Ubriaco causa incidente: la soluzione più semplice è spesso quella più giusta

Un fatto può costituire causa sopravvenuta di un incidente stradale, da sola sufficiente a determinare l’evento, soltanto se risulta del tutto eccezionale, atipico, non previsto né prevedibile, cioè quando il conducente si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nell’oggettiva impossibilità di attivarsi al fine di attuare le manovre necessarie ad evitare il verificarsi dell’evento.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 44795, depositata il 27 ottobre 2014. Il caso. Un uomo veniva condannato dalla Corte d’appello di Milano, ai sensi dell’art. 186, commi 1, 2, 2- bis e 2- sexies c.d.s per aver guidato in stato d’ebbrezza ed aver provocato un incidente stradale. L’imputato ricorreva in Cassazione, affermando che la causa del sinistro non era consistita nello stato d’ebbrezza, bensì nella foratura accidentale di uno pneumatico o in un cedimento meccanico. I giudici di merito, al riguardo, non avrebbero motivato adeguatamente. Qual è la causa dell’incidente? La Corte di Cassazione ricorda che un fatto può costituire causa sopravvenuta, da sola sufficiente a determinare l’evento, soltanto se questo risulti del tutto eccezionale, atipico, non previsto né prevedibile, cioè quando il conducente si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nell’oggettiva impossibilità di attivarsi al fine di attuare le manovre necessarie ad evitare il verificarsi dell’evento. Nel caso di specie, non era stato rinvenuto alcun elemento che portasse alla conclusione di una foratura della gomma o di un guasto meccanico e le tracce lasciate sull’asfalto evidenziavano la sola perdita di controllo del mezzo, senza poterne, da ciò solo, capirne le cause. Anche se scoppia la gomma In più, anche se la foratura dello pneumatico ci fosse veramente stata, mancava comunque la prova che il guidatore si fosse trovato nell’impossibilità assoluta di porre in essere delle manovre per impedire l’evento. Perciò, pur nell’ipotesi che la foratura o il guasto meccanico fossero stati provati, non verrebbe escluso il rapporto di causalità tra la guida in stato d’ebbrezza e l’incidente, ma tali eventi si porrebbero come concausa efficiente inidonea ad escludere il nesso causale con lo stato fisico del guidatore indotto dall’assunzione di sostanze alcoliche. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 25 settembre – 17 ottobre 2014, n. 44795 Presidente Brusco – Relatore Zoso Ritenuto in fatto S.S. proponeva opposizione al decreto penale con cui era stato condannato al pagamento della pena di Euro 33.496,00 di ammenda in relazione al reato di cui all'articolo 186, commi 1,2 lett. c, 2 bis comma 2 sexies del decreto legislativo numero 285/92 perché si era posto alla guida dell'autovettura Opel Corsa targata in stato di ebbrezza in conseguenza dell'uso di bevande alcoliche con il tasso alcolemico accertato 1,76 g/litro ed aveva provocato un incidente stradale, con l'aggravante di cui all'articolo 186, comma 2 sexies, del decreto legislativo numero 285/92 per aver commesso il reato dopo le 22.00 e prima delle 7.00 e precisamente alle ore 3,10 circa. Fatto accertato in omissis . Il tribunale, accertata la penale responsabilità dello S. , lo condannava alla pena di mesi 6 di arresto ed Euro 2000,00 di ammenda, concesse le attenunati generiche equivalenti alla sola aggravante dell'articolo 186, comma 2 bis, CdS, partendo dalla pena base di mesi 6 di arresto ed Euro 1500,00 di ammenda, aumentata per l'aggravante ad Euro 3000,00 di ammenda e diminuita ex articolo 62 bis c.p Avverso la sentenza del tribunale proponeva appello l'imputato deducendo che la causa dell'incidente, consistito nello sbandamento e successiva fuoriuscita dell'auto dalla sede stradale, era riconducibile non già allo stato alcolico in cui si trovava il conducente bensì ad un cedimento meccanico od alla foratura di uno pneumatico. Deduceva, poi, l'erronea mancata sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità ritenendo che l'articolo 186, comma 9 bis del CdS non ostasse alla sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure. Infine deduceva la mancata riduzione della pena detentiva da sei mesi a quattro mesi di arresto in applicazione delle attenuanti generiche ritenute prevalenti. Invero il tribunale aveva applicato la riduzione per le attenuanti generiche solo sulla pena pecuniaria e non sulla pena detentiva. La corte d'appello confermava integralmente la sentenza del tribunale e condannava lo S. al pagamento delle ulteriori spese del grado. Avverso la sentenza proponeva ricorso per cassazione S.S. deducendo tre motivi. Con il primo motivo deduceva mancanza, contraddittorietà e illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dell'aggravante di cui al comma 2 bis dell'articolo 186 del CdS. Invero la corte d'appello aveva ritenuto sussistente il nesso causale tra la condotta, consistita nell'essersi posto alla guida in stato di ebbrezza, e l'evento, consistito nella fuoriuscita del mezzo dalla sede stradale, senza motivare adeguatamente in ordine alla ritenuta insussistenza di altra causa determinante in via esclusiva l'evento, consistita nella foratura accidentale di uno pneumatico o un cediménto meccanico. La corte aveva escluso tali ipotesi mutuando il convincimento da consolidate massime di esperienza e, peraltro, neppure aveva preso in considerazione il possibile cedimento meccanico. Con il secondo motivo deduceva inosservanza o erronea applicazione di legge in ordine alla mancata sostituzione della pena con il lavoro di pubblica utilità. Ciò in quanto la corte aveva ritenuto, con una affermazione priva di riscontro giurisprudenziale o dottrinale, che la ritenuta