“Vengo a prenderti stasera, con la mia auto blu”.. L’uso dell’auto blu tra peculato e peculato d’uso

Il peculato d’uso è una fattispecie autonoma di reato che ricorre allorché il colpevole abbia agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, restituendola immediatamente dopo al fine della sua configurazione è necessaria la preordinazione dell’appropriazione del bene ad un uso momentaneo della cosa, ossia ad un uso protratto per un tempo limitato, tale da non compromettere in misura considerevole la funzionalità della pubblica amministrazione e l’immediata restituzione della cosa dopo l’uso momentaneo.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 39770, depositata il 25 settembre Il caso. Un dirigente della Pubblica Amministrazione, aveva utilizzato, per finalità personali, autovettura in uso alla P.A., restituendole, immediatamente dopo ogni utilizzo alla pubblica amministrazione proprietaria. L’uso dei veicoli era avvenuto in alcuni casi anche attraverso la fruizione del servizio di autista, per percorrere distanze che, complessivamente considerate, apparivano essere di certa rilevanza. Il Tribunale aveva dichiarato la penale responsabilità dell’imputato riconoscendo nella sua condotta quella prevista e punita dall’articolo 314, comma 1, c.p. La corte d’Appello di Salerno aveva invece provveduto a derubricare il reato nella differente fattispecie di peculato d’uso dichiarando non doversi procedere per intervenuta prescrizione del medesimo. Avverso la sentenza proponeva ricorso per Cassazione la Pubblica Amministrazione articolandolo in tre distinti motivi. La Corte, con la sentenza in commento, ha rigettato il ricorso. Il peculato d’uso. La Corte, ai fini di rispondere ai quesiti proposti dal ricorrente che con il primo ed il terzo motivo di ricorso la interrogava circa i requisiti delle due fattispecie di peculato e peculato d’uso in relazione alla circostanza costituita dal reiterato uso dell’autovettura e dal complessivo numero di chilometri con essa percorsi dall’imputato, ribadisce come peculato e peculato d’uso debbano considerarsi due fattispecie di reato autonome e distinte poiché connotate da differente elemento soggettivo ed oggettivo. In punto essa fa riferimento al proprio insegnamento, risalente e pacifico, ai sensi del quale Il peculato d’uso è una fattispecie autonoma di reato che ricorre allorché il colpevole abbia agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, restituendola immediatamente dopo al fine della sua configurazione è necessaria la preordinazione dell’appropriazione del bene ad un uso momentaneo della cosa, ossia ad un uso protratto per un tempo limitato, tale da non compromettere in misura considerevole la funzionalità della pubblica amministrazione e l’immediata restituzione della cosa dopo l’uso momentaneo. Dunque l’azione di chi si appropri momentaneamente dell’uso di un autovettura restituendola alla P.A. immediatamente dopo l’utilizzo costituirebbe pacificamente, per quanto di pacifico possa esservi nelle pronunce della Corte di nomofilachia, peculato d’uso. Ma, a ben vedere, il quesito sollevato dai ricorrenti manifesta profili di interesse ed articolazione più complessa. Che dire infatti di chi usi momentaneamente” ma con assiduità un bene percorrendovi tratte che complessivamente considerate divengano di sicura rilevanza chilometrica ? Secondo la ricostruzione dei ricorrenti una condotta così connotata avrebbe dovuto integrare la fattispecie di peculato posto che l’uso da momentaneo sarebbe divenuto fisso” e che, soprattutto il numero di chilometri percorso sarebbe stato di entità tale dall’incidere concretamente sulle funzionalità del mezzo della pubblica amministrazione in modo tale da arrecarle un danno patrimoniale apprezzabile. In tal senso, giovi ricordarlo, si era espressa la Corte Cass., Sez. VI, n. 10233/07 argomentando in tema di usura del mezzo. La risposta della Cassazione. Il ragionamento logico e giuridico del ricorrente appare condivisibile ma, piuttosto inaspettatamente, la Corte di Cassazione sceglie di procedere applicando differenti paradigmi. Posta l’autonomia della figura di reato del peculato d’uso, essa ritiene di poter qualificare come autonome e plurime violazioni di quella distinta figura le condotte poste in essere dall’imputato. Dunque l’imputato avrebbe utilizzato l’autovettura sempre in regime di peculato d’uso poiché egli voleva appropriarsene solo momentaneamente intendendo poi restituirla immediatamente alla P.A. stessa. Il disegno criminoso dell’imputato era connotato dall’unicità e, quindi ad esso si deve, al più, applicare il regime della continuazione. In un’ottica simile