Sequestro preventivo e contabile possono “andare a braccetto”

E’ possibile, in riferimento alla medesima vicenda, che vengano predisposti e quindi concorrano sequestro contabile e preventivo.

E’ stato così deciso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 44387, depositata il 24 ottobre 2014. Il caso. Il Tribunale con ordinanza rigettava la richiesta di dissequestro o di restituzione avanzata nell’interesse dell’imputato. L’uomo era stato imputato in ordine al reato di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata oltre che dei reati di truffa e falsità ideologica, perciò, in riferimento ai predetti reati, era stato eseguito il sequestro preventivo per equivalente di beni per un valore di 52 milioni di euro, confermato dal Tribunale del riesame e dalla Cassazione. L’imputato avevo chiesto la revoca della misura cautelare reale poiché era stato predisposto per gli stessi fatti e nell’ambito della medesima vicenda anche un sequestro da parte della Corte dei Conti, presso la quale si era aperto un procedimento amministrativo contabile nei confronti dell’azienda in cui l’imputato era manager. Era possibile il concorso tra i due sequestri? Avverso l’ordinanza di rigetto ricorreva per cassazione l’uomo, lamentando la violazione dell’art. 321 c.p.p. oggetto del sequestro preventivo , dal momento che il sequestro preventivo, come affermato in sede di legittimità, finalizzato alla confisca per equivalente, non può avere ad oggetto beni aventi un valore superiore all’accertato profitto del reato. Secondo la tesi del ricorrente, non poteva ritenersi che, un volta disposto il sequestro conservativo per un certo importo, lo stesso importo possa essere assoggettato anche ad un sequestro preventivo o per equivalente. Ricorso in Cassazione solo per violazione di legge il giudice non poteva stabilire la cumulabilità. Il ricorso è infondato. Infatti, in base alla lettera dell’art. 325 c.p.p., il ricorso per cassazione, proposto contro l’ordinanza del Tribunale del riesame, confermativa di un decreto di sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, è ammesso solo per violazione di legge. Non sono quindi ammesse censure sulla logicità o sulla insufficienza della motivazione del giudice. Nel caso di specie la violazione di legge portata avanti riguarda l’errore del giudice del riesame il quale ha affermato che il sequestro preventivo disposto dal giudice penale aggredisce valori equivalenti ad un profitto da reato che non può ritenersi oggetto anche del sequestro disposto in sede contabile. L’errore quindi riguarderebbe l’impossibilità per il giudice di stabilire la cumulabilità del sequestro penale con quello contabile. Il giudice non aveva modificato gli elementi strutturali. La Cassazione nell’affrontare il caso in esame ricorda che il giudice del riesame, convalidando il ragionamento del Gup, non ha deciso per il mantenimento del sequestro già disposto, modificando eventualmente fumus e periculum piuttosto, ha convalidato l’originaria misura, osservando che la minore entità del profitto, come ricalcolata alla luce dei principi della giurisprudenza di legittimità, restava compatibile con il valore dei beni sequestrati. In sostanza, il giudice non ha modificato gli elementi strutturali del disposto sequestro preventivo. Il sequestro contabile ha natura conservativa”, perciò non si scontra con quello preventivo. In conclusione, la Cassazione conferma la possibilità di concorso tra i due sequestri, anche perché quello disposto dalla Corte dei Conti è definito conservativo ed è stato posto in essere in riferimento al comportamento tenuto dal condannato, come accertato in sede penale, e all’ammontare del danno erariale di cui lo stesso era ritenuto responsabile. Sicché il sequestro contabile non può impedire a quello preventivo per equivalente di spiegare i proprie effetti. Questo, alla luce anche del principio per cui il sequestro preventivo, preordinato alla confisca di beni per un valore equivalente al profitto del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, può essere disposto nei confronti della persona fisica concorrente con una s.r.l., pur se il profitto sia stato interamente acquisito dalla società concorrente, che non sia estranea al reato ed abbia un titolo autonomo di responsabilità, dal momento che vige, data la natura sanzionatoria della confisca per equivalente, il principio solidaristico secondo cui l’intera azione delittuosa e l’effetto conseguente sono imputati a ciascun concorrente Cass., n. 31989/2006 . Nessuna duplicazione dell’espropriato i due sequestri hanno natura e finalità diverse. Non vale, quindi, nel caso di specie, il principio per cui il sequestro comporti, per effetto del principio solidaristico, una