Bancarotta fraudolenta: liquidatore ed amministratore sono due facce della stessa medaglia

E’ punibile il liquidatore che ometta di compiere l’inventario, da cui risulti lo stato attivo e passivo del patrimonio sociale, impedendo con tale condotta omissiva la ricostruzione del patrimonio e degli affari della società.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 44818, depositata il 27 ottobre 2014. Il caso. Il liquidatore e coamministratore di fatto di una società veniva condannato dalla Corte d’appello di Milano per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale distrattiva, in concorso con l’amministratore unico. Il liquidatore ricorreva in Cassazione, lamentando la mancata motivazione sull’incidenza causale ed effettiva delle sue formali omissioni, consistenti nell’omessa redazione dell’inventario dei beni e della mancata sottoscrizione del libro inventari, ai fini della ricostruzione del giro d’affari della società fallita. La Corte di Cassazione, tuttavia, ricorda che la mancata redazione dell’inventario, da cui risultasse lo stato del patrimonio sociale, ai sensi dell’art. 2272, comma 2, c.c., aveva impedito la ricostruzione completa e tempestiva del patrimonio e del movimento degli affari della società fallita. Questa compiva ancora attività di gestione, nonostante avesse cessato, dopo la vendita di tutti gli esercizi, ogni attività commerciale. Rinvio alle norme sugli amministratori. I giudici di legittimità sottolineano che la responsabilità del liquidatore deriva non soltanto dall’art. 223 l.f., ma anche dall’art. 2489 c.c., il quale rinvia alle norme in tema di responsabilità degli amministratori e, perciò, anche all’art. 2392 c.c., che fissa il principio generale, secondo cui l’amministratore deve vigilare sulla gestione ed impedire il compimento di atti pregiudizievoli, oltre che attenuarne le conseguenze dannose. Questo principio vale, quindi, anche per i liquidatori, che hanno una posizione di garanzia del bene giuridico tutelato, con conseguente responsabilità penale in caso gli obblighi vengano ignorati. Compiti del liquidatore. In più, i liquidatori devono ricevere in consegna i libri sociali e redigere, insieme con gli amministratori, l’inventario da cui risulti lo stato attivo e passivo del patrimonio sociale sottoscrivendolo insieme a loro, per cui è punibile il liquidatore che ometta di compiere tale inventario, impedendo con tale condotta omissiva la ricostruzione di patrimonio ed affari della società. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 12 maggio – 27 ottobre 2014, numero 44818 Presidente Oldi – Relatore Pezzullo Ritenuto in fatto 1. La Corte d'Appello di Milano, con sentenza in data 1.6.2012, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Vigevano del 17.11.2005, rideterminava la pena nei confronti di G.W. in anni tre di reclusione, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, equivalenti alla ritenuta recidiva e la pena nei confronti di M.M.L. in anni due e mesi sei di reclusione dichiarava cessata la materia dei contendere in relazione alle statuizioni di natura civile contenute nella sentenza appellata, confermando nel resto la sentenza di primo grado e quindi la condanna nei confronti di G.A. ad anni due di reclusione. In particolare, i predetti G.A., G.W. e M.M.L. erano stati riconosciuti colpevoli tutti del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale distrattiva, di cui agli artt. artt. 110 c.p., 216, comma primo, numero 1, 223 e 219, comma primo, R.D. 267/42 per avere, in concorso tra loro il primo quale amministratore unico della società Stock Center s.r.l., dichiarata fallita in data 13.3.1998, il secondo padre dell'amministratore unico quale coamministratore di fatto e liquidatore, la terza madre del primo e moglie dei secondo , quale estranea determinatrice dell'altrui proposito criminoso e beneficiaria di parte di distrazioni distratto dal patrimonio della società con atto del 01.10.1996, a favore della GA.PA s.r.l., partecipata e amministrata da M.M.L., un negozio di calzature situato in Milano, Via Piero della Francesca numero 2, per fini estranei all'impresa e per un corrispettivo incongruo, comunque, non ricevuto di lire 90.000.000 e cori atto dei 28.02.1996, a favore della G.S.C. s.r.l. due negozi siti in Milano uno in Piazzale Velasquez numero 7, uno in Via Papiniano numero 47 , per fini estranei all'impresa e per un corrispettivo complessivo incongrue, comunque, non ricevuto di lire 82.000.000 il solo G.W., anche dei reato di bancarotta fraudolenta documentale, ai sensi dell' art. 216, comma primo, numero 2, 223 e 219, comma primo, R.D. numero 267/42, per aver tenuto i libri e le altre scritture contabili in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari allo scopo di recare pregiudizio ai creditori e di procurare a se e ad altri Ga.pa. s.r.l. G.S.C. s.r.l. ingiusti profitti, non sottoscrivendo il libro inventari, non predisponendo opportunamente i verbali degli inventari all'atto della messa in liquidazione. 