appare evidente che l’elevato numero di chilometri percorsi, con la conseguente usura del mezzo non è dato sapere se e chi provvedesse ad acquistare il carburante necessario ad effettuare i viaggi non viene ad assumere alcuna rilevanza quale dato complessivo che di fatto non produce effetti di penale rilevanza. E pensare che nel caso di un solo utilizzo è proprio il dato chilometrico Cass., Sez. VI, cit. che funge da elemento di discrimine fra le due fattispecie di peculato e di peculato d’uso. I problemi irrisolti. Siamo, a mio parere, innanzi ad una discrasia evidente nell’interpretazione della norma fornita dalla Corte posto che, applicando l’insegnamento reso dalla VI sezione è da considerarsi meno grave la condotta di chi faccia uso momentaneo ma continuativo di un bene, autovettura, della Pubblica Amministrazione, magari percorrendo complessivamente un numero rilevante di chilometri rispetto a quella posta in essere da chi faccia uso del medesimo bene per una sola volta percorrendo una distanza superiore alla media delle distanze coperte dal primo utilizzatore ma inferiore a quella coperta dallo stesso complessivamente. Insomma, l’auto blu può essere usata spesso, con parsimonia ed a patto che venga riposta sempre, la sera, nel garage. Quello della P.A.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 27 maggio– 25 settembre 2014, n. 39770 Presidente Garribba– Relatore Di Salvo Ritenuto in fatto 1. L'A.DI.SU, in persona del legale rappresentante, ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello di Salerno, in data 23-11-2012,che ha dichiarato non doversi procedere, per intervenuta prescrizione, nei confronti di G.V.A. , qualificata l'originaria imputazione ex art. 314,comma 1, cod. pen. in quella di peculato d'uso, in relazione a plurime condotte di utilizzo di tre autovetture in dotazione all'ADISU, di cui il G. era direttore generale, per recarsi presso la propria abitazione sita in Ottaviano,X sia guidando le vetture personalmente che fruendo dell'autista. 2. Il ricorrente censura, con il primo e il terzo motivo, la derubricazione dell'imputazione da peculato in peculato d'uso, anche per la reiterazione delle condotte e per l'elevato numero di chilometri percorsi, avendo l'imputato ammesso di essersi servito della macchina di servizio, in tre circostanze con l'autista e,in una decina di occasioni, senza autista, allorquando si trovava impossibilitato a utilizzare le proprie auto. 2.1. Con il secondo motivo, si deduce travisamento della prova poiché, mentre il Tribunale si è correttamente basato sull'analisi dei registri autovetture, confortata dalla deposizione del teste Pi. , autista dell'imputato, la Corte d'appello erroneamente ha attribuito rilevanza centrale alla fattura Telepass, il cui utilizzo era cumulativo per le diverse autovetture, private e di servizio, utilizzate dal G. , giungendo a una conclusione incompatibile con l'impiego prolungato e indiscriminato che l'imputato ha fatto delle auto dell'ADISU. Va dunque ripristinata l'originario nomen iuris ex art. 314, comma 1, cod. pen., reato che non è estinto per prescrizione. Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. Il primo e il terzo motivo sono infondati. Ricorre la figura del peculato d'uso allorché il colpevole abbia agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, restituendola immediatamente dopo. Ciò che connota il peculato d'uso - che non è una circostanza attenuante ma un titolo autonomo di reato Cass. Sez. 6, n. 8156 del 29-4-1992, De Bortoli, Riv. Pen 1993, 444 Cass. 27-1-1994, Liberatore, Cass. pen. 1995, 2894 - è dunque, in primo luogo, la preordinazione dell'appropriazione ad un uso momentaneo della cosa. Uso momentaneo non significa istantaneo ma temporaneo, ossia protratto per un tempo limitato, si da comportare una sottrazione della cosa alla sua destinazione istituzionale tale da non compromettere, in misura considerevole, la funzionalità della pubblica amministrazione Cass., Sez. 6, n. 4651 del 10-3-1997, Federighi, Cass. pen. 1998, 1118 e da non arrecare alla stessa un notevole danno. In secondo luogo, occorre l'immediata restituzione della cosa, dopo l'uso momentaneo. In presenza di questi requisiti è pertanto configurabile il delitto di cui all'art. 314 comma 2 cod. pen. e non quello di peculato,ex art. 314, comma 1, cod. pen La reiterazione delle condotte vale ad ascrivere all'agente una pluralità di reati di peculato d'uso, eventualmente avvinti dal vincolo della continuazione, ma non a trasformare il peculato d'uso in peculato ordinario. Il nomen iuris deriva infatti dalle caratteristiche strutturali della condotta e dal peculiare atteggiarsi