Basta una firma dell’evasore sul conto della consorte a far sequestrare il “gruzzoletto” della moglie, ma…

Legittimamente vengono sottoposti a sequestro per equivalente i beni rientranti nella disponibilità dell’indagato, anche se cointestati con terze persone estranee al reato. Alla base dell’adozione del provvedimento cautelare ablatorio vi è il concetto di disponibilità, come potere di fatto sul bene, che legittima dunque il sequestro per equivalente di somme di denaro su conto corrente cointestato all’indagato e a terze persone estranee al reato, così come nel caso di intestazione del conto corrente esclusiva del terzo, ma con delega all’indagato ad operare su di esso.

Nel caso di specie la sez. III, nella sentenza n. 43321, depositata il 16 ottobre 2014, ha ribadito che è sufficiente la mera delega dell’evasore fiscale ad operare sul conto corrente di terzo estraneo al reato per legittimare l’adozione del sequestro per equivalente di tutte le somme ivi contenute. Dal potere del diritto il riconoscimento del potere di fatto. Dalle forme di protoconfisca dei codici penali alla attuale confisca per equivalente il salto non è dissimile a quello che, nella scala dell’evoluzione, distingue i primati dall’uomo moderno. Al di là di uno scheletro comune, i caratteri che li rendono appartenenti alla medesima specie sono davvero difficilmente riconoscibili. Dalla confisca misura di sicurezza, che mira a togliere dalla circolazione” quei beni o mezzi legati da stretto vincolo di pertinenzialità con il fatto di reato, stante la loro pericolosità, alla confisca per equivalente, che mira a colpire beni nella mera disponibilità dell’imputato, a prescindere da ogni legame con il fatto di reato, stante la sua natura essenzialmente sanzionatoria, lo iato non è davvero di poco conto. Diversi i presupposti applicativi, diversa la ratio che la sorregge, non solo diversi, ma alternativi, i beni colpiti dall’una invece che dall’altra misura. La centralità del concetto di disponibilità. Il sequestro per equivalente finalizzato alla confisca, prescindendo da ogni vincolo di pertinenzialità dei beni con il fatto di reato, accentra tutto il proprio disvalore nel concetto di disponibilità di detti beni in capo all’indagato. Vero è che il sequestro per equivalente si pone come residuale rispetto al sequestro preventivo diretto, in quanto opera solo allorchè il prezzo o il profitto del reato non possa essere assoggettato al sequestro diretto, siccome non rinvenuto, ma nonostante alcune recenti pronunce di legittimità abbiano spostato la linea di confine allargando il campo di applicazione del tradizionale sequestro preventivo del profitto o del prezzo del reato a discapito della forma più moderna ed evoluta del sequestro per equivalente. Resta, tuttavia, il fatto che in talune materie, e, fra di esse, va, senza dubbio, annoverato il penale tributario, è proprio la forma residuale ad avere il più frequente ed ampio spazio di applicazione. Non incorre certo in fallo chi afferma che oggi l’arma più efficace contro l’evasione fiscale è proprio il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente. Decisivo allora individuare con precisione che cosa intenda il legislatore allorché, per individuare le res assoggettabili a tale forma di sequestro, faccia mero riferimento al concetto di beni di cui abbia la disponibilità l’indagato . La sentenza in commento interviene proprio su tale punto centrale a precisare come il concetto di disponibilità esprime un potere di fatto con riferimento a beni anche solo nella disponibilità dell’indagato, per essa dovendosi intendere la relazione effettuale con il bene, connotata dall’esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà . Conti correnti e depositi titoli a rischio La trasposizione sul piano delle fattispecie concrete di tali principi si traduce in una particolare esposizione al sequestro per equivalente di tutti quei conti correnti o depositi titoli rispetto ai quali il soggetto indagato per un reato tributario abbia la qualifica, anche solo meramente formale, di cointestatario del rapporto bancario o finanziario, ovvero anche la mera delega o procura ad operare sui medesimi. Precisa, infatti, la Corte con la pronuncia in commento che in tutte tale ipotesi il soggetto cointestatario ovvero anche mero portatore di delega o procura ad operare su detti rapporti ha il potere di fatto di disporre dell’intero capitale depositato e, dunque, è