Confisca per equivalente, quando ordinarla?

Il giudice di appello, dopo la sentenza di condanna in primo grado, nel dichiarare la prescrizione, deve accertare incidentalmente la responsabilità dell'imputato al fine di confermare la disposta confisca obbligatoria, anche per equivalente? O l'estinzione del reato preclude la predetta confisca? A risolvere la controversia saranno le Sezioni Unite.

Questo è quanto emerso nella pronuncia numero 44958 della Corte di Cassazione, depositata il 29 ottobre 2014. La questione. La pronuncia in commento affronta la problematica, peraltro già precedentemente affrontata e risolta con sentenza numero 33834/2008 delle Sezioni Unite, del persistente contrasto di giurisprudenza in ordine alla confisca per equivalente, in presenza di declaratoria di estinzione del reato. Nello specifico, la pronuncia delle Sezioni Unite richiamata aveva affermato che l’estinzione del reato preclude la confisca delle cose che ne costituiscono il prezzo, anche se questa è prevista come obbligatoria dall’art. 240 comma 2, numero 1 c.p Nel caso di specie, la Corte di Appello di Palermo, in contrasto con tale orientamento, riformando la sentenza di primo grado, dichiarava non doversi procedere nei confronti delle imputate perché il reato risultava estinto per prescrizione, ma confermava la confisca ai sensi dell’art. 240 comma 2, numero 1 c.p Confisca e prescrizione. Con ricorso, le imputate lamentavano violazione di legge in relazione alla conferma della confisca disposta in primo grado, nonostante la declaratoria di prescrizione del reato, richiamando, nello specifico proprio l'orientamento delle Sezioni Unite della Suprema Corte. Contra. Si alla confisca, anche se si dichiara la prescrizione. La sentenza in commento rileva come, immediatamente dopo la sentenza delle Sezioni Unite, si è affermato anche un altro orientamento, dalla stessa condiviso, di segno contrario, secondo il quale, l’estinzione del reato per prescrizione non preclude la confisca delle cose che ne costituiscono il prezzo, nei casi in cui vi sia stato un accertamento incidentale, equivalente a quello contenuto in una sentenza di condanna, della responsabilità dell’imputato e del nesso pertinenziale tra oggetto della confisca e reato Cass., numero 31957/2013 . D'altra parte, ricorda la Corte come nella stessa sentenza delle Sezioni Unite si ricava che, ai fini della decisione sulla applicazione della misura, non si può prescindere dalla necessità di uno specifico accertamento da parte del giudice. Ed invero, è la stessa la norma di cui all'art. 240, comma 2, numero 1, c.p. che, nel disporre la confisca obbligatoria delle cose che costituiscono il prezzo del reato, richiede la necessità della condanna. Accertamento del giudice. L'orientamento proposto dalla sez. II della Corte, nella pronuncia in commento, è nel senso di ritenere che la confisca, disposta nel caso di estinzione del reato, è subordinata all'esistenza, da accertarsi dal giudice, del fatto costituente reato, trattandosi di indagine che non investe questioni relative all'azione penale, ma solo l'applicazione di una misura di sicurezza, sottratta all'effetto preclusivo della causa estintiva. La questione è rappresentata, dunque, dalla concreta verifica dei presupposti per l'adozione del provvedimento di confisca la sussistenza del fatto reato e la correlazione normativamente qualificata che i beni da assoggettare al provvedimento ablatorio devono presentare rispetto ad esso . Afferma la Corte, dunque, che la condanna funge da presupposto che giustifica la sottrazione definitiva del bene, in quanto proveniente da reato. Concetto di condanna ai fini della confisca. Il concetto di condanna richiamato, tuttavia, non deve essere inteso in senso di giudicato formale, ma di accertamento di responsabilità e del nesso di pertinenzialità che i beni devono presentare rispetto al reato stesso, a prescindere, dunque, dalla formula” con la quale il giudizio viene, in effetti, definito. Solo in questo modo si può escludere una disparità di trattamento tra i casi in cui l'estinzione interviene in un momento successivo al già statuito giudizio di responsabilità e collegamento tra beni e reato e quelli in cui la causa estintiva sia dichiarata, per esempio, con la sentenza di primo grado, in totale assenza di una verifica dei suddetti presupposti.