Sequestro preventivo: se la difesa alza la mano, i giudici non possono fingere di non vedere

L’art. 12- sexies l. n. 356/1992 ammette, per alcune ipotesi di reato tra cui quelle connesse all’associazione mafiosa la confisca dei beni di cui il condannato non riesca a giustificare la provenienza e di cui abbia la titolarità o la disponibilità in valore sproporzionato al reddito o all’attività economica. Tuttavia, il giudice, nella propria motivazione, non può evitare di spiegare perché ha ritenuto non plausibili le deduzioni difensive.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 43514, depositata il 17 ottobre 2014. Il caso. Il gip presso il tribunale di Catanzaro disponeva il sequestro preventivo, ai sensi dell’art. 12- sexies l. n. 356/1992 provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa , dei beni di un indiziato per i delitti previsti dall’art. 416- bis c.p. associazione di tipo mafioso , dall’art. 12- quinquies trasferimento fraudolento e possesso ingiustificato di valori l. n. 356/1992 e dall’art. 7 d.l. n. 152/1991 Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata . Anche i beni formalmente intestati alla moglie co-indagata venivano sequestrati, in quanto riconducibili o nella disponibilità del marito, nonché sproporzionati rispetto ai redditi percepiti. Il tribunale del riesame confermava i provvedimenti. La moglie ricorreva in Cassazione, censurando il fatto che la sproporzione dei beni non fosse stata valutata in riferimento al momento di ogni singolo acquisto. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione sottolinea che i reati contestati rientrano tra quelli che giustificano la confisca dei beni di cui il condannato non riesca a giustificare la provenienza e di cui abbia la titolarità o la disponibilità in valore sproporzionato al reddito o all’attività economica. Ignorata la difesa. Il tribunale aveva ritenuto sussistente un’evidente sproporzione tra i redditi dichiarati ed il valore dei beni riconducibili agli indagati, ma aveva adottato una mera apparenza di motivazione, limitandosi a negare la lecita provenienza dei beni, senza dare conto però dei motivi per cui non potessero essere accolte le ragioni della difesa. Questa, infatti, aveva fornito delle ragioni quantomeno plausibili sulla provenienza dei beni oggetto di sequestro, ma i giudici di merito, nella propria decisione, non avevano esplicato in alcun modo i motivi della decisione, specie a fronte delle specifiche deduzioni difensive. Per questi motivi, la Corte di Cassazione annulla l’ordinanza e rinvia la decisione al tribunale di Catanzaro.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 15 luglio – 17 ottobre 2014, n. 43514 Presidente Oldi – Relatore Demarchi Albengo Ritenuto in fatto 1. II gip presso il tribunale di Catanzaro emetteva decreto di sequestro preventivo ai sensi degli articoli 321, commi 1 e 2, dei codice di procedura penale e 12-sexies del decreto legge 356-1992, con riferimento ai beni intestati e comunque nella disponibilità di A.N., gravemente indiziato dei delitti di cui agli articoli 416 bis del codice penale, 12-quinquies decreto legge 306-1992 e 7 del decreto legge 152-1991, nonché 513 bis cod. pen. e ancora articolo 7 del decreto-legge 152-1991. II gip disponeva anche il sequestro di beni formalmente intestati alla C.A. - moglie di A.N. e co-indagata del delitto di cui agli articoli 12-quinquies del decreto legge 306-1992 e 7 del decreto-legge 152-1991 - sull'assunto che tali beni fossero riconducibili o nella disponibilità di A.N., nonché sproporzionati rispetto ai redditi percepiti. 2. Con istanza del 7 agosto 2013, la difesa della C. chiedeva il dissequestro dell'unità immobiliare sita in Rossano sull'assunto della lecita provenienza delle somme impiegate per l'acquisto dell'immobile, nonché della somma di denaro di euro 79.239,97, corrispondente alla liquidazione per l'ingiusta detenzione subita da A.N., e del conto corrente numero 801619. II gip di Catanzaro rigettava l'istanza la difesa proponeva appello, che il tribunale del riesame respingeva con provvedimento del 28 novembre 2013. 