l’intero ammontare ad essere assoggettabile al sequestro finalizzato alla confisca per equivalente. Ciò a prescindere dalle ben note presunzioni operanti a livello civilistico sulla titolarità pro quota del patrimonio cointestato, in quanto dette ragioni vengono inevitabilmente postergate rispetto alla prevalenza dell’interesse cautelare, in attesa dell’accertamento di merito, ad evitare che venga disperso il patrimonio riconducibile alla persona dell’indagato. É evidente, tuttavia, come siffatta interpretazione ponga a rischio quelle diffusissime prassi di cointestare o semplicemente conferire una delega ad operare a favore dei figli da parte di persone anziane sui propri conti correnti o deposito titoli ove spesso sono custoditi i risparmi di una vita di lavoro”. ma forse la via di scampo c’è! E forse è proprio la consapevolezza da parte della Suprema Corte di estendere inopinatamente il sequestro per equivalente ad ipotesi in cui detta misura parrebbe giusnaturalisticamente contra ius ad indurre gli Ermellini ad ipotizzare una eccezione al principio appena affermato. Nel caso in cui si riesca a fornire la prova rigorosa che la delega ad operare sia stata rilasciata all’indagato nell’interesse esclusivo dell’intestatario, terzo rispetto al reato, in quanto avente limiti peculiari ovvero in quanto concretamente esercitata solo per fare fronte alle specifiche esigenze del titolare es. prelievo periodico di pensioni, pagamento di imposte facenti capo al predetto – affermano i giudici del Palazzaccio – potrebbe ritenersi venuta meno la dimostrazione che l’indagato avesse la disponibilità uti dominus di dette somme o capitale e, dunque, venir meno il presupposto legittimante l’adozione il sequestro per equivalente finalizzato alla confisca. Un primo piccolo importante passo che, peraltro, a ben guardare, pare aderente al dato normativo se infatti il concetto di disponibilità è un concetto di signoria di fatto sui beni, alla situazione di fatto ed ai poteri dispositivi effettivamente esercitati dal titolare della delega o della cointestazione dovrà farsi riferimento, e non ad una astratta disponibilità derivante dal dato formale di una firma o di una delega rilasciata, il più delle volte, ad un prossimo congiunto.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 2 luglio – 16 ottobre 2014, numero 43321 Presidente Squassoni – Relatore Di Nicola Ritenuto in fatto 1. È impugnata l'ordinanza in epigrafe con la quale il Tribunale della libertà di Roma ha respinto i ricorsi proposti da C.M. , indagato, Ca.Li. e B.S. terzi interessati , confermando il decreto di sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente emesso nei confronti di C.M. fino alla concorrenza di 3.538.709 Euro pari all'ammontare del profitto derivante dall'omesso versamento delle ritenute di acconto e dall'omesso versamento dell'acconto IVA relativi agli anni di imposta 2007-2008 in violazione degli art. 10 bis e 10 ter d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74. 2. Per la cassazione dell'impugnata ordinanza, C.M. , indagato, Ca.Li. e B.S. terzi interessati hanno proposto separati ricorsi. 2.1. C.M. affida le doglianze a quattro motivi con i quali deduce violazione dell'art. 606, comma 1, lett. c , cod. proc. penumero in relazione all'art. 179 e ss. cod. proc. penumero nonché violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero in relazione agli artt. 240, 322 ter cod. penumero violazione dell'art. 606, comma 1, lett. c ed e , cod. proc. penumero in relazione all'art. 322 cod. penumero e per difetto di motivazione violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b ed d , cod. proc. penumero in relazione all'art. 10 bis d.lgs. numero 74 del 2000 e per mancanza,contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b ed d , cod. proc. penumero in relazione all'art. 10 ter d.lgs. numero 74 del 2000. Assume che il giudice cautelare, nel disporre la misura, ha l'obbligo di determinare le somme di denaro e di individuare specificamente i beni da assoggettare a confisca, anche per equivalente, derivando dalla mancanza di ciò la nullità del decreto di sequestro primo motivo che sono stati sottoposti a vincolo beni di terzi in ordine ai quali l'indagato non ha alcuna disponibilità che, quanto al conto corrente intestato alla moglie, B.S. , il ricorrente ha soltanto la delega ad operare e non ne ha la disponibilità, atteso che i coniugi sono in regime di separazione dal