duplicazione del valore espropriato Cass., n. 26654/2008 , poiché tale principio opera con riferimento a misure ablative omologhe applicabili in caso di illecito pluri-soggettivo, non anche nel caso di misure strutturalmente e funzionalmente diverse come quelle in esame. Esse infatti hanno finalità ben diverse. Il sequestro per equivalente ha natura sanzionatoria, quello contabile tutela l’interesse di natura risarcitoria. Sulla base di tali argomenti, la Suprema Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 20 giugno – 24 ottobre 2014, n. 44387 Presidente Fumo – Relatore Vessichelli Fatto e diritto Propone ricorso per cassazione V.A. , avverso l'ordinanza del Tribunale di Roma, in data 4 marzo 2014, con la quale è stato rigettato l'appello proposto con il provvedimento, del Gip di Roma, di rigetto della richiesta di restituzione o dissequestro avanzata nell'interesse dello stesso ricorrente. Il V. , come si legge nel provvedimento impugnato, è – oggi - imputato in ordine al reato di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata oltre che dei reati di truffa e falsità ideologica ed in relazione ad essi ha subito, il 15 maggio 2011, il sequestro preventivo per equivalente di beni per un valore di 52 milioni di Euro, confermato dal Tribunale del riesame ed anche dalla Cassazione. In relazione a tale misura cautelare reale, tuttavia, nel maggio 2013, ha avanzato richiesta di revoca, in ragione, non solo della sua estraneità ai fatti, ma soprattutto del concomitante sequestro disposto, per gli stessi fatti e nell'ambito della medesima vicenda, dalla Corte dei conti, presso la quale è aperto procedimento amministrativo contabile nei confronti della Casa di cura gestita dal gruppo San Raffaele. Si tratta, anche in tale ultima procedura, di fatti di truffa relativi a prestazioni sanitarie irregolarmente erogate ma fatte rimborsare al SSN con cui la Clinica San Raffaele di era ed è convenzionata. Il sequestro disposto dalla Corte dei conti, si prosegue, è di natura conservativa ed ha avuto ad oggetto gli immobili della clinica San Raffaele, sino al valore, però, di 126.553.502 Euro, oggettivamente superiore rispetto a quello che era giustificato con il vincolo cautelare oggi in esame. E comunque, secondo quanto prospettato al Tribunale del riesame, superiore all'importo di 21.190.000 che sarebbe il profitto netto che la struttura avrebbe indebitamente percepito e che sarebbe il solo valore confiscabile, tenuto conto che, nella specie, viene in considerazione il profitto di un reato in contratto e quindi da calcolare al netto del valore delle prestazioni sanitarie effettivamente erogate. Il Tribunale del riesame ha tuttavia convalidato il ragionamento del Gip secondo cui il sequestro conservativo operato dalla Corte dei conti è posto a tutela del risarcimento del danno erariale ed ha dunque una funzione diversa da quello preventivo disposto nel procedimento penale, per equivalente, consentito dall'articolo 322 ter cp. In altri termini, la confisca prevista da tale norma è in relazione al sequestro preventivo per equivalente del prezzo o del profitto del reato e dunque è misura non sovrapponibile neppure a quella prevista dall'articolo 240 cp Solo quest'ultima è misura di sicurezza patrimoniale e colpisce il bene collegato all'esecuzione del reato, in ragione della sua pericolosità. Invece la confisca per equivalente non ha la stessa finalità ed ha, essa sola, carattere sanzionatorio come riconosciuto dalla sentenza delle Sezioni unite penali della Cassazione n. 41936 del 2005. Ulteriore diversità fra le due misure - il sequestro preventivo generale e il sequestro conservativo contabile - va ravvisata nel soggetto il cui patrimonio è stato aggredito, ossia il San Raffaele per quanto riguarda il sequestro conservativo e gli indagati per quanto riguarda il sequestro preventivo. Deduce il ricorrente 1 la violazione dell'articolo 321 cpp. Osserva che la Cassazione, con la sentenza n. 5609 del 2012, ha formulato il principio secondo cui il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente non può avere ad oggetto beni aventi un valore superiore all'accertato profitto del reato. Anche la sentenza n. 39239 del 2010 ha sostenuto che non può essere confiscato il corrispettivo di una prestazione regolarmente eseguita dall'obbligato ed accettata dalla controparte che ne trae comunque una concreta utilitas . Nel caso di specie era stato lo stesso Gip di Roma, con il provvedimento del 24 ottobre 2013, di rigetto, poi impugnato dinanzi al Tribunale del riesame, a riconoscere a pagina tre, che l'ingiusto profitto non avrebbe potuto essere superiore ad 81,5 milioni di Euro. In tal senso aveva rivisto la precedente affermazione del Gip di Velletri - che aveva