Le Sezioni Unite come l’ispettore Clouseau: nel mirino oltre 20.000 peluche della Pantera Rosa

Rimessa alle Sezioni Unite della Cassazione la questione relativa all’introduzione in commercio di oggetti seriali costituenti riproduzione morfologica di oggetti protetti da marchio ma, in concreto, privi di segni distintivi si tratta di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi oppure di vendita di prodotti industriali con segni mendaci?

Questo è il quesito emerso dall’ordinanza n. 46868 della Corte di Cassazione, depositata il 13 novembre 2014. Il caso. Da un procedimento giudicato dalla Corte d’appello di Napoli per i reati di contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell’ingegno o di prodotti industriali e di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi artt. 474/474 c.p. , contestati insieme alla ricettazione, si è giunti davanti alla Cassazione, su ricorso dell’imputato condannato. L’uomo era accusato di aver introdotto nel territorio dello stato una partita di 21.822 peluche raffiguranti il personaggio di fantasia Pantera Rosa” contraffatto. Condannato dai giudici di merito che hanno ritenuto che i pupazzi oggetto di contestazione e sequestrati fossero molto somiglianti al personaggio Pantera Rosa” registrato e, pertanto, assoggettato alla tutela dei marchi, l’imputato proponeva ricorso davanti al giudice di legittimità. Primo motivo di denuncia era dato dall’affermazione secondo cui la Metro Golde Meyer non sarebbe stata titolare di marchio – avente ad oggetto denominazione e sembianze del personaggio – registrato in Italia. Inoltre, non sarebbe sussistente l’elemento soggettivo del dolo con riferimento al reato di ricettazione, fatto da riqualificarsi quale fattispecie contravvenzionale colposa ex art. 712 c.p. acquisto di cose di sospetta provenienza . Si tutela il marchio bidimensionale o il marchio tridimensionale? Infine, secondo la difesa, il reato di ricettazione non sarebbe sussistente per il venir meno del reato-presupposto in quanto non esisterebbe un marchio tridimensionale tutelato dal diritto d’autore. In quest’ottica si segnalava che il segno” oggetto di registrazione è costituito da un marchio bidimensionale parte denominativa e parte figurativa . I pupazzi sequestrati, invece, erano tridimensionali e privi di componente denominativa. Riproduzione morfologica e in serie di cose protette da marchio. La questione della configurabilità dei delitti in parola con riferimento alla produzione di oggetti seriali che costituiscono la riproduzione morfologica di cose protette da marchio è dibattuta nella giurisprudenza di legittimità e fonte di contrasti. Di qui la decisione della Sezione assegnataria di rimettere il quesito alle Sezioni Unite, stante la preliminare esigenza di chiarire come debba essere interpretata la norma incriminatrice. La mera riproduzione figurativa senza marchio non integra il reato. Un orientamento segnala che il reato ex art. 474 c.p. non può avere quale oggetto beni che costituiscano una mera imitazione figurativa di prodotti industriali senza alcun marchio o ad altro segno distintivo della merce che risulti abusivamente riprodotto o falsificato. In altre parole, il reato non sussiste se i pupazzi riprodotti siano privi di marchio riferibile ai licenziatari autorizzati alla produzione e distribuzione. Il reato c’è anche se manca la componente denominativa”. Secondo un altro orientamento la produzione e messa in commercio di prodotti seriali riproducenti – anche se in modo imperfetto e senza componente denominativa – un personaggio di fantasia protetto da registrazione, può configurare il reato ex art. 474 c.p. Quello che rileva è il profilo oggettivo e il rischio di confusione. Nel solco di quest’ultimo orientamento, la Cassazione si è spinta a precisare che la riproduzione del personaggio di fantasia fortemente somigliante, anche se non perfettamente fedele all’originale, integra il reato quando possa apprezzarsi una oggettiva ed inequivocabile possibilità di confusione delle immagini. Reato contro la fede pubblica. Detta confusione è oggetto di attenzione e di repressione” perché idonea a trarre in inganno il pubblico vale a dire il consumatore medio” che identifica la merce come proveniente da un determinato produttore e, pertanto, rischia di identificare erroneamente qualità ed originalità dei prodotti messi in circolazione. Il richiamo visivo, secondo questo arresto, viene dato dall’immagine del personaggio mentre la componente denominativa, vale a dire il nome mancante , costituisce profilo secondario, con la conseguenza che il reato si configura anche semplicemente perché l’immagine del personaggio, seppure riprodotta in tri-dimensione, vale ad ingannare il pubblico circa la provenienza dell’oggetto. Tutelati penalmente i segni distintivi regolarmente registrati. Nella tassonomia delle pronunce sul tema che la Sezione richiama all’attenzione delle Sezioni Unite compare anche la segnalazione di un arresto che si pone su un piano diverso e trasversale la tutela penale ha per oggetto