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, ordinanza 24 – 29 ottobre 2014, n. 44958 Presidente Gallo – Relatore Davigo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 2.3.2011 il Tribunale di Palermo, fra l'altro, dichiarò C.F. , I.G. e L.P.R. responsabili del delitto di associazione per delinquere capo A , nonché G.R. responsabile dei reati di associazione per delinquere capo A e di quelli cui all'art. 640 bis cod. pen. capi B, G L , M, N e condannò C.F. , I.G. e L.P.R. alla pena di anni 2 mesi 6 di reclusione ciascuno, confisca G.R. alla pena di anni 8 di reclusione dichiarò CO.RI.EDIL S.r.l., ECO TYRES S.r.l. e PANDA S.r.l. responsabili dell'illecito amministrativo di cui all'art. 24 D. Lgs. 231/2001 e condannò ciascuna al versamento della sanzione pecuniaria di Euro 150.000,00, confisca. 2. Gli imputati e le società sopra indicati proposero gravame e la Corte d'appello di Palermo, con sentenza del 2.12.2013, in parziale riforma della pronunzia di primo grado, fra l'altro dichiarò non doversi procedere nei confronti di C.F. , I.G. e L.P.R. in ordine al reato di cui al capo A perché estinto per prescrizione dichiarò non doversi procedere nei confronti di G.R. in ordine ai reati di cui ai capi B, G, L, M, N, esclusa la circostanza aggravante di cui all'art. 7 legge 203/1991 perché estinti per prescrizione rideterminò la pena per G. in anni 3 mesi 6 di reclusione, interdizione temporanea dai pubblici uffici ordinò la confisca nei confronti delle società Eco Tyres S.r.l. e CO.RI.EDIL S.r.l. limitatamente al patrimonio sociale fino a concorrenza dell'importo delle quote di finanziamento erogate in loro favore in epoca successiva al 4.7.2001 confermò nel resto la sentenza di primo grado. 3. Ricorrono per cassazione gli imputati, le curatele sopra indicate e la società Panda. 3.1. C.F. , tramite il difensore, deduce 1. violazione di legge in relazione alla conferma della confisca disposta in primo grado, nonostante la declaratoria di prescrizione del reato citando S.U. 38834/2008 ed altre 2. violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata declaratoria di prescrizione del reato associativo maturata prima della sentenza di primo grado, anche considerando i periodi di sospensione il programma del sodalizio si era arrestato al 4.6.2002 non avrebbe pertanto potuto essere disposta la confisca quanto attribuito a G. relativamente alla società Panda non riguardava la ricorrente, anche tenendo conto del sequestro dei beni della Eco Tyres in sede di prevenzione, con nomina di un amministratore giudiziario con decreto 21.12.2001. 3.2. G.R. e Panda S.r.l., tramite il difensore, con un unico atto, deducono 1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilità per il reato associativo con il terzo motivo di appello si era segnalato che, si versava - se mai - in presenza di concorso di persone nel reato, essendo l'accordo limitato alle richieste di finanziamenti e non alla commissione di una serie indeterminata di delitti con l'appello si era anche dedotto che il Tribunale aveva confuso gli artifizi e raggiri con la predisposizione di mezzi, ravvisati nella documentazione ed aveva confuso l'elemento soggettivo relativo ai reati fine con quello del reato associativo era stato dato rilievo ai rapporti di parentela la Corte territoriale ha confermato l'affermazione di responsabilità, individuando il vincolo associativo in un accordo criminoso sulle singole truffe 2. violazione di legge in relazione alla mancata declaratoria di prescrizione del reato associativo, maturata il 10.8.2013, in quanto la consumazione si sarebbe arrestata al 4.6.2002, data dell'ultima erogazione la Corte territoriale ha ritenuto operativa l'associazione fino all'arresto del ricorrente e dei suoi coimputati intervenuto nel novembre 2003 sull'assunto che la domanda inoltrata nell'ottobre 2000 dalla società Panda sarebbe rimasta valida fino alla revoca del contributo avviata nel febbraio 2003 la custodia cautelare era stata disposta solo in relazione ad agevolazioni ottenute dalla società Eco Tyres aggravate ai sensi dell'art. 7 legge 203/1991 esclusa sia dal riesame che dalla Corte territoriale quanto alla domanda rimasta valida è stato erroneamente individuato il momento consumativo del tentativo e cioè quello del compimento dell'ultimo atto anche considerando i periodi si sospensione di mesi 8 e giorni 6 la prescrizione sarebbe quindi maturata al 10.8.2013 3. violazione di legge in relazione agli artt, 24 e 26 D. Lgs. n. 231/2001 in relazione alla sanzione pecuniaria inflitta in ammontare superiore al massimo edittale in quanto, in relazione al delitto tentato presupposto il limite era di 333 quote, mentre il riferimento al reato associativo è stato introdotto solo successivamente ai fatti contestati. 