Dopo una prestazione sessuale viene sequestrato e rapinato: condannati la prostituta e il suo complice

La privazione della libertà personale costituisce ipotesi aggravata del delitto di rapina, e il relativo reato di sequestro di persona rimane in esso assorbita solo quando la stessa si trovi in un rapporto funzionale con l’esecuzione della rapina medesima mentre nel caso in cui la privazione della libertà non abbia una durata limitata al tempo strettamente necessario alla consumazione della rapina, ma ne preceda o ne segua l’attuazione, in ogni caso protraendosi oltre il suddetto limite temporale, il reato di sequestro di persona concorre con quello di rapina.

Questo il principio di diritto affermato dal G.U.P. di Catania Tribunale di Catania, Sezione G.U.P., sentenza del 28 ottobre 2014 a proposito del rapporto e dei relativi confini applicativi tra le ipotesi di reato del sequestro di persona ex art. 605 c.p. e di quello di rapina aggravata descritto dall’art. 628, comma 3, n. 1, c.p I fatti contestati. Una prostituta rumena e un suo connazionale ideano e portano a termine una rapina nei confronti di un cliente della donna. In particolare, la meretrice portava a casa la vittima, suo cliente abituale al quale proponeva il diverso luogo di consumazione della prestazione che solitamente avveniva in macchina e lasciava il cellulare aperto in linea con il complice. Quest’ultimo, appena finito il rapporto sessuale, mentre la vittima si stava rivestendo, piombava in casa della prostituta e fingeva una scenata di gelosia nei confronti della donna che sosteneva essere la sua fidanzata , minacciando il cliente della sua complice con un cutter, intimandogli di consegnare il portafoglio, il telefono mobile e le carte di credito e di fornirgli i codici di sicurezza. La prostituta si recava allora dopo un primo tentativo andato a vuoto per via dell’errato codice fornitogli dalla persona offesa a prelevare la somma di € 700, mentre il connazionale teneva sotto la costante minaccia di un taglierino il cliente, costringendolo a rimanere all’interno dell’abitazione della donna. Convalidato il fermo, il giudice applicava la misura della custodia cautelare in carcere ad entrambi. In esito all’emissione del decreto di giudizio immediato, il difensore del rumeno formulava richiesta accolta dal Giudice all’udienza preliminare di definizione del procedimento nelle forme giudizio abbreviato Concorso o assorbimento? La difesa dell’imputato riteneva essere presente nella specie un concorso apparente di norme tra i contestati delitti di sequestro di persona e di rapina, sostenendo che la privazione della libertà personale sia stata limitata al tempo necessario alla consumazione della rapina e si è esaurita con il mezzo immediato e diretto di esecuzione della rapina medesima, in rapporto funzionale con tale esecuzione. Quindi, in forza del principio di specialità, la privazione della libertà diventava un elemento costitutivo del reato di rapina. Di diverso avviso è il G.U.P. di Catania, secondo il quale dalla ricostruzione dei fatti emerge una serie di modalità finalizzate a tenere la vittima bloccata nella casa degli imputati sotto la minaccia del cutter fino a quando la stessa non ha consegnato la carta bancomat fornendo il PIN dopo di che è rimasto sotto il controllo” del rumeno mentre la complice, che nel frattempo aveva raggiunto una sportello bancomat, contestava non aver potuto effettuare il prelievo a causa del PIN errato ancora, mentre la donna effettuava il prelievo vero e proprio, una volta ricevuto il codice corretto, ed infine fino a quando la stessa rientrava nell’alloggio, dove la vittima si trovava unitamente al complice, una volta impossessatasi del denaro al bancomat. Quindi, i termini in cui si estrinseca l’azione propria di impossessamento costituita da atti e modalità essenzialmente dirette a tal fine non coincidono con i tempi di privazione della libertà che si è protratta per due ore, emergendo nella rapina, un prima” e un dopo” che si riferiscono a fasi in cui la persona offesa è stato tenuto in ostaggio e minacciato, ed è rimasto privato della libertà. Come