2. Avverso tale sentenza gli imputati, a mezzo del proprio difensore, hanno proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione degli artt. 190 e 192 c.p.p., in relazione all'art. 606, primo comma, lett. b ed e c.p.p., stante la mancata valorizzazione delle prove documentali ammesse già nel corso del dibattimento e l'omessa motivazione circa l'esclusione di esse in sede di valutazione della prova, che costituisce vizio di legittimità, sostanziandosi, da un lato, nell'inosservanza della legge penale in punto proprio dei principi regolanti la formazione del libero convincimento del Giudice, dall'altro riverberandosi in mancanza di motivazione che, in particolare, la Corte territoriale, avrebbe ignorato la portata discriminante dei documenti prodotti dalla difesa tutte le quietanze dei pagamenti effettuati dalla fallita in relazione alla cessione a favore della società Ga.pa s.r.l. del negozio sito in Milano via Piero della Francesca e tutta la serie dei pagherò cambiari in relazione all'episodio di distrazione a favore della Gill Stock Center s.r.l. dei due negozi in Milano, Piazzale Velasquez e Viale Papiniano , escludendo valenza alla fornita prova documentale attestante l'incongruenza e l'infondatezza dell'accusa allo stesso modo é risultata completamente omessa ogni motivazione circa l'incidenza causale ed effettiva delle formali omissioni contestate al liquidatore W.G. non avere redatto l'inventano dei beni e non avere sottoscritto il libro inventari , ai fini della ricostruzione e del giro d'affari della società fallita, con il risultato che il delitto contestato di bancarotta documentale non é stato per nulla provato. Considerato in diritto Il ricorso è inammissibile siccome generico e manifestamente infondato. 1. Con il primo motivo i ricorrenti si dolgono della mancata valutazione della documentazione prodotta nel corso del dibattimento attestante il pagamento del prezzo delle cessioni in favore della Ga.pa. s.r.l. e G.S.C. s.r.l., ma tale doglianza oltre ad essere dei tutto generica, no in indicandosi specificamente la documentazione asseritamente non valutata, si presenta inammissibile, siccome proposta in violazione dei principio di autosufficienza dei ricorso, in virtù del quale il ricorrente che lamenti l'omessa o travisata valutazione di specifici atti processuali, deve provvedere, nei limiti in cui il relativo contenuto sia ritenuto idoneo a scardinare l'impianto motivazionale della decisione contestata, alla trascrizione nel ricorso dell'integrale contenuto degli atti medesimi, ovvero all'allegazione di tali atti al ricorso ovvero, ancora, alla loro assolutamente puntuale e completa, indicazione, in modo da non determinare la necessità di alcun tipo di ricerca e selezione autonoma ciò in quanto il giudice di legittimità non deve essere costretto alla ricerca di quegli atti che confermerebbero la tesi dei ricorrente, essendo piuttosto onere di cui impugna e dispone dell'intero incarto processuale mettere la Corte di legittimità in grado di valutare la fondatezza della doglianza Sez. VI, numero 48451 del 11/12/2012 e Sez. VI, numero 18491 del 24/02/2010 . Va in ogni caso evidenziato che dalla motivazione della sentenza impugnata si ricava la compiuta, esauriente e logicamente corretta analisi dei rapporti tra la fallita e le società in favore delle quali sono state operate le distrazioni, nonché delle modalità di pagamento del prezzo delle cessioni, che, ad esempio, per quanto concerne la Ga.pa., si sarebbero concretizzate nel versamento da parte di tale società di una parte del corrispettivo, successivamente al fallimento, su sollecitazione dei curatore, circostanza questa non che non esclude all'evidenza la responsabilità degli imputati nella condotta distrattiva in contestazione. 2. Il secondo motivo di ricorso, dei pari, si presenta generico, oltre che manifestamente infondato. Ed invero la sentenza impugnata ha con ragionamento logico immune da censure esattamente individuato gli elementi di responsabilità a carico di G. W., liquidatore della società, in ordine al i caco di bancarotta fraudolenta documentale. La mancata redazione, infatti, dell'inventario dal quale risultasse lo stato attivo e passivo del patrimonio sociale, ai sensi dell'art. 2277/2 c.c., ha impedito la ricostruzione completa e tempestiva del patrimonio e del movimento degli affari della società fallita, la quale, ancora nell'anno 1997, compiva attività di gestione, benché avesse cessato, a seguito della vendita di tutti gli esercizi commerciali, ogni attività commerciale. Giova in proposito richiamare i principi espressi da questa Corte secondo i quali, la responsabilità del liquidatore deriva non solo dall'art. 22-33 l.fall., ma anche dell'art. 2489 c.c., che rinvia alle norme in tema di responsabilità degli amministratori e, quindi, anche all'art. 2392, il quale fissa un principio di ordine generale per il quale l'amministratore deve vigilare sulla gestione ed impedire il compimento di atti pregiudizievoli, oltre che attenuarne le conseguenze dannose di guisa che sussiste anche per i liquidatori una posizione di garanzia dei bene giuridico penalmente tutelato, con conseguente ineludibile responsabilità, ex art. 40 cpv. c.p., ove i detti obblighi siano disattesi Sez. V, 14/06/2011, numero 36435 inoltre, i liquidatori hanno l'obbligo di ricevere in consegna i libri sociali e di redigere, insieme con gli amministratori, l'inventario dal quale risulti lo stato attivo e passivo del patrimonio sociale sottoscrivendolo insieme ad essi, sicchè non può ritenersi esente da responsabilità il liquidatore che ometta di compiere il predetto inventario impendo con tale condotta omissiva la ricostruzione appunto del patrimonio e degli affari della società. 3. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile a colpa dei ricorrenti medesimi, al versamento da parte di ciascuno di essi, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1000,00, ai sensi dell'art. 616 c.p.p P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.