Configurabile in assenza di correlazione tra la percezione diretta dell’azione delittuosa ed il successivo intervento di privazione della libertà personale?

Non sussiste la condizione di quasi flagranza qualora l’inseguimento dell’indagato da parte della polizia giudiziaria sia stato iniziato non già a seguito e a causa della diretta percezione dei fatti da parte della P.G., bensì per effetto e solo dopo l’acquisizione di informazioni da parte di terzi

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 43394 depositata il 16 ottobre 2014. Il caso. Il GIP di Catanzaro, con ordinanza, non convalidava l’arresto di R.Q. eseguito dai Carabinieri per il tentato omicidio di V.F. e per i concorrenti reati in materia di armi, motivando con riferimento al difetto totale dei requisiti sia della flagranza che della quasi flagranza, in quanto l’indagato era stato tratto in arresto solo dopo la sua spontanea consegna ai Militari. Il Procuratore della Repubblica di Catanzaro ricorreva per Cassazione avverso tale ordinanza, deducendo inosservanza ed erronea applicazione della legge penale. Rilevava il ricorrente come le ricerche di R.Q. erano state immediatamente avviate dalla polizia giudiziaria, e non si erano mai interrotte, fermo restando che la spontanea consegna ai Carabinieri non costituiva valido motivo per ritenere che le ricerche fossero state interrotte e che, conseguentemente, non sussistessero i presupposti della quasi flagranza. In ogni caso, lamenta il ricorrente, sussisteva pacificamente la quasi flagranza con riferimento ai reati in materia di armi contestati all’indagato, considerato che proprio quest’ultimo, dopo essersi spontaneamente consegnato ai militari, aveva indicato loro il nascondiglio delle stesse. L’elemento materiale e l’elemento psicologico nella quasi flagranza. La Prima Sezione Penale della Suprema Corte, con la sentenza de qua , ha esaminato il contrasto giurisprudenziale sussistente in merito ai presupposti richiesti quale condicio sine qua non per la corretta configurabilità della quasi flagranza fornendo, poi, la propria valutazione sul punto. Preliminarmente, secondo i Supremi Giudici, infondato è il rilievo concernente la ritenuta sussistenza della quasi flagranza con riferimento ai reati in materia di armi, considerato che per gli stessi – nel caso di specie, la mera contravvenzione di detenzione abusiva di armi ex art. 697 c.p – la legge non consente l’arresto. Fermo restando che, in ogni caso, anche laddove fosse stato contestato al R.Q. un reato in materia di armi che, in astratto, preveda la possibilità dell’arresto, nel caso de quo non sarebbero comunque sussistiti i relativi presupposti, considerato che difettava sia l’elemento materiale, in quanto la pistola si trovava al di fuori della sfera di immediata e diretta disponibilità dell’indagato, sia l’elemento psicologico, in quanto la decisione di esso indagato di costituirsi spontaneamente ai Carabinieri e di rivelare loro il nascondiglio dell’arma escludeva la volontà di detenere illegalmente la pistola senza la prescritta denunzia. Il contrasto giurisprudenziale sulla quasi flagranza. La Corte Regolatrice perviene alla stessa conclusione di infondatezza relativamente alla sussistenza dei presupposti della quasi flagranza con riferimento al delitto di tentato omicidio. In particolare, i Militari furono allertati dopo la commissione del fatto di reato e, dopo aver raggiunto la persona offesa a bordo dell’ambulanza, assunsero informazioni testimoniali sia da questa che dai familiari. Orbene, secondo la Prima Sezione del Supremo Consesso, il GIP ha fatto corretta applicazione del principio di diritto, di prevalente orientamento giurisprudenziale, secondo cui non sussiste la condizione di c.d. quasi flagranza qualora l’inseguimento dell’indagato da parte della polizia giudiziaria sia stato iniziato non già a seguito e a causa della diretta percezione dei fatti da parte della P.G., bensì per effetto e solo dopo l’acquisizione di informazioni da parte di terzi. Non sarebbe, invece, corretto il minoritario orientamento giurisprudenziale contrapposto, secondo cui sarebbe ravvisabile la quasi flagranza pur in difetto dei requisiti della diretta percezione dell’azione delittuosa da parte della polizia giudiziaria e della immediatezza dell’inseguimento, e ciò in quanto, considerata l’eccezionalità di tale istituto, che consente l’arresto dell’indagato direttamente ad opera P.G. e senza alcun prodromico provvedimento della Autorità Giudiziaria, è da rigettarsi