disposto la misura ablativa - secondo cui la truffa aveva fruttato un profitto di 174 milioni di Euro e tale mutamento di opinione era dovuto al riconoscimento che i reati contestati non sono truffe-contratto ma truffe in contratto . Ne conseguiva che - essendo stato l'originario sequestro disposto dal Gip di Velletri, per un importo nominale di 174 milioni-pari al profitto come in allora calcolato -, ma da eseguirsi per la sola misura di 52 milioni, poiché per la restante parte, e cioè per 122 milioni, il sequestro era stato già realizzato dalla Corte dei conti - e dovendosi altresì registrare il successivo ragionamento del Gip di Roma che aveva sostanzialmente riconosciuto la necessità di ricalcolare, dimezzandolo, l'importo del profitto del reato al quale parametrare il sequestro per equivalente, ne discendeva che il sequestro già eseguito a cura della Corte dei conti, su immobili per un valore superiore ai 122 milioni di Euro, avrebbe dovuto essere ritenuto ampiamente sufficiente a coprire l'equivalente del profitto come sopra calcolato pari all'81,5 milioni di Euro , sicché il sequestro disposto nei confronti dell'imputato andava revocato perché eccedente il detto importo. Ricorda che il Gip, rectius Gup, del provvedimento appellato dinanzi al Tribunale del riesame, era designato per la trattazione del procedimento a carico del ricorrente,che nelle more era giunto all'udienza preliminare ed era relativo a reati contestati al V. quale amministratore del gruppo Tosinvest - sanità, in relazione a prestazioni erogate, in modo difforme da quanto previsto dalla legge, dal San Raffaele di Velletri, tra il 2004 e il 2007, per un valore di circa 117 milioni di Euro. Quello aveva osservato che, tenuto conto invece di un ricalcolo delle prestazioni sanitarie erogate irregolarmente fino al 2010, con incasso di 163 milioni di Euro, il sequestro operato su beni sino alla concorrenza di 52 milioni di Euro rimaneva giustificato anche alla luce delle contrarie osservazioni difensive. Ed invero lo stesso Gup, accedendo alla tesi per cui il sequestro preventivo deve tendere, laddove possibile, a non avere ad oggetto valori eccedenti il profitto del reato, aveva affermato che tale profitto, anche in considerazione del fatto che si contestavano nelle imputazioni talune prestazioni sanitarie mai effettuate, poteva essere calcolato nella misura del 50% del predetto incasso e quindi di 81,5 milioni di Euro cifra rispetto alla quale dunque, il sequestro di 52 milioni di Euro rimaneva legittimo. Infine il Gup aveva rilevato che il contestuale sequestro conservativo registrato nell'ambito del procedimento per danno erariale dinanzi alla Corte dei conti, non poteva valere per escludere la legittimità del sequestro preventivo in sede penale. Ciò in quanto il primo era finalizzato a tutela del risarcimento del danno erariale mentre il sequestro preventivo e la conseguente confisca sono correlati alla sentenza di condanna per un determinato reato si tratta di misure per valori non sovrapponibili e destinate a colpire soggetti giuridici diversi. Il Tribunale, adito con appello, si era poi determinato nei sensi sopra ricordati. Osserva pertanto, la difesa, che il ragionamento dapprima del Gup di Roma e poi del Tribunale del riesame, di non considerare, ai fini della entità del valore sequestrabile in relazione al profitto come sopra determinato, anche il sequestro operato dalla Corte dei conti, sarebbe ingiustificato. E ciò in quanto sarebbe contrastante e smentirebbe il provvedimento originario di sequestro che, al contrario, su conforme richiesta della procura di Velletri, aveva disposto la misura ablativa per equivalente su un valore che si ricavava per differenza perché teneva conto del concorrente sequestro disposto dalla Corte dei conti. Ragionando diversamente e cioè ritenendo del tutto irrilevante il sequestro operato dalla Corte dei conti, al fine di colpire un valore equivalente al profitto del reato, si porrebbe la necessità, in sede penale, di disporre un autonomo vincolo cautelare sugli stessi beni aggrediti dalla Corte dei conti. D'altra parte è anche da considerare la illogicità del ragionamento stesso che non tiene conto che il danno che eventualmente il San Raffaele di Velletri fosse chiamato a risarcire al servizio sanitario nazionale, non potrebbe essere corrisposto sia in sede penale che in sede amministrativa. In terzo luogo il difensore osserva, in subordine, che il sequestro disposto dalla Corte dei conti relativamente agli immobili del San Raffaele di Velletri, aveva aggredito in forma diretta il profitto che, secondo il difensore medesimo, trattandosi di truffe, non poteva che essere costituito dagli immobili , con la conseguenza che non si sarebbe dovuto