Luogo poco illuminato, troppo veloce il veicolo: è omicidio colposo l’investimento del pedone

Impatto fatale per una donna, che perde la vita a seguito del colpo subito da un’automobile sopraggiunta mentre ella stava attraversando la strada sulle strisce. Chiara la dinamica del terribile episodio. Altrettanto evidente la responsabilità dell’automobilista, che non ha prestato attenzione alla strada e non ha adeguato la velocità del proprio veicolo al contesto.

Poco veloce, e, forse, poco sicuro, soprattutto considerando la pessima illuminazione della zona, il pedone – una donna – che attraversa la strada. Ma ciò non può, di certo, attenuare le responsabilità dell’automobilista che, con la propria vettura – caratterizzata da una velocità fuori luogo rispetto al contesto –, centra in pieno la donna, provocandone la morte. Consequenziale, e logica, la condanna dell’uomo per il reato di omicidio colposo Cassazione, sentenza n. 46830, sez. IV Penale, depositata oggi . Impatto fatale. Linea di pensiero comune per i giudici di primo e di secondo grado l’automobilista è colpevole. Egli, in sostanza, secondo la ricostruzione del terribile episodio, ha cagionato, alla guida della sua autovettura, per colpa generica, in considerazione delle circostanze di tempo e di luogo quali l’orario notturno, la conseguente scarsa illuminazione del tratto stradale, l’attraversamento del centro abitato, e per colpa specifica, consistita nell’aver tenuto una velocità eccessiva, il decesso di una donna che veniva investita in fase di attraversamento della carreggiata, da sinistra a destra . Condiviso anche il quantum della condanna quattro mesi di reclusione per l’uomo. Disattento. E la posizione dell’automobilista non diventa meno grave neanche con l’ultimo grado di giudizio, la Cassazione, laddove, anzi, viene confermata la sua responsabilità per la tragica morte della donna. Rilevante, per i giudici – che respingono le obiezioni mosse dall’uomo –, la ricostruzione del drammatico episodio, da cui emerge, in sintesi, la non attendibilità della tesi difensiva secondo cui l’investimento sarebbe avvenuto ad una velocità di poco inferiore ai 30 chilometri orari . Decisivo, soprattutto, il fatto che l’uomo procedeva nel centro abitato ad una velocità sicuramente superiore a quella consentita, in ora notturna, in una zona con scarsa illuminazione evidenti l’ imprudenza e la negligenza dell’automobilista, il quale, non prestando sufficiente attenzione alla strada e tenendo una velocità molto superiore al limite consentito , non aveva avuto neppure il tempo di porre in essere una manovra di reazione, e, allorquando ha visto la donna ferma o a ridosso della linea di mezzeria, non ha potuto fare nulla per evitare l’investimento . Peraltro, concludono i giudici, anche il lamentato ‘effetto specchio’ determinato dall’illuminazione del passaggio pedonale è secondario, perché esso non poteva impedire, del tutto, la vista di una persona , e comunque l’‘effetto specchio’ e la zona scarsamente illuminata avrebbero dovuto imporre all’uomo una condotta particolarmente prudenziale nell’attraversamento dell’isola spartitraffico . Comunque si guardi la vicenda, quindi, è evidente la responsabilità dell’automobilista confermata, senza alcun dubbio, perciò, la condanna a quattro mesi di reclusione .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 23 ottobre – 12 novembre 2014, n. 46830 Presidente Brusco – Relatore Marinelli Ritenuto in fatto Con sentenza del 7 ottobre 2008 il G.U.P. del Tribunale di Reggio Emilia dichiarava F.L. colpevole del reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale in danno di C.C. e lo condannava alla pena di mesi quattro di reclusione. Al F. era stato contestato il reato di cui all’articolo 589 comma 2 cod. pen. per avere cagionato, alla guida della sua autovettura, per colpa generica in considerazione delle circostanze di tempo e di luogo quali l’orario notturno, la conseguente scarsa illuminazione del tratto stradale, l’attraversamento del centro abitato e per colpa specifica consistita nella violazione dell’articolo 141 del Codice della Strada, il decesso di C.C. che veniva investita in fase di attraversamento della carreggiata da sinistra a destra. Avverso la decisione del G.U.P. del Tribunale di Reggio Emilia ha proposto appello il difensore dell’imputato. La Corte di Appello di Bologna in data 1.10.2013, con la sentenza oggetto del presente ricorso, confermava la sentenza emessa nel giudizio di primo grado e condannava l’imputato al pagamento delle spese del grado. Avverso la predetta sentenza personalmente proponeva ricorso per Cassazione chiedendone l’annullamento. Il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per i seguenti motivi 1 violazione di legge in relazione agli articoli 530 c.p.p., 589,comma 2,c.p., 141 del Codice della Strada e motivazione contraddittoria e illogica articolo 606, comma 1, lett.b , d