una interpretazione estensiva dell’art. 382 c.p In effetti, la dilatazione della nozione di quasi flagranza sino a prescindere dalla fondamentale correlazione tra la percezione diretta dell’azione delittuosa ed il successivo intervento di privazione della libertà personale dell’autore del reato, eccede palesemente l’ambito di applicazione del disposto codicistico. Secondo i Supremi Giudici emerge, infatti, ictu oculi , che il lemma inseguire” denotante l’azione del correre dietro a chi fugge , e l’ulteriore requisito cronologico della immediatezza, ovvero subito dopo il reato , entrambi richiesti ad substantiam , postulano la necessità della correlazione funzionale tra la diretta percezione dell’azione delittuosa e la privazione della libertà del reo fuggitivo.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 3 ottobre – 16 ottobre 2014, n. 43394 Presidente Chieffi – Relatore Vecchio Rileva in fatto e diritto 1. - Con ordinanza, deliberata e depositata il 17 agosto 2013, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Catanzaro - per quanto qui rileva - non ha convalidato l'arresto di Q.R. , eseguito dai Carabinieri della Stazione di omissis il omissis per il tentato omicidio in pregiudizio di F.V. e per i concorrenti reati concernenti le armi, motivando che difettavano i requisiti sia della flagranza che della quasi flagranza, in quanto l'indagato era stato tratto in arresto dopo che si era consegnato ai Militari dell'Arma. 2. - Il procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Catanzaro, in persona del Dott. R.V. , sostituto procuratore della Repubblica, ha proposto ricorso per cassazione, mediante atto, recante la data del 18 settembre 2013, deducendo inosservanza o erronea applicazione della legge penale”. Il ricorrente sostiene le ricerche del Q. , immediatamente avviate dalla polizia giudiziaria, non si erano mai interrotte inoltre ricorreva la flagranza della detenzione dell'arma comune da sparo, nascosta nell'incavo di un tronco di albero, atteso che l'arrestato rivelò il nascondiglio ai Carabinieri all'atto della sua costituzione. 3. - Il procuratore generale della Repubblica presso questa Corte suprema di cassazione, mediante atto recante la data del 2 aprile 2014, rileva ad adiuvandum la spontanea presentazione dell'indagato non costituisce valido motivo per ritenere che le ricerche fossero state nel frattempo interrotte. 4. - Il ricorso è infondato. 4.1 - Privo di giuridico pregio è, innanzi tutto, il riferimento del ricorrente al reato concernente la detenzione della arma comune da sparo, utilizzata per la commissione del tentato omicidio. All'indagato non risultano addebitati né il delitto di detenzione ai arma comune da sparo, ai sensi dell'articolo 2 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, sostituito dall'articolo 10 della legge 14 ottobre 1974, n. 497, né il delitto di detenzione di arma clandestina ai sensi dell'articolo 23, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110. Al riguardo la rubrica fa esclusivo riferimento alla contravvenzione di detenzione abusiva di armi, ai sensi dell'articolo 697 cod. pen., e per tale reato la legge non consente l'arresto. Né, peraltro, in relazione alla condotta in parola, se qualificata ai sensi delle succitate fattispecie delittuose, sarebbe, nella specie, ravvisabile la flagranza. Al momento dell'arresto difettava palesemente l'elemento materiale della detenzione, in quanto la pistola si trovava al di fuori della sfera della possibilità di immediata apprensione da parte del Q. e mancava, altresì, l'elemento psicologico, in quanto, la decisione dell'indagato da costui attuata di recarsi alla stazione dei Carabinieri per costituirsi e per rivelare il nascondiglio in cui aveva collocato la pistola, escludeva - alla evidenza - la volontà di detenere illegalmente la pistola senza la prescritta denunzia v. da ultimo, circa il dolo generico richiesto dal delitto, Sez. 1, n. 21355 del 10/04/2013 - dep. 20/05/2013, Lamanna, Rv. 256302 . 