Sciolto il sequestro … resta il reato!

Il reato di cui all’art. 334 c.p., diretto alla salvaguardia del vincolo in quanto esistente e non in quanto valido, viene a configurarsi come reato di disobbedienza, legittimato dalla finalità perseguita dal legislatore del buon andamento della pubblica amministrazione o della amministrazione della giustizia. Sicché la revoca del sequestro esula da qualsiasi legittima considerazione rispetto al reato ormai consumato attraverso la consapevole sottrazione del bene al vincolo cautelare, in un momento in cui esso era esistente, e dunque non incide sulla sussistenza degli elementi costitutivi del reato.

Nella sentenza n. 48037, depositata il 20 novembre 2014, la sez. VI ha annullato con rinvio, su ricorso del P.G., la sentenza di assoluzione che aveva ritenuto insussistente il delitto di sottrazione di bene sottoposto a sequestro penale, in conseguenza della successiva revoca del decreto di sequestro. All’inizio fu il sequestro Immediatamente dopo la notifica del decreto di sequestro, il proprietario dell’autovettura sottoposta al vincolo cautelare provvede a radiarla ed a venderla all’estero. Si radica nei confronti del medesimo un procedimento penale per violazione dell’art. 334 c.p., ma nelle more il provvedimento che aveva portato al sequestro dell’auto viene revocato, siccome illegittimo. Il proprietario si professa, dunque, innocente per aver egli violato un provvedimento sì esistente, ma riconosciuto poi illegittimo, e per non aver in concreto cagionato alcun danno all’erario. Le suggestioni difensive hanno buon esito in primo grado, in quanto il Tribunale di Padova riconosce alla successivamente intervenuta revoca del sequestro efficacia sanante anche della condotta posta in essere in violazione del vincolo cautelare, in base ad una valutazione non formale della norma. Contro la sentenza di proscioglimento ricorre per cassazione il Procuratore Generale. Ma le forme vanno rispettate Sul ricorso proposto dal P.G., osservano gli Ermellini che la revoca dell’originario provvedimento di sequestro interviene, nel caso in esame, solo successivamente alla avvenuta sottrazione della auto colpita dalla misura cautelare e, dunque, allorché il reato di cui all’art. 334 c.p. era già perfetto e consumato. In conseguenza, il successivo provvedimento del giudice di merito che interviene a revocare il provvedimento di sequestro altro non è che un post fatto, che esplica i suoi effetti solo dopo che tutti gli elementi costitutivi del reato si sono perfezionati. Ha errato dunque il giudice di primo grado, che per contro, prescindendo dal dato formale, stante la intervenuta declaratoria di inefficacia del sequestro violato, ha ritenuto sanata anche la precedente condotta di distrazione del bene sottoposto al vincolo. purchè vi sia un minimo di sostanza. La decisione pare condivisibile, anche se occorre interrogarsi su una casistica più ampia rispetto a quella disaminata dalla Cassazione nel caso in commento. Quid iuris nel caso in cui il provvedimento di sequestro sia radicalmente inesistente ovvero inficiato da vizi di nullità? Sul punto, come si legge incidentalmente anche nella sentenza che si annota, la giurisprudenza ha chiarito che il reato deve, per contro, ritenersi escluso nel caso in cui vi sia una vera e propria inesistenza giuridica dell’atto di sequestro, mentre in tutti gli altri casi, ivi comprese le ipotesi in cui il sequestro abbia avuto ad oggetto beni insequestrabili, la configurabilità del reato non è esclusa fino a che il vincolo cautelare non venga meno per effetto di un provvedimento del giudice. Più possibilista parte della dottrina che, invece, ritenendo indispensabile che il provvedimento sia in grado di esplicare il proprio effetto cautelare, esclude la configurabilità del reato anche in presenza di atti di sequestro inficiati da nullità o da vizi insanabili. Concordi, infine, le posizioni di dottrina e giurisprudenza sul fatto che la risoluzione ex tunc del rapporto extrapenale che ha originato il sequestro non fa venire meno la sanzione penale posta a presidio dell’obbligo, allorché sia stato già violato, fino a quando il provvedimento di sequestro non sia stato formalmente annullato. L’elemento soggettivo del reato. Un’ultima riflessione merita, senza dubbio, la verifica della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, atteso che proprio sotto tale profilo il giudice di primo grado aveva assolto l’imputato perché il fatto non costituisce reato . Ci si chiede se l’errore sulla legittimità del vincolo possa essere ritenuto o meno rilevante al fine della esclusione della punibilità. Anche sul punto la giurisprudenza è categorica nell’affermare la assoluta irrilevanza di tali situazioni, in quanto trattandosi di errore sulla legge penale non scusa salvi i casi di cui alla nota sentenza della Corte Costituzionale n. 364/1988, sull’art. 5 c.p. . Più possibilista una parte della dottrina secondo cui l’errore sulle norme extrapenali, che disciplinano il sequestro o il pignoramento, escluderebbe la punibilità in base all’art. 47 ultimo comma c.p., quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce reato. In conclusione di fronte alla scienza da parte del soggetto agente dell’esistenza del vincolo giudiziario ed alla volontarietà della amotio del bene, ben poco spazio resta alla non punibilità della condotta.