dicembre 1991 e che su detto conto confluiscono i redditi da lavoro della B. , la quale risulta aver chiesto un finanziamento di 20mila Euro concesso da Compass il 2 ottobre 2012, accreditato su detto conto che, quanto ai conti deposito a risparmio, accesi presso Unicredit, si tratta di libretti al portatore, intestati ai figli dell'indagato, sui quali sono confluiti i doni ricevuti dai ragazzi, e dei quali egli non ha la disponibilità trattandosi di libretti nominativi che, quanto al conto deposito a risparmio presso Poste Italiane spa, trattasi di libretto cointestato con la madre dell'indagato, sul quale confluiscono la pensione di anzianità e quella di reversibilità sicché la mera cointestazione non implica che l'indagato stesso ne abbia la disponibilità, trattandosi di somme di esclusiva pertinenza della madre, la quale solo in ragione dell'età avanzata ha richiesto la doppia intestazione del conto che, quanto ai certificati di deposito e buoni fruttiferi postali, essi sono esclusivamente riferibili ed intestati alla madre dell'indagato, terzo estraneo al reato secondo motivo che il reato di cui all'art. 10 bis d.lgs. numero 74 del 2000 è un reato omissivo proprio, che può essere commesso solo dal soggetto gravato dall'obbligo e dunque, solo dal legale rappresentante pro tempore, qualifica giuridica soggettiva non posseduta dal ricorrente il quale reclama anche che, in ordine a due annualità, non sarebbe stata integrata la soglia di punibilità prevista per l'integrazione del reato terzo motivo che, quanto all'omesso versamento IVA ex art. 10 ter d.lgs. numero 74 del 2000, l'addebito è formulato a suo carico in qualità di fiduciante ma, trattandosi di mandato senza rappresenta, l'addebito andrebbe formulato a carico del fiduciario quarto motivo . 2.2. Ca.Li. affida il gravame ad un unico motivo con il quale deduce violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b , c ed e , cod. proc. penumero in relazione all'art. 322 cod. penumero e per difetto di motivazione deducendo, in parte qua , le stese doglianze formulate dal C. con il secondo motivo di gravame. 2.3. B.S. affida il gravame ad un unico motivo con il quale deduce violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b , e ed e , cod. proc. penumero in relazione all'art. 322 cod. penumero e per difetto di motivazione deducendo, in parte qua, le stese doglianze formulate dal C. con il secondo motivo di gravame. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Quanto al primo motivo, va ribadito il principio secondo il quale, in tema di sequestro preventivo per equivalente del profitto del reato, il provvedimento impositivo del vincolo non deve necessariamente contenere l'indicazione specifica dei beni che devono essere sottoposti al sequestro, potendo procedere alla loro individuazione anche la polizia giudiziaria in sede di esecuzione del provvedimento, ma deve indicare la somma sino a concorrenza della quale il sequestro deve essere eseguito Sez. 2, numero 35813 del 29/05/2013, Scimeni ed altri, Rv. 256827 . Nel sequestro per equivalente in materia di reati tributari, occorre tenere presente che, a norma dell'art. 1, comma 143, legge 27 dicembre 2007, numero 244, nei casi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10 bis, 10 ter, 10 quater e 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, numero 74, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all'articolo 322 ter del codice penale, per il quale, in combinato disposto con l'art. 321 cod. proc. penumero , è possibile procedere al sequestro dei beni che costituiscono il prezzo o il profitto del reato tributario, salvo che appartengano a persona estranea al reato, e quando esso non sia possibile il sequestro dei beni dei quali l'indagato abbia la disponibilità per un valore corrispondente al prezzo o al profitto del reato. Ne consegue che nel decreto di sequestro non vi è l'onere di indicare specificamente i beni da sequestrare che ben possono essere individuati dalla Polizia giudiziaria in fase di esecuzione del sequestro , bensì soltanto quello di indicare la somma sino a concorrenza della quale il sequestro deve essere eseguito. Qualora poi nella richiesta il pubblico ministero abbia ritenuto di specificare i beni da sequestrare, la richiesta di sequestro costituisce in parte qua un elemento della domanda cautelare e il provvedimento del Gip non può disporre il sequestro preventivo per equivalente su beni ulteriori