“Niente da dichiarare” per la società estera con magazzino in Italia

L’obbligo di presentazione delle dichiarazioni dei redditi da parte di società avente residenza fiscale all’estero sussiste solo se l’impresa ha una stabile organizzazione in Italia.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 40327, depositata il 30 settembre 2014. Il caso La Corte d’appello di Ancona condannava un’imputata per il reato ex art. 5 d.lgs. n. 74/2000, per aver omesso, in qualità di legale rappresentante di una società, con sede in Lussemburgo, la presentazione delle dichiarazioni d’imposta per quattro anni consecutivi. Secondo i giudici di merito, la società operava in Italia attraverso una sua stabile organizzazione costituita presso un’azienda italiana facente parte dello stesso gruppo , per cui era obbligata alla presentazione delle dichiarazioni d’imposta. L’imputata ricorreva in Cassazione, lamentando l’errata valutazione degli indizi, in base a cui era stata affermata l’esistenza della stabile organizzazione in Italia. Stabile organizzazione in Italia. Per i giudici di legittimità, l’obbligo di presentazione delle dichiarazioni dei redditi da parte di società avente residenza fiscale all’estero sussiste se l’impresa ha una stabile organizzazione in Italia ciò si verifica quando si svolgano nel territorio nazionale la gestione amministrativa, le decisioni strategiche, industriali e finanziarie, nonché la programmazione di tutti gli atti necessari per raggiungere il fine sociale, non rilevando il luogo di adempimento degli obblighi contrattuali e dell’espletamento dei servizi. Nel caso di specie, i giudici di merito avevano ritenuto la sussistenza della stabile organizzazione sulla base dello stoccaggio presso il magazzino della società italiana dei beni prodotti o della loro mera spedizione ai clienti intermedi. Tuttavia, le effettive decisioni imprenditoriali venivano prese dalla società lussemburghese, pervenendo solo in fase esecutiva all’azienda italiana. Esegue gli ordini. Invece, la Corte d’appello non aveva considerato che l’impresa italiana non poteva determinare autonomamente la tipologia o la quantità di merce da produrre, né poteva accettare autonomamente gli ordini. In più, i contenziosi sulla qualità della merce venivano gestiti esclusivamente dalla società straniera. Da ciò, doveva dedursi che l’impresa italiana fosse una mera incaricata dell’impresa lussemburghese, anche se in regime di esclusiva, il che escludeva la possibilità di configurare una stabile organizzazione. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e annulla, senza rinvio, la sentenza impugnata, non sussistendo il fatto.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 15 aprile – 30 settembre 2014, n. 40327 Presidente Teresi – Relatore Gentili Ritenuto in fatto Adita sia dalla imputata che dal pubblico ministero, la Corte di appello di Ancona, sostanzialmente confermando la sentenza emessa dal Tribunale di Urbino in data 20 ottobre 2011, ha, con sentenza del 27 settembre 2012, ribadito la penale responsabilità di D.D.M. , in ordine al reato di cui all'art. 5 del dlgs n. 74 del 2000, modificando la impugnata sentenza solo con riferimento alla determinazione della pena che è stata diminuita, stante l'avvenuta estinzione per prescrizione di una delle annualità contestate, da quella di anni uno di reclusione ad quella di mesi 10 di reclusione, e quanto alla applicazione delle pene accessorie erroneamente non irrogate dal giudice di prime cure. Era contestato alla imputata di avere omesso, in qualità di legale rappresentante della IFF Sarl, con sede in Lussemburgo, la presentazione delle dichiarazioni di imposta per gli anni dal 2002 annata dichiarata prescritta dalla Corte di appello al 2005 al fine di evadere le dette imposte per un importo, per ciascun anno, superiore alla soglia minima di punibilità. In particolare la sentenza impugnata considerava accertato che la IFF, impresa attiva dell'ambito della commercializzazione degli abiti, avesse operato in Italia attraverso una sua stabile organizzazione costituita presso la società italiana 22 Srl e che, pertanto, essa era obbligata alla presentazione delle dichiarazioni di imposta ed al pagamento delle imposte sul territorio nazionale. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la imputata, tramite il proprio difensore di fiducia, affidandolo a 5 motivi. Col primo motivo è contestata la erronea applicazione della normativa, anche di carattere internazionale e convenzionale, della quale si deve tenere conto ai fini della individuazione della stabile organizzazione in Italia di una impresa avente sede all'estero ai fini della sua soggezione alla disciplina tributaria italiana. Col secondo motivo è denunziata la contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata riguardo alla valutazione degli indizi sui quali è fondata la asserita esistenza della stabile organizzazione sul territorio nazionale della IFF. Ad avviso, infatti, della ricorrente tutti gli indici rivelatori indicati dalla Corte di appello al fine di individuare nelle 22 srl una stabile organizzazione operante in Italia in vece della IFF sarebbero errati, ovvero equivoci