Raccolta di annunci hot per pubblicizzare l’attività di prostitute: nessun reato

Azzerata, definitivamente, ogni accusa nei confronti del responsabile di settore di una concessionaria di pubblicità, che aveva messo insieme diverse inserzioni, a sfondo sessuale, poi pubblicate sulle pagine di un quotidiano. Per i giudici si tratta di un semplice rapporto contrattuale, assolutamente slegato dall’attività di procacciamento di clienti a favore delle persone che si prostituiscono.

Pubblicità hot nella sezione ‘Annunci economici’ di un giornale le inserzioni sono finalizzate a far conoscere l’attività di prostituzione svolta, a domicilio, da giovani donne e transessuali. A raccogliere gli annunci è il responsabile di settore di una concessionaria di pubblicità. E proprio per quest’ultimo scatta la contestazione del reato di agevolazione della prostituzione Ma il castello accusatorio si rivela fragilissimo la mera raccolta e pubblicazione di inserzioni pubblicitarie di donne che si offrono per incontri sessuali, difatti, non è valutabile come reato Cassazione, sentenza n. 48981, sez. III Penale, depositata oggi . Pubblicità hot. ‘Lenocinio’, ossia – riprendendo il vocabolario Treccani – il reato commesso da chi agevola la prostituzione , e concretizzabile, oggi, con mezzi disparati, come, ad esempio, il web. Ma, proprio alla luce dell’evoluzione dei media – e dei costumi della società –, pare necessario ricalibrare la famosa legge Merlin, che prevede una sanzione per chiunque compia atti di lenocinio, sia personalmente in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia a mezzo della stampa, o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità . Esemplare, in questo senso, la vicenda vissuta dal responsabile di settore di una concessionaria di pubblicità , finito sotto accusa per alcuni annunci personali, finalizzati a pubblicizzare l’attività di prostituzione svolta a domicilio da donne e transessuali , raccolti per la pubblicazione sulle pagine di un quotidiano. Il primo round della battaglia giudiziaria è negativo per l’uomo, il quale viene ritenuto colpevole. Ma col secondo round – in Corte d’appello – vi è un ribaltamento totale assoluzione piena, in assoluta controtendenza con quanto deciso dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale. Contratto. Questione chiusa? Assolutamente no, come testimoniato dal ricorso proposto in Cassazione dal Procuratore Generale presso la Corte d’appello, il quale sostiene che la condotta contestata all’uomo sia collocabile nel quadro tracciato dalla legge Merlin, poiché gli annunci avevano quale unico scopo quello di pubblicizzare l’attività delle prostitute . Secondo il Procuratore Generale, in sostanza, regge l’ipotesi – come tracciata in primo grado – del reato di lenocinio a mezzo stampa . Tale visione, però, viene respinta dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali sostengono che essa amplia oltremodo il concetto di lenocinio, facendo rientrare nella condotta vietata anche condotte che non implicano propriamente un’intermediazione tra cliente e prostituta . Su questo punto, poi, i giudici si soffermano facendo chiarezza la legge punisce chiunque compia atti di lenocinio, sia a mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità , ma, viene sottolineato, compiere atti di lenocinio significa porre in essere attività dirette a procacciare clienti alla prostituta, senza necessità di un particolare fine di lucro. È questa attività che la norma sanziona, rappresentando la stampa o internet semplicemente uno dei possibili mezzi attraverso i quali essa viene attuata e la volontà di procacciare clienti alle prostitute caratterizza, conseguentemente, l’elemento soggettivo richiesto . Ebbene, in questa vicenda, manca ogni oggettivo collegamento tra colui che pubblica l’annuncio pubblicitario e l’attività di prostituzione esercitata da chi richiede l’inserzione, essendo il contatto tra questi due soggetti finalizzato esclusivamente alla pubblicazione dell’annuncio, con esclusione di qualsiasi forma di intermediazione , affermano i giudici, aggiungendo che, comunque, la persona che si prostituisce deve necessariamente rivolgersi, per la pubblicazione, a chi cura la raccolta di inserzioni pubblicitarie . Di conseguenza, ci si trova di fronte a un mero rapporto contrattuale, nell’ambito del quale , sanciscono i giudici, colui che pubblica l’annuncio ha, quale unica finalità, quella di prestare il servizio offerto, e non anche di procacciare clienti a chi si prostituisce . Per questo motivo, il delitto di lenocinio a mezzo stampa , concludono i giudici – confermando l’assoluzione per il responsabile di settore della concessionaria di pubblicità –, non è integrato dalla mera raccolta e pubblicazione di inserzioni pubblicitarie di donne che si offrono per incontri sessuali .