4.2 - Correttamente il giudice a quo ha escluso, pur in reazione ai residui reati, anche la quasi flagranza. Secondo quanto accertato in punto di fatto dal giudice per le indagini preliminari e rappresentato dallo stesso Pubblico Ministero ricorrente, i Carabinieri della Stazione di OMISSIS furono allertati” dopo che il fatto di sangue era stato commesso i Militari raggiunsero la persona offesa, ferita, a bordo della ambulanza e la sentirono quindi assunsero sommarie informazioni testimoniali dai prossimi congiunti della vittima, per poi porsi alla ricerca del responsabile” v. ricorso p. 2 . Soccorre, pertanto, il principio di diritto fissato dalla giurisprudenza di questa Corte suprema di cassazione, con prevalente orientamento, secondo il quale non sussiste la condizione di cosiddetta quasi-flagranza qualora l'inseguimento dell'indagato da parte della P. G. sia stato iniziato” non già a seguito e a causa della diretta percezione dei fatti da parte della polizia giudiziaria ”, bensì per effetto e solo dopo l'acquisizione di informazioni da parte di terzi” Sez. 5, n. 19078 del 31/03/2010 - dep. 19/05/2010, Festa, Rv. 247248 e Sez. 3, 13 luglio 2011, dep. il 27 settembre 2011, n. 34918, P. M. in proc. Z., rv. 250861 et adde Rv. 228180 Sez. 5, n. 3032 del 21/06/1999, dep. 01/09/1999, Carrozzino, Rv. 214473 Sez. 4, n. 17619 del 05/02/2004, dep. 16/04/2004, P.M. in proc. Sakoumi ed altro, Rv. 228180 Sez. 2, n. 7161 del 18/01/2006, dep. 24/02/2006, P.M. in proc. Morelli, Rv. 233345 Sez. 6, n. 20539 del 20/04/2010, dep. 28/05/2010, P.M. in proc. R., Rv. 247379 Sez. 6, n. 19002 del 03/04/2012 - dep. 17/05/2012, Rotolo, Rv. 252872 e, da ultimo, Sez. 4, Sentenza n. 15912 del 07/02/2013 Cc. dep. 05/04/2013 Rv. 254966 . E appena il caso di aggiungere che non meritano condivisione gli arresti in senso contrario Sez. II, n. 44369, del 10/11/2010, dep. il 16/12/2010, Califano e altro, Rv. 249169 e Sez. 1, n. 23560 del 15/03/2006, dep. 06/07/2006, P.M. in proc. Dottore, Rv. 235259 , secondo i quali sarebbe ravvisabile la quasi flagranza pur in difetto dei requisiti della diretta percezione della azione delittuosa da parte degli ufficiali e agenti della polizia giudiziaria o, nel caso previsto dall'articolo 383, comma 1, cod. proc. pen., da parte del privato e della immediatezza dell'inseguimento. La provvisoria privazione del diritto fondamentale della libertà persona, di iniziativa della polizia giudiziaria e in carenza di alcun provvedimento motivato della autorità giudiziaria, rappresenta, per vero, istituto di carattere affatto eccezionale e in tal senso è espressamente connotato dall'articolo 13, comma terzo, della Costituzione. Le disposizioni della legge ordinaria e, segnatamente, del codice di rito, che disciplinano l'arresto sono, pertanto, di stretta interpretazione articolo 14, comma primo, delle Disposizioni sulla legge in generale , approvate con R.D. 16 marzo 1942, n. 262 . Orbene, la dilatazione della nozione della quasi flagranza sino a prescindere dalla coessenziale correlazione tra la percezione diretta del fatto delittuoso quantomeno attraverso le tracce rivelatrici della immediata consumazione, recate dal reo e il successivo intervento di privazione della libertà dell'autore del reato, deborda dall'ambito della interpretazione estensiva dell'articolo 382, comma 1, cod. proc. pen Attraverso progressivi slittamenti e assimilazioni tra l'ipotesi specifica dell'inseguimento contemplata nella disposizione e quelle più generiche e, pertanto, differenti delle ricerche ovvero, addirittura, delle investigazioni tempestive si finisce col contravvenire al tenore testuale della norma. Gli è che il lemma inseguire denotante, con tutta la sua pregnanza, l'azione del correre dietro chi fugge ”, e l’ulteriore requisito cronologico di immediatezza, subito dopo il reato ”, richiesto dalla legge, postulano la necessità della correlazione funzionale tra la diretta percezione della azione delittuosa e la privazione della libertà del reo fuggitivo. La conclusione si rinsalda alla luce della considerazione della ratio legis . La eccezionale attribuzione alla polizia giudiziaria o al privato del potere di privare della libertà una persona trova concorrente giustificazione nella altissima probabilità e, praticamente, nella certezza della colpevolezza dell'arrestato. Ebbene, sono proprio la diretta percezione e constatazione della condotta delittuosa da parte degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, procedenti all'arresto, che possono suffragare, nel senso indicato, la sicura previsione dell'accertamento giudiziario della colpevolezza. Mentre, in difetto, apprezzamenti e valutazioni, fondati sul piano affatto differente degli elementi investigativi assunti ancorché prontamente e magari anche in loco dalla polizia giudiziaria, non offrono analoghe sicurezza e affidabilità di previsione v., in proposito, Sez. 1, n. 6642 dell'11/12/1996, dep. 17703/1997, P.M. in proc. Palmarini, Rv. 207085 . 4.3 - Consegue il rigetto del ricorso. P.Q.M. Rigetta il ricorso.