3.3. I.G. , tramite il difensore, deduce 1. violazione di legge in relazione alla conferma della confisca disposta in primo grado nonostante la declaratoria di prescrizione del reato citando S.U. 38834/2008 ed altre 2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata declaratoria di prescrizione del reato associativo maturata in epoca antecedente alla sentenza di primo grado, anche considerando i periodi di sospensione, in quanto il programma del sodalizio si era arrestato alla data del 4.6.2002 non avrebbe pertanto potuto essere disposta la confisca quanto attribuito a G. relativamente alla società Panda non riguardava la ricorrente, anche tenendo conto del sequestro dei beni della Eco Tyres in sede di prevenzione, con nomina di un amministratore giudiziario con decreto 21.12.2001. 3.4. L.P.R. , tramite il difensore, deduce 1. violazione di legge in relazione alla conferma della confisca per equivalente disposta in assenza di sentenza di condanna, che è invece necessaria per quel tipo di confisca, assimilata ad una sanzione 2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata declaratoria di prescrizione del reato associativo intervenuta prima della sentenza di primo grado l'ultima erogazione relativa alle singole truffe è avvenuta il 4.6.2002, sicché l'attività del sodalizio si sarebbe arrestata a tale data erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto operante il sodalizio fino al novembre 2003 sull'assunto che era pendente la richiesta di erogazione della Panda S.r.l. le agevolazioni ottenute dalla società Eco Tyres erano state contestate come aggravate ai sensi dell'art. 7 legge 203/1996, circostanza esclusa sia dal riesame che dalla Corte territoriale quanto alla domanda rimasta valida è stato erroneamente individuato il momento consumativo del tentativo e cioè quello del compimento dell'ultimo atto anche considerando i periodi si sospensione in primo grado di mesi 4 e giorni 16 la prescrizione sarebbe quindi maturata per la ricorrente al 16.1.2011. 3.5. La Curatela della CO.RI.EDIL S.r.l. e la Curatela della ECO TYRES S.r.l., con distinti atti di identico contenuto deducono 1. vizio di motivazione in relazione ai presupposti per la responsabilità dell'ente per l'illecito amministrativo conseguente al reato commesso dai suoi amministratori la motivazione, unica per tutte le società, era sostanzialmente assente e non è stata integrata dalla Corte d'appello 2. violazione di legge e vizio di motivazione in quanto l'affermazione di responsabilità della società poteva apparire riferita non al solo illecito conseguente al capo B, ma a tutti i capi di imputazione, sicché era stata richiesta l'assoluzione in relazione ai capi diversi da quello sub B la Corte territoriale non ha risposto sul punto 3. vizio di motivazione in relazione al motivo di appello in cui era stato evidenziato che poteva apparire che la confisca fosse stata disposta fino a concorrenza del profitto di tutti i reati anziché del solo capo B 4. violazione di legge e vizio di motivazione in quanto non si sarebbe potuto procedere a confisca per equivalente se non previa confisca del profitto e comunque non oltre la parte percepita. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso proposto nell'interesse di C.F. , il primo motivo di ricorso proposto nell'interesse di I.G. ed il primo motivo di ricorso proposto nell'interesse di L.P.R. hanno ad oggetto una questione che ha determinato contrasto di giurisprudenza sulla possibilità o meno di ordinare la confisca nella specie per equivalente di cose che costituiscono il prezzo od il profitto di reato, in caso di estinzione del reato per prescrizione, che appare persistere nonostante un intervento delle Sezioni Unite di questa Corte. La pronunzia delle Sezioni Unite di questa Corte citata nei ricorsi Sez. U, Sentenza n. 38834 del 10/07/2008 dep. 15/10/2008 Rv. 240565 aveva infatti affermato che l'estinzione del reato preclude la confisca delle cose che ne costituiscono il prezzo, prevista come obbligatoria dall'art. 240, comma secondo, n. 1, cod. pen. Fattispecie relativa a dissequestro, disposto in sede esecutiva, in favore di imputato di corruzione commessa prima dell'entrata in vigore della L. 29 settembre 2000 n. 300 e dichiarata prescritta . La sentenza citata, peraltro, concludeva affermando che considerando l'evoluzione della legislazione in materia e la sempre più ampia utilizzazione dell'istituto della confisca al fine di contrastare i più diffusi fenomeni di criminalità, si può dire che, in caso di estinzione del reato, il riconoscimento al giudice di poteri di accertamento al fine dell'applicazione della confisca medesima non possono dirsi necessariamente legati alla facilità dell'accertamento medesimo e che, quindi, tale accertamento possa riguardare non solo le cose oggettivamente criminose per loro intrinseca natura art. 240, comma 2, n. 2, c.p. , ma anche quelle che sono considerate tali dal legislatore per il loro collegamento con uno specifico fatto reato”. Rilevavano tuttavia le Sezioni Unite che Queste considerazioni non consentono di modificare l'interpretazione che ha portato alla formulazione dell'indicato principio di diritto, ma si pongono quale motivo di riflessione per il legislatore, rimanendo ancora valido il monito di una autorevole dottrina, lontana nel tempo, ma presente nell'insegnamento, secondo la quale è antigiuridico e immorale che il corrotto, non punibile per qualsiasi causa, possa godersi il denaro ch'egli ebbe per commettere il fatto obiettivamente delittuoso”. Successivamente a tale pronunzia si è però affermato anche un diverso orientamento secondo il quale l'estinzione del reato per prescrizione non preclude la confisca delle cose che ne costituiscono il prezzo, nei casi in cui vi sia comunque stato un accertamento incidentale, equivalente a quello contenuto in una sentenza di condanna, della responsabilità dell'imputato e del nesso pertinenziale fra oggetto della confisca e reato da ultimo Cass. Sez. 6, Sentenza n. 31957 del 25/01/2013 dep. 23/07/2013 Rv. 255596. Nella specie, la Corte ha considerato confiscabile il prezzo del reato in un caso in cui la prescrizione era intervenuta dopo la pronuncia di condanna di primo grado ed il giudice di appello, nel dichiarare la prescrizione, aveva, in motivazione, confermato la statuizione relativa alla responsabilità dell'imputato e all'illecita provenienza dei beni confiscati. Nello stesso senso Cass. Sez. 2, Sentenza n. 39756 del 05/10/2011 dep. 04/11/2011 Rv. 251195 . Segnatamente questa Sezione nella sentenza n. 39756/2011, da ultimo richiamata, che ha così argomentato A quest'ultimo proposito, [ ] si fa leva sulla intervenuta prescrizione dei reati loro rispettivamente contestati ai capi A , E ed F , per reputare illegittima la confisca di beni, difettando il requisito della pronuncia della sentenza di condanna, al lume dei più recenti approdi cui è pervenuta la giurisprudenza di questa Corte, espressasi sul punto anche a Sezioni unite. Con sentenza del 10 luglio 2008, n. 38834, P.M. in proc. Di Maio, le Sezioni unite di questa Corte hanno, infatti, affermato il principio secondo il quale l'estinzione del reato preclude la confisca delle cose che ne costituiscono il prezzo, prevista come obbligatoria dall'art. 240 c.p., comma 2, n. 1. Vale la pena, però, di scandagliare la ratio decidendi di tale pronuncia, avuto riguardo, anche, agli apporti successivi della giurisprudenza di legittimità sul tema controverso. Nella richiamata decisione, le Sezioni unite hanno infatti premesso che deve condividersi la interpretazione secondo la quale la formula normativa è sempre ordinata - che compare nell'art. 240 c.p., comma 2, - si contrappone a quella può ordinare di cui al comma 1, fermo rimanendo il presupposto nel caso di condanna, sancito dallo stesso primo comma, ed espressamente derogato soltanto con riferimento alle cose di cui al n. 2 del secondo comma l'avverbio sempre, dunque, è