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 21 ottobre – 25 novembre 2014, numero 48981 Presidente Teresi – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Brescia, con sentenza del 13.6.2013 ha riformato la decisione in data 10.12.2009 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di quella città, assolvendo S.P., perché il fatto non sussiste, dal reato di cui all’art. 3 numero 5 legge 75/1958, condotta così qualificata dal primo giudice, posta in essere nella qualità di responsabile di settore della concessionaria di pubblicità che cura la raccolta e l’invio ad un quotidiano delle richieste di inserzione a pagamento di annunci personali palesemente diretti a pubblicizzare l’attività di prostituzione svolta a domicilio da giovani donne e transessuali, annunci che venivano pubblicati nella sezione annunci economici” del giornale fatti accertati in Brescia dall’ottobre 2007, con permanenza in atto . Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Brescia. 2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, osservando che la condotta contestata è certamente collocabile nell’ambito di operatività dell’art. 3, numero 5 legge 75/1958, avendo, quale unico scopo, quello di pubblicizzare l’attività delle prostitute e che la Corte territoriale, nell’indicare le ragioni del proprio convincimento, ha erroneamente valutato i fatti con riferimento all’originaria imputazione di favoreggiamento della prostituzione e non a quella, ritenuta dal primo giudice, di lenocinio a mezzo stampa, incorrendo peraltro in una palese contraddizione laddove, dopo aver affermato la pacifica destinazione degli annunci alla pubblicizzazione di prestazioni sessuali dietro corrispettivo, osserva che si tratta di una condotta penalmente irrilevante, in quanto ordinaria prestazione di servizi senza alcun supporto aggiuntivo all’attività di meretricio. Rileva inoltre, richiamando la giurisprudenza di legittimità, che quanto prospettato non avrebbe alcuna affinità con altre fattispecie prese in esame, quali la locazione di un’abitazione ad una prostituta che vi eserciti il meretricio o lo svolgere attività di collaborazione domestica nell’abitazione di una persona dedita al meretricio. Insiste, pertanto, per l’accoglimento dei ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. La questione concernente la configurabilità o meno del delitto di favoreggiamento della prostituzione attuato mediante pubblicazione di inserzioni pubblicitarie a pagamento sulla stampa o insiti web è stata ripetutamente affrontata da questa Corte e si pone nel solco di quelle decisioni che, analizzando altre condotte, quali, ad esempio, la locazione di un appartamento ad una prostituta o l’accompagnamento in auto sul luogo ove viene esercitato il meretricio, sono giunte alla conclusione che, per la sussistenza del reato, il quale richiede un oggettivo aiuto all’esercizio della prostituzione in quanto tale, siano necessarie anche prestazioni ed attività ulteriori v. anche, per i richiami ai precedenti, Sez. III numero 37299, 11 settembre 2013 con riferimento alle ipotesi dell’accompagnamento e Sez. III numero 7336 del 17 febbraio 2014 . Con specifico riferimento, invece, alla pubblicità a mezzo stampa o internet, il reato di favoreggiamento è stato ritenuto sussistente qualora alla pubblicazione su un sito web di inserzioni pubblicitarie di donne che si offrono per incontri sessuali, si aggiungano ulteriori attività finalizzate ad agevolarne la prostituzione, al fine di rendere più allettante l’offerta e di facilitare l’approccio con un maggior numero di clienti quali, nella fattispecie esaminata, l’essersi interessato alle foto delle donne da pubblicare, l’aver contattato il fotografo per fare delle nuove foto, il far sottoporre le donne a servizi fotografici erotici Sez. III numero 26343, 25 giugno 2009 . Nella stessa occasione si era altresì evidenziata la irrilevanza penale della mera pubblicazione degli annunci, che costituisce un normale servizio svolto a favore della persona della prostituta e non della prostituzione. 2. In seguito, altre due pronunce, che la Corte territoriale menziona, nella sentenza impugnata, unitamente a quella appena citata, sono pervenute ad analoghe conclusioni. In particolare, il favoreggiamento della prostituzione è stato escluso, con espresso richiamo alla precedente decisione, in un caso in cui l’imputato si limitava a telefonare alle prostitute inserzioniste per la pubblicazione degli annunci, facendosi inviare per email le loro fotografie Sez. III numero 4443, 2 febbraio 2012 . In altra decisione si è giunti ad identiche conclusioni, escludendo che l’effettuazione di ritocchi con strumenti informatici alle fotografie pubblicate sul sito non esuli dalla prestazione di un ordinario servizio Sez. III numero 20384, 13 maggio 2013 . 3. II Pubblico Ministero ricorrente osserva, tuttavia, che le suddette pronunce, cui i giudici del gravame hanno fatto riferimento, riguardano il delitto di favoreggiamento della prostituzione originariamente contestato, osservando che questa Corte sarebbe giunta a diverse conclusioni proprio riguardo al delitto di lenocinio a mezzo stampa di cui all’art. 3, numero 5 legge 75/1958, che era quello di cui si sarebbe dovuto tenere conto nella decisione impugnata, essendo stata così qualificata, all’esito del giudizio di primo grado, la condotta contestata. A tale proposito, cita una precedente decisione, nella quale si è affermato che il reato di lenocinio a mezzo stampa è integrato dalla condotta del direttore del giornale il quale, consapevole del contenuto, consente la pubblicazione di inserzioni relative