3. C.A. propone ricorso per cassazione per violazione degli articoli 321, commi 2 e 3-bis del codice di procedura penale, nonché 12-sexies della legge 356-1992 dopo una lunga disquisizione in diritto sui limiti di applicabilità dell'articolo 12-sexies della legge 356 1992, la ricorrente censura il fatto che la sproporzione dei beni non sia stata valutata con riferimento al momento di ogni singolo acquisto e lamenta la mancata risposta alla propria memoria difensiva. Lamenta, poi, la mancata indagine sulla certezza degli indizi per i reati contestati pagina 7 . Segue una lunga disamina in ordine ai rapporti tra la sproporzione del valore dei beni posseduti rispetto al reddito e la presunzione di illecita provenienza degli stessi pagina 11 e seguenti . La difesa della ricorrente evidenzia, inoltre, la totale assenza di motivazione con riferimento al contenuto della consulenza tecnica della difesa, depositata unitamente alla memoria difensiva all'udienza del 28 novembre 2013, riportandone il contenuto. Procedendo nell'illustrazione del vizio di motivazione, la difesa evidenzia che l'affermazione del tribunale relativamente all'immobile di Rossano è priva di qualsivoglia contenuto motivazionale idoneo a supportare la misura adottata, mentre con riferimento al conto corrente si evidenzia il fatto che il titolo di credito era stato consegnato da A.N. all'avvocato Sanvito per l'incasso e l'apparente diversità dei numeri identificativi indicati potrebbe risultare dalle operazioni bancarie di negoziazione del titolo, dato che è inverosimile che si tratti di due titoli di credito emessi dalla Banca d'Italia per identico importo. 4. II 14 luglio 2014, la difesa della C. ha depositato motivi aggiunti. Considerato in diritto 1. II ricorso è fondato premesso che in materia di sequestro preventivo ai sensi dell'articolo 12-sexies della legge 356-1992 non è ammesso ricorso per cassazione per vizio della motivazione, ma solo per totale assenza o mera apparenza della stessa, occorre rilevare come nel caso di specie ci si trovi proprio di fronte ad una motivazione priva di reale efficacia esplicativa. 2. II Tribunale - premesso che i delitti contestati ad A.N. ed alla C. sono compresi nell'elenco di quelli per i quali l'articolo 12 sexies ammette la confisca di beni di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui risulta avere la titolarità o la disponibilità in valore sproporzionato al proprio reddito o alla propria attività economica - ha ritenuto sussistente un'evidente sproporzione tra i redditi dichiarati ed il valore dei beni riconducibili agli indagati, ritenendo altresì infondate le argomentazioni dedotte dalla difesa, la quale non avrebbe soddisfatto l'onere di prova positiva della liceità della provenienza dei beni in sequestro. In particolare, quanto all'unità immobiliare non risulterebbe dimostrata con certezza la lecita provenienza dei denaro corrisposto da Acri Tommaso, padre di A.N., per l'acquisto del bene. Quanto al conto corrente, il tribunale ha ritenuto non supportata da elementi di prova certi la circostanza dedotta dalla difesa per cui la somma corrisposta ad A.N. a titolo di riparazione per ingiusta detenzione sarebbe confluita proprio sul conto corrente oggetto di sequestro. Tale ultima conclusione si fonda su due elementi di dubbio -la diversità del numero identificativo dell'assegno della Banca d'Italia emesso a favore di A.N. rispetto a quello versato sul conto corrente dell'avvocato Sanvito che poi avrebbe riemesso un assegno circolare di pari importo, versato sul conto corrente in oggetto -come sia possibile che un assegno non trasferibile intestato ad A.N. sia stato versato sul conto corrente dei suo avvocato. 3. Ebbene, con riferimento all'unità immobiliare la motivazione del tribunale non solo non si confronta minimamente con le allegazioni difensive e con la consulenza di parte, ma adotta una mera apparenza di motivazione, in realtà limitandosi a negare un fatto la lecita provenienza , senza dare conto del perché le ragioni della difesa non siano accoglibili. 4. Quanto al conto corrente in sequestro, se è vero che lascia qualche perplessità il fatto che un terzo abbia incassato un assegno non trasferibile ma si deve anche tener conto del fatto che si tratta, comunque, dei difensore di un indagato ristretto in carcere , non è men vero che i vari passaggi dell'assegno, come evidenziati dalla difesa e in fatto non smentiti dal tribunale , lascino fondatamente presumere che l'importo oggetto di sequestro sia proprio quello portato dall'assegno emesso a favore di A.N. a titolo di riparazione per ingiusta detenzione. Non si vede, infatti, come l'avvocato San Vito potesse essere in possesso in quello stesso periodo di un assegno, emesso dalla Banca d'Italia, di identico importo rispetto a quello emesso a favore di A.N Tali circostanze avrebbero imposto un maggiore approfondimento e soprattutto una motivazione che rendesse conto in modo, se non esauriente, quantomeno comprensibile, del percorso logico seguito dalla Corte per il rigetto dell'istanza. Non si tratta, dunque, di dare rilievo ad un semplice vizio della motivazione, quanto piuttosto di rilevare la totale assenza di concreta esplicazione dei motivi della decisione, specie a fronte delle specifiche deduzioni difensive. 5. Ne consegue che l'ordinanza deve essere annullata con rinvio al tribunale di Catanzaro per nuovo esame. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Catanzaro per nuovo esame.