sostenuto dalla Cassazione, allora, quando la privazione della libertà non abbia una durata limitata al tempo strettamente necessario alla consumazione della rapina, ma ne preceda o ne segua l’attuazione, in ogni caso protraendosi oltre il suddetto limite temporale, il reato di sequestro di persona concorre con quello di rapina Cass., sez. II, n. 3604/2014, che in questi casi, preclude, in ragione del principio di specialità, la possibilità di applicare l’aggravante del porre taluno in uno stato di incapacità di agire, prevista dal n. 2 del comma 3 dell’art. 628 c.p., che rimane assorbita dal concorrente reato di sequestro di persona . Tra l’altro, la configurabilità del delitto di sequestro di persona prescinde dalla durata dello stato di privazione della libertà, che può essere limitato anche a un tempo breve Cass., sez. V, n. 21314/2014 e si configura anche se la limitazione della libertà personale deriva da costrizione psichica o dalla creazione di condizioni di sostanziale impossibilità alla locomozione Cass., sez. V, n. 40779/2013 . In definitiva, per il giudice etneo i reati contestati di rapina e sequestro di persona conservano la loro autonomia strutturale, sebbene si pongano in rapporto di stretta continuazione, in quanto apertamente inseriti in un’unica progettualità. Riconosciute anche le aggravanti dell’uso delle armi e delle più persona riunite, circostanza quest’ultima che richiede la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo e al momento di realizzazione della violenza o della minaccia, per il maggior effetto di intimidazione che la presenza di più persone esercita sulla vittima Cass., sez. II, n. 15416/2008 . Anche se il cliente della prostituta si è reso subito conto di essere vittima del piano criminoso della donna e del suo connazionale, per la Suprema Corte non occorre che la contestuale presenza delle più persone riunite sia stata percepita dalla persona offesa Cass., sez. II, n. 36474/2011 . Sulla dosimetria della pena. Il G.U.P. nega la concessione della circostanze attenuanti generiche, sia in ragione della gravità del fatto e dell’inutilità, sul piano investigativo, della confessione. Per tali ragioni, oltre che per il riconosciuto spessore criminale dell’imputato, non è parso opportuno partire, nella procedura della graduazione della pena, dal minimo edittale la pena base per il reato più grave quello di rapina . Aumentata la pena per la continuazione, con riferimento alle provate aggravanti dell’uso delle armi e delle più persone riunite, il Giudice, rilevato che si tratta di due circostanze ad effetto speciale, ancorché inserite nella stessa disposizione normativa art. 628, comma 3, n. 1, c.p. , ha applicato un solo aumento di pena esercitando la facoltà riconosciuta dall’art. 63, comma 4, c.p., non procedendo al secondo aumento di pena per l’aggravante di fatto ritenuta meno grave quella delle più persone riunite .

Tribunale di Catania, Sezione G.U.P., sentenza del 28 ottobre 2014 Giudice Recupido In fatto ed in diritto Con denuncia sporta in data 18.12.13 presso gli Uffici del Nucleo Operativo, Compagnia C.C. di piazza D. 1 , P.F. rappresentava di avere convenuto la sera precedente nella zona del F.B., una prestazione sessuale per l'importo di 80 euro con una prostituta di nome K. , prestazione che si sarebbe dovuta consumare presso l'abitazione della donna, ubicata in via G., nel quartiere catanese di San Cristoforo. Dopo avere consumato il rapporto, mentre esso P.F. si stava rivestendo, era praticamente piombato in casa della prostituta un rumeno, che aveva preso a gridare contro la ragazza che sosteneva essere la sua fidanzata e contro il denunciante. P.F. tuttavia aveva intuito che i due erano d'accordo l'uomo l'aveva minacciato munito di cutter di colore giallo e nero, intimandogli di consegnare carte di credito e di fornire i relativi codici di utilizzo cosa che aveva fatto, indicando questi ultimi intenzionalmente errati indi aveva chiesto alla donna di raggiungere lo sportello bancomat e di prelevare il denaro. La vittima era rimasta così in casa della prostituta per circa due ore, sotto la diretta vigilanza