finalizzato a contrapporre la confisca obbligatoria a quella facoltativa, ma non ad escludere la necessità della condanna. È stata invece ritenuta non condivisibile la tesi secondo la quale l'inciso anche se non è stata pronunciata condanna, enunciato nell'art. 240 c.p., comma 2, n. 2 , debba essere riferito anche alla previsione di cui al numero 1 , posto che la topografia della norma e la netta scansione tra numeri ben distinti, impedisce una lettura siffatta, per legittimare la quale il legislatore avrebbe dovuto far precedere alle descrizioni dei numeri, quale esordio del capoverso, l'inciso anche se non è stata pronunciata condanna dopo quello è sempre ordinata la confisca. A sua volta, la disposizione dell'art. 236 cod. pen. - evocata a sostegno della tesi non accolta dalle Sezioni unite - che rende inapplicabili alla confisca le disposizioni di cui all'art. 210 cod. pen., secondo il quale l'estinzione del reato impedisce l'applicazione delle misure di sicurezza e ne fa cessare l'esecuzione, si limita ad enunciare un principio di carattere generale che lascia il legislatore libero di stabilire in quali casi tale effetto preclusivo si realizzi anche con riferimento alla confisca tant'è che è lo stesso art. 240 cod. pen. - oltre a varie leggi speciali - a determinare, appunto, in quali casi è necessaria una condanna per applicare la confisca. La pronuncia in esame ha peraltro conclusivamente osservato che l'obiettivo perseguito dal legislatore con la confisca è sempre più quello di privare l'autore del reato dai vantaggi economici che da esso derivano. Pertanto, considerando l'evoluzione della legislazione in materia e la sempre più ampia utilizzazione dell'istituto della confisca al fine di contrastare i più diffusi fenomeni di criminalità, si può dire che - ha puntualizzato la sentenza - in caso di estinzione del reato, il riconoscimento al giudice di poteri di accertamento al fine dell'applicazione della confisca medesima non possono dirsi necessariamente legati alla facilità dell'accertamento medesimo e che, quindi, tale accertamento possa riguardare non solo le cose oggettivamente criminose per loro intrinseca natura art. 240 c.p., comma 2, n. 2 , ma anche quelle che sono considerate tali dal legislatore per il loro collegamento con uno specifico fatto reato. Considerazioni, queste, che se non consentivano di mutare l'indicato principio di diritto, venivano comunque prospettate quale motivo di riflessione per il legislatore. Una pronuncia, dunque, focalizzata, oltre che sulla analisi testuale e sistematica della normativa di riferimento, anche sulla ritenuta compatibilità teorica tra estinzione del reato e accertamento dei presupposti per la applicazione della misura della confisca, a prescindere dalle difficoltà che tale accertamento possa presentare. Il punto è, per quel che si dirà, di centrale rilievo, giacché è proprio il tema dell'accertamento quello che costituisce l'indiscutibile punto di collegamento - e di frizione - tra gli enunciati normativi contenuti nel codice di diritto sostanziale ed i riflessi che se ne devono trarre sul piano squisitamente processuale. D'altra parte, non pare senza significato neppure la ragione di fondo che anima una successiva decisione, in cui questa Corte ha ritenuto di non aderire alla tesi sposata invece dalle Sezioni unite. Con sentenza di questa stessa Sezione del 24 agosto 2010, n. 32273, ric. Pastore Mass. Uff. n. 248409 , si è infatti affermata la possibilità della confisca nei casi di confisca obbligatoria a norma dell'art. 240 c.p., comma 2, n. 1 e del D.L. n. 306 del 1992, art. 12-sexies, pure nella ipotesi di estinzione del reato, ancora una volta facendo leva sul combinato disposto degli artt. 210 e 236 cod. pen Del resto - si è osservato - la misura di sicurezza della confisca obbligatoria risponde ad una duplice finalità, ossia quella di colpire il soggetto che ha acquisito i beni illecitamente e quella di eliminare in maniera definitiva dal mondo giuridico e dai traffici commerciali valori patrimoniali la cui origine risale all'attività criminale posta in essere, essendo il provvedimento ablativo correlato ad una precisa connotazione obiettiva di illiceità che investe la res determinandone la pericolosità in sé. Ma ciò che