Il concomitante impegno professionale del difensore approda alle Sezioni Unite

Vi è contrasto in ordine alla qualificabilità del concomitante impegno professionale del difensore in termini di impedimento assoluto a comparire, e sugli effetti che detto impedimento produce sulla sospensione del termine di prescrizione del reato.

Ecco il quesito con cui la sez. V della Cassazione, con la sentenza n. 45057, depositata il 30 ottobre 2014, ha invocato l’intervento delle Sezioni Unite. Non c’è concordia sul legittimo impedimento del difensore. Il difensore dell’imputato chiedeva il rinvio dell’udienza, adducendo la concomitanza di un altro impegno professionale davanti ad altro giudice. Il processo veniva rinviato di oltre 60 giorni e la prescrizione, ad avviso della Corte d’appello della Capitale, doveva intendersi sospesa per tutta la durata del rinvio questa conclusione – come ha rilevato la sez. V della Cassazione – lascia intendere che la Corte romana non ha qualificato l’impegno professionale dell’avvocato come assoluto. Diversamente, avrebbe dovuto fare applicazione della norma contenuta nell’art. 159, comma 1, n. 3, c.p., che impone il tetto massimo dei 60 giorni per il rinvio dovuto ad impedimento del difensore. Ma la soluzione non è affatto pacifica. L’avvocato è impegnato in un altro processo impedimento assoluto Così concludevano i giudici di Piazza Cavour poco meno di un anno fa, e a pronunciarsi in materia era la sez. IV con la sentenza n. 10926/2013. Questo orientamento, però, nonostante acceda alla tesi sicuramente più favorevole alla difesa dell’imputato, pone rigidi paletti. Occorre che l’avvocato abbia proposto l’istanza tempestivamente – e non all’ultimo minuto – e, soprattutto, è indispensabile che il difensore argomenti in ordine alla essenzialità della propria presenza sia nel processo al quale presenzierà, sia in quello di cui chiede il rinvio. Dulcis in fundo, al legale che si ritiene impedito si chiede di spiegare perché non può avvalersi di un sostituto processuale. E’ evidente la duplice ragione che giustifica questo apparente rigorismo scongiurare il rischio delle istanze di rinvio pretestuose e responsabilizzare i difensori che le propongono. o semplice scelta difensiva? Di questo avviso un altro filone di pensiero, cui ha aderito la Cassazione a giugno scorso la sentenza è la n. 11874/2014, pronunciata dalla sez. III della Cassazione . La contemporaneità di un altro impegno professionale del difensore non esprime una sua impossibilità assoluta a partecipare all’udienza è una richiesta legittima e comporta, quando viene accolta, l’ovvio rinvio del processo. La prescrizione, però e questo è il punto dolente per chi anela a conquistarne il decorso rimane sospesa per tutta la durata del rinvio. Che potrà benissimo essere superiore ai 60 giorni previsti dal codice penale. Nessun dubbio sulla adesione del difensore alla astensione dalle udienze. In questo caso vale il principio secondo cui non partecipare alle udienze, benché rappresenti un diritto sicuramente tutelato e contemplato dall’ordinamento, non è però considerabile come impedimento in senso tecnico non si applica perciò alcun limite alla sospensione della prescrizione, che opererà sempre e comunque lungo tutto l’arco temporale esistente tra l’udienza in cui ci si è astenuti e quella di rinvio. Adesso la parola alle Sezioni Unite. L’intervento regolatore dovrebbe sanare un contrasto interpretativo che ha frequentissime, forse quotidiane, ricadute applicative. La ricorrenza con cui le difese invocano la prescrizione – istituto chiamato continuamente in causa, data la esponenzialità del numero delle pendenze e la impossibilità di definirle tutte nei limiti di tempo imposti dal codice penale – rende ancora più necessario che si faccia chiarezza sulla natura dell’impedimento professionale del difensore. E del resto la precisione con cui la sez. V della Suprema Corte ha formulato il quesito da rimettere alle Sezioni Unite la dice lunga su quale sia l’obiettivo da raggiungere individuare con esattezza i limiti temporali della sospensione della prescrizione. 60 giorni o anche più? Vedremo.