Patente revocata, prende l’auto e la tira fuori dal parcheggio per far guidare un amico: condannato

Respinte le obiezioni difensive del proprietario del veicolo non regge né la tesi della buonafede né della irrilevanza del brevissimo tragitto compiuto alla guida. Ciò che conta è il concetto di circolazione , come tracciato, in maniera chiara, nel Codice della Strada.

Tragitto brevissimo, pochi metri, giusto il tempo di tirare fuori l’automobile dal parcheggio, e rimanere poi in attesa dell’amico che funge, gentilmente, da autista ciò basta, però, per sanzionare il proprietario del veicolo per il reato di guida senza patente , revocatagli tempo addietro Cassazione, sentenza n. 38963, sez. IV Penale, depositata oggi . Manovra. Linea di pensiero chiarissima, quella adottata dai giudici di appello, i quali ritengono irrilevante il richiamo difensivo fatto dall’uomo è irrilevante, cioè, che egli si sia limitato ad eseguire una manovra di spostamento del veicolo . Anche di fronte a uno spostamento minimale, resta comunque intatto il reato contestato, poiché rientra nel concetto di circolazione qualsiasi manovra relativa a veicoli . Tale ottica viene duramente contestata dall’uomo, il quale, proponendo ricorso in Cassazione, ricorda che l’autovettura si trovava parcheggiata , proprio per non immettersi nel flusso della circolazione difatti, aggiunge, era in attesa di un amico che gli facesse da autista . E tale elemento, sempre secondo l’uomo, fa emergere la propria buonafede . Condanna. Anche in Cassazione, però, la tesi difensiva dell’uomo non regge alle valutazioni dei giudici. In premessa, viene ricordato che il proprietario dell’automobile era stato visto in transito sulla pubblica via . Ma, comunque, anche ipotizzando che egli si fosse limitato ad operare un breve spostamento dell’autovettura, in attesa del sopraggiungere dell’amico , resta applicabile la nozione di atto di circolazione definita, in maniera chiarissima, nel Codice della Strada. Di conseguenza, spiegano i giudici, anche una semplice manovra di spostamento risulta, già di per sé, sufficiente a contestare il reato di guida senza patente . E rispetto a questo quadro, non è credibile neanche che l’uomo abbia agito in buonafede . Anzi, proprio il fatto che egli avesse chiamato un amico per fargli da autista rende palese che egli era ben consapevole che porsi alla guida del veicolo significava violare la legge . Tutto ciò conduce alla conferma della decisione emessa in Appello, ossia la condanna dell’uomo alla pena di tre mesi di arresto .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 27 maggio – 23 settembre 2014, n. 38963 Presidente Brusco – Relatore Dovere Ritenuto di fatto 1. P.C. è stato giudicato responsabile del reato di guida senza patente, perché revocatagli, e condannato alla pena di mesi tre di arresto. Secondo l'accertamento condotto nei gradi di merito, il P. era stato colto dai Carabinieri mentre era in transito sulla pubblica via alla guida di un'autovettura. In particolare, replicando ai rilievi difensivi, con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello ha ritenuto che, anche a convenire con la dichiarazione dell'imputato, secondo il quale egli si era limitato ad eseguire una manovra di spostamento del veicolo, il reato risultava integrato, rientrando nel concetto di circolazione qualsiasi manovra relativa a veicoli fermo restando che quella dichiarazione era smentita da quanto asserito da due ufficiali di p.g. 2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione personalmente l'imputato il quale deduce vizio motivazionale in merito all'elemento soggettivo del reato. Si assume che il concetto di circolazione valevole ai fini che occupano non può essere ripreso dalla nozione civilistica o amministrativa perché il principio di offensività impone di valutare se il bene tutelato dalla norma incriminatrice sia stato pregiudicato dalla condotta dell'imputato. La stessa Corte di Appello dà atto che l'autovettura si trovava parcheggiata e ciò è confermato dal fatto che il P., proprio per non immettersi nel flusso della circolazione, era in attesa di un amico che gli facesse da autista. Ad avviso dell'esponente la motivazione in ordine all'elemento soggettivo del reato è assente, mentre, per contro, non sussisteva la volontà dell'imputato di circolare e quindi di porsi in contrasto con la norma. Inoltre, nei reati contravvenzionali assume rilievo la buona fede si cita al riguardo Cass. sez. IV, n. 28539/2013 e che il P. fosse in buona fede è dimostrato dal fatto che egli, proprio per non compiere la violazione della legge, aveva chiamato un amico a fargli da autista. Considerato in diritto 3. II ricorso è infondato. 