ovvero non significativi. Col terzo e col quarto motivo è contestata la legittimità della sentenza quanto del ricorso al metodo induttivo per la determinazione delle imposte asseritamente evase dalla IFF, ai fini della prova dell'avvenuto superamento delle soglie di punibilità nonché violazione della disciplina convenzionale e la contraddittorietà della motivazione della sentenza sullo stesso punto. Col quinto motivo è censurata la sentenza della Corte territoriale per la asserita mancanza o illogicità della motivazione in ordine alla dimostrazione della sussistenza dell'elemento soggettivo del reato contestato a carico della D. . Considerato in diritto Il ricorso, risultato fondato, deve, pertanto, essere accolto. Osserva, invero, il Collegio, esaminando congiuntamente i primi due motivi di ricorso, caratterizzati da un'intima connessione logica, che elemento presupposto rispetto alla imputazione contestata alla D. , nella sua qualità di legale rappresentante della International Fashion Factors sarl, è che la predetta impresa commerciale fosse dotata di una sua stabile organizzazione nel territorio nazionale. Tale stabile organizzazione, nell'ipotesi accusatoria, sarebbe stata localizzata presso lo stabilimento di omissis della 22 Srl, società, quest'ultima, controllata, come d'altra parte anche la IFF, dalla società capogruppo di diritto olandese Cobalt BV. Riguardo al fondamentale rilievo che, nell'economia del presente giudizio, ha la individuazione della esistenza di una stabile organizzazione in Italia della impresa avente sede all'estero si osserva che, come ancora di recente ribadito dal questa Corte, l'obbligo di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi da parte di società avente residenza fiscale all'estero, la cui omissione integra il reato previsto dall'art. 5 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, sussiste se l'impresa abbia una stabile organizzazione in Italia, il che si verifica quando si svolgano nel territorio nazionale la gestione amministrativa, le decisioni strategiche, industriali e finanziarie, nonché la programmazione di tutti gli atti necessari affinché sia raggiunto il fine sociale, non rilevando il luogo di adempimento degli obblighi contrattuali e dell'espletamento dei servizi Corte di cassazione, Sezione III penale, 24 luglio 2013, n. 32091 . Nel caso di specie la Corte di appello di Ancona ha ritenuto che sussistesse la predetta stabile organizzazione in capo alla ricordata società 22 srl sulla base di indici del tutto equivoci e non significativi al predetto fine, quali la lo stoccaggio presso il magazzino di questa dei capi di abbigliamento prodotti ovvero la mera spedizione di essi ai clienti intermedi, trascurando il fatto che le risultanze processuali erano, invece nel senso che le effettive decisioni imprenditoriali erano operate esclusivamente dalla IFF e pervenivano per la sola fase esecutiva presso la 22 Srl. La Corte territoriale marchigiana, infatti, ha del tutto omesso di considerare che in sede dibattimentale erano emersi elementi tali da escludere la sussistenza della predetta stabile organizzazione infatti in capo alla 22 Srl non vi era la possibilità di determinare autonomamente né la tipologia o la quantità di mercé da produrre né essa aveva autonomia in ordine alla accettazione degli ordini egualmente è risultato che la gestione dell'eventuale contenzioso sulla qualità della mercé, prodotta da 22 Srl per conto ed a precisa richiesta di IFF, era esclusiva competenza di quest'ultima. In sostanza dagli atti istruttori, puntualmente riportati dalla ricorrente nel proprio ricorso ai fini della sua autosufficienza, non è emerso alcun elemento che potesse fare ritenere, al di là di ogni ragionevole dubbio, il fatto che 22 Srl fosse qualcosa di diverso che non un semplice incaricato, sia pure in regime di esclusiva, della IFF, cioè un mero esecutore delle disposizioni imprenditoriali a detta Società di volta in volta impartite dalla IFF, effettiva domina della impresa. Non essendo, in altre parole, risultato che 22 Srl avesse quella ampia e tendenzialmente generalizzata autonomia gestionale, decisoria e di programmazione che solamente, alla luce del riportato e condiviso orientamento giurisprudenziale formatosi in seno a questa Corte, può consentire di far ravvisare l'esistenza di una stabile organizzazione nel territorio dello Stato ad una impresa avente, per il resto, sede oltreconfine, appare viziata, per manifesta illogicità della sua motivazione, la sentenza della Corte di appello che, invece, ha ravvisato, sulla base di elementi del tutto privi di effettiva significatività, l'esistenza di detta organizzazione stabile. In definitiva, la sentenza impugnata deve essere annullata, con assorbimento degli altri motivi di ricorso, posto che - difettando in capo alla società diretta dalla D. il requisito della stabile organizzazione sul territorio nazionale - non vi era l'obbligo a suo carico della presentazione delle dichiarazioni tributarie di cui al capo di imputazione nonché del versamento delle conseguenti imposte e, pertanto, il fatto a lei contestato non sussiste. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.