Una contusione può essere una malattia?

La contusione costituisce malattia ai sensi dell’art. 582 c.p, comprendendo la nozione di malattia, giuridicamente rilevante, qualsiasi alterazione anatomica o funzionale che innesti un significativo processo patologico, anche non definitivo.

E’ stato così deciso dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 44026, depositata il 22 ottobre 2014. Il caso. La Corte d’appello, confermando la decisione del Tribunale di primo grado, condannava l’imputato per i reati di lesioni, minaccia e ingiuria. Per malattia” cosa si intende? Il soccombente ricorreva allora in Cassazione, lamentando, con un primo motivo, l’errata interpretazione degli artt. 582 lesioni personali e 581 percosse c.p Deduceva, in particolare, che il termine malattia , rilevante ai fini della configurabilità delle lesioni, non poteva ridursi ad una mera alterazione anatomica, ma ad una alterazione suscettibile di essere fonte e causa di limitazioni funzionali. Qualsiasi alterazione anatomica o funzionale, anche non definitiva. Il motivo è infondato. Infatti, come chiarito dalla Cassazione, la nozione di malattia, giuridicamente rilevante, comprende qualsiasi alterazione anatomica o funzionale che innesti un significativo processo patologico, anche non definitivo vale a dire, qualsiasi alterazione anatomica che importi un processo di reintegrazione, pur se di breve durata. Pertanto, la contusione costituisce malattia ai sensi dell’art. 582 c.p Cass., n. 22781/2010 . La responsabilità era stata riscontrata? Con un secondo motivo, il soccombente aveva denunciato l’impugnata sentenza deducendo l’illogicità della motivazione resa in riferimento alla responsabilità di tutti i reati contestati. In particolare, lamentava che i Giudici di merito avessero attribuito credibilità alle persone offese senza un’attenta verifica della loro credibilità e in assenza di riscontri. Sì, l’atteggiamento aggressivo era stato confermato dalle persone offese e dai testi. La Cassazione afferma che la responsabilità dell’imputato era stata desunta per tutti i reati a lui contestati sulla base delle inequivocabili dichiarazioni rese dalle persone offese e dai testimoni. Tutti avevano confermato l’atteggiamento aggressivo dell’imputato. D’altra parte, è pacifico in sede di legittimità che anche una spinta, idonea per la sua violenza, a far cadere una persona costituisce una violenza fisica che aggredisce l’incolumità personale, e pertanto, una volta provata la consapevolezza e la volontà dell’agente di dare tale spinta, si rende configurabile il dolo del delitto di lesioni personali volontarie, avente quale evento le conseguenze lesive in concreto causate dalla condotta costitutiva di violenza fisica esercitata sulla persona offesa Cass., n. 7739/1973 . Sulla base di tali argomenti, la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 30 maggio – 22 ottobre 2014, n. 44026 Presidente Oldi – Relatore Settembre Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Milano, con sentenza del 18/12/2012, a conferma di quella emessa dal Tribunale di Como, ha condannato G.A. a pena di giustizia per lesioni volontarie in danno di F.A. capo a , per minaccia continuata in danno di F.A. e L.R.M. capo b , per ingiuria e lesioni in danno di L.R.M. e ingiuria in danno di F.A. capo c , oltre al risarcimento dei danni in favore delle persone suddette, costituitesi parti civili. La ricostruzione dell'episodio è stata effettuata sulla base delle dichiarazioni delle persone offese e di altri testi. 2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione, nell'interesse dell'imputato, l'avv. A.S., con due motivi. 2.1. Col primo lamenta la errata interpretazione degli artt. 582 e 581 cod. pen. Deduce che la malattia , rilevante per la configurabilità delle lesioni, non è costituita da una mera alterazione anatomica, ma da una alterazione suscettibile di essere fonte e causa di limitazioni funzionali. Su tale presupposto contesta che la contusione escoriata del gluteo destro e la contusione del braccio destro , denunciate dalla F., costituiscano malattia rilevante ai sensi dell'art. 582 cod. pen. Lamenta in ogni caso, in relazione al reato di lesioni contestato al capo a , l'assenza della prova del nesso causale e dell'elemento soggettivo. Deduce che l'assenza di animus nocendi avrebbe dovuto portare a qualificare come colpose le lesioni procurate alla F. e che tanto è da dire anche per ciò che riguarda la pseudo aggressione nei confronti del sig. L.R., che non è stato più che spintonato . 