maggiormente rileva, ai fini dell'odierno scrutinio, è l'affermazione per la quale l'indirizzo giurisprudenziale proposto ammette la proiezione della cognizione del giudice sul tema della confisca nel senso che la confisca disposta nel caso di estinzione del reato è subordinata all'esistenza, da accertarsi dal giudice, del fatto costituente reato, trattandosi di indagine che non investe questioni relative all'azione penale, bensì soltanto l'applicazione di una misura di sicurezza, sottratta all'effetto preclusivo della causa estintiva v. anche Cass., Sez. 1, 4 dicembre 2008, n. 2453, Squillante, relativa ad un caso di estinzione del reato dichiarata con provvedimento di archiviazione . Ancora una volta, dunque, seppure in una prospettiva opposta a quella additata dalle Sezioni unite, il punto nodale è rappresentato dalla concreta verifica dei presupposti per l'adozione del provvedimento di confisca, quali la riscontrata sussistenza del fatto reato e della correlazione normativamente qualificata che i beni da assoggettare al provvedimento ablatorio devono presentare rispetto ad esso. Un punto, questo, che d'altra parte è significativamente ben presente anche laddove la giurisprudenza ha inteso, invece, seguire l'orientamento delle Sezioni unite, affermando che l'estinzione del reato per prescrizione impedisce la confisca, pur prevista come obbligatoria, delle cose che ne costituiscono il prezzo, proprio perché la misura ablativa è prevista non in ragione dell'intrinseca illiceità delle stesse, bensì in forza del loro peculiare collegamento con il reato, il cui positivo accertamento è necessario presupposto Cass., Sez. 6, 9 febbraio 2011, n. 8382, Ferone . Dunque, la condanna funge da presupposto, non in quanto categoria astratta, ma quale termine evocativo proprio di quell'accertamento che ontologicamente giustifica, sul piano normativo, la sottrazione definitiva del bene, in quanto proveniente dal reato. Tale assunto, d'altra parte, si pone in linea con la ratio dell'istituto, quale desumibile dagli stessi lavori preparatori del codice penale. La confisca - puntualizzava, infatti, la Relazione ministeriale sul progetto del codice penale, 1^, pag. 245 - consiste nella eliminazione di cose che provengono da fatti illeciti penali, o in alcuna guisa collegandosi alla loro esecuzione, mantengono viva l'idea e l'attrattiva del reato. Giustificandosi, poi, nella Relazione del Guardasigilli sul progetto definitivo, la confiscabilità non soltanto del prodotto ma anche del profitto del reato, con il rilievo che le utili trasformazioni dell'immediato prodotto del reato, gli impieghi redditizi del denaro di provenienza delittuosa non debbono, né possono impedire che al colpevole venga sottratto ciò che era precisamente obbietto del disegno criminoso e che egli sperava di convertire in mezzo di maggior lucro e di illeciti guadagni v. Relazione, pag. 280 . Alla stregua di tali rilievi, può quindi dedursi che, ciò che viene posto a fulcro della disciplina codicistica, non è il rinvio ad un concetto di condanna evocativo della categoria del giudicato formale, ma - più concretamente - il richiamo ad un termine che intende esprimere un valore di equivalenza rispetto all'accertamento definitivo del reato, della responsabilità e del nesso di pertinenzialità che i beni oggetto di confisca devono presentare rispetto al reato stesso a prescindere, evidentemente, dalla formula con la quale il giudizio viene ad essere formalmente definito. Un assunto, questo, che, a ben guardare, consente di escludere, fra l'altro, la irragionevole identità di trattamento sul piano della medesima preclusione alla confisca che verrebbe ad essere riservata alle ipotesi in cui la causa di estinzione del reato intervenga come nella presente vicenda processuale quando le statuizioni di condanna adottate dai giudici del merito hanno integralmente cristallizzato lo scrutinio su responsabilità e collegamento tra beni e reato, rispetto alle ipotesi in cui la causa estintiva sia stata dichiarata, ad esempio, già con la sentenza di primo grado come nella vicenda che ha dato origine alla pronuncia delle Sezioni unite, innanzi ricordata , senza alcuna concreta verifica degli accennati presupposti. Per altro verso, appare addirittura dirimente