Se cade la casa, cade la pena: il ragionamento non è così automatico

Nella concessione della sospensione condizionale della pena inflitta per il reato di esecuzione di lavori in assenza di concessione edilizia o in difformità, il giudice può legittimamente subordinare tale beneficio all’eliminazione delle conseguenze dannose del reato, tramite demolizione dell’opera eseguita, disposta in sede di condanna del responsabile.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 43576, depositata il 20 ottobre 2014. Il caso. La Corte d’appello di Lecce condannava due imputati per il reato previsto dall’art. 44, lettera b , d.P.R. n. 380/2001 esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione , subordinando la sospensione della pena alla demolizione del manufatto costruito. I due imputati ricorrevano in Cassazione, lamentando l’immotivata subordinazione della demolizione dell’immobile abusivo alla concessione della sospensione condizionale della pena. Motivi della demolizione. La Corte di Cassazione ricorda che, secondo l’art. 165, comma 1, c.p. può essere subordinata all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato. Nella concessione della sospensione condizionale della pena inflitta per il reato di esecuzione di lavori in assenza di concessione edilizia o in difformità, il giudice può legittimamente subordinare tale beneficio all’eliminazione delle conseguenze dannose del reato, tramite demolizione dell’opera eseguita, disposta in sede di condanna del responsabile. Possibile, non obbligatoria. Tuttavia, i giudici di merito si erano limitati a prendere atto dell’astratta possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena, ma non avevano considerato che l’esercizio discrezionale di questa facoltà deve essere effettuato e motivato sulla base del giudizio prognostico ex art. 164 c.p. Limiti entro i quali è ammessa la sospensione condizionale della pena . Perciò, non era sufficiente l’affermazione che l’ordine di demolizione avesse la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato, ma, al contrario, doveva essere spiegato perché si fosse ritenuto necessario porre l’esecuzione dell’ordine come condizione per beneficiare della sospensione condizionale della pena. Altrimenti, non ci sarebbero differenze tra l’ipotesi facoltativa ex art. 165, comma 1, c.p. e quella obbligatoria prevista dal comma 2 dello stesso articolo. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione ai giudici di merito.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 30 settembre – 20 ottobre 2014, n. 43576 Presidente Squassoni – Relatore Aceto Ritenuto in fatto 1.1 sigg.ri P.G. e C.A. ricorrono personalmente per la cassazione della sentenza del 26/06/2013 con la quale la Corte d'appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza del 10/11/2011 del Tribunale di Brindisi, ha revocato la condizione della demolizione del manufatto abusivo apposta al beneficio della non menzione della condanna, confermando, nel resto, la condanna alla pena di due mesi di arresto ed Euro 12.000,00 di ammenda, per il reato di cui agli artt. 110, 81, cpv., cod. pen., 44, lett. b , d.P.R. 8 giugno 2001, n. 380, con pena sospesa subordinatamente alla demolizione del manufatto. 1.1. Con il primo motivo eccepiscono, ai sensi dell'art. 606, lett. e , cod. proc. pen., violazione degli artt. 27, Cost. e 165, cod. pen Lamentano, in particolare, l'immotivata subordinazione della demolizione dell'immobile abusivo alla concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. 1.2.Con il secondo motivo eccepiscono, ai sensi dell'art. 606, lett. c e d , cod. proc. pen., violazione del diritto di difesa, a termini dell'art. 178 cod. proc. pen., per l'immotivata ed ingiustificata revoca della lista dei testimoni a difesa. 1.3. Con il terzo ed ultimo motivo lamentano il contrasto con la sentenza della Corte Costituzionale n. 364/88 in ordine alla mancanza di consapevolezza, quantomeno in capo alla P. , della necessità del permesso di costruire, piuttosto che della D.I.A Considerato in diritto 2. Il ricorso è fondato nei termini che seguono. 3. A norma dell'art. 165, comma 1, cod. pen., la sospensione condizionale della pena può essere subordinata all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato. 3.1. È principio consolidato di questa Suprema Corte che il giudice, nel concedere la sospensione condizionale della pena infinta per il reato di esecuzione di lavori in assenza di concessione edilizia o in difformità, legittimamente può subordinare detto beneficio all'eliminazione delle conseguenze dannose del reato mediante demolizione dell'opera eseguita, disposta in sede di condanna del responsabile” Sez. U, n. 714 del 20/11/1996, Luongo, Rv. 206659 . 3.2. Occorre, però, che dell'esercizio facoltativo di tale facoltà il giudice dia conto, ove esercitata nei confronti di persone che, come nel caso di specie, non hanno mai fruito del beneficio della sospensione condizionale. 3.3. La sentenza di primo grado non aveva spiegato le ragioni per le quali aveva ritenuto di dover subordinare il beneficio della sospensione condizionale alla demolizione del manufatto. 3.4. La Corte territoriale, investita di specifico gravame sul punto, non ha a sua volta motivato sulle ragioni per le quali ha ritenuto corretta la decisione del giudice di prime cure. 3.5. La Corte d'appello, infatti, si è limitata a prendere atto della astratta possibilità di subordinare la sospensione condizionale della pena, ma ha omesso del tutto di considerare che l'esercizio discrezionale di tale facoltà deve essere effettuato e necessariamente motivato alla luce del giudizio prognostico di cui all'art. 164, cod. pen. e coniugarsi con la funzione special-preventiva dell'istituto. 