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 26 settembre – 30 ottobre 2014, n. 45057 Presidente Bevere – Relatore Oldi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 10 luglio 2012 la Corte d'appello di Roma, confermando la decisione assunta dal locale Tribunale, ha riconosciuto P.R. responsabile del delitto di minaccia grave di cui al capo a , di tre episodi di tentata violenza privata di cui ai capi d , e e g , di tre episodi di lesioni aggravate di cui ai capi f , h e i , nonché di danneggiamento, minaccia e ingiuria, così riqualificato già in primo grado il fatto originariamente contestato al capo c come maltrattamenti in famiglia ha quindi tenuto ferma la sua condanna alla pena di legge e al risarcimento dei danni in favore della moglie G.G. , costituitasi parte civile. 1.1. Nella motivazione quel collegio ha osservato, fra l'altro, che nessuno dei reati poteva dirsi prescritto, dovendo tenersi conto di due sospensioni del relativo termine, determinate da altrettanti rinvii delle udienze l'uno dal 17 novembre 2006 al 26 marzo 2007, per adesione del difensore all'astensione dalle udienze indetta dalle Camere Penali, l'altro dal 13 luglio 2010 al 5 ottobre 2010, per impedimento del difensore. 2. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, per il tramite del difensore, affidandolo a un solo motivo. Con esso deduce la prescrizione dei reati di cui ai capi a e b , che sostiene essere maturata anteriormente alla sentenza di secondo grado lamenta, quanto alla seconda delle sospensioni valorizzate dalla Corte d'appello, che non si sia tenuto conto del limite di sessanta giorni imposto dall'art. 159 cod. pen. osserva che, se si fosse data osservanza al precetto normativo, si sarebbe dovuto rilevare, anche d'ufficio, che il termine prescrizionale di sette anni e sei mesi si era compiuto fin dal 30 giugno 2012 per il capo a e dall'8 luglio 2012 per il capo b . Considerato in diritto 1. La censura riguardante l'eccepita prescrizione del reato di minaccia, contestato al capo b dell'imputazione, è inammissibile in quanto per tale reato il P. era stato assolto già in primo grado, con statuizione coperta dal giudicato per mancata impugnazione da parte del Pubblico Ministero. 2. Per quanto si riferisce all'imputazione di minaccia grave, di cui al capo a , assume dirimente rilievo ai fini penali - ferme restando le statuizioni civili, del resto neppure investite dal ricorso - la risposta da darsi alla questione, puntualmente sollevata dal ricorrente, riguardante la durata della sospensione del termine prescrizionale in relazione al rinvio, disposto in primo grado, dall'udienza del 13 luglio 2010 a quella del 5 ottobre 2010. 2.1. Ed invero, se condividendo l'assunto che informa l'unico motivo di ricorso si ritenesse che la presenza di un concomitante impegno professionale davanti ad altro giudice abbia costituito impedimento assoluto del difensore, la durata della sospensione non potrebbe eccedere il limite di sessanta giorni, secondo il disposto dell'art. 159, primo comma, n. 3 cod. pen. in tale ipotesi il termine di prescrizione, avente la sua naturale scadenza al 21 dicembre 2011 in relazione all'epoca di consumazione del reato 21 giugno 2004 , dovrebbe intendersi prolungato di complessivi 189 giorni, di cui sessanta per l'anzidetta ragione ed altri 128 per l'incontestata sospensione dal 17 novembre 2006 al 26 marzo 2007 con la conseguenza che l'effetto estintivo si sarebbe realizzato il 27 giugno 2012, cioè anteriormente alla pronuncia della sentenza di secondo grado. Ciò renderebbe il ricorso non soltanto ammissibile, ma anche fondato, per cui ne deriverebbe l'annullamento senza rinvio, in parte qua , della sentenza impugnata Sez. 3, n. 11103 del 30/01/2014, Colosso, Rv. 258733 Sez. 6, n. 11739 del 21/03/2012, Mazzaro, Rv. 252319 . 