e minaccia del rumeno armato frattanto la ragazza, aveva contattato l'uomo comunicandogli di non riuscire a prelevare il denaro. Esso P.F. era stato dunque costretto, col taglierino puntato alla gola, a comunicare il codice corretto, che l'uomo a sua volta aveva comunicato alla prostituta per telefono. Frattanto il suddetto si era impadronito del telefono cellulare Samsung Galaxy S4 da cui aveva fatto estrarre tanto la sim card quanto la memori card . Al rientro, la ragazza aveva sostenuto di non essere riuscita a prelevare alcunché dal bancomat più vicino, posto che il meccanismo di distribuzione le segnalava errore , riconsegnava la carta postpay e genius card ad esso P.F., al quale veniva consentito di lasciare l'abitazione della prostituta intorno alle ore 2,30. In esito a controllo effettato sull'estratto conto nella mattinata del 18, aveva verificato l'avvenuto prelievo nella notte precedente della somma di euro 600. Dichiarava infine il P.F. di essere assolutamente in grado di riconoscere i due. In esito alla denuncia, i Carabinieri, seguendo le indicazioni del P.F., riuscivano ad individuare l'abitazione della giovane proprio in via G. di questa città, constatato che nessuno rispondeva al campanello, la P.G. entrava all'interno della stessa, sempre in compagnia del denunciante che individuava, poggiato su un mobile, il taglierino con il quale era stato minacciato, riconosceva le effigie dell'uomo che lo aveva minacciato ritratte in una foto, inserita in un portafotografie e collocata su altro mobile. In esito a perquisizione venivano rinvenuti, oltre al cutter, anche documenti carta di identità rumena, patente di guida spagnola, passaporto rilasciato dall'Autorità rumena riguardanti tale D.V., le cui foto ritraevano parimenti le fattezze del denunciato, nonché la documentazione inerente al proc. pen. n. 3638/13 Trib., nell'ambito del quale D.V. era stato processato con il rito direttissimo per il reato violazione di domicilio e lesioni personali. Contemporaneamente veniva trovata una macchina fotografica digitale ed una bolletta ENEL, intestata a F.E. Nelle foto estrapolate dalla prima in caserma il P.F. riconosceva le effigie della prostituta, persona anch'essa foto segnalata ed identificata formalmente per F.E. 2 . Frattanto personale di pattuglia - in abiti civili - rimasto a presidiare l'abitazione, intorno alle 18 vedeva sopraggiungere un uomo, identificato per C.M., che riferiva - di abitare nell'alloggio da circa 15 giorni, ospite del D.V., in cambio di euro 100 al mese per il solo pernottamento - che nell'alloggio abitava anche la fidanzata del D.V., tale K. - di essere stato intercettato dalla P.G. nell'atto di uscire dall'alloggio - di avere constatato, una volta ritornato a casa intorno alle ore 18 come alcune cose non si trovassero al loro posto e come alcuni comodini fossero aperti aveva quindi contattato telefonicamente il D.V. chiedendo spiegazioni - che il D.V. protestatosi all'oscuro dell'occorso, gli aveva chiesto di recapitargli la scatola contenente i suoi documenti presso la stazione ferroviaria, ove, verso le ore 21, sarebbe convenuto il fratello per riceverla in consegna - che dalle ore 23,30 alle ore 2,30 di quel giorno egli non era stato in casa in quanto espressamente richiesto dal D.V. di lasciare libero l'alloggio, perché voleva restare solo con la fidanzata al rientro alle ore 3,00 si era accorto che i due erano a letto. Durante il tempo in cui il C.M. si trovava a disposizione della P.G. quindi nel corso della serata , il predetto riceveva chiamate dal D.V. e dalla F.E. che, continuamente, gli intimavano di presentarsi alla stazione ferroviaria alle 21,30 il C.M. confermava l'appuntamento le conversazioni venivano ascoltate in viva voce e tradotte da un'interprete rumena, prontamente reperita. Alle ore 21,20 la donna aveva contattato il C.M. comunicandogli che si era tirata fuori e che non voleva avere niente a che fare più con il D.V., aveva così spento il cellulare per riaccenderlo un'ora dopo, alle 22,30, chiamando nuovamente il C.M. per sapere se ci fossero novità dando così modo all'interprete della P.G. ed al C.M. - che