L’esecuzione della pena definitiva dopo la pronuncia di incostituzionalità: cosa accade?

Il regime sanzionatorio di maggior favore previsto oggi per le droghe leggere”, dopo l’intervento della Corte Costituzionale, sentenza n. 32/2014, può trovare applicazione anche in riferimento alle condotte per le quali sia già intervenuta una sentenza passata in giudicato nel vigore della disciplina dichiarata incostituzionale? Sì, perché la dichiarazione di incostituzionalità, avendo forza invalidante ex tunc , va ad incidere sulla esecuzione ancora in corso della pena illegittimamente inflitta al condannato, imponendo la rideterminazione della pena. Il giudice dell’esecuzione, nel rideterminare la pena, dovrà attenersi alle valutazioni del giudice di cognizione e dovrà porre in essere un’operazione meramente matematica, consistente nell’operare un calcolo proporzionale che individui la pena oggi costituzionalmente corretta, sulla cornice edittale prevista dalla fattispecie astratta nella sua formulazione precedente alla modifica dichiarata incostituzionale, applicando una pena che corrisponda – in proporzione – all’entità di pena applicata nella sentenza divenuta irrevocabile nella vigenza dei diversi minimi e massimi edittali.

E’ quanto emerge dalla pronuncia del Tribunale di Matera, depositata il 26 settembre 2014. Il caso. Un uomo veniva condannato per il reato di cui all’ art. 73, comma 1 bis , d.p.r. n. 309/1990, per aver detenuto hashish. La sentenza veniva confermata in appello e, per effetto della declatoria di inammissibilità del ricorso per cassazione, diventava irrevocabile. Veniva poi emesso dall’ufficio della Procura l’ordine di esecuzione della predetta pena. Il fine pena, computata la liberazione anticipata, era da eseguirsi mediante l’affidamento in prova al servizio sociale. L’intervenuta pronuncia di incostituzionalità della disciplina sanzionatoria. Tenuto conto dell’intervenuta pronuncia di incostituzionalità degli artt. 4 bis e 4 vicies ter del d.l. n. 272/2005 conv. con modific. dell’art. 1, comma 1, l. n. 49/2006, è ritornata in vigore la precedente disciplina sanzionatoria prevista dal comma 4 dell’art. 73 d.p.r. n. 309/1990 per le sostanze stupefacenti, tra cui l’hashish. La cornice edittale a cui quindi bisognava far riferimento era, quindi, quella che prevede la misura della reclusione da 2 a 6 anni e della multa da euro 5.164 a 77.468 euro a fronte dell’illegittimità costituzionale della normativa che prevedeva la reclusione da 6 a 20 anni e della multa da 26.000 a 260.000 euro . La tesi della difesa da applicare il minimo edittale. Nel caso di specie, essendo stata irrogata la pena nel minimo edittale, la difesa chiedeva se la stessa valutazione doveva essere fatta con riferimento ai nuovi indicatori di pena, irrogando una pena che non si discosti dai minimi edittali attualmente vigenti per la condotta contestata. Le conclusioni del pm la pena era già ricompresa nei minimi edittali. In sede di udienza camerale il pm si era opposto alla tesi difensiva, evidenziando che la pena irrogata era comunque ricompresa nei limiti edittali del ripristinato art. 73, comma 4, d.p.r. 309/1990. In sostanza, la questione che veniva portata all’attenzione del giudice è la seguente verificare se il regime sanzionatorio di maggior favore previsto oggi per le droghe leggere” possa trovare applicazione anche in riferimento alle condotte per le quali sia già intervenuta una sentenza passata in giudicato nel vigore della disciplina dichiarata incostituzionale. Sono due le questioni da affrontare la resistenza del giudicato nei confronti delle sentenze costituzionali e i poteri e limiti del giudice dell’esecuzione. Giudicato vs sentenza di illegittimità costituzionale. La dichiarazione di incostituzionalità delle norme in materia di sostanze stupefacenti - afferma il Gip - avendo forza invalidante ex tunc , va ad incidere sulla esecuzione ancora in corso della pena illegittimamente inflitta al condannato, imponendo la rideterminazione della pena alla luce della cornice edittale anteriore alle modifiche di cui al d.l. n. 272/2005 . Il giudice dell’esecuzione poteri e limiti. Il giudice dell’esecuzione, in forza del principio di intangibilità del giudicato, non può ri esercitare i poteri discrezionali per determinare la pena da applicarsi. L’ordinamento giuridico riconosce, infatti, al giudice dell’esecuzione la possibilità di rideterminare la pena in casi tassativi ed eccezionali non suscettibili di essere applicati analogicamente. Inoltre, il giudice dell’esecuzione può rideterminare la pena inflitta - chiarisce il Gip - attraverso un’operazione meramente matematica e consistente nell’operare un calcolo proporzionale che individui la pena oggi costituzionalmente corretta, sulla cornice edittale prevista dalla fattispecie astratta nella sua formulazione precedente alla modifica dichiarata incostituzionale, applicando una pena che corrisponda – in proporzione – all’entità di pena applicata nella sentenza divenuta