rispetto a quelli indicati dal pubblico ministero nella richiesta Sez. 3, numero 33200 del 04/07/2013, Curinga, Rv. 256851 . Il soggetto destinatario del provvedimento ablativo, nel caso di lamentata sproporzione tra il valore economico dei beni da confiscare indicato nel decreto di sequestro e l'ammontare delle cose sottoposte a vincolo, può contestare tale eccedenza al fine di ottenere una riduzione della garanzia ma di regola non in sede di istanza di riesame, non avendo il Tribunale della libertà, salvo i casi di sproporzione ictu oculi , i poteri per sindacare il lamentato squilibrio, ma presentando apposita richiesta al pubblico ministero, impugnando con l'appello cautelare l'eventuale provvedimento negativo del Gip qualora l'istanza di riduzione del sequestro non sia stata accolta dal pubblico ministero inizialmente adito. Nel caso di specie non risulta, per altro, dedotta alcuna sproporzione. Il motivo è pertanto infondato. 3. Parimenti infondato è il secondo motivo che è comune alle doglianze rispettivamente sollevate da B.S. e Ca.Li. che vanno quindi congiuntamente esaminate. Va precisato che legittimamente sono stati sottoposti a vincolo i beni rientranti nella disponibilità dell'indagato anche se cointestati con terze persone estranee al reato. Sul punto va considerato che il concetto di disponibilità esprime un potere di fatto sul bene, che può sussistere, come ha correttamente ritenuto il Tribunale che ha fatto buon governo dei principi affermati da questa Corte, con riferimento a beni anche solo nella disponibilità dell'indagato, per essa dovendosi intendere la relazione effettuale con il bene, connotata dall'esercizio dei poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà Sez. 2, numero 22153 del 22/02/2013, Ucci ed altri, Rv. 255950 . Va infatti considerato che il Tribunale ha fatto corretta applicazione del principio di diritto, del tutto condivisibile e recentemente ribadito da questa Sezione Sez. 3, numero 28565, del 26/03/2014, dep. 03/07/2014, Formica , per il quale le somme di denaro, depositate su conto corrente bancario cointestato con un soggetto estraneo al reato, sono soggette a sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, in quanto quest'ultimo si estende ai beni comunque nella disponibilità dell'indagato, non ostandovi le limitazioni provenienti da vincoli o presunzioni operanti, in forza della normativa civilistica, nel rapporto di solidarietà tra creditori e debitori art. 1289 cod. civ. o nel rapporto tra istituto bancario e soggetto depositante ex art. 1834 cod. civ. Sez. 3, numero 45353 del 19/10/2011, Calgaro, Rv. 251317 . Si tratta di un principio che è stato reiterata mente affermato da questa Corte Sez. 6, numero 40175 del 14/03/2007, Squillante, Rv. 238086 nonché Sez. 6, numero 24633 del 29/03/2006, Lucci, Rv. 234729 . Peraltro, la prevalenza della cautela penale sulla disciplina di natura civilistica è giustificata dall'esigenza di evitare che, nelle more dell'adozione del provvedimento definitivo di confisca, vengano comunque dispersi i beni che si trovino nella disponibilità dell'indagato Sez. 6, numero 24633 del 2006, cit. , essendosi osservato che la prevalenza dell'interesse cautelare opera con riferimento all'accertamento che sarà oggetto della sede di merito e che dovrà trovare una risposta definitiva al momento in cui sarà assunta, nella pienezza del contraddittorio, la decisione relativa alla confisca o meno dei beni in sequestro. È vero che nel caso di specie si verte, con riferimento al conto della B. , nella diversa ipotesi dell'intestazione esclusiva del conto al terzo estraneo con delega all'indagato ad operare su di esso. Si deve osservare, però, che qui, quantunque il conto corrente sia intestato, formalmente, alla sola B.S. , la procura speciale o delega a prescindere dalla sua revocabilità ad nutum ad operare su tale conto corrente conferita all'indagato, C.M. , attribuisce a quest'ultimo un potere dispositivo illimitato sull'intero capitale depositato, salvo a verificare accertamento che non risulta essere stato effettuato che siffatta delega avesse dei limiti peculiari ovvero le modalità concrete di esercizio di essa da parte dell'indagato fossero contenute in margini ristretti e finalizzate alle specifiche esigenze proprie dell'intestataria quali il prelievo periodico di pensioni, il pagamento di imposte facenti capo alla predetta, etc. , circostanze che potrebbero avere, se rigorosamente dimostrate e, allo stato, le deduzioni sono sprovviste di qualsiasi prova , futuro rilievo anche per quanto attiene al conto della Ca. . Il tribunale, con congrua motivazione, ha infatti evidenziato questo aspetto rilevando come l'indagato avesse solo una delega ad operare, ma che conferiva allo stesso un potere dispositivo illimitato sull'intero capitale depositato. 