Concorrenza sleale con chi si fa un accordo? Jessica Fletcher direbbe che c’è qualcosa che non va

Per ritenere integrato il reato di concorrenza illecita con violenza o minaccia, è necessario il dato fondamentale della necessaria ricorrenza di condotte violente o minacciose portate all’indirizzo di uno o più concorrenti sufficientemente individuati.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 44908, depositata il 28 ottobre 2014. Il caso. Il tribunale di Reggio Calabria confermava la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di un indagato per il delitto di concorso in illecita concorrenza aggravata con violenza o minaccia. Secondo l’accusa, aveva condizionato le libere scelte imprenditoriali di un imprenditore e della sua società, partecipando come esponente di una cosca criminale alla spartizione dell’esecuzione di lavori edilizi. L’indagato ricorreva in Cassazione, deducendo l’erronea applicazione della fattispecie incriminatrice, l’art. 513- bis c.p., in quanto il fatto in addebito, che consisteva in un presunto incontro per favorire l’assegnazione dei lavori ad un membro della cosca, cadeva in un contesto di piena convergenza di interessi tra i titolari palesi tra cui la vittima e quelli occulti della società coinvolta e gli aggiudicatari dei lavori di subappalto. Secondo la Corte di Cassazione, i giudici di merito avevano rilevato la concorrenza illecita sull’assunto che la partecipazione all'accordo spartitorio per l'esecuzione dei lavori edilizi subappaltati dalla società avesse automaticamente comportato esercizio di violenza e minaccia nei confronti di uno dei titolari della società stessa, in tal modo coartato nelle sue scelte imprenditoriali. Dov’è la violenza? Tuttavia, per ritenere integrato il reato di concorrenza illecita con violenza o minaccia, è necessario il dato fondamentale della necessaria ricorrenza di condotte violente o minacciose portate all’indirizzo di uno o più concorrenti sufficientemente individuati. Qualsiasi comportamento violento o intimidatorio idoneo ad impedire al concorrente di autodeterminarsi nell’esercizio della sua attività commerciale, industriale o produttiva, configura un atto di concorrenza illecita. Non è una vittima, ma un socio. Nel caso di specie, però, la persona coartata sarebbe lo stesso soggetto che risulta imprenditore formalmente contitolare della società, determinatosi per ragioni di consociativismo criminale e non per formali minacce tanto da essere coindagato lui stesso nel procedimento principale a consentire la spartizione dell’esecuzione di lavori edilizi. Non poteva, quindi, essere considerato vittima di minacce o violenze. Perciò, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione al tribunale di Reggio Calabria.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 25 settembre – 28 ottobre 2014, numero 44908 Presidente Agrò – Relatore Villoni Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza impugnata il Tribunale di Reggio Calabria, Sezione per il Riesame confer mava quella emessa dal GIP dello stesso Tribunale in data 8 ottobre 2013 con cui era stata disposta l'applicazione della misura cautelare in carcere nei confronti di S. Domenico, provvisoriamente accusato del delitto di concorso in illecita concorrenza aggravata con violenza o minaccia artt. 81 comma 2, 110, 513 bis comma 1, 61 numero 2 cod. penumero , capo jjjjj ordinanza per avere condizionato le libere scelte imprenditoriali di C.A. e della sua società Edilsud, partecipando quale esponente della omonima cosca S. al patto stipulato tra le diverse consorterie criminali operanti nella città di Reggio Calabria e garantito da L.G.S.T., al fine di spartirsi l'esecuzione di lavori edilizi di varia natura correlati alla realizzazione nel 2009 di un complesso abitativo da parte della stessa Edilsud nel quartiere Ravagnese ed in particolare concorrendo alla determinazione di assegnare l'esecuzione delle opere di pitturazione interna delle unità immobiliari alle ditte individuali M.O. e Latedil di L.S., moglie del M. con l'aggravante dell'agevolazione mafiosa di cui all'art. 7 I. numero 203 dei 1991. Gli elementi a carico del S. sono stati individuati dal Tribunale nel contenuto di alcune conversazioni telefoniche intercettate ed intercorse nel febbraio del 2009 tra C.A. ed Assumma Natale emissario nel frangente per conto del L., in quel periodo detenuto per un residuo di pena da scontare , da cui si ricava che nella spartizione dei lavori edilizi si era dovuto fare posto a M. O., affiliato alla cosca S. di cui il ricorrente è uno degli esponenti di maggiore rilievo. Inoltre, nel corso di una telefonata avvenuta nel mese di ottobre del 2009, intercorsa questa volta tra il L. e Chirico Domenico soggetto affiliato ad altra consorteria criminale e di lì a breve vittima di un agguato mafioso , il primo riferiva all'interlocutore di avere firmato il con tratto concernente i lavori commissionati dalla Edilsud snc nel 2005 e che parlando con `Mim mo, figlio della buonanima di Filippo' - secondo l'accusa identificabile nell'odierno ricorrente - questi aveva affermato `vedi che veniamo con O., ciò rappresentando a parere del Tribu nale significativo elemento indiziario di conferma degli stretti rapporti esistenti tra il ricorrente ed il M 2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso l'indagato deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, contestando in via preliminare la stessa possibilità di essere identificato per il Mimmo menzionato nelle conversazioni intercettate ritenute rilevanti e proclamando di conse guenza la propria estraneità