Gli effetti richiesti devono rientrare in quelli previsti dalla legge

Il riconoscimento di una sentenza penale straniera è funzionale soltanto ai fini espressamente e tassativamente previsti dall’art. 12, comma 1, c.p.

E’ stato così deciso dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza 38568, depositata il 19 settembre 2014. Il caso. La Corte d’appello dichiarava inammissibile la richiesta di riconoscimento della sentenza straniera, dichiarando, inoltre, la propria incompetenza in ordine alla richiesta di applicazione del condono ex l. n. 241/2006. Avverso tale sentenza proponevano ricorso il Procuratore Generale per erronea applicazione ed inosservanza della legge penale e processuale, potendo la richiesta in esame rientrare nei casi indicati dall’art. 12, comma 1, n. 1, c.p., in quanto il cumulo delle pene è astrattamente idoneo ad applicare la recidiva o a dichiarare l’abitualità nel reato il soccombente, che denunciava l’inosservanza e l’erronea applicazione di legge penale e processuale, potendo rientrare nell’ipotesi prevista dal sopracitato articolo il provvedimento di cumolo delle pene. Gli effetti non rientravano in quelli prevista dall’art. 12 c.p I ricorsi sono infondati. La Corte d’appello aveva dichiarato inammissibile la richiesta ritenendo che i soli effetti che legittimino la deliberazione della sentenza straniera al di fuori dell’esecuzione della pena, nel caso di specie già espiata interamente, sono quelli previsti dall’art. 12 c.p., tra i quali non rientravano quelli indicati dal ricorrente. Tale decisione – specifica la Suprema Corte - è perfettamente in linea con l’orientamento consolidatosi in sede di legittimità, secondo il quale l’inserimento nel cumolo di una pena alternativa a condanna subita all’estero e interamente espiata non può farsi rientrare nell’ambito degli effetti del riconoscimento della sentenza straniera di condanna, né nella nozione di altro effetto penale della condanna” previsto dal n. 1 dell’art. 12 c.p., nozione limitata esclusivamente a quelle conseguenza di carattere sanzionatorio diverse dalle pene principali ed accessorie che hanno un diretto riflesso di diverse natura penale Cass., n. 4507/2000 . Infatti, l’istituto del riconoscimento della sentenza penale straniera non intende parificare l’atto giudiziale straniero a quello italiano, ma soltanto assumerlo come fatto storico giuridico. Ne consegue che le sentenze pronunciate all’estero acquistano efficacia giuridica solo in seguito a formale riconoscimento, secondo le finalità e i limiti indicati nell’art. 12 c.p., che devono essere espressamente enunciati nel provvedimento Cass., n. 16051/2011 . Gli effetti indicati erano generici. Inoltre, la richiesta del procuratore deve anche specificare gli effetti per i quali il riconoscimento è domandato. Nel caso di specie gli effetti sono stati indicati nell’ottenimento di benefici penitenziari previsti dalla legge italiana in seguito all’emissione di un provvedimento di cumolo e di unificazione di pene concorrenti fra le sentenze emesse a suo carico. Detti effetti però non potevano essere ravvisati nell’applicazione della recidiva o nella dichiarazione di abitualità nel reato, così come invocato nei ricorsi. In sintesi, il riconoscimento di una sentenza penale straniera è funzionale soltanto ai fini espressamente e tassativamente previsti dall’art. 12, comma 1, c.p., tra i quali non possono farsi rientrare quelli genericamente indicati dal ricorrente volti ad ottenere l’applicazione dei benefici della legge penitenziaria italiana e l’applicazione dell’indulto. La Cassazione rigetta, quindi, i ricorsi.

Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 28 agosto – 19 settembre 2014, n. 38568 Presidente Bianchi – Relatore Carrelli Palombi di Montrone Ritenuto di fatto 1. Con sentenza del 17/6/2014 la Corte d'Appello di Roma dichiarava inammissibile la richiesta di riconoscimento della sentenza straniera emessa il 20/5/2005 dal Tribunale distrettuale di Malaga nei confronti di M.O.J.M., dichiarando altresì la propria incompetenza in ordine alla richiesta di applicazione del condono ex legge n. 241 del 2006 nella misura di anni tre in relazione alla sentenza della Corte d'Appello di Roma del 13/5/2013 con la quale lo stesso è stato condannato alla pena di anni nove di reclusione per violazione della normativa sugli stupefacenti. 2. Avverso tale sentenza propone ricorso il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Roma, sollevando il seguente motivo di gravame erronea applicazione ed inosservanza di legge penale e processuale, ai sensi dell'art. 606 comma 1 lett. b e c cod. proc. pen., in relazione agli artt. 12 cod. pen. e 730 cod. proc. pen. Evidenzia, al riguardo, che la Corte d'appello ha errato nel ritenere che la richiesta di delibazione nascente dall'istanza della difesa di ottenere i benefici previsti dalla legge penale italiana non rientrasse in alcuna delle ipotesi previste dal codice penale per il riconoscimento della sentenza penale straniera, laddove, invece, essa ben poteva rientrare nell'ipotesi prevista dall'art. 12 comma 1 n. 1 cod. pen., in quanto il cumulo delle pene è astrattamente idoneo ad applicare la recidiva ovvero a dichiarare l'abitualità o la professionalità nel reato. 3. Contro la medesima sentenza ricorre anche M.O.J.M., per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando il seguente motivo di gravame inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e processuale, ai sensi dell'art. 606 comma 1 lett. b e c cod. proc. pen., in relazione agli artt. 12 cod. pen. e 730 cod. proc. pen. Rappresenta, al riguardo, che la decisione impugnata si pone in contrasto con i principi della reciproca fiducia fra gli stati dell'Unione Europea e quelli della cooperazione internazionale rileva poi che l'emanazione di un provvedimento di cumulo di pene concorrenti ben poteva rientrare nell'ipotesi prevista dall'art. 12 comma 1 n. 1 cod. pen., in quanto il cumulo delle pene è astrattamente idoneo ad applicare la recidiva ovvero a dichiarare l'abitualità o la professionalità nel reato. Considerato in diritto 4. Entrambi i ricorsi proposti, sia quello della parte pubblica sia quello del M.O.J.M., sono infondati e devono essere, pertanto, rigettati. La richiesta di riconoscimento della sentenza straniera pronunciata dal Tribunale distrettuale di Malaga Spagna in data 20/5/2005 nei confronti di M.O.J.M., avanzata dal Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Roma e dichiarata inammissibile dalla Corte d'appello di Roma con la sentenza impugnata, era finalizzata a fare ottenere allo stesso i benefici penitenziari previsti dalla legge italiana in seguito all'emissione di un provvedimento di cumulo e di unificazione di pene concorrenti fra le sentenze emesse a suo carico sentenza di condanna definitiva emessa dalla Corte d'Appello di Roma il 13/5/2013 in ordine ai reati di detenzione e traffico di sostanze stupefacenti commessi in Italia in corso di espiazione sentenza di condanna definitiva emessa dal Tribunale distrettuale di Malaga il 20/1/2005 in ordine al reato di traffico di stupefacenti alla pena detentiva di anni quattro e mesi sei, interamente espiata o la continuazione ai fini della fungibilità della pena. La Corte d'Appello di Roma ha dichiarato inammissibile la richiesta, ritenendo che i soli effetti che legittimano la delibazione della sentenza straniera al di fuori dell'esecuzione della pena, nel caso di specie già interamente espiata, sono quelli previsti dall'art. 12 cod. pen., tra i quali non rientrano quelli genericamente indicati dal M.O.J.M La suddetta decisione risulta perfettamente conforme con la giurisprudenza di questa Corte condivisa dal Collegio, in base alla quale l'inserimento nel cumulo di una pena relativa a condanna subita all'estero ed interamente espiata non può farsi rientrare nell'ambito degli effetti del riconoscimento della sentenza straniera di condanna, nè nella nozione di altro effetto penale della condanna previsto nel n. i dell'art. 12 cod. pen., nozione limitata esclusivamente a quelle conseguenze di carattere sanzionatorio diverse dalle pene principali ed accessorie che hanno un diretto riflesso di natura penale sez. 1 n. 4507 del 20/6/2000, Rv. 216743 . Ciò, in quanto l'istituto del riconoscimento delle sentenze penali straniere non intende parificare l'atto giudiziale straniero a quello italiano, ma soltanto assumerlo quale fatto storico giuridico, secondo la tassativa catalogazione di cui all'art. 12 cod. pen. Di conseguenza le sentenze pronunciate all'estero acquistano efficacia giuridica solo in seguito a formale riconoscimento, i cui fini e limiti sono solo quelli indicati nell'art. 12 cod. pen., che devono essere espressamente enunciati nel provvedimento sez. 3 n. 16051 del 16.03.2011, Rv. 250303 sez. 6 n. 30831 del 27/06/2013, Rv. 256756 . Ed inoltre la richiesta la richiesta del Procuratore Generale deve specificare