sotto la diretta osservazione dei carabinieri si trovavano nel piazzale della stazione - di percepire la voce del D.V. di sottofondo 3 . In data 25.2.14 personale in forza al Comando/Stazione di Librino, in transito lungo via P. nei pressi dell'alloggio perquisito notava un soggetto di sesso maschile che, alla vista della P.G., si dava a precipitosa fuga introducendosi all'interno di un negozio. Quest'ultimo, prontamente raggiunto, veniva identificato per D.V., risultato da ricercare a cura dei Carabinieri di piazza D. 4 . Il D.V. veniva riconosciuto dal personale operante come il soggetto effigiato nella foto sequestrata a casa della prostituta peraltro la copia fotostatica a colori del documento di guida, in possesso del prevenuto, corrispondeva all'originale in possesso della P.G Il D.V. riconosceva altresì la propria carta di identità anch'essa nella disponibilità dei Carabinieri , dopo avere prima dichiarato di averla smarrita .insieme alla patente ed al passaporto rumeno .documenti che gli venivano via via rammostrati, così come si riconosceva in alcune foto, contenute in un album prelevato nell'alloggio all'epoca della denuncia, che lo ritraevano con moglie, figlio ed amici rumeni. Nella congiuntura, alle ore 19,25, veniva convocato il P.F. il quale, in sede di individuazione fotografica, riconosceva in una delle foto le effigi del D.V. quale coautore della subita rapina 5 . Di conseguenza l'uomo veniva posto in stato di fermo 6 . La sera dello stesso giorno, intorno alle ore 23,00, il mar. B. in forza al Nucleo investigante, libero dal servizio e diretto fuori Catania, notava in zona F.B. una giovane prostituta, che riconosceva per la ricercata F.E. Il personale intervenuto su richiesta del maresciallo, verificata l'identità della predetta, procedeva al fermo 7 . Convocato il P.F., questi in sede di individuazione fotografica riconosceva nella foto n. 13 le effigi della prostituta che, unitamente ad un uomo, aveva perpetrato la rapina nei suoi confronti 8 . Nel corso dell'interrogatorio di garanzia, il D.V., nel respingere gli addebiti, riferiva di intrattenere una relazione sentimentale con la F.E. e di abitare con lei e con altre persone nell'alloggio In cui sarebbe stata commessa la rapina la sera del fatto la donna lo aveva telefonicamente avvisato che si stava recando in casa con un cliente e di restare nelle vicinanze, pronto ad intervenire, qualora essa avesse avuto problemi. Trascorso molto tempo, aveva deciso di entrare nell'alloggio, cosa che aveva fatto dopo avere bussato, trovando - impegnati in una discussione per il pagamento del compenso - la F.E. ed il cliente che aveva consegnato il bancomat alla donna, fornendole altresì il codice pin. Dichiarava di non essere a conoscenza di quanto la donna avesse prelevato, precisava che la donna gli aveva detto che l'interessato era un suo cliente abituale da circa 3 o 4 anni . Durante l'assenza della F.E. che si era recata a bancomat per effettuare il prelievo esso D.V. era rimasto con il cliente a casa intenti a mangiare arance. Dopo circa 15 minuti, la donna era rientrata ed aveva restituito la carta all'interessato indi tutti e tre avevano lasciato l'alloggio. Diversa versione rendeva la F.E., ricostruendo la vicenda in termini simili ma non esattamente sovrapponibili a quelli rappresentati dal P.F. in sede di denuncia. La donna riferiva di avere iniziato da tempo una relazione con il D.V., che era divenuto il suo protettore e sfruttatore di conoscere il P.F. perché cliente abituale da molti anni la sera dei fatti, avendole chiesto di consumare la prestazione a casa, lei lo aveva condotto nel proprio alloggio, lasciando tuttavia il cellulare in linea con il D.V. per consentirgli di controllare. Attribuiva la responsabilità della rapina al D.V. questi, infatti, entrato in un dato momento improvvisamente a casa, aveva minacciato il cliente con un cutter impossessatosi del portafogli di quest'ultimo, aveva prelevato le tessere e carta di credito, aveva ingiunto al P.F. di fornire il PIN ed aveva imposto ad essa F.E. di recarsi ad effettuare il prelievo. Essa aveva dunque simulato di non essere