ad un’attività di prostituzione, in quanto pone in essere, in tal modo, un’attività di intermediazione tra cliente e prostituta Sez. III numero 15275, 20 febbraio 2007 . Nella sentenza si ricorda come il delitto in questione si riallaccia alla contravvenzione di adescamento già sanzionata dall’art. 208 del R.D. 18 giugno 1931, numero 773 TULPS e, richiamando anche i lavori parlamentari relativi alla legge 75/1958, si afferma che con esso il legislatore ha inteso incriminare alcune forme specifiche di invito al libertinaggio, da intendere come attività d’intermediazione alla prostituzione di persone determinate ed individuabili dai possibili clienti poste in essere da un soggetto diverso dalla prostituta. L’interesse tutelato, si aggiunge, è quello del pregiudizio alla moralità pubblica derivante dall’intermediazione tra le persone che si prostituiscono e possibili clienti, intermediazione che viene svolta in modo particolarmente diffusivo perché l’invito contenuto nell’inserzione può raggiungere un numero rilevante di soggetti. I medesimi principi sono stati richiamati in altra pronuncia Sez. III numero 38506, 3 ottobre 2012 con riferimento ad una ipotesi di intermediazione effettuata col mezzo dei telefono. 4. Tali osservazioni sono state prese in considerazione anche nella citata sentenza numero 28384/2013, non rilevando alcun contrasto con i principi in precedenza ricordati, sostenendo che il discrimine fra lecito e illecito sia da individuare nel passaggio da una prestazione di servizi ordinari a quella che potremmo definire come la prestazione di un supporto aggiuntivo e personalizzato . In realtà la sentenza 15275/2007, pur partendo da condivisibili principi, non sembra giungere ad una conclusione agevolmente collocabile nel solco di quella giurisprudenza che è stata in precedenza richiamata, perché riconosce che colui il quale consapevolmente pubblica o colui il quale favorisce la pubblicazione di inserzioni di prostitute che offrono le loro prestazioni sessuali per denaro o di soggetti che chiedono prestazioni sessuali a pagamento svolge un’opera di intermediazione a servizio della prostituzione, ovviamente se è consapevole del contenuto dell’inserzione. Di conseguenza commette il reato in esame il direttore di un giornale il quale consapevolmente consente la pubblicazione sul proprio giornale di inserzioni relative ad un’attività prostitutiva perché in tale modo compie un’attività d’intermediazione tra cliente e prostituta e quindi in definitiva favorisce la prostituzione . 5. Tale assunto, sul quale sostanzialmente si fondano le censure mosse dal Pubblico Ministero ricorrente alla decisione impugnata, non può essere condiviso, perché amplia oltremodo il concetto di lenocinio, facendo rientrare nella condotta vietata, attraverso un sostanziale automatismo, anche condotte che non implicano propriamente un’intermediazione tra cliente e prostituta. Invero, l’art. 3, numero 5 della legge 75/1958 punisce chiunque compia atti di lenocinio, sia personalmente in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia a mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità. Le finalità della norma sono quelle indicate in precedenza. Compiere atti di lenocinio, come già affermato in altra occasione Sez. III numero 44153, 10 dicembre 2001 , significa porre in essere attività dirette a procacciare clienti alla prostituta senza necessità di un particolare fine di lucro. È questa attività che la norma sanziona, rappresentando la stampa o internet semplicemente uno dei possibili mezzi attraverso i quali essa viene attuata e la volontà di procacciare clienti alle prostitute caratterizza, conseguentemente, l’elemento soggettivo richiesto. In casi quali quello qui esaminato, manca poi, ogni oggettivo collegamento tra colui che pubblica l’annuncio pubblicitario e l’attività di prostituzione esercitata da chi richiede l’inserzione, essendo il contatto tra questi due soggetti finalizzato esclusivamente alla pubblicazione dell’annuncio, con esclusione di qualsiasi forma di intermediazione. Del resto, la persona che si prostituisce deve necessariamente rivolgersi, per la pubblicazione, a chi cura la raccolta di inserzioni pubblicitarie In altre parole, si tratta di un mero rapporto contrattuale nell’ambito del quale colui che pubblica l’annuncio ha, quale unica finalità, quella di prestare il servizio offerto e non anche di procacciare clienti a chi si prostituisce, come invece avviene quando, appunto, vengano poste in essere azioni ulteriori che consentano una diversa qualificazione della condotta. 6. Deve conseguentemente affermarsi, in linea con quanto già affermato in tema di favoreggiamento della prostituzione, il principio secondo il quale il delitto di lenocinio a mezzo stampa non è integrato dalla mera raccolta e pubblicazione di inserzioni pubblicitarie di donne che si offrono per incontri sessuali, trattandosi di attività del tutto scollegata dal meretricio da queste esercitato e la cui finalità è esclusivamente la prestazione del servizio e non anche l’intermediazione tra prostituta e cliente . Ne consegue che il ricorso del Pubblico Ministero deve essere rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso del Procuratore Generale.