gli effetti per i quali il riconoscimento è domandato, al fine di assicurare il contraddittorio e la difesa dell'interessato sez. 6 n. 7067 del 27/11/2009, Rv. 246073 nel caso di specie, appunto, detti effetti sono stati indicati nell'ottenimento dei benefici penitenziari previsti dalla legge italiana in seguito all'emissione di un provvedimento di cumulo e di unificazione di pene concorrenti fra le sentenze emesse a suo carico a ciò consegue che detti effetti, pertanto, non potevano essere ravvisati nell'applicazione della recidiva o nella dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato, così come invocato successivamente in entrambi i ricorsi proposti avverso la sentenza della Corte d'Appello di Roma che ha dichiarato inammissibile la richiesta di riconoscimento. È pur vero che, sulla base della giurisprudenza di questa Corte sez. 1 n. 7345 del 5/12/2006, Rv. 236235 , è possibile inserire nel cumulo di pene concorrenti non solo tutte le pene che risultano ancora da espiare alla data di commissione dell'ultimo reato, ma anche quelle già espiate che possono comunque avere un riflesso sul criterio moderatore previsto dall'art. 78 cod. pen. e sul cumulo materiale, in vista della maturazione dei requisiti temporali per l'ammissione ad eventuali benefici penitenziari. Si è però, al riguardo, precisato che i presupposti del concorso di pene vanno determinati con riguardo alla data di commissione dei reati ed alla loro anteriorità rispetto ai vari periodi di carcerazione, a nulla rilevando che talune delle pene concorrenti siano state eseguite in anticipo rispetto ad altre per casuali vicende processuali o esecutive Sez. 1 n. 1454 del 25/03/1991, Rv. 186944 Sez. 1 ordinanza n. 2932 del 20/05/1998, Rv. 210774 . Orbene in entrambi i ricorsi non viene indicata la data di commissione del reato relativo alla condanna intervenuta in Spagna, della quale si chiede il riconoscimento ai fini dell'inserimento nel richiesto provvedimento di cumulo e di esecuzione di pene concorrenti non si può quindi verificare, in questa sede, la ricorrenza del sopra richiamato requisito dell'anteriorità della commissione del reato di cui alla condanna, già interamente espiata, della quale si chiede il riconoscimento. Inoltre, come correttamente evidenziato nel provvedimento impugnato e già costantemente affermato da questa Corte di legittimità, il riconoscimento della sentenza penale straniera produce nell'ordinamento interno i soli effetti previsti dall'art. 12 cod. pen., fra i quali non è compresa la continuazione fra reato giudicato in Italia e reato giudicato all'estero, neanche sub specie di effetto penale della condanna ai sensi del citato art. 12 comma 1 n. 1, posto che la disciplina del reato continuato presuppone un giudizio di merito e quindi il riferimento a categorie di diritto sostanziale reati e pene , che si qualificano soltanto in ragione dei diritto interno Sez. 1 n. 31422 del 11/05/2006, Rv. 234790 Sez. 1 n. 30463 del 07/07/2011, Rv. 251010 . Con riferimento poi alla fungibilità delle detenzioni in Stati diversi, altrettanto correttamente la Corte territoriale ha richiamato il costante indirizzo giurisprudenziale, condiviso dal Collegio, in base alla quale i benefici regolamentati dall'art. 54 Ord. Pen. in favore del detenuto, che fornisca prova di partecipazione all'opera di rieducazione, sono applicabili anche ai periodi di detenzione espiati in uno Stato estero della Comunità Europea per fatti giudicati in quel Paese, quando l'espiazione sia poi completata nello Stato italiano sez. 1 n. 31012 del 06/06/2012, Rv. 253292 sez. 1 n. 21373 del 19/4/2013, Rv. 256084 , circostanza che non ricorre nel caso di specie, in quanto la condanna inflitta con la sentenza straniera è stata interamente espiata all'estero. Tutto ciò detto deve -sgombrarsi il campo da un equivoco la decisione quadro 2008/909/GAI attiene all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione Europea essa è stata attuata in Italia con il decreto legislativo n. 161 del 2010 che, agli artt. 9 e ss., regolamenta la trasmissione dall'estero , così definita la procedura con cui è trasmessa in Italia, ai fini del suo riconoscimento e della sua esecuzione, una sentenza di condanna emessa in un altro Stato membro dell'Unione europea. In detta procedura il riconoscimento, dichiarato dalla Corte d'Appello competente, è finalizzato a consentire al condannato di eseguire la sentenza di condanna in uno Stato diverso da quello dello Stato di emissione la procedura, quindi, non riguarda condanne già eseguite nello Stato estero, in relazione alle quali, si intendono conseguire in Italia i benefici sopra indicati. In conclusione rileva il Collegio che il riconoscimento di una sentenza penale straniera è funzionale soltanto ai fini espressamente e tassativamente previsti dall'art. 12, comma primo, cod. pen., tra i quali, per le considerazioni sopra svolte, non possono farsi rientrare quelli genericamente invocati dal M. volti ad ottenere l'applicazione dei benefici della legge penitenziaria italiana e l'applicazione dell'indulto. 5. Per le considerazioni sopra svolte entrambi i ricorsi devono essere rigettati e la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna il ricorrente M.O.J.M. al pagamento delle spese processuali. Così deciso, il 28 agosto 2014.