i segni distintivi regolarmente registrati e riconducibili ad una data impresa industriale o commerciale. Ne deriva che, secondo tale pronuncia, non è sufficiente la sussistenza della violazione del diritto d’autore data dalla riproduzione di un personaggio di fantasia in assenza di autorizzazione del titolare del marchio registrato ma è altresì necessario accertare se il personaggio” è oggetto di marchio registrato. Le Sezioni Unite facciano chiarezza. Il dubbio appalesato dalla Sezione remittente necessita di un chiarimento, vista anche la drammatica frequenza del reato l’introduzione in commercio di oggetti prodotti in serie e costituenti riproduzione morfologica di oggetti protetti da marchio, quando in concreto siano privi della componente denominativa, integra gli estremi dei reati di cui agli artt. 473/474 c.p. oppure del reato di vendita di prodotti industriali con segni mendaci art. 517 c.p. . La soluzione spetta alle Sezioni Unite.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, ordinanza 4 – 13 novembre 2014, n. 46868 Presidente Iannelli – Relatore Gallo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 28/2/2014, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Nola, in data 22/9/2009, dichiarato prescritto il delitto di cui al capo A artt. 473 e 474 cod. pen. , riduceva la pena inflitta a I.C. , rideterminandola per il residuo reato di ricettazione in anni uno, mesi quattro di reclusione ed Euro 600,00 di multa, confermando nel resto la sentenza impugnata. 2. L'imputato era stato tratto a giudizio per aver introdotto nel territorio dello Stato una partita di 21.822 peluche raffiguranti il personaggio Pantera Rosa della Metro Goldwin Mayer contraffatto. Nel merito La Corte territoriale respingeva le censure in rito mosse con l'atto d'appello. Nel merito osservava che i pupazzi sequestrati risultavano fortemente somiglianti al personaggio pantera Rosa , oggetto di specifica registrazione e quindi come tali assoggettati alla tutela dei marchi. Pertanto, pur dichiarando prescritto il reato di cui al capo A , confermava la condanna per il reato di ricettazione, reputando che la partita di merce sequestrata provenisse da reato. 3. Avverso tale sentenza propone ricorso l'imputato con due separati atti per mezzo dei suoi difensori di fiducia, avv. Eduardo Sorrentino e avv. Stefano Brandina. 4. Con l'atto a firma dell'avv. Sorrentino, la difesa deduce violazione di legge eccependo che non risultava che la M.G.M. fosse titolare di un marchio registrato in Italia avente ad oggetto sia la denominazione che le sembianze del personaggio. Deduce, inoltre, l'insussistenza del dolo, con riferimento al reato di ricettazione, eccependo che il fatto doveva essere ricondotto alla fattispecie colposa di cui all'art. 712 cod. pen 5. Con l'atto a firma dell'avv. Brandina, la difesa deduce violazione ed erronea applicazione delle norme di cui agli artt. 473, 474, 517, 110, 648 e 712 cod. pen., nonché vizio della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo del reato. In sostanza la difesa eccepisce che nella fattispecie non sarebbero configurabili gli estremi del delitto di cui agli artt. 473 e 474 cod. pen. per l'inesistenza di un marchio tridimensionale ciò inciderebbe anche sull'elemento soggettivo e farebbe venir meno il delitto di ricettazione per inesistenza del reato presupposto. Considerato in diritto 1. Per quanto riguarda le censure di violazione di legge, la difesa sostanzialmente contesta la sussistenza degli estremi oggettivi della condotta di importazione detenzione per la vendita di prodotti con marchi contraffatti, nello specifico che i pupazzi sequestrati possano rappresentare contraffazione del marchio di proprietà della Metro Goldwin Mayer, raffigurante il personaggio della pantera rosa . In particolare la difesa deduce che il segno oggetto di registrazione è costituito da un marchio complesso bidimensionale, composto da una parte denominativa ed una parte figurativa, mentre i prodotti sequestrati sono dei semplici pupazzi tridimensionali, privi di qualsivoglia componente denominativa obietta che un marchio figurativo non è in alcun modo assimilabile, né sovrapponibile ad un marchio tridimensionale per cui un pupazzo che riproduca una pantera o qualsiasi altro animale non solamente non costituisce contraffazione, ma neppure potrebbe essere oggetto di registrazione quale marchio tridimensionale, posto che risultano espressamente esclusi dalla registrazione i segni costituiti esclusivamente dalla forma imposta dalla natura stessa del prodotto di conseguenza eccepisce che l'inesistenza di un marchio tridimensionale preclude che il fatto possa integrare anche solo astrattamente le fattispecie penali di cui agli art. 473 e 474 cod. pen 2. Nella giurisprudenza di questa Corte la questione della configurabilità del delitto di cui agli artt. 473 e 474 cod. pen. con riferimento alla produzione di oggetti seriali costituenti riproduzione morfologica di cose protetti da marchio è stata oggetto di un dibattito che ha portato a contrastanti indirizzi giurisprudenziali. 