all'addebito. Deduce, inoltre, erronea applicazione dell'art. 513 bis cod. penumero , a suo dire non configurabile nella fattispecie, ove a tutto voler concedere il fatto in addebito - consistente nel presunto in contro svoltosi nel 2005 con il L. per favorire l'assegnazione dei lavori al M.O. - cadeva in un contesto di piena convergenza di interessi tra i titolari palesi C.G.S. e A ed occulti L. della committente Edilsud e gli aggiudicatari dei lavori di sub appalto. Considerato in diritto 3. II ricorso è fondato. Come già rilevato nel caso di altri indagati per lo stesso reato, il Collegio rileva carenza di mo tivazione in ordine alla contestazione provvisoria di concorrenza illecita art. 513 bis cod. penumero , la quale si fonda sull'assunto che la partecipazione all'accordo spartitorio per l'esecu zione dei lavori edilizi subappaltati dalla Edilsud abbia automaticamente comportato esercizio di violenza e minaccia nei confronti di uno dei titolari della citata Edilsud, C.A., in tal modo coartato nelle sue scelte imprenditoriali. Si può, infatti, anche convenire con il Tribunale che le condotte di minaccia o violenza, ove consumate in contesti imprenditoriali connotati da significativa presenza mafiosa, possano at teggiarsi in maniera sensibilmente diversa da quanto accade in ambiti diversi. E' stato, infatti, già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte il principio che integra il de litto di concorrenza sleale l'imprenditore che imponga sul mercato la propria attività in via esclusiva o prevalente avvalendosi della forza intimidatrice del sodalizio mafioso cui risulta contiguo Cass. Sez. 2, numero 6462 del 16/12/2010, PM in proc. Sfraga, Rv. 249372 , cui sembra contrapporsi il distinto orientamento ermeneutico secondo cui l'art. 513 bis cod. penumero punisce soltanto quelle condotte illecite tipicamente concorrenziali quali il boicottaggio, lo storno dei dipendenti, il rifiuto di contrattare, etc. attuate, però, con atti di coartazione che inibiscono la normale dinamica imprenditoriale, non rientrando, invece, nella fattispecie astratta, gli atti in timidatori che siano finalizzati a contrastare o ostacolare l'altrui libera concorrenza Sez. 3, sent. numero 16195 dei 06/03/2013, Fammilume, Rv. 255398 e Sez. 1, sent. numero 6541 del 02/02/ 2012, Aquino, Rv. 252435 riferita a fattispecie in cui gli agenti, facenti capo ad una società ri conducibile ad appartenenti ad un clan mafioso, svolgevano una funzione di mera intermedia zione parassitaria inducendo agli imprenditori di rifornirsi di ferro presso un'impresa da loro imposta . Ma anche a ritenere preferibile il primo orientamento, per cui questo collegio propende, resta il dato indefettibile della necessaria ricorrenza di condotte violente o minacciose portate all'indi rizzo di uno o più concorrenti sufficientemente individuati. Ai fini dell'integrazione del reato d'illecita concorrenza con violenza o minaccia, infatti, qualsiasi comportamento violento o intimidatorio idoneo ad impedire al concorrente d'autodeterminarsi nello esercizio della sua attività commerciale, industriale o comunque produttiva, configura un atto di concorrenza illecita Sez. 3, numero 44169 del 22/10/2008, Di Nuzzo, Rv. 241683 relativa a fattispecie di danneggiamenti, aggressioni e minacce attuate per conto di un negoziante all'in dirizzo di un altro al fine di indurlo a non praticare prezzi di vendita inferiori . Ciò premesso, la persona la cui autodeterminazione sarebbe stata in primo luogo coartata per effetto della condotta contestata si identificherebbe in C.A., ovvero lo stesso sog getto che dalla stessa ordinanza impugnata risulta l'imprenditore formalmente contitolare della Edilsud snc, determinatosi per ragioni di consociativismo criminale e non per formali minacce ricevute - e per tale motivo lui stesso coindagato unitamente al padre G.S. nello ambito del procedimento principale - a consentire che l'intervento urbanistico in località Rava gnese divenisse occasione per concludere il patto di spartizione mafiosa delle opere di comple tamento edilizio tra le varie cosche reggine, garantito dal finanziatore e socio occulto P.L Quando ad es. Io stesso L. si rammarica dell'avere dovuto estromettere dall'esecuzione dei lavori in questo caso di carpenteria un'altra ditta quella dei fratelli B. a garanzia della tenuta dell'accordo di spartizione tra le cosche, è proprio con C.A. che commenta l'operazione definendola un errore conversazione del 17/02/2010 non riportata sul punto spe cifico nell'ordinanza, ma citata a pag. 36 , discutendo da socio occulto e finanziatore della società con persona con cui condivide le scelte strategiche e non già con un soggetto mi nacciato o coartato nell'esercizio della sua attività d'impresa. A prescindere, dunque, dalla stessa impossibilità di rinvenire nella motivazione specifiche indi cazioni riguardanti le modalità con cui si sarebbe consumata la violenza o la minaccia nei con fronti del soggetto passivo - non risultando ad avviso del Collegio sufficiente il richiamo al citato accordo collusivo per difetto di tipicità - resta la contraddizione dell'avere individuato il citato C. quale parte lesa di una articolata condotta, apprezzata in chiave sensibilmente diversa in relazione alla sua posizione processuale. 4. S'impone, pertanto, l'annullamento dell'ordinanza impugnata con il conseguente rinvio al Tribunale di Reggio Calabria per nuovo esame. P.Q.M. annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Reggio Calabria. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma 1 ter disp. att. cod. proc. penumero