L’illegittimità dichiarata dalla Corte Costituzionale non contagia i termini processuali relativi a fasi già esaurite

Le Sezioni Unite chiariscono l’abrogazione della norma che parificava le sanzioni per spaccio di droghe leggeri e droghe pesanti non salva chi ha già sofferto la custodia cautelare in fasi processuali ormai esaurite.

Così per le Sezioni Unite, n. 44895/2014, depositata il 28 ottobre. Il fatto processuale. Come noto, la sentenza n. 32/2014 della Corte Costituzionale ha abrogato l’art. 4 bis d. l. n. 272/2005 – convertito con legge n. 49/2006 – che aveva uniformato il trattamento sanzionatorio previsto per lo spaccio di sostanze stupefacenti rispettivamente di tipo leggero e pesante. L’abrogazione ha determinato la reviviscenza della normativa precedente e il differenziale sanzionatorio previsto. Giunge alle Sezioni Unite il seguente quesito di diritto l’intervenuta abrogazione riverbera i suoi effetti, incidenti sul calcolo dei termini di fase della custodia cautelare, sui rapporti processuali per i quali la fase, cui si riferisce il termine ridotto per effetto di tale declaratoria, si sia esaurita prima della pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale? La soluzione degli Ermellini pur dovendosi per l’abrogazione cit. applicare un trattamento sanzionatorio più favorevole per l’imputato – e termini di custodia cautelare minori per fase processuale -, non va comunque computato il termine di custodia cautelare trascorso in eccesso relativo alla fase processuale già esaurita, ai fini del calcolo del termine massimo di custodia cautelare per legge ammissibile – la difesa, sostenendone il computo, invocava la scarcerazione dell’imputato per decorrenza dei termini massimi previsti -. La soluzione delle Sezioni Unite, gli argomenti. Quella sulla custodia cautelare è materia specificamente processuale, sottratta a valutazioni concernenti la libertà personale e priva di carattere sostantivo, con l’effetto che l’incidenza abrogativa di una sentenza di illegittimità costituzionale su norma sostanziale – nel caso, sul trattamento sanzionatorio previsto per lo spaccio di droghe leggeri e pesanti -, pur operando ex tunc , non si dipana su fasi processuali già esaurite, vigndo – per ogni vicenda processuale in procedendo – il principio del tempus regit actum . Vige il principio di segmentazione delle fasi processuali. In punto di termini di custodia cautelare, è, ad esempio, rapporto esaurito quello relativo alle indagini preliminari al passaggio alla successiva fase dibattimentale, per il principio di autonomia e di segmentazione delle fasi processuali, da reputarsi prevalente su principi di carattere più spiccatamente sostanziale – in specie, il principio di retroattività della norma penale più favorevole ex art. 2 c.p. -. I quattro segmenti relativi ad ogni fase sono da considerarsi diversamente strutturati in relazione alle esigenze di fase – investigativa, del dibattimento, di grado d’appello e delle fasi successive -, le vicende modificative od abrogative intercorse in una fase processuale non possono contagiare fasi precedenti già esaurite, nemmeno ai fini del computo dei termini massimi totali per la custodia cautelare. La soluzione sconfessata. Viene definitivamente superata quella isolata giurisprudenza che fa arrestare la vis espansiva ex tunc di una sentenza abrogatrice della Corte Costituzionale solo da un già maturato giudicato – vedi, tuttavia, in senso opposto, le recenti Sezioni Unite n. 42858/2014 -. Fin quando la validità ed efficacia degli atti disciplinati da una norma sono ancora sub iudice il rapporto processuale non può considerarsi esaurito. Di seguito, nessuna preclusione di fase avrebbe potuto impedire il dispiegarsi degli effetti di una sentenza di accoglimento della Corte.

Corte di Cassazione, sez. Unite Penali, sentenza 17 luglio – 28 ottobre 2014, n. 44895 Presidente Santacroce – Relatore Diotallevi