responsabilità per la fattispecie aggravata dell'incidente stradale impedisse in ogni caso la sostituzione della pena applicanda con il lavoro di pubblica utilità. In particolare, si doveva ritenere che, avendo il giudice effettuato il giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche e l'aggravante di cui all'art. 186, comma 2 bis, CdS, fosse venuta meno la condizione ostativa alla sostituzione della pena detentiva con quella del lavoro di pubblica utilità prevista dal comma 9 bis dell'art. 186 CdS. Con il terzo motivo deduceva inosservanza di legge con riguardo all'errato calcolo della pena conseguente al riconoscimento delle circostanze ex articolo 62 bis del codice penale. Ciò in quanto la corte territoriale aveva ritenuto corretto che la diminuzione di pena conseguente al riconoscimento delle attenuanti generiche fosse stato disposto dal primo giudice solo con riferimento alla pena pecuniaria aumentata ex articolo 186, comma secondo, CdS, in applicazione del comma 2 septies, e non anche con riguardo alla pena detentiva. Dunque alla riconosciuta riduzione di un terzo della pena pecuniaria ex articolo 62 bis c.p. doveva aggiungersi la riduzione della pena detentiva da mesi sei a mesi a quattro mesi di arresto. Considerato in diritto In ordine al primo motivo di ricorso, osserva la corte che il ricorrente sostiene l'illogicità della motivazione della sentenza emessa dalla corte territoriale laddove si afferma che l'evento consistito nella foratura dello pneumatico o nel guasto meccanico, prospettato dall'appellante come possibile causa dell'evento, si configura come elemento non imprevedibile e neppure anomalo ed eccezionale sicché non concreterebbe causa sopravvenuta idonea ad escludere il rapporto di causalità. Ora, questa corte ha affermato il principio secondo cui un fatto può costituire causa sopravvenuta, da sola sufficiente a determinare l'evento, soltanto nel caso in cui risulti del tutto eccezionale, atipico, non previsto né prevedibile, cioè quando il conducente si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di attivarsi al fine attuare le manovre necessarie ad evitare il verificarsi dell'evento Sez. 4, Sentenza n. 23309 del 29/04/2011 . Nel caso che occupa la corte territoriale ha dato conto del fatto che gli agenti operanti non hanno rinvenuto in loco alcun elemento o traccia che inducesse a ritenere che uno degli pneumatici fosse stato forato prima dell'incidente mentre l'ipotesi del guasto meccanico è risultata priva di riscontro. E le tracce lasciate sull'asfalto a forma di esse evidenziano lo scarrocciamento dell'auto che è riconducibile, secondo le regole dettate dall'esperienza, alla sola perdita di controllo dell'auto senza che se ne possano per ciò solo affermare le cause. Va poi osservato che lo scarrocciamento e la successiva uscita di strada dell'auto, pur se di tali accadimenti non si potrebbe escludere in astratto la riconducibilità alle ipotizzate cause della foratura dello pneumatico o del guasto meccanico, si manifestano, nel caso specifico, connessi causalmente alla guida in stato di ebbrezza ed alla conseguente attenuazione dei tempi di reazione del guidatore sicché, se da un lato non vi è traccia alcuna dell'ipotizzata foratura dello pneumatico, dall'altro, quand'anche ciò si fosse realmente verificato, mancherebbe in ogni caso la prova che il guidatore si fosse trovato nell'impossibilità assoluta di porre in essere manovre atte ad evitare l'evento. Per tale ragione l'evento ipotizzato della foratura dello pneumatico o del guasto meccanico, quand'anche fosse stato provato, non escluderebbe il rapporto di causalità tra la guida in stato di ebbrezza e l'incidente ma si porrebbe quale concausa efficiente inidonea ad escludere il nesso causale con lo stato fisico del guidatore indotto dall'assunzione di sostanze alcoliche. Il primo motivo di ricorso è, perciò, infondato. Ed infondato è, altresì, il secondo motivo di ricorso. Invero questa Corte ha più volte affermato il principio secondo cui la comparazione tra circostanze opera soltanto ai fini della quantificazione della pena, che, come imposto dall'art. 69 c.p., deve avvenire previa effettuazione del giudizio di comparazione tra attenuanti di segno opposto e con valutazione delle sole circostanze ritenute prevalenti, ma non consente di escludere la rilevanza di una circostanza alla cui presenza la legge riconnetta - come nel caso di specie, ove l'esclusione della sostituzione della pena detentiva è espressamente prevista dall'art. 186, comma 9 bis, CdS - determinati effetti sia pure negativi per l'imputato. Infatti il giudizio di comparazione tra le circostanze, che conduca all'esclusione dell'operatività dell'aggravante sul piano sanzionatorio, non fa venir meno la configurazione giuridica del reato aggravato Sez. 4, Sentenza n. 30254 del 26/06/2013 e Sez. 2, 29.5.2009 n. 24862 . Ne consegue la piena legittimità della decisione che ha escluso la sostituzione della pena pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità, pur essendo state concesse le attenuanti generiche che hanno eliso quoad poenam l'aggravante prevista dall'art. 186, comma 2 bis CdS. Infondato è, infine, il terzo motivo di ricorso. Invero le attenuanti generiche sono state ritenute equivalenti all'aggravante di cui all'art. 186, comma 2 bis, CdS che, per l'effetto, è risultata elisa, dopodiché la sola pena pecuniaria è stata aumentata in applicazione dell'art. 186, comma 2 sexies, CdS ed è stata infine ridotta, con riguardo alla sola pena pecuniaria già soggetta ad aumento, essendo escluso dalla norma la possibilità di operare il giudizio di prevalenza o di equivalenza. Il ricorso va, dunque, rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.