Violenta la nuora: i rapporti familiari tesi non sono un'attenuante

Ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale art. 609 bis c.p. per atto sessuale deve intendersi non solo ogni forma di congiunzione carnale, ma anche qualsiasi atto che comporti un contatto corporeo con la vittima e comprometta la libertà sessuale del soggetto passivo insinuandosi nella sfera sessuale con la violenza e la costrizione. A nulla rilevano le finalità e il contesto familiare in cui tale condotta sia posta in essere.

E’ stato così deciso nella sentenza n. 48999, della Corte di Cassazione, depositata il 25 novembre 2014. Il caso. Il Gip applicava la misura degli arresti domiciliari all’indagato del reato di cui all’art. 609 bis c.p. violenza sessuale , perché con violenza e minaccia costringeva la nuora a subire atti sessuali. Il Tribunale confermava il provvedimento cautelare. L’atto era più violento che sessuale, tenuto conto del contesto? Il difensore dell’indagato ha proposto ricorso per cassazione lamentando la violazione ed erronea applicazione della legge processuale in conseguenza del travisamento del fatto posto a fondamento del provvedimento impugnato. Secondo la tesi del ricorrente, nel caso di specie ricorreva l’ipotesi attenuata di cui all’art. 609 bis , comma 3, c.p., prevista per i casi di minor gravità, essendo gli atti posti in essere nell’ambito di una contesa familiare circa la proprietà di un immobile, quindi la condotta era connotata più da violenza che da profili di natura sessuale. Il carattere sessuale della condotta non viene meno perché i rapporti familiari erano tesi e violenti. La Cassazione, nell’affrontare la questione, rileva che, se pur è vero che i fatti in questione si collocano nell’ambito di una vicenda familiare connotata da rapporti molto tesi e violenti, ciò non può portare ad escludere automaticamente il carattere sessuale degli atti posti in essere dall’indagato. L’atto sessuale è E’ infatti pacifico in sede di legittimità che per atto sessuale deve intendersi non solo ogni forma di congiunzione carnale ma anche qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo con la vittima, comprometta la libertà sessuale del soggetto passivo insinuandosi nella sfera sessuale con la violenza e la costrizione . indipendente del fine per cui è posto in essere. Dunque, i toccamenti, i palpeggiamenti e le manipolazioni cui era stata sottoposta la persona offesa rientrano in tale nozione, indipendentemente dal fine per cui gli stessi furono posti in essere. La Cassazione dichiara quindi inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 22 ottobre – 25 novembre 2014, n. 48999 Presidente Teresi – Relatore Savino Ritenuto in fatto Con ordinanza emessa in data 9 dicembre 2013 il GIP presso il Tribunale di Velletri applicava la misura degli arresti domiciliari a M.G. indagato dei reati di cui agli artt. 110, 609 bis c.p. perché con violenza e minaccia costringeva B.F. , moglie del figlio naturale non riconosciuto dallo stesso, a subire atti sessuali baciandola in bocca, palpandole il seno, infilandole la propria mano destra tra le gambe e manipolando all'interno le parti intime della vittima, con il concorso morale di G.R. genero del B. . Presentato riesame avverso la suddetta ordinanza, il Tribunale di Roma confermava l'impugnato provvedimento cautelare. Avverso tale ordinanza del Tribunale del riesame il difensore dell'indagato ha proposto ricorso per cassazione per violazione ed erronea applicazione della legge processuale penale in conseguenza del travisamento del fatto posto a fondamento del provvedimento impugnato e per manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt. 274 lett. c e 275 c.p.p. esigenze cautelari e criteri di scelta delle misure cautelari . In sostanza la difesa afferma la ricorrenza, nel caso di specie, dell'ipotesi attenuata di cui al co. 3 dell'art. 609 bis per i casi di minor gravità essendo gli atti posti in essere dal M. nei confronti della B. da inquadrarsi nell'ambito di una contesa circa la proprietà dell'immobile sito in via Nettunese 65 connotata da rapporti alquanto tesi tra la B. stessa ed i M. e quindi connotati più da violenza che da profili di natura sessuale. Ne discende la necessità per il giudice del cautelare di graduare la misura da applicarsi considerando la portata sessuale solo marginale e forse neppure voluta degli atti contestati al M. in ossequio al disposto dell'art. 275 co. 2 c.p.p. in base al quale ogni misura cautelare va proporzionata all'entità del fatto ed alla gravità della sanzione che si ritiene possa