ritenere consentito il sequestro preventivo per equivalente. A tale misura infatti può ricorrersi solo se non è possibile procedere al sequestro del profitto del reato. Ed allora, se il sequestro della Corte dei conti è irrilevante agli effetti penali, il difensore si domanda perché non si sia proceduto al sequestro preventivo degli stessi immobili aggrediti dalla Corte dei conti, tenuto conto anche che il loro valore, come stimato nel processo, è di 170 milioni di Euro e dunque superiore a quello per il quale la Corte dei conti ha disposto il sequestro nel procedimento amministrativo 2 la violazione dell'articolo 321 e dell'articolo 125 cpp, anche in relazione all'articolo 325 cpp. Il Tribunale del riesame e, in precedenza, il Gip di Roma, avevano riscritto la misura ablativa nei termini sopra indicati, ma senza tenere conto che la domanda cautelare e cioè la richiesta del Pubblico ministero di Velletri era stata finalizzata ad ottenere il sequestro per un valore equivalente del profitto che tenesse conto del già disposto sequestro della Corte dei conti. Tale prospettazione, recepita nel provvedimento genetico, doveva ritenersi intangibile e di tanto il Tribunale del riesame era stato investito, senza peraltro rispondere puntualmente. Il Tribunale aveva mutato la giustificazione del sequestro già disposto, valorizzandone la funzione in termini differenziali rispetto alla funzione del sequestro del procedimento amministrativo. Comunque, al riguardo, il difensore osserva che il sequestro preventivo per equivalente, pur avendo la funzione sanzionatoria, risulta assimilabile al sequestro conservativo, nel senso che garantisce il pagamento della pena pecuniaria e delle altre somme dovute all'erario. Conclude affermando che non si può non ritenere che ogni qualvolta sia stato disposto il sequestro conservativo per un certo importo, lo stesso importo possa essere assoggettato anche ad un sequestro preventivo o per equivalente . Ciò dovrebbe valere, in forma biunivoca, sia quando il primo sequestro è stato disposto dalla autorità amministrativa sia quando, invece, lo sia stato dal giudice penale. In data 17 giugno 2014 è stata depositata una memoria difensiva nella quale sono stati ripresi e riproposti gli argomenti già prospettati nel ricorso originario. Il ricorso è infondato, così come sostenuto anche dal PG di udienza, e deve essere rigettato. Occorre muovere dal preliminare rilievo che, in base alla lettera dell'articolo 325 cpp, il ricorso per cassazione, proposto contro l'ordinanza del Tribunale del riesame, confermativa di un decreto di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, è ammesso solo per violazione di legge. E, in base alla costante giurisprudenza di legittimità, in tale nozione si devono comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo , sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice. Non sono invece ammesse censura sulla logicità o sulla insufficienza della motivazione adottata dal giudice del merito. Nel caso di specie, dunque, occorre sgomberare il campo da tutte le censure contenute nel ricorso e volte essenzialmente a far rilevare vizi di logicità della motivazione così come quelle addirittura finalizzate a un diretto e diverso apprezzamento della realtà fattuale. Sotto il primo profilo è appena il caso di ricordare la critica, tutta svolta sul piano logico, alla eventualità - dedotta, dal difensore, dal ragionamento seguito nel provvedimento impugnato -che l'imputato possa trovarsi ad essere chiamato a rispondere delle conseguenze del comportamento delittuoso accertato a suo carico, con misure patrimoniali irrogate dal giudice penale e, contestualmente, dal giudice contabile. Sotto il secondo profilo vale la pena porre in evidenza come, nell'incidente cautelare così come riassunto del ricorso, risulti attestato dal Gup che i reati di truffa sono stati contestati anche in riferimento a prestazioni sanitarie mai erogate dalla Casa di cura San Raffaele di Velletri vedi quanto riportato a pagina 22 del ricorso mentre il difensore ha sostenuto più volte che risulta per tabulas trattarsi di prestazioni sanitarie sempre erogate e discutibili solo nella modalità di esecuzione. La violazione di legge che, piuttosto, nel ricorso viene denunciata è quella in cui il giudice del riesame sarebbe incorso laddove ha affermato che il sequestro preventivo disposto dal giudice penale aggredisce valori equivalenti ad un profitto da reato che non può ritenersi oggetto anche del sequestro disposto nella sede contabile. Tale violazione di legge viene rappresentata sotto il duplice profilo della necessaria concorrenza dei due tipi di sequestro-penale e contabile - non cumulabili nei rispettivi effetti e, comunque, della impossibilità, per