dell'elemento soggettivo e non dalla reiterazione dell'azione delittuosa, essendo quest'ultimo requisito estraneo alla fattispecie astratta delineata sia dall'una che dall'altra norma incriminatrice. Quanto al numero di chilometri percorsi, esso, qualora inerisca ad un'unica circostanza, potrà rilevare, sotto il profilo probatorio, come indice di un utilizzo dell'auto di non breve durata Cass. Sez. 6, n. 299 del 30-11-1994, Baldi, Cass. pen. 1996, 1809 e di entità tale da incidere concretamente sulla funzionalità della pubblica amministrazione e da arrecarle un danno patrimoniale apprezzabile,ad esempio, per l'usura del mezzo Cass., Sez. 6, n. 10233 del 10-1-2007, Rv. 235941 , sì da imporre una qualificazione giuridica ex art. 314 comma 1 cod. pen Ma, ove il numero dei chilometri percorsi derivi da una pluralità di utilizzazioni dell'auto, non è possibile considerare le percorrenze globalmente al fine di sostenere che l'uso del mezzo non può essere considerato momentaneo e che dunque alla fattispecie concreta va attribuito il nomen iuris di peculato ordinario. Laddove infatti, per ogni singola circostanza in cui il veicolo è stato utilizzatola riscontrabile una limitata percorrenza chilometrica, questo dato non potrà essere trascurato nell'ottica delle valutazioni inerenti alla ravvisabilità del requisito della momentaneità dell'uso e del correlativo atteggiarsi della volontà criminosa. 2. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato. Costituisce infatti ius receptum, nella giurisprudenza di questa Corte, che, anche alla luce della novella del 2006, il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attenga pur sempre alla coerenza strutturale della decisione, di cui saggia l'oggettiva tenuta sotto il profilo logico-argomentativo e quindi l'accettabilità razionale del provvedimento, restando preclusa la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti Cass., Sez. III, 27-9-2006 n. 37006, Piras, Rv n. 235508 Cass. Sez. 6, 6-6-2006, n. 23528, Bonifazi, Rv. n. 234155 . Ne deriva che il giudice di legittimità, nel momento del controllo della motivazione, non deve stabilire se la decisione di merito proponga la migliore ricostruzione dei fatti né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento, atteso che l'art. 606 co. 1 lett. e cod. proc. pen. non consente alla Corte di cassazione una diversa interpretazione delle prove. In altri termini, il giudice di legittimità, che è giudice della motivazione e dell'osservanza della legge, non può divenire giudice del contenuto della prova, non competendogli un controllo sul significato concreto di ciascun elemento probatorio. Questo controllo è riservato al giudice di merito, essendo consentito alla Corte regolatrice esclusivamente l'apprezzamento della logicità della motivazione cfr, ex plurimis, Cass. Sez. 3 n. 8570 del 14-1-2003, Rv. 223469 Sez. fer., 3-9-04 n. 36227, Rinaldi, Guida al dir., 2004 n. 39, 86 Sez. 5 5-7-04 n. 32688, Scarcella, ivi, 2004, n. 36,64 Sez. 5, 15-4-2004 n. 22771, Antonelli, ivi, 2004 n. 26, 75 . 2.1. Nel caso in disamina, la Corte d'appello ha evidenziato che il Tribunale si è basato su mere deduzioni, non fondate su nessun dato certo, laddove ha ravvisato la compatibilità tra l'utilizzo prolungato della vettura di servizio e la permanenza fuori sede dell'imputato ovvero la possibilità di portare l'apparecchio Telepass su diversa vettura. Ulteriori discrasie sono ravvisabili laddove il Tribunale ha ritenuto che l'imputato abbia utilizzato la sua auto privata solo al rientro dall'ufficio, accedendo ad una ricostruzione che avrebbe comportato il contemporaneo utilizzo, da parte del G. , di due vetture per il suo arrivo in sede, onde poter restituire la macchina di servizio e rientrare con la propria auto ovvero allorquando il giudice di primo grado ha annesso credibilità alle risultanze dei registri, da cui emerge la restituzione dell'auto di servizio in una giornata domenicale. È pertanto ragionevole ritenere che l'autista non annotasse in tempo reale i movimenti delle macchine di servizio, per cui, nell'aggiornamento dei relativi servizi, veniva a riportare dati in contrasto con la situazione reale, ossia con i chilometraggi segnati sul contachilometri, con i giorni di ferie del G. , con le festività di calendario. 2.2. Come si vede, l'impianto argomentativo a sostegno del decisum si sostanzia in un apparato esplicativo puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l'iter logico-giuridico seguito dal giudice e perciò a superare lo scrutinio di legittimità. 3. Il ricorso va dunque rigettato, poiché basato su motivi infondati, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.