riuscita ad effettuare il prelievo in questionerà il D.V. si era adirato prima con il P.F. addosso al quale aveva rovesciato l'acqua di una bottiglia, accusandolo di avere fornito un falso PIN , e poi con lei, quando il cliente invece aveva riferito di avere fornito il numero corretto. Spaventata, essa F.E. era uscita di casa ed aveva effettuato il prelievo per l'importo di 700 euro che aveva consegnato al D.V La tessera bancomat era stata restituita, ma il D.V. aveva costretto il P.F. a consegnargli anche il telefono, richiedendo la somma di 200 euro per la restituzione 9 . Convalidato il fermo, il G.I.P. applicava la misura della custodia cautelare in carcere ad entrambi. In esito all'emissione del decreto di giudizio immediato, il difensore del D.V., munito di procura speciale, formulava richiesta di definizione con le forme del giudizio abbreviato. All'udienza del 23.9.14 innanzi alla scrivente, veniva ammesso il giudizio abbreviato l'imputato, in sede di spontanee dichiarazioni, ammetteva gi addebiti e consegnava una lettera scritta di proprio pugno 10 , acquisita al verbale indi le parti procedevano a discussione. Nel corso dell'arringa il difensore dell'imputato - Sosteneva l'assorbimento del reato di cui al capo B in quello di cui al capo A - Evidenziava come la richiesta formulata dalla F.E. all'amico R. di lasciare libero l'alloggio non rispondesse alla premeditazione della rapina quindi da escludersi , quanto all'esigenza di prostituirsi - Sosteneva che il P.F. era cliente abituale della donna da qui l'esclusione dell'uso dell'arma, funzionalmente utilizzata invece per sbucciare le arance, secondo la versione del D.V. - Riferiva che il D.V. era soggetto assolutamente incensurato, con moglie e figli in Romania, in Italia da poco tempo, ingiustamente tacciato dalla F.E. di sfruttamento della prostituzione F.E. che, invece, annovera precedenti specifici e che, con le dichiarazioni rese, aveva tentato di scrollarsi le proprie responsabilità a danno del D.V. . *** Procedendo alla valutazione del merito, la decidente osserva quanto segue. Sulla ricostruzione dei fatti - nella loro oggettività storica - la difesa non ha sollevato alcuna considerazione critica vera e propria, se non per sottolineare come la F.E. fosse riuscita a scaricare la responsabilità dell'evento sul D.V A questo punto occorre soffermarsi sulla ricostruzione per evidenziare come la versione dei fatti proposta e riproposta dal D.V. sia effettivamente poco credibile così come poco credibili, per alcuni punti, è quella della F.E., anche se tendenzialmente in gran parte convergente con quella della vittima . Intano appare difficile ricondurre la relazione tra i due imputati ad un tradizionale fidanzamento normalmente, come la costante esperienza giudiziaria insegna in consimili casi, fidanzamento significa che l'uomo, di regola disoccupato, sfrutta la prostituzione della connazionale e normalmente, ne diviene il protettore. In secondo luogo appare, nel contesto in cui è maturato il fatto, logicamente impossibile ritenere che il D.V. coniugato con prole in Romania fosse autenticamente geloso della donna, che palesemente ed apertamente esercitava il meretricio per vivere. L'unica chiave di lettura logica dell'episodio è quella che impone un'indubbia correità tra i prevenuti ed un'anticipata progettazione degli eventi da parte di entrambi si richiamano in merito le condivisibili considerazioni svolte dal G.I.P. nell'O.C.C Ed invero, per sua stessa ammissione, la F.E. non era solita portare i clienti casa , tanto meno il P.F., cliente abituale con il quale consumava i rapporti sessuali in macchina. Né rileva un particolare motivo per il quale, dopo anni di frequentazione , il P.F. avesse voluto cambiare abitudini chiedendo spontaneamente alla donna di consumare il rapporto a casa . La notte del fatto, come evidenziato dallo stesso P.F., era stata la donna a proporgli di consumare il rapporto presso l'alloggio, e guarda caso, al C.M., coinquilino della coppia, era già stato richiesto di lasciare libero l'alloggio perché il D.V. voleva restare solo con la donna 11 . Naturalmente, trattandosi