Violenza privata: la vittima ci può anche ripensare, ma la Giustizia farà comunque il suo corso

Il reato di violenza privata, disciplinato dall’art. 610 c.p., è un reato procedibile d’ufficio, per cui la remissione della querela da parte della persona offesa non può comunque portare i giudici ad emettere una sentenza di non luogo a procedere nei confronti dell’imputato.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 44867, depositata oggi. Il caso. Si posiziona con la propria macchina dietro a quella di una donna e, in atteggiamento minatorio, le impedisce ogni possibilità di movimento. Inevitabile l’accusa di violenza privata, che, però, si conclude davanti al Tribunale di Gorizia con la dichiarazione di non doversi procedere. Motivo? L’intervenuta remissione di querela e contestuale, e rituale, accettazione ad opera dell’imputato per un caso che, secondo il giudice, riguarda un reato perseguibile a querela di parte. Il P.G. presso la Corte d’appello di Trieste, però, non ci sta e ricorre in Cassazione, deducendo che il reato di violazione privata ex art. 620 c.p. è procedibile d’ufficio. Non ci sono dubbi. Questa visione viene confermata dagli Ermellini, che, dopo aver ricostruito la vicenda, la inquadrano inequivocabilmente nella fattispecie della violenza privata. Impossibile dubitare di tale affermazione i giudici di merito non avevano dato il via ad alcuna attività istruttoria, che, eventualmente, avrebbe potuto portare ad una riqualificazione giuridica. Non finisce qui. Per cui, considerando che pacifica è la procedibilità d’ufficio di detto reato , la Corte di Cassazione non può far altro che annullare la sentenza impugnata, invitando il Tribunale di Gorizia a riflettere nuovamente sulla vicenda.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 9 – 27 ottobre 2014, n. 44867 Presidente Fumo – Relatore Micheli Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Gorizia dichiarava di non doversi procedere nei confronti di M.B. imputato del delitto di violenza privata, in ipotesi commesso in danno di I.I.W.B. , rilevando l’intervenuta remissione di querela, con contestuale, rituale accettazione ad opera dell’imputato. In motivazione, il giudicante evidenziava che il processo riguardava reati perseguibili a querela di parte. 2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale presso la Corte di appello di Trieste, deducendo con motivo unico l’erronea applicazione degli artt. 152 e 529 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione. Il Pubblico Ministero ricorrente segnala che il reato ex art. 610 cod. pen., norma richiamata in rubrica con una compiuta descrizione in fatto dell’addebito di violenza privata, è in realtà procedibile di ufficio. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. Al B. era contestato di avere, con minaccia, essendosi fisicamente frapposto con la propria vettura dietro a quella della vittima con atteggiamento chiaramente vessatorio e minatorio, impedito qualsiasi movimento in macchina di B. I. I. W., di fatto quindi impedendole la libertà di movimento” si tratta, come puntualmente rilevato dal P.g. territoriale, di una inequivoca contestazione di violenza privata, reato richiamato anche attraverso l’espressa menzione della correlata norma incriminatrice. Pacifica è la procedibilità di ufficio di detto reato, né il Tribunale risulta avere dato corso ad una qualunque attività istruttoria all’esito della quale sarebbe stato astrattamente possibile procedere ad una eventuale riqualificazione giuridica. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Gorizia per il giudizio.