essere irrogata. Lamenta, inoltre, il ricorrente una violazione dell'art. 274 co. 1 lett. c nella misura in cui il giudice del riesame, conformandosi a quanto statuito dal GIP, ha giustificato l'applicazione della misura de quo facendo riferimento all'assenza di autocontrollo dell'indagato dimostrata da atti di violenza e prevaricazione, svalutando del tutto l'incensurattezza dello stesso. In questo modo, a detta della difesa, il Tribunale del riesame avrebbe violato lo stesso disposto dell'articolo in esame che impone di ancorare il concreto pericolo di reiterazione a specifici indici mancanti nel caso di specie. Nell'ipotesi in esame, secondo la difesa, non solo siffatti indici mancavano ma, al contrario, erano presenti elementi sintomatici di senso opposto lo stato di incensurato, la mancanza di carichi pendenti ed il carattere episodico dell'accaduto avrebbero dovuto condurre ad escludere la probabilità della reiterazione della condotta criminosa. Inoltre il difensore dell'imputato ha successivamente prodotto anche una memoria ex art. 127 c.p.p. con allegati l'integrazione della denuncia ed il verbale di assunzione di informazioni dalla persona del denunciante chiedendo nuovamente l'applicazione dell'ipotesi di minore gravità. In tale memoria la difesa, a sostegno delle censure mosse nel ricorso, ribadisce come i fatti di cui è causa siano il retaggio di violente, pregresse reciproche acredini conseguenti a turbolente vicende giudiziarie di carattere civile cui fa riferimento la B. nella denuncia ed evidenzia che in sede di assunzione di informazioni la stessa nel riferire le frasi volgari proferite dal M. ha escluso l'atto di masturbarsi da parte di quest'ultimo circostanza riferita nella denuncia . Infine la memoria richiama l'attenzione sulla circostanza che lo stesso marito della denunciante, pur avendo seguito tramite il telefonino acceso della moglie lo svolgersi dell'evento, non abbia attribuito all'accaduto alcun particolare gravità non ritenendolo indice di effettivo pericolo per la consorte. Ritenuto in diritto Il ricorso appare manifestamente infondato e, pertanto, va dichiarato inammissibile. Se pure è vero che i fatti in questione si collocano nell'ambito di una vicenda familiare connotata da rapporti molto tesi e in questo caso violenti, ciò non può portare ad escludere automaticamente il carattere sessuale degli atti posti in essere dal M. ai danni della B. piuttosto si deve ritenere che i due aspetti si integrano reciprocamente. In altre parole, come giustamente osservato dal Tribunale del riesame, il M. mise in atto la condotta sopra descritta con l'intento di umiliare la nuora offendendola nella sua intimità e libertà sessuale. Del resto, secondo i più volte ribaditi insegnamenti di questa Corte, per atto sessuale deve intendersi non solo ogni forma di congiunzione carnale ma anche qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo con la vittima, comprometta la libertà sessuale del soggetto passivo insinuandosi nella sua sfera sessuale con la violenza e la costrizione. Orbene i toccamenti, i palpeggiamenti, le manipolazioni cui fu sottoposta la B. secondo le dichiarazioni ritenute attendibili dalla stessa rilasciate in sede di SIT e riscontrate da testimoni de relato cui la stessa telefonò durante lo svolgimento dei fatti ben rientrano in tale nozione indipendentemente dal fine per cui gli stessi furono posti in essere. Quanto alle osservazioni contenute nella memoria successivamente prodotta, le stesse non rilevano non potendosi in questa sede anticipare una valutazione fattuale che compete al giudice di merito. Dunque la scelta in favore degli arresti domiciliari risulta adeguata alla natura del reato contestato al M. trattandosi di un'ipotesi di abuso sessuale particolarmente odiosa perché posta in essere dal suocero sessantenne ai danni della nuora, moglie del figlio non riconosciuto, di appena 26 anni nonché alla gravità della pena irrogatole ai sensi dell'art. 609 bis. Quanto alla esigenza di evitare la reiterazione della condotta criminosa giustamente il Tribunale del riesame la ha ritenuta sussistente in quanto la condotta del M. ha dimostrato la sua estrema reattività e la sua mancanza di autocontrollo, elementi che conducono a ritenere altamente probabile la possibilità che lo stesso si lasci andare ad analoghe aggressione nei confronti della nuora. Sotto questo profilo le misura custodiate appare Tunica idonea a scongiurare il pericolo di una reiterazione. P.Q.M. Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi norma dell'art. 52 D.Lgs. 196/2003.