Busta con proiettile: lasciare vuoto il campo del destinatario non salva dalla pena

Per la configurabilità del reato di minaccia, il destinatario della stessa deve essere individuato o comunque individuabile.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 46472, depositata l’11 novembre 2014. Il caso. La Corte d’appello di Trieste condannava, per il reato di minaccia aggravata, un imputato, accusato di aver recapitato due missive, contenenti un proiettile ciascuna, al presidente, agli associati ed ai dipendenti delle ACLI di Trieste. Secondo i giudici di merito, l’assenza di indicazione del destinatario delle buste, recapitate a mano, presso la sede provinciale dell’ACLI, non comportava l’insussistenza del reato, né la sua configurabilità in forma tentata, in quanto la posta veniva regolarmente ricevuta dai responsabili delle ACLI e, in particolare, dal direttore del patronato. Essendo gli scritti anonimi, ed essendoci stato anche l’invio dei proiettili elementi che rappresentavano un’esplicita minaccia di morte , si riteneva configurabile la fattispecie aggravata, prevista dall’art. 612, comma 2, c.p L’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando la ritenuta sussistenza del reato di minaccia in assenza di un destinatario individuato o individuabile. Al massimo, la sua condotta poteva integrare il reato previsto dall’art. 658 c.p. procurato allarme presso l’autorità . Identificabile il destinatario. La Cassazione premette che, per la configurabilità del reato di minaccia, il destinatario della stessa deve essere individuato o comunque individuabile. Tuttavia, nel caso di specie, i giudici di merito avevano correttamente ritenuto che le minacce fossero rivolte a persone identificabili, cioè i responsabili delle ACLI locali, e identificate, il direttore del patronato. Perciò, l’identificabilità dei destinatari ed il riferimento alle modalità delle condotte minacciose le missive indirizzate ad un’associazione permettevano di ritenere integrato il reato contestato al ricorrente. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 22 aprile – 11 novembre 2014, n. 46472 Presidente Bruno – Relatore Caputo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza deliberata il 21/02/2013, la Corte di appello di Trieste ha confermato la sentenza del Tribunale di Trieste del 11/10/2010, che aveva dichiarato D.G. colpevole dei reati di minaccia aggravata commessi in Trieste in data 11/02/2009 e 12/02/2009 e del reato di cui all'art. 697 cod. pen. commesso in Trieste il 12/02/2009. A D. veniva imputato di avere minacciato al presidente, agli associati e ai dipendenti delle Acli di Trieste, tra i quali M.E. , C.L. , U.G. e Q.F. , un male ingiusto recapitando due missive con scritto per il 10 febbraio foiba e contenenti, ciascuna, un proiettile in particolare, una comune munizione atta all'impiego inserita nella busta del 12/02/2009 e un proiettile non funzionante inserito nell'altra busta . Rileva la Corte di merito che l'assenza di indicazione del destinatario delle due buste recapitate - evidentemente a mano - presso la sede provinciale delle ACLI di Trieste non comporta l'insussistenza del reato o la sua configurabilità in forma tentata, posto che esse vennero regolarmente ricevute dai responsabili delle ACLI che chiesero l'intervento della polizia e, in particolare, dal direttore del patronato Q.F. le minacce sono state commesse con scritti anonimi e mediante l'invio di munizioni, sicché è configurabile il reato di cui all'art. 612, secondo comma, cod. pen., risultando altresì evidente che l'invio di un proiettile rappresenta un'esplicita minaccia di morte, tale da integrare la minaccia grave. 2. Avverso la sentenza della Corte di appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione, nell'interesse di D.G. , l'avv. Giovanni Di Lullo, denunciando - nei termini di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. - inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di minaccia in assenza di un destinatario individuato o individuabile. Le missive minatorie sono risultate prive di destinatario sicché non è risultato confermato il capo di imputazione a tenore del quale i soggetti passivi del reato si sarebbero dovuti identificare in M. , C. , U. e Q. , né rileva che quest'ultima abbia ricevuto e poi consegnato alla polizia una delle due lettere. Soggetto passivo del reato può essere soltanto una persona determinata o determinabile, sicché non può dirsi sussistente il reato di minacce, ma, al più, si sarebbe dovuto contestare il reato di cui all'art. 658. Considerato in diritto Il ricorso non è fondato. Per la configurabilità del reato di minaccia, il destinatario della stessa deve essere individuato o comunque individuabile cfr. Sez. 1, n. 960 del 17/10/1985 - dep. 25/01/1986, Onorato, Rv. 171669 . Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha ritenuto la prospettazione delle minacce, veicolate attraverso missive recapitate presso la sede provinciale delle Acli, come ricollegata a persone identificabili i responsabili delle Acli locali e in parte identificate il direttore del patronato Acli il riferimento alle modalità delle condotte minacciose missive recapitate ad un'associazione e la connessa identificabilità dei destinatari, svolta dalla sentenza impugnata con motivazione immune da cadute di conseguenzialità logica, escludono il carattere indistinto dei destinatari e, quindi, la sussistenza del vizio denunciato. A conclusioni diverse non può giungersi sulla base del precedente invocato dal ricorso e sopra richiamato Sez. 1, n. 960 del 17/10/1985 - dep. 25/01/1986, Onorato, Rv. 171669, infatti, ha ritenuto non configurabile il reato di cui all'art. 612 cod. pen. in relazione ad una fattispecie in cui si è escluso che con la frase se tale situazione politica continua, in Calciano scorrerà il sangue l'imputato intendesse minacciare di morte il sindaco, fattispecie, questa, affatto diversa da quella in esame, caratterizzata non già da una condotta minacciosa risoltasi in una frase non riferibile a destinatari individuabili, ma in missive indirizzate ad un'associazione. Il precedente indicato conferma, al contrario, la configurabilità del delitto di minaccia in presenza di destinatari identificabili della condotta minacciosa. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.