4. Il terzo ed il quarto motivo possono essere congiuntamente esaminati. Il Tribunale ha fornito ampia ed adeguata motivazione sulla sussistenza del fumus delicti sia con riferimento alla integrazione del reato ex art. 10 bis che con riferimento al reato di cui all'art. 10 ter d.lgs numero 74 del 2000, respingendo con specifiche argomentazioni le obiezioni difensive che sono state pedissequamente riproposte a questa Corte con motivi che, contenendo alcune brevi correlazioni con i punti del provvedimento censurato, a stento superano la soglia dell'ammissibilità. Nell'ordinanza si è evidenziato che - all'esito dei controlli delle dichiarazioni annuali, presentate dalla società Iniziative Ambientali e in particolare dal controllo del modello 770, presentato dal coindagato M. , quale sostituto di imposta - risultavano omessi versamenti delle ritenute alla fonte operate sui compensi erogati e superiori alla soglia richiesta per l'integrazione della fattispecie di reato. Il Collegio cautelare ha pertanto disatteso la documentazione difensiva con la quale si prospettava un parziale pagamento di una parte dei debito d'imposta, tale da escludere rilievi extrasoglia, sul presupposto che detta documentazione fosse relativa ad annualità 2009 e 2010 diverse rispetto alla contestazione calibrata sugli omessi versamenti sino al 30 settembre 2008. Allo stesso modo, quanto alla contestata responsabilità concorsuale della società fiduciaria in luogo dell'indagato, il Collegio cautelare, prendendo specifica posizione in proposito, ha osservato come il mandato fiduciario avesse ad oggetto l'espressa indicazione dell'acquisto delle quote della Iniziative Ambientali srl che lo strumento, utilizzato anche dal coindagato Co. , per compiere le stesse operazioni e la singolare coincidenza e contestualità di esse, ivi compreso l'atto di scissione e la successiva cessione delle quote della società neocostituita dopo neppure un anno, in favore di un soggetto nuovo e dello stesso M.A. , deponessero per la macchinosità dell'operazione e per la finalità fraudolenta della stessa in quanto la valutazione complessiva e la tempistica delle operazioni indicavano la volontà di schermare la responsabilità dei titolari effettivi delle quote di capitale sociale e di mascherare la notevole entità dei debiti tributari mediante false indicazioni in dichiarazione e nei bilanci della società scissa. Iniziative Ambientali srl, e la circostanza che gli inadempimenti dei debiti tributari si registrassero anche per la nuova società creata dopo la scissione corroborava ulteriormente l'ipotesi accusatoria, deponendo nel senso di una strategia unitaria continuativa e consolidata. Al cospetto di un così solido quadro probatorio, il ricorso si attarda nel sollevare censure non consentite nel giudizio di legittimità con riferimento al mezzo di gravame consentito, perché, in materia di impugnazioni cautelari reali, il ricorso per cassazione è ammesso solo per la violazione di legge contro le ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, con la conseguenza che, in ordine a tali regiudicande cautelari , la motivazione del provvedimento impugnato è sindacabile in sede di legittimità esclusivamente nei casi in cui essa sia del tutto assente o sia meramente apparente, perché sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda processuale e l'itinerario logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato. Affinché sia pertanto predicabile la violazione di legge , è necessario cioè che siano riscontrabili, nel provvedimento impugnato ai sensi dell'art. 325 cod. proc. penumero , vizi in iudicando o in procedendo ovvero vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'iter logico seguito dal giudice Sez. U, numero 25932 del 29/05/2008, Ivanov, Rv. 239692 . Nel caso di specie, la motivazione del tribunale cautelare si sottrae, per le ragioni sopra esposte, alla censura consentita col mezzo di impugnazione azionato art. 325 cod. proc. penumero . Al rigetto del ricorso segue la condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.