di un cliente abituale, non vi erano neppure specifiche ragioni per le quali la donna avrebbe dovuto lasciare il cellulare in comunicazione con il D.V. per consentirgli di effettuare un controllo D.V. di cui sempre meno si comprende, a questo punto, la proclamata gelosia . . L'unico senso logico del gesto è invece quello di consentire all'uomo di intervenire al momento opportuno, entrando in casa, simulando una scenata di gelosia e minacciando il P.F. che si stava rivestendo - così cogliendolo, in certo modo, di sorpresa - ed utilizzando il cutter per indurlo a consegnare le carte di credito ed a comunicare, a tutti i costi, il PIN per l'attivazione. Rientrata in casa la F.E. dopo un primo tentativo andato a vuoto per via dell'errato codice fornito dalla p.o. , che aveva realmente operato il prelievo, simulava di non averlo fatto probabilmente nel maldestro convincimento di tranquillizzare così il P.F Se infatti il tentativo di prelievo non fosse andato a buon fine, per giunta per la seconda volta, appare difficile ritenere che alla vittima sarebbe stato consentito di andare via del tutto indenne. A ciò seguivano i tentativi degli imputati di recuperare i documenti del D.V. e di rendersi irreperibili. Il dettaglio relativo alla presenza dei documenti del D.V. nell'alloggio è stato, con tutta evidenza, metabolizzato da quest'ultimo solo in un secondo momento 12 . Alla luce delle superiori considerazioni, la versione dei fatti resa dal prevenuto - che pure ha ammesso gli addebiti - appare del tutto incredibile, soprattutto con riferimento a quello che sarebbe stata la condotta del P.F., che avrebbe cioè spontaneamente offerto il bancomat e fornito il relativo PIN alla prostituta e certo non si può sostenere che si tratti di un comportamento ordinario o plausibile , trattenendosi per un notevole lasso di tempo, sotto la minaccia di un cutter a mangiare tranquillamente arance ., allontanandosi, una volta finito tutto, con gli stessi rapinatori a bordo della sua stessa macchina ., consegnando pure al D.V. un euro per il caffè . .probabilmente per ricambiare l'offerta delle arance . Tanto precisato, occorre verificare se, nel caso di specie, si possa considerare operato, sul piano tecnico, l’assorbimento del delitto di sequestro di persona capo B in quello di rapina capo A , così come postulato dal difensore del prevenuto. L'effetto in parola è previsto solo a particolari condizioni. La libertà personale ed, in particolare modo, quella di agire costituiscono il bene giuridico tutelato dalla norma di cui all'articolo 605 c.p Al contempo la privazione della libertà personale costituisce ipotesi aggravata del delitto di rapina, e rimane in esso assorbita solo quando la stessa si trovi in un rapporto funzionale con l'esecuzione della rapina medesima mentre nel caso in cui la privazione della libertà non abbia una durata limitata al tempo strettamente necessario alla consumazione della rapina, ma ne preceda o ne segua l'attuazione, in ogni caso protraendosi oltre il suddetto limi te temporale, il reato di sequestro di persona concorre con quello di rapina 13 . Ed ancora quando la privazione della libertà personale sia stata limitata al tempo necessario alla consumazione della rapina e si è identificata ed esaurita con il mezzo immediato e diretto di esecuzione della rapina medesima, in rapporto funzionale con tale esecuzione, in forza del principio di specialità, ne diviene elemento costitutivo 14 . Inoltre quando la privazione della libertà si protragga per un tempo apprezzabile dopo la consumazione della rapina, così da non risultare più necessaria al dinamismo causativo del reato, si realizza un reato autonomo di sequestro di persona, in concorso materiale con la rapina 15 . In ultima analisi l'assorbimento si verifica solo quando la violenza usata per il sequestro si identifichi e si esaurisca col mezzo immediato di esecuzione della rapina, non quando invece ne preceda l'attuazione con carattere di reato assolutamente autonomo, sia pure finalisticamente collegato con quello successivo rapina ancora da porre in esecuzione o ne segua l'attuazione per un tempo non