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 14 – 20 novembre 2014, n. 48037 Presidente Agrò – Relatore Capozzi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 11.7.2012 il Tribunale di Padova ha assolto D.A.G. del reato di cui all'art. 334 co. 2 c.p. perché il fatto non costituisce reato. 2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Venezia deducendo con unico motivo violazione ed erronea applicazione dell'art. 334 comma 2 c.p. essendo stata erroneamente incidente - con effetto sanante - sulla fattispecie la successiva revoca dei decreto di sequestro preventivo avente ad oggetto la autovettura dall'imputato sottratta al vincolo cautelare mediante radiazione e vendita all'estero. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1. L'imputato è stato assolto dall'accusa di aver, nello stesso giorno 19.3.2010 della notifica del decreto di sequestro preventivo della autovettura di sua proprietà, radiato e venduto detta auto all'estero, così sottraendola alle esigenze di giustizia. 2. Secondo la sentenza liberatoria, la revoca - avvenuta il 6.12.2010 successivamente al fatto - dei provvedimento di sequestro preventivo del mezzo con la contestuale restituzione dello stesso al proprietario conduceva - come è dato leggere nella sentenza impugnata - ad un effetto sanante anche della violazione posta in essere dall'imputato in costanza dei precedente provvedimento di sequestro , invocandosi - in nome di una applicazione non formale della norma - anche l'assenza di un danno per l'erario, posto che le esigenze di giustizia sono venute meno con il provvedimento di dissequestro . 3. Fin da Sez. 6, n. 5320 del 19/02/1987, Mangiapia, Rv. 175836 è stato insegnato che ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 349 cod. pen. occorre stabilire soltanto che i sigilli siano stati apposti per disposizione di legge o per ordine dell'autorità, allo scopo di assicurare la conservazione o l'identità di una cosa mobile o immobile, mentre è irrilevante l'inefficacia del sequestro dovuta a mancata convalida, perché essa non comporta automaticamente la caducazione del vincolo di intangibilità che resta fermo finché non sia stata ordinata la restituzione all'avente diritto ancora, in caso di cosa sottoposta a sequestro probatorio su iniziativa della polizia giudiziaria, è del tutto irrilevante, ai fini della configurabilità del reato di sottrazione o danneggiamento di cosa sottoposta a sequestro, di cui all'art. 334, comma secondo, cod. pen., il fatto che il sequestro sia stato convalidato dal pubblico ministero oltre il termine stabilito dall'art. 355 cod. proc. pen., in quanto solo la giuridica inesistenza del sequestro fa venire meno il reato in questione mentre eventuali cause di invalidità o di inefficacia di esso non autorizzano alcun atto di disposizione della cosa sequestrata fino a quando dette cause non siano state formalmente riconosciute dal giudice che sia stato al riguardo investito attraverso l'attivazione dei normali rimedi giuridici. Sez. 6, n. 7964 del 26/06/1997, Pezzimenti, Rv. 209760 da ultimo, è stato ribadito il richiamato costante orientamento, precisando che, ai fini della configurabilità del reato di sottrazione di cose sottoposte a sequestro penale, è necessaria la contemporaneità della condotta tipizzata con la effettività del vincolo apposto sul bene, con la conseguenza che la prima rileva solo se insiste su cose sequestrate con un atto, pur invalido, ma efficace e sino a quando gli effetti del sequestro non siano cessati o direttamente in forza di legge ovvero per una pronuncia adottata dall'Autorità giudiziaria o amministrativa. Sez. 6, n. 36405 del 03/06/2014, Porcheddu, Rv. 260027 . 4. Osserva il Collegio che il reato di cui all'art. 334 cod. pen., diretto alla salvaguardia dei vincolo in quanto esistente e non in quanto valido, viene a configurarsi come reato di disobbedienza legittimato dalla finalità perseguita dal legislatore del buon andamento della pubblica amministrazione o dell'amministrazione della giustizia. E il bilanciamento degli interessi così attuato non può dirsi irragionevole in quanto l'esercizio delle facoltà connesse ai diritti dominicali ben può cedere dinanzi agli obblighi di solidarietà pubblica e in quanto, alla fine, la lesione della proprietà è sempre riparabile mediante il risarcimento. 5. Sicchè l'individuazione da parte del Giudice di merito di un post-fatto nella specie, la revoca del sequestro che andrebbe ad elidere - a quanto pare, secondo la formula assolutoria adottata - l'elemento psicologico della condotta ascritta esula da qualsiasi legittima considerazione rispetto al reato ormai consumato attraverso la consapevole sottrazione del bene al vincolo cautelare in un momento in cui esso era esistente, la cui successiva revoca non incide, pertanto, sugli elementi costitutivi. 6. La sentenza deve, pertanto, essere annullata con rinvio, ai sensi dell'art. 569 comma 4 cod. proc. pen., alla Corte di appello di Venezia per nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Venezia.