la circostanza che, proprio con riferimento alla confisca di cui al D.L. n. 306 del 1990, art. 12-sexies, il legislatore abbia ritenuto di dover espressamente precisare, con riferimento ai casi di confisca ivi previsti, che gli stessi trovano applicazione nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell'art. 444 c.p.p. una previsione, questa, che sta appunto a dimostrare come per la estensione alle sentenze di patteggiamento di quei casi di confisca fosse necessaria una espressa previsione normativa, proprio perché - a differenza che nella condanna - quelle sentenze non presuppongono un accertamento pieno di responsabilità. Il che consente, evidentemente, di trarre la proposizione reciproca, per la quale la locuzione condanna assume, agli effetti della confisca, valore di pronuncia che irrevocabilmente attesti la sussistenza del reato e della relativa responsabilità. Ebbene, nella specie, la causa estintiva dei reati è intervenuta dopo la pronuncia di condanna, tanto in primo che in secondo grado, ed in un contesto in cui i motivi di impugnazione, proposti dai ricorrenti cui si riferisce la causa estintiva, vanno reputati, per quel che si è detto, come infondati. I ricorsi, in quanto ammissibili, non precludono, pertanto, l'intervento della causa estintiva, ma la relativa infondatezza non è in grado di determinare, da parte di questa Corte, una pronuncia rescindente che incida sulla sostanza dei precedenti giudizi. Quindi, le statuizioni adottate dai giudici del merito in punto di accertamento dei fatti-reato, delle responsabilità e della illecita provenienza dei beni sottoposti a confisca si sono definitivamente cristallizzate, al punto da vanificare, contenutisticamente, la stessa presunzione di non colpevolezza il che giustifica, pertanto, il soddisfacimento dei fini di garanzia di accertamento pieno, che il termine condanna è volto ad assicurare nel quadro della confisca, quale necessario presupposto del provvedimento ablatorio”. In particolare, secondo questo orientamento, l'intervenuta pronunzia di sentenza di condanna in primo grado e l'intervenuta declaratoria di prescrizione in appello, con esclusione dell'esistenza di condizioni di proscioglimento nel merito ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen. ed anzi sulla base di un accertamento incidentale di responsabilità, consentirebbe la conferma della già disposta confisca. Del resto ciò è quanto avviene in ipotesi di conferma della statuizioni civili disposte in primo grado, in presenza di declaratoria di prescrizione del reato nei gradi di giudizio successivi. La Corte costituzionale, con sentenza 31 marzo 2008, n. 85 ha del resto rilevato che le sentenze di proscioglimento, talora possono comportare una sostanziale affermazione di responsabilità o attribuire comunque, il fatto al prosciolto . Per contro la Corte E.D.U., Seconda Sezione, con Provvedimento del 29/10/2013, in procedimento Varvara contro Italia, ha escluso che in assenza di condanna possa essere disposta la confisca. Ribadendo l'orientamento già espresso dalle Sezioni Unite, la 6^ Sezione di questa Corte Sez. 6, con sentenza n. 18799 del 06/12/2012 dep. 29/04/2013 Rv. 255164 ha affermato che l'estinzione del reato preclude la confisca per equivalente delle cose che ne costituiscono il prezzo o il profitto, potendo la stessa applicarsi, al pari delle sanzioni penali, solo a seguito dell'accertamento della responsabilità dell'autore del reato Fattispecie riguardante una confisca disposta per i reati di corruzione e truffa . Nello stesso senso si è espressa Sez. 6, Sentenza n. 21192 del 25/01/2013 dep. 17/05/2013 Rv. 255367. A fronte del persistere del contrasto e della delicatezza dei problemi che le questioni prospettate pongono, appare necessario rimettere i ricorsi alle Sezioni Unite ai sensi dell'art. 618 e od. proc. pen. per la soluzione della seguente questione Se il giudice di appello, dopo sentenza di condanna in primo grado, nel dichiarare la prescrizione, debba accertare incidentalmente la responsabilità dell'imputato al fine di confermare la disposta confisca obbligatoria, anche per equivalente, ovvero se l'estinzione del reato preclude la predetta confisca”. P.Q.M. Visto l'art. 618 cod. proc. pen. Rimette i ricorsi alle Sezioni Unite.