3.1. Sul piano fattuale va innanzitutto precisato che non vi è dubbio alcuno - alla luce di quanto affermato nella decisione impugnata e delle deduzioni del ricorrente - che il P. venne colto al posto di guida di un'autovettura mentre questa si trovava sulla pubblica via. La Corte di Appello, riferendosi alla deposizione del teste D., ha ritenuto accertato che il P. fosse stato visto in transito sulla pubblica via. Prendendo in esame la tesi dell'imputato, ha considerato anche l'ipotesi che questi si fosse limitato ad operare un breve spostamento dell'autovettura, in attesa del sopraggiungere dell'amico C Orbene, la nozione di atto di circolazione è data dal legislatore, che all'art. 3, co. 1 n. 9 Cod. str. definisce, ai fini dell'applicazione delle norme dell'intero testo normativo, la circolazione come . il movimento, la fermata e la sosta dei pedoni, dei veicoli e degli animali sulla strada . Pertanto, ai sensi e agli effetti dell'art. 116 Cod. str., l'atto di circolazione di un veicolo ricorre senz'altro quando questo venga posto in movimento, sia a motore acceso che a motore spento ma devono considerarsi atti di circolazione anche quelli, diversi dal movimento, che siano idonei a determinare lo spostamento del veicolo quale, ad esempio, la semplice messa in moto di un automezzo fermo. Risulta quindi infondata l'argomentazione dell'esponente per la quale la Corte di Appello si sarebbe rifatta ad una nozione di circolazione valevole a fini civilistici ed amministrativi ma non a fini penalistici, con ciò sottendendo che la condotta del P. non integrerebbe atto di circolazione stradale valevole ai fini penali. 3.2. Quanto ad una interpretazione della nozione di circolazione alla stregua dei principio di necessaria offensività, va rammentato che anche in tema di reati di pericolo astratto, qual è appunto la contravvenzione di guida senza patente, si impone un'interpretazione della norma conforme a siffatto principio per una recente applicazione, in materia prevenzionistica, si veda Sez. 3, n. 46719 del 14/10/2009 - dep. 04/12/2009, Dappi, Rv. 245612 . Ma l'operazione ermeneutica non può spingersi sino a mutare la natura del pericolo, da astratto a concreto, nel senso di inserire nella fattispecie elementi ad essa estranei. Calando tale premessa nel caso che occupa, l'interpretazione costituzionalmente orientata certamente non può condurre ad escludere la tipicità della condotta concretizzatasi nello spostare un veicolo sulla pubblica via, sia pure per qualche metro. Ne consegue la piena correttezza della decisione assunta dal Collegio territoriale, per il quale una manovra di 'spostamento' . risulta già di per sé sufficiente ad integrare il reato contestato . 3.3. La censura che si impernia su una presunta carenza di motivazione in ordine all'elemento soggettivo dei reato è parimenti infondata. L'obbligo di motivazione è conformato all'oggetto dell'accertamento. Nel caso di contravvenzioni di pura condotta, come nella specie, che possono essere integrate tanto dal dolo che dalla colpa, l'accertamento della violazione dei precetto, in assenza di circostanze che pongano anche solo in dubbio la coscienza e volontà dell'azione, può ritenersi valevole anche come accertamento dell'elemento soggettivo. D'altro canto, la buona fede quale fattore escludente la colpevolezza non consiste nella mera condizione soggettiva di ignoranza di un elemento costitutivo della fattispecie tipica ma richiede che si traduca in mancanza di coscienza dell'illiceità del fatto commissivo pd omissivo e derivi da un elemento positivo estraneo all'agente, consistente in una circostanza che induca alla convinzione della liceità del comportamento tenuto. Inoltre, la prova della sussistenza di un elemento positivo di tal genere , deve essere data dall'imputato, il quale ha anche l'onere di dimostrare di avere compiuto tutto quanto poteva per osservare la norma violata Sez. 3, n. 46671 del 05/10/2004 - dep. 01/12/2004, Sferlazzo, Rv. 230889 . Nel caso di specie le circostanze addotte dall'esponente per dare dimostrazione della buona fede del P. risultano del tutto inconferenti rispetto al tema. Anzi, il fatto che questi avesse chiamato un amico per fargli da autista rende palese che egli era ben consapevole che porsi alla guida del veicolo significava violare la legge. Né può darsi rilievo all'eventuale ignoranza circa il concetto di atto di circolazione, proprio perché questa si traduce in un errore sul precetto e non è stata in alcun modo indotta dall'azione di un elemento estraneo alla condotta del P. medesimo. 4. In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Segue al rigetto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.