2.2. Di contro, se aderendo alla tesi giuridica opposta - implicitamente fatta propria dalla Corte d'appello - si negasse al concomitante impegno professionale la qualifica di impedimento assoluto, ravvisando nell'assenza del difensore il risultato di una sua scelta, sia pur tutelata dall'ordinamento con il riconoscimento del diritto al rinvio dell'udienza, dovrebbe escludersi l'operatività del limite temporale di sessanta giorni, che dal citato art. 159 cod. pen. è correlato soltanto all'esistenza di un impedimento del difensore e non anche all'accoglimento di una sua - sia pur legittima - richiesta. In quest'ultima ipotesi la durata della sospensione sarebbe da computare per tutto l'arco di tempo intercorso fra l'una e l'altra udienza il che porterebbe a prolungare di altri 24 giorni, per un totale di 213, il complessivo slittamento della scadenza, spostandola al 21 luglio 2012. E poiché quest'ultima data è posteriore alla pronuncia della sentenza di appello, ne deriverebbe l'inammissibilità del ricorso, che su quest'unico motivo ambisce a fondarsi Sez. U, n. 33542 del 27/06/2001, Cavalera, Rv. 219531 . 3. La risposta fin qui data al quesito dalla giurisprudenza di legittimità non è univoca, registrandosi un contrasto fra gli orientamenti espressi dalle diverse sezioni e, talvolta, anche dalla stessa sezione. 3.1. La prima delle due letture ermeneutiche dianzi ricordate applicabilità del limite temporale di sessanta giorni è recepita da Sez. 4, n. 10926 del 18/12/2013 - dep. 2014, La China, Rv. 258618 nella relativa motivazione si critica la tesi contraria, facendo richiamo ai principi enunciati dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 4708 del 27/03/1992 Fogliani, Rv. 190828 traendo argomento da essi si sostiene l'assunto secondo cui l'impegno professionale del difensore in altro procedimento deve ritenersi legittimo impedimento, che da luogo ad assoluta impossibilità a comparire, a condizione che l'istanza sia tempestivamente proposta, prospetti l'impedimento ed esponga le ragioni che rendono essenziale la presenza del difensore nell'altro procedimento e che gli impediscono di farsi sostituire nell'uno o nell'altro. Già in precedenza altri arresti, non massimati Sez. 3, n. 13766 del 06/03/2007, Medico Sez. 3, n. 17218 del 03/03/2009, Girotti Sez. 5, n. 34835 del 11/07/2011, Bova , si erano mossi nella medesima ottica, mostrando distendere l'impegno professionale del difensore in altra sede come un assoluto impedimento a comparire, tale da comportare l'operatività del limite massimo di sessanta giorni di sospensione al corso della prescrizione. 3.2. Sull'opposto versante si sono attestate Sez. 1, n. 44609 del 14/10/2008, Errante, Rv. 242042 e Sez. 2, n. 17344 del 29/03/2011, Ciarlante, Rv. 250076 in tali pronunce si afferma che il rinvio chiesto e ottenuto per contemporaneo altro impegno professionale del difensore costituisce espressione non di un'impossibilità assoluta a partecipare all'udienza, ma di una scelta del difensore stesso che, per quanto legittima, comporta il diritto al rinvio dell'udienza ma non da luogo ad un caso di sospensione per impedimento e quindi il corso della prescrizione rimane sospeso per tutto il periodo del differimento. Anche per questa tesi si riscontra un orientamento adesivo in alcune pronunce non massimate Sez. 3, n. 11874 del 08/06/2014, Farina Sez. 3, n. 13941 del 19/12/2011 - dep. 2012, Scintu Sez. 6, n. 26071 del 08/06/2011, S.A.M Sez. 2, n. 41269 del 03/07/2009, Tatavitto. 4. Dalla succinta rassegna che precede emerge con chiarezza l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale, formatosi sulla questione che può compendiarsi nel seguente quesito se l'esistenza di un concomitante impegno professionale del difensore costituisca un'ipotesi di impossibilità assoluta a comparire, valutabile ai sensi dell'art. 159, primo comma, n. 3 cod. pen., con la conseguenza che, in tal caso, l'udienza non possa essere rinviata oltre il sessantesimo giorno e, ove ciò avvenga, la sospensione della prescrizione non possa comunque avere una durata maggiore, ovvero se tale impedimento, pur tutelato dall'ordinamento con diritto al rinvio dell'udienza, non abbia carattere assoluto. In considerazione del rilevato contrasto e dell'importanza della questione, dalla cui decisione dipende l'applicazione, o meno, di una causa estintiva del reato, si reputa necessario l'intervento regolatore delle Sezioni Unite Penali. 5. Poiché l'imputazione concerne una fattispecie di violenza in famiglia, ricorrono i presupposti per l'oscuramento dei dati identificativi. P.Q.M. Rimette il ricorso alle Sezioni Unite. In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, in quanto imposto dalla legge.