3. Infatti, in fattispecie analoga alla presente, la S.C. Cass. sez. III, 26 aprile - 2 luglio 2001 n. 26754, Andolfo, rv. 219215 ha statuito che il reato di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi previsto dall'art. 474 cod. pen. non può avere ad oggetto beni che costituiscono una mera imitazione figurativa di prodotti industriali, senza alcun marchio o altro segno distintivo della merce che risulti abusivamente riprodotto ovvero falsificato. In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che non configura il reato di cui all'art. 474 cod. pen. la introduzione nel territorio dello Stato al fine della vendita di pupazzi riproducenti i personaggi della serie Pokemon, Sansone, Scubidu e Winnie The Pooh, privi di qualsiasi marchio riferibile ai licenziatari autorizzati alla produzione e distribuzione . 4. Con una successiva pronuncia, la V sezione penale di questa Corte, con sentenza n. 27032/2004, Romagnoli, rv. 229121, ha statuito che non può dirsi estranea alla previsione di reato di cui all'art. 474 cod. pen. la condotta consistente nella produzione e messa in commercio di prodotti seriali riproducenti, ancorché in modo imperfetto e senza indicazione della sua denominazione, un personaggio di fantasia protetto da registrazione. Nella specie, trattavasi di giocattoli gonfiabili riproducenti il pulcino Calimero . 5. Tale indirizzo è stato confermato da Sez. 5, Sentenza n. 25147/2005, Bellomo, Rv. 231894 che ha statuito che in tema di commercio di prodotti con segni falsi, la riproduzione del personaggio di fantasia tutelato dal marchio registrato - ancorché non fedele ma espressiva di una forte similitudine - integra il reato quando, con giudizio di fatto demandato al giudice di merito e insindacabile se rispondente ai criteri della completezza e logicità, sia apprezzata una oggettiva e inequivocabile possibilità di confusione delle immagini, tale da indurre il pubblico ad identificare erroneamente la merce come proveniente da un determinato produttore. Fattispecie relativa alla riproduzione dell'immagine del canarino Titti , che la Corte ha ritenuto integrare reato nonostante la mancanza, accanto alla immagine stessa, del nome dell'animale, oggetto del marchio unitamente alla raffigurazione del personaggio. La Corte ha osservato che, nell'insieme figurativo del marchio, l'elemento di maggior richiamo visivo era la immagine, mentre il nome, elemento secondario, non era determinante . 6. Ritornando sull'argomento la Sezione 3 di questa Corte Sentenza n. 28159/2006, Ronchi ed altri, Rv. 235746 ha statuito che il reato di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi previsto dall'art. 474 cod. pen. non può avere ad oggetto beni che costituiscono una mera imitazione figurativa di prodotti industriali, senza alcun marchio o altro segno distintivo della merce che risulti abusivamente riprodotto ovvero falsificato. Fattispecie relativa alla riproduzione di pupazzi di noti cartoni animati privi di qualsiasi marchio riferibile ai licenziatari autorizzati alla produzione ed alla distribuzione . 7. Con un successivo arresto la Sezione 5 Sez. 5, Sentenza n. 3403/2009, Chen, Rv. 245838 ha statuito che ai fini della configurabilità del delitto di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi art. 474 cod. pen. non è sufficiente accertare la sussistenza della violazione del diritto d'autore, costituita dalla riproduzione, senza autorizzazione, di un personaggio di fantasia, ma è necessario verificare se detto personaggio costituisca oggetto di marchio registrato, in quanto la tutela penale predisposta dalla norma incriminatrice concerne segni distintivi regolarmente registrati e, in genere, indicativi della riferibilità del bene abusivamente riprodotto ad una data impresa industriale o commerciale. 8. Successivamente la Sezione 2, con riferimento al commercio di pupazzi riproducenti i personaggi Titti e Gatto Silvestro , ha statuito che integra il reato di commercio di prodotti con segni falsi la riproduzione del personaggio di fantasia tutelato dal marchio registrato, ancorché non fedele ma espressiva di una forte somiglianza, quando sia possibile rilevare una oggettiva e inequivocabile possibilità di confusione delle immagini, tale da indurre il pubblico ad identificare erroneamente la merce come proveniente da un determinato produttore Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20040/2011, Ferrantino, Rv. 250157 conforme Sezione 2, Sentenza n. 13235/2014, Valgimigli, non massimata . 9. Al fine di risolvere tale contrasto giurisprudenziale il Collegio ritiene che, ai sensi dell'art. 618 cod. proc. pen. debba essere rimessa alle Sezioni Unite Penali la seguente questione. se l'introduzione in commercio di oggetti seriali - privi di marchi - costituenti riproduzione morfologica di oggetti protetti da marchio integri o meno gli estremi del delitto di cui agli artt. 473/474, ovvero di cui all'art. 517 cod. pen.”. P.Q.M. Rimette il ricorso alle Sezioni Unite, ai sensi dell'art. 618 cod. proc. pen