ed e c.p.p. quanto alla mancata pronuncia di assoluzione e alla valutazione di prove decisive. Secondo la difesa sarebbero contraddittori gli elementi sulla cui base i giudici di merito hanno ritenuto sussistente la responsabilità del F. in ordine al reato di omicidio colposo in danno di C.C Secondo la difesa, che ribadiva sostanzialmente le doglianze già esposte in sede di appello, il punto d’urto era stato individuato oltre 16,20 metri dopo l’attraversamento pedonale il consulente della difesa aveva evidenziato che il pedone aveva attraversato la strada in una zona priva di illuminazione, che si trattava di una donna di circa un metro e mezzo di altezza, vestita di nero, che aveva calcolato male il tempo di attraversamento e quello di arrivo dell’autovettura condotta dall’imputato. Secondo la difesa inoltre l’imputato marciava ad una velocità inferiore ai limiti consentiti e non poteva vedere anche a causa dell’illuminazione del passaggio pedonale che gli faceva da specchio. Sarebbe invece errata la teoria del lancio balistico” sviluppata dal C.T.U., atteso che il pedone era stato caricato sul cofano, come si poteva anche rilevare dai danni riportati dall’autovettura. 2 Violazione di legge e difetto di motivazione in relazione all’articolo 192 c.p.p Secondo la difesa risultava dagli atti, in particolare dalla bozza dello schizzo planimetrico redatto dalla polizia stradale e dalle dichiarazioni degli stessi operanti, che l’imputato aveva spostato l’autovettura rispetto al punto di quiete dopo il sinistro. Sarebbe quindi provato che l’autovettura procedeva a velocità prudenziale e adeguata alle circostanze di tempo e di luogo, ma che anche a tale velocità l’urto era stato inevitabile perché il pedone non era assolutamente visibile all’imputato che proveniva da una zona illuminata, mentre c’era totale oscurità al di là dell’attraversamento pedonale. Considerato in diritto I proposti motivi di ricorso non sono fondati. Si osserva infatti cfr. Cass., Sez. 4, Sent. n. 4842 del 2.12.2003, Rv. 229369 che, nel momento del controllo della motivazione, la Corte di Cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento ciò in quanto l’articolo 606, comma 1, lett. e c.p.p. non consente a questa Corte una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perché è estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali. Tanto premesso la motivazione della sentenza impugnata, che costituisce con quella di primo grado un unico compendio motivazionale, appare logica e congrua e supera quindi il vaglio di questa Corte nei limiti sopra indicati. I giudici della Corte di appello di Bologna hanno infatti chiaramente evidenziato gli elementi da cui hanno dedotto la sussistenza della responsabilità del F. in ordine al reato ascrittogli. In particolare hanno evidenziato le logiche, precise e argomentate valutazioni tecniche formulate dal consulente del pubblico ministero soprattutto con riferimento all’asserito avvenuto spostamento dell’autovettura dopo l’urto. Secondo il perito, che aveva preso in considerazione quanto riferito dal consulente tecnico di parte M., infatti era assolutamente improbabile che l’autovettura fosse stata spostata dopo l’urto fino al luogo indicato al numero 5 della planimetria redatta dalla polizia stradale, atteso che gli agenti operanti avevano rilevato con precisione i rottami rinvenuti sulla carreggiata sparsi per quasi una ventina di metri lungo la corsia, a ridosso della linea di mezzeria. Il perito inoltre aveva ritenuto non attendibile la tesi difensiva secondo cui l’investimento sarebbe avvenuto ad una velocità di poco superiore ai 30 chilometri orari, indicandone compiutamente le ragioni cfr. pag. 8 e 9 della sentenza . Pertanto i giudici della Corte territoriale hanno ritenuto integrati i profili di colpa generica e specifica contestati nell’imputazione, evidenziando in particolare che il F. procedeva nel centro abitato ad una velocità sicuramente superiore a quella consentita, in ora notturna, in una zona con scarsa illuminazione, salvo che per l’attraversamento pedonale, che l’odierno ricorrente in ogni caso non prestava per imprudenza e negligenza nella guida sufficiente attenzione alla strada. Procedendo pertanto ad una velocità molto superiore al limite consentito, l’imputato non aveva avuto neppure il tempo di porre in essere una manovra di reazione e, allorquando ha visto la vittima ferma o a ridosso della linea di mezzeria, non ha potuto fare nulla per evitare l’investimento. Il lamentato effetto specchio determinato dall’illuminazione del passaggio pedonale non poteva impedire del tutto la vista di una persona e comunque l’effetto specchio e la zona scarsamente illuminata avrebbero dovuto imporre all’imputato una condotta particolarmente prudenziale nell’attraversamento dell’isola spartitraffico. Il proposto ricorso deve essere, pertanto, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.