strettamente necessario alla consumazione della rapina, e perciò con carattere di condotta delittuosa autonoma anche se finalisticamente collegata a detto reato 16 . Nel caso di specie, dalla ricostruzione dei fatti emerge una serie di modalità finalizzate a tenere il P.F. bloccato nell'alloggio degli imputati sotto la minaccia del cutter, fino a quando lo stesso non ha consegnato la carta bancomat fornendo il PIN dopo di che è rimasto sotto il controllo del D.V. mentre la F.E., che frattanto aveva raggiunto uno sportello bancomat, constatava che il prelievo non si poteva fare per via dell'errato numero di PIN ancora mentre la donna effettuava il prelievo vero e proprio, una volta ricevuto il codice corretto, ed infine fino a quando la stessa rientrava nell'alloggio, dove la vittima si trovava unitamente al complice, una volta impossessatasi del denaro al bancomat. Invero i tempi in cui si estrinseca l'azione propria di impossessamento costituita da atti e modalità essenzialmente dirette a tal fine non coincidono con i tempi della privazione della libertà che, secondo quando riferito dalla p.o. si è protratta complessivamente per due ore, emergendo nella rapina in accertamento, con tutta evidenza, un prima ed un dopo , che si riferiscono a fasi in cui il P.F. è stato tenuto in ostaggio e minacciato, ed è rimasto privato della libertà. Ciò chiarito appare evidente che i reati contestati, entrambi palesemente connotati dalle aggravanti previste nei rispettivi capi di imputazione, conservino la loro autonomia strutturale, sebbene si pongano in rapporto di stretta continuazione, in quanto apertamente inseriti in un'unica progettualità articolo 81 cpv. c.p. . Occorre precisare che, considerata la gravità del fatto e le modalità particolarmente basse con cui la p.o. è stata sorpresa e trattata e tenuta sotto minaccia del cutter, nonché l'inutilità - sul piano investigativo - della confessione, lo spessore del D.V. che pur essendo formalmente incensurato, risulta tuttavia con una pendenza per il reato di cui agli artt. 614 comma IV e 582 c.p. nell'ambito del proc. pen. 3698/13 Trib. non possono essere riconosciute le attenuanti generiche, né - osserva la decidente - appare opportuno prendere le mosse, nella procedura di graduazione della pena, dal minimo edittale del reato più grave quello di rapina . Valutati i criteri direttivi di Legge, appare equa la pena di anni 7, mesi 4 di reclusione ed euro 1.600 di multa p.b. per il reato più grave di cui al capo A anni 9 di reclusione ed euro 1.400 di multa 17 + aumento ex articolo 81 cpv. per il reato di cui al capo B di anni 2 di reclusione ed euro 1.000 di multa = anni 11 di reclusione ed euro 2.400 di multa - riduzione per la scelta del rito . Alla condanna seguono le spese, le pene accessorie di legge e le determinazioni su quanto in sequestro. P.Q.M. Visti gli artt. 442, 533, 538 c.p.p. DICHIARA D.V. colpevole dei reati aggravati a lui ascritti, uniti dal vincolo della continuazione, e con la diminuzione per la scelta del rito, lo CONDANNA Alla pena di anni 7, mesi 4 di reclusione ed euro 1.600 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia in carcere Visti gli artt. 29 e 32 c.p. DICHIARA D.V. perpetuamente interdetto dai pubblici Uffici nonché in stato di interdizione legale e sospeso dalla potestà dei genitori durante la pena Visti gli artt. 240 c.p. e 263 c.p.p. ORDINA Ove non altrimenti provvedutola confisca e la distruzione del cutter in sequestro la restituzione a D.V., previa estrazione di copie da conservarsi agli atti del processo, della fotografia, della patente di guida e di altri suoi documenti eventualmente ancora in sequestro. 1 In atti,unitamente ad estratto delle operazioni bancarie effettuate sul conto del denunciante al mattino del 18.12.13 richiesta di P.G. del 18.2.14 inoltrata al Banco Popolare di Catania, Agenzia di via P. . 2 Vedasi verbale di perquisizione adopera del Nucleo Operativo C.C., Compagnia di piazza D. del 25.2.14. 3 Si veda la C.N.R. del 19.12.13 ed i relativi allegati. 4 Si veda annotazione di servizio del 25.2.14 a cura dei Carabinieri in servizio alla Stazione di Catania/Librino. 