Pedinamenti, minacce e pugni sul finestrino dell’auto del compagno dell’ex moglie: condannato

Nessun dubbio sulla gravità della condotta tenuta da un uomo, il quale ha preso di mira l’attuale compagno dell’ex moglie. Clamoroso l’episodio verificatosi in strada, ma a dare forza alle accuse di minacce e di molestie anche i pedinamenti realizzati in passato.

Scena di ordinaria follia in strada auto e moto corrono affiancati, e poi, all’improvviso, il conducente della ‘due ruote’ sferra un pugno sul finestrino della ‘quattro ruote’. Ma la follia diventa più ‘comprensibile’ scoprendo il legame tra i due uomini l’automobilista, difatti, ha una relazione con l’ex moglie del motociclista. Lapalissiane le motivazioni – rabbia e desiderio di vendetta – che hanno spinto il conducente della moto ad agire così. Evidente, però, di conseguenza, anche la sussistenza dei reati a lui contestati, ossia minacce” e molestie” Cass., sent. n. 43483/2014, Quinta Sezione Penale, depositata oggi . Assalto. A sorpresa, però, in Tribunale, le accuse mosse all’uomo – il conducente del motociclo – vengono ritenute prive di fondamento in sostanza, secondo i giudici, non vi sono state né molestie né minacce nei confronti della persona che ha una relazione con l’ex moglie dell’automobilista. Di avviso completamente opposto, invece, i giudici della Corte d’Appello, i quali sostengono che l’uomo sotto accusa abbia recato molestie e disturbo, per petulanza e spirito vendicativo, e quindi per biasimevole motivo a un uomo ‘colpevole’ di intrattenere una relazione sentimentale con la sua ex coniuge . Consequenziale la condanna alla pena di 4 mesi di reclusione , con annesso risarcimento dei danni, liquidati in 3mila euro, subiti dalla persona offesa . E ora tale decisione viene condivisa, e cristallizzata, dai giudici della Cassazione, soprattutto alla luce della grave minaccia manifestata verso il conducente dell’automobile, e concretizzatasi non solo nel pugno sul finestrino – accompagnato dalla ‘promessa’ di fargli del male in futuro – ma anche, in situazioni e contesti diversi, con pedinamenti realizzati continuamente e in modo ossessionante . Peraltro, aggiungono i giudici, in occasione dello ‘scontro’ stradale, il turbamento della persona offesa è stato riscontrato direttamente dagli agenti della pattuglia della Polizia, che avevano proceduto al fermo dei conducenti dei veicoli .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 7 aprile – 17 ottobre 2014, n. 43483 Presidente Oldi – Relatore Bruno Ritenuto in fatto 1. F.G.Z. era chiamato a rispondere, innanzi al Tribunale di Trapani, dei reati di seguito indicati A ai sensi degli artt. 81 cpv e 660 cod. pen. per avere per petulanza e spirito vendicativo e quindi per biasimevole motivo, recato molestie disturbo a V.G., soggetto che intratteneva una relazione sentimentale con la di lui ex coniuge B.L., pedinandolo continuamente e in modo ossessionante ed inoltre tenendo in una di tali occasioni la condotta descritta sub B B ai sensi dell'art. 612 cpv cod. pen. per avere intimato un male grave ed ingiusto a V.G. raggiungendolo con la minaccia di fargli del male in futuro, profferita mentre conduceva uno motociclo sul lungomare Dante Alighieri con il quale si accostava alla vettura guidata dal V., colpendolo ripetutamente con veemenza uno dei finestrini del veicolo. Con sentenza del 22 novembre 2011, il Tribunale assolveva l'imputato dai reati a lui ascritti, con formula perché i fatti non sono preveduti dalla legge come reato . 2. Pronunciando sul grava proposto dal Pm la Corte d'appello di Palermo, con la sentenza indicata in epigrafe, riformava la pronuncia impugnata, dichiarando l'imputato colpevole dei reati ascrittigli e, con il vincolo della continuazione, lo condannava alla pena di mesi quattro di reclusione, oltre consequenziali statuizioni, nonché al risarcimento dei danni subiti dalla persona offesa, costituitasi parte civile, liquidati in complessivi € 3.000,00. 3. Avverso l'anzidetta pronuncia il difensore dell'imputato, avv. Salvatore Alagna, ha proposto ricorso per cassazione affidato alle ragioni di censura di seguito indicate. Con unico motivo di impugnazione si denuncia violazione dell'art. 606 lett. b ed e , in riferimento agli artt. 612 , commi 1 e 2 cod. pen. e 192 cod. proc. pen Si duole, in particolare, che il giudice di appello non abbia indicato elementi idonei ad integrare il presupposto della minaccia richiesto dalla menzionata norma sostanziale con riferimento al caso di specie. A dire del ricorrente, il pugno sferrato al finestrino dell'autovettura poteva all'apparenza integrare una modalità concreta di condotta idonea ad ingenerare timore e turbamento psichico nondimeno la sentenza si era sottratta all'obbligo di valutare le circostanze di fatto oggettive e soggettive che avrebbero potuto essere idonee a causare effetti intimidatori sul soggetto passivo e ciò al fine di individuare il disvalore che avrebbe consentito di superare il discrimine tra minaccia semplice e aggravata . Considerato in diritto 1. Le censure del ricorrente sono manifestamente infondate. Ed invero, l'impianto motivazionale della sentenza impugnata non offre il destro a censure di sorta, avendo chiaramente indicato le ragioni a sostegno della statuizioni di colpevolezza, in argomentata dissonanza rispetto alle difformi conclusioni del primo giudice. In particolare, con insindacabile apprezzamento di merito, la minaccia espressa dall'imputato è stata ritenuta grave alla stregua delle obiettive circostanze di fatto. È vero che, come osserva il giudice di appello, é sufficiente la mera idoneità della condotta ad ingenerare turbamento, indipendentemente dal fatto che il soggetto passivo sia stato realmente intimidito senonché, nel caso di specie, l'evidente turbamento della persona offesa è stato, direttamente, riscontrato dagli agenti della pattuglia della Polizia, che avevano proceduto al fermo dei conducenti di veicoli coinvolti nella vicenda. 2. Per quanto precede, il ricorso é inammissibile e tale va, dunque, dichiarato, con le consequenziali statuizioni dettate in dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso a condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00, in favore della Cassa delle Ammende.