3.6. Non è dunque sufficiente affermare che l'ordine di demolizione ha la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato, ma è necessario spiegare perché, sul piano prognostico di cui all'art. 164, comma 1, cod. pen., si ritenga necessario porre l'esecuzione di tale ordine come condizione per la fruizione del beneficio della sospensione condizionale della pena. 3.7. Altrimenti ragionando si finirebbe per elidere ogni differenza tra l'ipotesi, facoltativa, di cui all'art. 165, comma 1, cod. pen. e quella, obbligatoria, di cui all'art. 165, comma 2, cod. pen 3.8.La sentenza, va dunque annullata in parte qua. 4. Sono palesemente infondati gli altri due motivi di ricorso. 4.1. La questione sollevata dai ricorrenti riguarda la latitudine applicativa dell'art. 5 cod. pen. limitata, come noto, a seguito dell'intervento manipolativo del giudice delle leggi Corte cost., sent. n. 364 del 1988 , ai soli casi in cui l'ignoranza della legge non sia scusabile. Ha spiegato, sul punto, la Corte che al fine di qualificare l'ignoranza della legge penale o l'errore sul divieto come inevitabile, occorre far riferimento a criteri oggettivi, c.d. puri o misti obiettiva oscurità del testo, gravi contrasti interpretativi giurisprudenziali, assicurazioni erronee, ecc. ”. 4.2. Applicando il principio ai reati in materia urbanistica, questa Corte ha ulteriormente spiegato che per l'affermazione della scusabilità dell'ignoranza, occorre che da un comportamento positivo degli organi amministrativi o da un complessivo pacifico orientamento giurisprudenziale, l'agente abbia tratto il convincimento della correttezza dell'interpretazione normativa e, conseguentemente, della liceità del comportamento tenuto” Sez. U, n. 8154 del 10/06/1994, Calzetta . 4.3. Deve, dunque, trattarsi di convincimento fondato su dati oggettivi ed esterni al soggetto, che abbiano concretamente e positivamente inciso sulla sua astratta capacità di intendere il disvalore antigiuridico della propria condotta. Questo principio, peraltro, già da prima l'intervento della Corte costituzionale era stato affermato da questa stessa Corte di cassazione in materia di buona fede nelle contravvenzioni, allorquando, esclusa in ogni caso la scusabilità dell'errore di diritto, aveva riconosciuto rilevanza all'affidamento incolpevole del soggetto, sopratutto, in atti e comportamenti della pubblica amministrazione, per escludere la sua responsabilità sul piano soggettivo cfr. sul punto, Sez. 1, n. 219 del 18/02/1964, Paoletti Sez. 3, n. 2367 del 6/10/1965, Cristofani Sez. 1, n. 1422 del 5/11/1968, Corsini Sez. 6, n. 94 del 18/01/1969, Ciccone, solo per citarne alcune, tra le prime, in materia più recentemente, ancorché a seguito dell'intervento della Corte costituzionale e, dunque, in un quadro normativo mutato, cfr. Sez. 3, n. 49910 del 4/1172009, Cangialosi Sez. 3, n. 172 del 6/11/2007, Picconi Sez. 3, n. 4951 del 17/12/1999, Del Cuore . 4.4. In ogni caso è certo che il mero, personale errore di interpretazione ed il dubbio non escludono la colpevolezza per errore di diritto il primo l'errore di interpretazione non causato da fattori esterni al soggetto , trasformerebbe l'autore del reato da persona tenuta all'osservanza della legge penale a misura della sua latitudine applicativa, diluendo la forza e la portata oggettiva del comando art. 3, cod. pen., e 54 Cost. nella capacità soggettiva dei singoli di comprenderlo l'altro il dubbio , non crea certezze, ma pone l'autore del reato nella condizione di operare una scelta consapevole e certamente meditata cfr., sul punto, Sez. 6, n. 6991 del 25/01/2011, Sirignano Sez. 3, n. 28397 del 16/04/2004, Giordano Sez. 3, n. 4951 del 17/12/1999, cit. . 4.5. Alla luce delle considerazioni che precedono deve essere esclusa la scusabilità dell'errore in cui sarebbero incorsi i ricorrenti che, a causa del loro dedotto scarsissimo livello culturale, non avevano compreso che trattandosi non di opera in cemento armato, ma precaria, perché realizzata con conci di tufo e copertura con travi di legno”, non fosse necessario il permesso di costruire. 4.6. I ricorrenti, infatti, fondano le proprie giustificazioni su fattori che non sono ad essi esterni ma che dipendono dalla loro dedotta personale incapacità di comprendere il testo della legge e dunque la portata del comando . 4.7. Sennonché da sempre, sia per il tenore stesso della legge art. 3, comma 1, lett. e. 1, e e.5 , che per il costante insegnamento giurisprudenziale la precarietà dell'opera edilizia non dipende dai materiali utilizzati ma dalla funzione che l'immobile è destinato svolgere e dalla natura delle esigenze che deve soddisfare. 4.8. Occorre, peraltro, evidenziare che solo in questa fase di giudizio i ricorrenti hanno inammissibilmente introdotto il concetto di precarietà dell'opera, essendosi limitati, in sede di appello, a prospettare la sola natura dei materiali utilizzati ed altri argomenti qui non più riproposti . 4.9. Le considerazioni che precedono rendono manifestamente infondato oltre che generico il secondo motivo di ricorso, posto che i testimoni revocati avrebbero dovuto essere escussi proprio sull'elemento soggettivo del reato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Sezione distaccata di Taranto limitatamente alla condizione apposta alla sospensione condizionale della pena. Rigetta nel resto il ricorso.