5 Si veda verbale del 25.2.14 ed album fotografico accluso. 6 Si veda il relativo verbale del 25.2.14 con la dettagliata ricostruzione degli eventi, nonché il verbale di sequestro della fotocopia della patente di guida. 7 Si veda il relativo verbale. 8 Si veda verbale di individuazione fotografica del 26.2.14 ed il relativo album. 9 Il racconto proseguiva il D.V., prelevati i documenti di entrambi, l'aveva costretta a fuggire con lui in Germania, a bordo di un'Opel rubata. Quivi giunti, essa aveva denunciato il D.V. per il furto della macchinatosi che l'uomo era stato arrestato. Lei aveva fatto rientro in Romania, si era fatta rilasciare altri documenti ed, infine, era rientrata a Catania riprendendo a prostituirsi. Due giorni prima del fermo aveva incontrato il D.V. che la stava costringendo a seguirlo fortunatamente era intervenuto un amico in comune ed essa F.E. si era defilata, intenzionata a sporgere denuncia contro il connazionale. 10 Con la quale, in certo modo, ribadiva il tenore delle dichiarazioni in precedenza rese al G.I.P., evidenziando di essere sostanzialmente molto geloso della fidanzata e di avere acconsentito - abtorto collo - che essa avesse un rapporto con un cliente in casa che attraverso il telefono cellulare operativo, egli, che si era appostato nelle vicinanze, aveva udito un'accesa discussione per il compenso edera rientrato in casa. Quivi aveva visto il P.F. ancora nudo che, nell'accorgersi del D.V., si era spaventato dunque esso D.V. lo aveva tranquillizzato e lo aveva invitato a sistemare la questione con la donna, alla quale, dunque il P.F. aveva consegnato il bancomat riferendo il codice PIN. Una volta uscita la F.E., esso D.V. ed il P.F. erano rimasti soli ed avevano preso a chiacchierare. Nel corso della discussione il P.F. gli aveva detto di non sapere che C. fosse fidanzata a quel punto esso D.V. aveva ipotizzato non si capisce bene il perché che la donna non si chiamasse C. e che fosse una bugiarda e che pertanto lui la lasciava seduta stante. Il taglierino si trovava sul comodino ed era stato utilizzato da esso D.V. per pulire le arance, mentre il P.F. le aveva pulite a mano. Una volta rientrata la F.E. aveva comunicato che la carta bancomat non funzionava. Dopo di che erano usciti tutti e tre in macchina prima di scendere a piazza C.U., la donna aveva preso il numero di targa della macchina del P.F., avvisandolo che, se le fosse successo qualcosa, lo avrebbe denunciato. Esso D.V. era rimasto in macchina con F., scendendo poi in via P. F. gli aveva consegnato un euro per consentirgli di sorbire un caffè. Sosteneva come la F.E. lo avesse accusato ingiustamente continuando, in certo modo, a tenerlo in pugno anche in carcere, dove gli aveva fatto recapitare un messaggio tramite un lavorante se effettivamente avessero programmato la rapina, non avrebbero lasciato in casa i loro documenti. Si dichiarava pentito ed intenzionato a ritornare dalla moglie dai figli. 11 La difesa ha sostenuto che, in verità, il D.V. voleva lasciare campo libero all'attività di prostituzione della donna ma, osserva la decidente come D.V. - che avrebbe potuto spiegare, a questo punto, il vero motivo della richiesta al C.M. - avrebbe dovuto prevedere, in tal caso, con largo anticipo che la donna avrebbe la sera stessa trovato un cliente che, contrariamente alle sue abitudini, avrebbe condotto a casa. 12 Si confrontino le considerazioni dell'imputato sul punto, l’avvenuto rinvenimento dei documenti in casa e ciò che la F.E. ha dichiarato secondo la donna il D.V. aveva preso i documenti di entrambi che dunque erano fuggiti all'estero . ma di quanti documenti e doppioni disponeva l'imputato? . 13 Cass. Pen. Sez. II 03/29445 e 00/9387. 14 Cass. Pen. Sez. I 95/10812. 15 Cass. Pen. Sez. II 88/5550, 09/24837. 16 Cass. Pen. Sez. II 91/3768. 17 Rilevano nel caso di specie due aggravanti ad effetto speciale, ancorché inserite nella medesima ipotesi numerica n. 1 comma III dell'articolo 628 c.p. la decidente, esercitando la facoltà riconosciuta dall'articolo 63 IV non procederà al II aumento per quella di fatto ritenuta meno meno grave più persone riunite .