2.2. Col secondo si duole della illogicità della motivazione resa in punto di responsabilità, in relazione a tutti i reati a lui contestati. Quanto al reato di minaccia, di cui al capo b , lamenta che i giudici abbiano dato credito a M. L.R. la sola che ha parlato di minaccia rivolta ai propri genitori sebbene nessuna delle persone offese abbia udito espressioni minatorie che le riguardassero e sebbene di minacce non abbia parlato nemmeno il teste S. Lamenta che i giudici di primo e secondo grado abbiano attribuito credibilità alle persone offese senza un'attenta verifica della loro credibilità e in assenza di riscontri anzi in presenza di smentita proveniente dal teste S. su un dato fondamentale il luogo dello scontro, che per le parti offese è il cortile dell'abitazione, mentre il teste suddetto ha parlato di lite avvenuta nell'appartamento sottostante al suo . Considerato in diritto Il ricorso è manifestamente infondato. 1. La nozione di malattia , giuridicamente rilevante, comprende qualsiasi alterazione anatomica o funzionale che innesti un significativo processo patologico, anche non definitivo vale a dire, qualsiasi alterazione anatomica che importi un processo di reintegrazione, pur se di breve durata. Pertanto, la contusione costituisce malattia ai sensi dell'art. 582 cod. pen. Cass., n. 22781 del 26/4/2010. Conformi N. 7254 del 1977 Rv. 136118, N. 7422 del 2010 Rv. 246097 . Nella specie, alla F. è stata procurata una contusione escoriata al gluteo e al braccio che ha richiesto un notevole lasso di tempo per assorbirsi, mentre a L.R. è stata provocata addirittura, con un pugno, la perdita di coscienza la malattia giuridicamente rilevante sussiste, all'evidenza, in entrambi i casi. 2. La responsabilità del G. per tutti i reati a lui contestati è stata desunta dalle inequivocabili dichiarazioni delle persone offese, della figlia delle stesse che è - o è stata - anche compagna dell'imputato e del teste S., i quali hanno concordemente riferito della lite intercorsa tra i coniugi F.-L.R. e l'odierno imputato, determinata dallo scioglimento del rapporto sentimentale tra quest'ultimo e L.R.M Tutti hanno confermato l'atteggiamento aggressivo tenuto, nell'occasione, dall'imputato, che colpì variamente i genitori della ragazza, li ingiuriò e minacciò pesantemente. Circostanze nemmeno negate dall'imputato, salvo ridimensionarle ha parlato di spinta data alla F., di caduta occasionale della stessa, di imprudenza e dei fatto che non avrebbe potuto pensare nemmeno che la stessa a seguito della spinta potesse cadere mentre, per quanto riguarda L., che non è stato più che spintonato, e anche qui non v'è mai stata alcuna volontà di provocare lesioni personali, ma l'atteggiamento aggressivo del G. fu provocato da provocazioni del sig. L da qui l'alterco senza alcuna volontà di provocare lesioni . Affermazioni che sottintendono, chiaramente, l'esistenza di un conflitto tra le parti e di un atteggiamento aggressivo del G. nei confronti delle controparti, poi incoerentemente e maldestramente negato. E senza considerare che la tesi del ricorrente s'infrange in un consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui anche una spinta, idonea per la sua violenza, a far cadere una persona sia pure, eventualmente, con il concorso di particolari condizioni ambientali, come la scarsa vigoria fisica della persona offesa, il terreno bagnato costituisce una violenza fisica che aggredisce la incolumità personale e, pertanto, una volta provata la consapevolezza e la volontà dell'agente di dare tale spinta, si rende configurabile il dolo del delitto di lesioni personali volontarie, avente quale evento le conseguenze lesive in concreto causate dalla condotta costitutiva di violenza fisica esercitata sulla persona offesa così, sez. 1, n. 7739 del 27/3/1973 Rv 125395 Sez. 5, n. 104 del 4/11/1982 Rv 156810 Sez. 5, n. 12867 del 24/9/1986, Rv 174302 . Non hanno alcuna base fattuale, quindi, le critiche rivolte ai testimoni, i quali hanno descritto uno scenario nemmeno troppo diverso rispetto a quello immaginato dall'imputato, mentre l'esistenza delle lesioni è confermata dalla ricca documentazione medica prodotta, che il ricorrente non contesta nemmeno salvo fornire una personale interpretazione del concetto di malattia , costantemente e unanimamente rifiutato da questa Corte di legittimità . Né vale, per lo stesso motivo, appellarsi ad una diversa collocazione del locus commissi delicti da parte del teste S., posto che anche quest'ultimo ha parlato di un diverbio tra imputato e persone offese e di un L. disteso per terra prova ulteriore che la ricostruzione operata dai giudici di merito è ancorata ai risultati dell'istruttoria dibattimentale, compiutamente e rettamente interpretati. 3. Conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché - valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della impugnazione - al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che la Corte determina, nella misura congrua ed equa, di euro 1.000 P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000 a favore della Cassa delle ammende.