irrevocabile nella vigenza dei diversi minimi e massimi edittali . Nel caso di specie, il giudice di prime cure aveva preso come riferimento per la determinazione della pena l’art. 73, comma 1 bis , d.p.r., che alla luce della nuova cornice edittale non sarebbe stata considerata più grave degli altri reati posti in continuazione. In sostanza, doveva essere operata un nuova determinazione, tenendo conto dei dati già valorizzati dal giudice di merito. Come rideterminare la pena dopo la pronuncia di incostituzionalità. In conclusione, il Gip afferma che la pena base deve essere rideterminata come di seguito pena base per il reato di cui all’art. 648 c.p. anni 5, mesi sei di reclusione e 6.000 euro di multa, aumentata di mesi 2 di reclusione per la recidiva fino ad anni 5, mesi 8 di reclusione e 6.000 euro di multa , ulteriormente aumentata per la continuazione fino ad anni 11 di reclusione e 13.500 euro di multa anni 4, mesi 10 e 6.500 di multa così specificati anni 1 e 300 euro per il reato di cui agli artt. 2 e 7 l. n. 895/1967, mesi due e 100 euro per il reato di cui all’art. 697 c.p., anni 1 mesi 6 e 400 euro per il reato di cui all’art. 23 l. n. 110/1975, anni 1 mesi 6 e 5.300 per quello di cui all’art. 73 d.p.r. n. 309/1990, mesi 4 e 200 euro per ciascuno dei reati di cui all’art. 455 c.p. ridotta per il rito alla pena di 7 anni di reclusione e 9.000 euro di multa . Nel caso di specie la frazione di pena incostituzionale che non deve essere eseguita è di 19.000 euro di multa. Sulla base di tali motivi, il Gip ha rideterminato – ferma la detenzione di 7 anni di reclusione - la pena pecuniaria in quella di 9.000 euro di multa inflitta all’imputato con la sentenza della corte d’appello di potenza irrevocabile.

Tribunale di Matera, ufficio GIP, 26 settembre 2014 Giudice Bia Osserva Nei confronti di P. è stata applicata la pena di anni sette mesi quattro di reclusione ed € 28.000 di multa così determinata pena base per il reato di cui all’art. 73 comma 1 bis DPR 309/90 per avere detenuto hashish accertato il 5 e l’8/5/2008 anni sei di reclusione e 40.000, aumentata di anni quattro mesi quattro ed € 1600 di multa per la continuazione anni uno ed € 300 per il reato di cui agli artt. 2 e 7 L 895/67, mesi due ed € 100 per il reato di cui all’art. 697 cp, anni uno mesi sei ed € 400 per il reato di cui all’art. 23 L 110/75, anni uno ed € 400 per quello di cui all’art. 648 cp mesi quattro ed € 200 per ciascuno dei reati di cui agli artt. 455 cp e 455 cp , ulteriormente aumentata di mesi due per la recidiva per un totale di anni dieci mesi sei di reclusione ed € 41.600 di multa , ridotta per il rito alla pena indicata. La sentenza, confermata in appello, è divenuta irrevocabile per effetto della declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione proposto. Veniva emesso dall’ufficio della Procura presso questo Tribunale ordine di esecuzione della suddetta pena. Il fine pena, computata la liberazione anticipata, era fissato al 28/1/2017, da eseguirsi mediante l’affidamento in prova al servizio sociale. La richiesta qui in esame fonda sulla declaratoria di incostituzionalità, di cui alla sentenza 25.2.2014 n. 32 pubblicata in G.U. del 5.3.2014 , degli artt. 4-bis e 4-vicies ter del d.l. 272/2005 conv. con modif. dall’art. 1, comma 1, della legge 49/2006, con effetto di reviviscenza della originaria disciplina sanzionatoria prevista dal comma 4 dell’art. 73 D.P.R. 309/90 per le sostanze rientranti nelle tabelle II e IV allora vigenti tra cui l’hashish nella misura della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 5.164 a euro 77.468, a fronte della previsione della norma dichiarata incostituzionale della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 26.000 a euro 260.000. Ritiene, in particolare, la difesa, richiamando al riguardo giurisprudenza di legittimità, che l’art. 30, comma 4, legge 87/1953 ha un ambito applicativo non limitato alla fattispecie incriminatrice intesa in senso stretto e impedisce dunque anche solo una parte della esecuzione della sentenza irrevocabile quale quella relativa alla porzione di pena inflitta in forza di norma incostituzionale e dunque inapplicabile ab origine. Ritiene che nella specie, essendo stata dal giudice della cognizione la pena irrogata nel minimo edittale, stessa valutazione dovrà essere effettuata con riferimento ai nuovi indicatori di pena, irrogando una pena che non si discosti dai minimi edittali attualmente vigenti per la condotta contestata. Il pubblico ministero nelle sue conclusioni in sede di udienza camerale si è opposto alla richiesta difensiva, evidenziando che la pena irrogata è comunque ricompresa nei limiti edittali del ripristinato art. 73, comma 4, D.P.R. 309/90. Ciò posto, occorre verificare se il regime sanzionatorio di maggior favore previsto oggi per le droghe leggere possa trovare applicazione anche in relazione alle condotte per le quali sia ormai intervenuta sentenza passata in giudicato nel vigore della disciplina dichiarata