il giudice del merito adito, di affermare, invece, tale cumulabilità modificando l'avviso, di segno contrario, già espresso, al riguardo, nel provvedimento genetico della misura. Ebbene, tale ultimo profilo è manifestamente infondato dal momento che il giudice del riesame, convalidando il ragionamento del Gup, non ha deciso per il mantenimento del sequestro già disposto, modificandone - come non sarebbe stato possibile - i requisiti fondanti cioè il fumus e il periculum in mora con riferimento ai quali la misura era stata adottata. Piuttosto, lo stesso Tribunale ha convalidato la originaria misura, osservando che anche la minore entità del profitto, come ricalcolata alla luce dei principi della giurisprudenza di legittimità, restava compatibile con il valore dei beni sequestrati. Il giudice, cioè, non ha mutato gli elementi strutturali del disposto sequestro preventivo, mentre l'eventuale difformità di motivazione con riferimento all'incidenza del contestuale sequestro contabile non attiene al tema dei requisiti della misura cautelare, essendo piuttosto un argomento che è servito a giustificare l'ampiezza della domanda cautelare originaria e cioè una delle motivazioni attinenti al quantum richiesto e non all' an . Ed è da escludere che la motivazione della domanda cautelare costituisca materia sulla quale possa formarsi il giudicato cautelare o comunque una forma di intangibilità in mancanza di impugnazione. Il profilo, invece, del non possibile concorso tra il sequestro preventivo adottato in sede penale e il sequestro contabile, rivendicato dalla difesa, per quanto possa avere influito sulle richieste del pubblico ministero di Velletri, costituisce un tema affrontato e risolto dal giudice del merito, in maniera non censurabile. Il sequestro disposto dalla Corte dei Conti, detto anche contabile, è definito, nel provvedimento impugnato, come conservativo , ed è quindi in relazione al comportamento tenuto dal condannato, come accertato in sede penale, e all'ammontare del danno erariale di cui lo stesso sia ritenuto responsabile. Esso non può impedire al sequestro preventivo per equivalente, di spiegare legittimamente i propri effetti. E ciò, in primo luogo e in termini più generali, perché il sequestro preventivo, preordinato alla confisca di beni per un valore equivalente al profitto del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, può essere disposto nei confronti della persona fisica concorrente con una società a r.l., pur se il profitto sia stato interamente acquisito dalla società concorrente, che non sia estranea al reato ed abbia un titolo autonomo di responsabilità, dal momento che vige, data la natura sanzionatoria della confisca per equivalente, il principio solidaristico secondo cui l'intera azione delittuosa e l'effetto conseguente sono imputati a ciascun concorrente Sez. 2, Sentenza n. 31989 del 14/06/2006 Cc. dep. 27/09/2006 Rv 235128 . Quanto al limite dato dalla impossibilità - che una parte rilevante della giurisprudenza anche a Sezioni unite riconosce - che il sequestro comporti, a causa della applicazione del principio solidaristico, una duplicazione del valore espropriato v. Sez. U, sentenza n. 26654 del 27/03/2008 Cc. dep. 02/07/2008 Rv. 239926 Sez. 6, sentenza n. 18536 del 06/03/2009 Cc. dep. 05/05/2009 Rv. 243190 Sez. 5, sentenza n. 10810 del 03/02/2010 Cc. dep. 19/03/2010 Rv. 246364 Sez. 5, sentenza n. 13277 del 24/01/2011 Cc. dep. 30/03/2011 Rv. 249839 Sez. 2, sentenza n. 8740 del 16/11/2012 Cc. dep. 22/02/2013 Rv. 254526 Sez. 5, sentenza n. 13562 del 10/01/2012 Cc. dep. 11/04/2012 Rv. 253581 , deve osservarsi che si tratta di un principio operante con riferimento a misure ablative omologhe applicabili in caso di illecito pluri-soggettivo. E non anche a misure strutturalmente e funzionalmente difformi come quelle che vengono in considerazione nel caso di specie, per giunta, come bene osservato dal giudice del merito, con finalità profondamente diverse il sequestro per equivalente avendo natura sanzionatoria e il sequestro conservativo contabile avendo finalità invece di tutela di interessi di natura risarcitoria. È infine da ritenere inammissibile, perché versato in fatto, l'argomento dell'essere, i beni immobili della Clinica San Raffaele, profitto diretto del reato per il quale si procede. Tanto rappresenta un assunto solo assertivo della difesa, non accertato nei provvedimenti dei giudici di merito e tantomeno emergente con evidenza dalla documentazione presente in atti. Per tale motivo non è apprezzabile l'obiezione secondo cui il sequestro per equivalente sarebbe, nella specie, interdetto quantomeno dalla esistenza di beni direttamente costituenti il profitto. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.