilito dal giudice civile in sede di ricorso ai sensi dell'art. 700 cod. proc. civ. e di ciò che aveva ordinato l'Ufficio Idrico dei Comune. Rileva, a tale proposito, che, contrariamente a quanto ritenuto in sentenza, travisando il fatto, l'impianto era stato adeguato fin dal 2006 e di tale circostanza aveva dato atto il giudice civile con ordinanza del 19.7.2011. Aggiunge che la ritenuta sussistenza dell'elemento psicologico del reato mal si conciliava con il fatto che, in attesa della decisione del Tribunale civile in ordine alla sussistenza o meno di una servitù di scarico, si era provveduto ad incaricare periodicamente una ditta di rimuovere il liquami al fine di scongiurarne la fuoriuscita. Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. Le argomentazioni sviluppate nell'atto di impugnazione appaiono articolate quasi esclusivamente in fatto, con richiami ad atti del processo l'accesso ai quali è precluso al giudice di legittimità ed a provvedimenti del giudice civile che non sono stati neppure allegati, difettando così anche il requisito dell'autosufficienza del ricorso. 2. In ogni caso, emerge con chiarezza, dalla sentenza impugnata, anche la manifesta infondatezza dei motivi posti a sostegno dell'impugnazione. Invero, il giudice del merito ha posto chiaramente in evidenza che l'accertamento di penale responsabilità dell'imputata è stato effettuato sulla base di riscontri testimoniali e documentali, dei quali viene dato compiutamente atto nella motivazione. Rileva infatti il Tribunale che l'emissione di odori nauseabondi era stata avvertita dalla parte civile, che risiede in un appartamento ubicato accanto al ristorante-pizzeria dell'imputata, in occasione di alcune cene e che, effettuando una verifica, si constatava che i reflui erano tracimati dalla fossa settica destinata a raccoglierli, come documentato da fotografie in atti e dall'annotazione redatta dalla polizia giudiziaria fatta intervenire sul posto, causando odori nauseabondi che, in un'occasione, avevano provocato anche un malore ad un ospite. 11 Tribunale riporta anche i contenuti della deposizione di uno dei testi escussi ed osserva, con riferimento ai mancati adempimenti a quanto disposto in via d'urgenza dal giudice civile e dall'Ufficio idrico del Comune, che gli stessi erano dimostrati proprio dalla documentazione prodotta dall'imputata, dalla quale emergeva la effettuazione di periodiche rimozioni di fanghi in luogo di più incisivi interventi, circostanza, quest'ultima, pacificamente riconosciuta anche in ricorso, come in precedenza indicato. Diversamente da quanto affermato nell'atto di impugnazione, dunque, l'accertamento sulla sussistenza del reato risulta effettuata sulla base di plurimi elementi acquisiti nel corso dell'istruzione dibattimentale, opportunamente valutati dal giudice del merito con argomentazioni coerenti e logiche, non suscettibili di censura in questa sede. Anche le argomentazioni sviluppate in ordine al mancato adempimento di quanto stabilito dal giudice civile e dall'autorità comunale risultano immuni da critiche, perché fondati anch'essi su una motivazione ineccepibile che, tenendo conto del dato documentale, ne evidenzia la discrepanza con quanto oggetto di diretto accertamento. 3. La sentenza risulta infine corretta anche laddove ritiene pienamente dimostrato l'elemento soggettivo del reato. L'ipotesi contravvenzionale in esame è qualificata come reato di pericolo, cosicché per la sua configurazione è necessaria esclusivamente l'astratta attitudine delle cose gettate o versate a cagionare effetti dannosi ed è sufficiente la colpa, configurabile in tutti i casi in cui venga riscontrata l'attivazione di impianti pericolosi ovvero venga accertata la colposa omissione di cautele atte ad impedire il verificarsi della situazione di pericolo. Nella fattispecie, sulla base di quanto illustrato in sentenza, appare evidente che il giudice del merito ha correttamente attribuito la fuoriuscita dei liquami ad una negligente o nulla manutenzione della fossa settica ed alla deliberata scelta di non adempiere alle più incisive cautele dettate dal giudice civile in via di urgenza e dall'amministrazione comunale. Così facendo, il Tribunale risulta correttamente allineato alla giurisprudenza di questa Corte, la quale ha avuto già modo di precisare che il reato di getto o versamento pericoloso di cose, previsto nella prima parte dell'art. 674 cod. pen., è configurabile sia in forma omissiva che in forma commissiva mediante omissione cosiddetto reato omissivo improprio ogniqualvolta il pericolo concreto per la pubblica incolumità derivi anche dalla omissione, dolosa o colposa, del soggetto che aveva l'obbligo giuridico di evitarlo Sez. III n. 16286, 17 aprile 2009. V. anche Sez. III n. 6419, 11 febbraio 2008 . 4. II ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità - non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa della ricorrente Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186 - consegue l'onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.