incostituzionale. L’interrogativo coinvolge, evidentemente, sia la problematica della resistenza del giudicato alla retroattività delle sentenze della Corte Costituzionale , sia i profili relativi ai poteri e ai limiti del giudice dell’esecuzione. Quanto alla prima questione, deve evidenziarsi che la dichiarazione di incostituzionalità delle norme innanzi citate in materia di sostanza stupefacenti, avendo una forza invalidante ex tunc, va ad incidere sulla esecuzione ancora in corso della pena illegittimamente inflitta al condannato, imponendo la rideterminazione della pena alla luce della cornice edittale anteriore alle modifiche di cui al D.L. n. 272/2005 reclusione da 2 a 6 anni e multa da € 5.164 a € 77.468 . Quanto ai poteri di rideterminazione della pena deve ritenersi che - in forza del principio dell’intangibilità del giudicato - il giudice dell’esecuzione non possa ri esercitare i poteri discrezionali volti alla determinazione della pena da applicarsi in concreto ai sensi degli artt. 132, 133 e 133 bis c.p. Soltanto in ipotesi tassative, ed entro limiti predeterminati, infatti, l’ordinamento riconosce al giudice dell’esecuzione margini di discrezionalità normalmente propri della funzione del giudizio di cognizione, come nel caso della applicazione della continuazione in executivis, nella quale peraltro almeno una delle sentenze – quella applicativa della pena più grave – viene totalmente salvaguardata e su questa si calcolano gli aumenti di pena in forma discrezionale, o nel caso, sempre in ipotesi di applicazione della disciplina della continuazione, del giudizio sulla concedibilità della sospensione condizionale della pena. Si tratta, comunque, di ipotesi esplicitamente previste dalla legge, quindi eccezionali, e come tali non applicabili analogicamente. Nelle ipotesi che qui interessano, pertanto, il giudice dell’esecuzione resta vincolato al rispetto delle valutazioni di merito espresse nella sentenza di cognizione, non potendo rivalutare non solo l’esito della sentenza relativo alla responsabilità dell’imputato, ma anche l’eventuale riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche o il giudizio di comparazione tra le circostanze stesse ed, in genere, tutto l’argomentare e le valutazioni già compiute esplicitamente e/o implicitamente dal giudice di cognizione. Deve ritenersi, pertanto, che al giudice sia attribuito unicamente il potere/dovere di rideterminare la pena inflitta, attraverso un’operazione meramente matematica e consistente nell’operare un calcolo proporzionale che individui la pena oggi costituzionalmente corretta, sulla cornice edittale prevista dalla fattispecie astratta nella sua formulazione precedente alla modifica dichiarata incostituzionale, applicando una pena che corrisponda – in proporzione – all’entità di pena applicata nella sentenza divenuta irrevocabile nella vigenza dei diversi minimi e massimi edittali. Ora, nel caso di specie il giudice di primo grado ha preso a base una pena quella di cui all’art. 73 comma 1bis DPR che alla luce della nuova cornice edittale non sarebbe stata considerata più grave di quella degli altri reati posti in continuazione. Di talché deve essere operata una nuova determinazione, facendo riferimento ai dati già valorizzati dal giudice della cognizione e fermi gli aumenti per la recidiva e per la continuazione già irrogati dal giudice della cognizione e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, che devono, ad ogni modo, seguire lo schema pena-circostanze-recidiva-continuazione-diminuzione per il rito scelto. Alla luce degli elementi valorizzati dal giudice della cognizione e dei criteri di cui all’art. 133 c.p., tenuto conto della gravità delle condotte, la pena base deve essere determinata come di seguito pena base per il reato di cui all’art. 648cp anni cinque mesi sei di reclusione e 6.000 di multa, aumentata di mesi due di reclusione per la recidiva fino ad anni cinque mesi otto di reclusione ed € 6000 di multa , ulteriormente aumentata per la continuazione fino ad anni undici di reclusione ed € 13500 di multa anni quattro mesi dieci ed € 6500 di multa così specificati anni uno ed € 300 per il reato di cui agli artt. 2 e 7 L 895/67 , mesi due ed € 100 per il reato di cui all’art. 697cp , anni uno mesi sei ed € 400 per il reato di cui all’art. 23 L 110/75 , anni uno mesi sei ed € 5300 per quello di cui all’art. 73 comma 4 DPR 309/90 , mesi quattro ed € 200 per ciascuno dei reati di cui all’art. 455cp , ridotta per il rito alla pena di sette anni di reclusione ed € 9000,00 di multa. Nel caso di specie la frazione di pena incostituzionale che non deve essere eseguita è, dunque, pari 19.000,00 di multa. P.Q.M. Visti gli artt. 670 e ss. c.p.p. RIDETERMINA – ferma la detenzione di sette anni di reclusione – la pena pecuniaria in quella di € 9000,00 di multa inflitta a P. P. con la sentenza in data 3/6/2010 della corte di appello di potenza irrevocabile il 6/7/2011. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di rito.