Il furto al supermercato si consuma oltrepassando le casse? Ai posteri l’ardua sentenza

Ancor oggi si discute - e la discussione continua ad apparire del tutto incerta nei suoi esiti concreti – se e quando il furto al supermercato risulti consumato. Più precisamente, parafrasando la questione sottoposta alle Sezioni unite nel caso di specie, si domanda se la condotta di sottrazione di merce all’interno di un supermercato, avvenuta sotto il costante controllo del personale di vigilanza sia qualificabile come furto consumato o tentato allorché l’autore sia fermato dopo il superamento della barriera delle casse con la merce sottratta .

Sul punto la Suprema Corte, nella sentenza n. 38344, depositata il 18 settembre 2014, non ha preso una posizione precisa, limitandosi a registrare la sussistenza di un contrasto giurisprudenziale e a rilevare come, nell’ipotesi de qua , la risoluzione della questione posta fosse irrilevante ai fini della decisione, risultando invece necessario considerare il fatto che ai fini del diniego della sospensione condizionale della pena non potesse farsi riferimento a condanne riferibili a reati aboliti. Ma andiamo con ordine. Il caso. Come accennato la pronuncia in oggetto è stata originata da un classico caso di furto al supermercato gli imputati, dopo avere prelevato della merce dai banchi ed assaporato una birra, avendo oltrepassato le casse senza pagare il corrispettivo, furono fermati dal personale di vigilanza, che li aveva monitorati e, quindi, furono condotti a processo. I giudici di merito avevano qualificato il fatto come furto consumato la difesa, invece, ha insistito, anche nel suo ricorso di legittimità, perché il tutto fosse sussunto nell’ambito del tentativo. La Sezione della Cassazione a cui era stato inizialmente assegnato il ricorso ha così chiesto l’intervento delle Sezioni unite, dal momento che risulta allo stato un evidente contrasto giurisprudenziale sul punto de quo . Infatti, secondo un più rigido approccio che può ritenersi maggioritario si ritiene che non possa aversi dubbio sulla consumazione del reato nei casi in questione, a nulla rilevando il fatto che il tutto sia avvenuto sotto il costante controllo del personale di vigilanza del supermercato, per il fatto che il soggetto attivo del reato nel preciso momento nel quale supera la cassa, senza mostrare e pagare la refurtiva celata, perfeziona la sottrazione del bene del quale consegue istantaneamente il possesso illegittimo . Secondo questa prospettiva si giunge anche ad affermare che il momento della consumazione del furto dovrebbe essere anticipato prima della presentazione alla cassa correlandolo all’occultamento della refurtiva . Da altra e più recente angolazione, invece, si è evidenziato come la concomitante sorveglianza continua dell’azione criminosa da parte del soggetto passivo o dei suoi dipendenti addetti alla vigilanza impedisce la consumazione del reato di furto, in quanto la refurtiva, appresa e occultata permane nella sfera di vigilanza e controllo diretto dell’offeso, il quale può in ogni momento interrompere la condotta delittuosa . Tale orientamento si connette – come le Sezioni unite hanno evidenziato – al dictum in tema di tentativo di rapina impropria secondo cui finché la cosa non sia uscita dalla sfera di sorveglianza del possessore questi è ancora in grado di recuperarla, così facendo degradare la condotta di apprensione del bene a mero tentativo Cass. Pen. SSUU n. 34952/2012 . Una soluzione a metà. La Suprema corte, come accennato, innanzi a tale intricatissimo dilemma, che ancor si pone dopo secoli di storia del diritto, ha ritenuto che la questione di diritto non assume, per vero, rilievo nel caso in esame , in quanto risultava pacifico che una parte della merce era stata inghiottita e, quindi, consumata, dovendosi così prendere atto che la consumazione, in senso tecnico, del delitto, perfezionatasi mediante la materiale ingestione del bene sottratto, rende ininfluente la questione della definizione giuridica della concorrente condotta relativa al compendio costituito dai residui beni, oggetto della refurtiva , posto altresì che qualora la condotta furtiva riguardi una pluralità di cose di pertinenza dello stesso detentore, nel medesimo contesto temporale e spaziale, se l’agente si impossessi di alcuni beni, senza riuscire, per cause indipendenti dalla sua volontà, a impossessarsi degli altri l’azione complessa, essendo progressiva, deve essere considerata unica, in quanto la parte più rilevante, già posta in essere, assorbe quella in itinere e realizza un solo e unico reato consumato delle cose sottratte, restando escluse sia l’ipotesi del furto tentato sia quello del furto consumato in concorso con il tentativo . Stando così le cose, la Corte non ha potuto che rigettare il ricorso rimettendo comunque il tutto per un nuovo giudizio sulla concessione della sospensione condizionale della pena, evidenziando in sede di conclusioni come il diniego della sospensione condizionale della pena non può essere correlato al fatto che l’imputato ne abbia già usufruito per una seconda volta per un reato depenalizzato, posto che, per giurisprudenza ormai costante, le precedenti condanne relative a fatti non più costituenti reato per abolitio criminis non sono preclusive della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena , neppure nel caso in cui si verifichi una reviviscenza degli effetti penali e dunque per il caso che successivamente il fatto venga nuovamente ad essere previsto come reato al tempo del processo. Conclusioni. Non vi è molto da dire sulle conclusioni su cui è giunta la Cassazione, risultando nel concreto condivisibili. Due sole osservazioni si impongono una sul ruolo della Cassazione la seconda sullo stato dell’arte. E’ innegabile che la Corte di legittimità, anche se a Sezioni unite, rimane nel nostro ordinamento un organo giurisdizionale e non anche interpretativo della legge ne consegue che l’interpretazione corretta richiesta ha senso di essere data in quanto utile alla risoluzione della specifica controversia e non anche per consolare gli spiriti inquieti protesi ad affrontare complessi e delicati casi avvolti nelle nebbie delle raccolte giurisprudenziali. Da ultimo, tuttavia, non può non prendersi atto che proprio in una materia così ordinaria” e tutto sommato assolutamente comune, che assai spesso si concretizza sotto gli occhi dei più, non vi sia un indirizzo costante sul significato concreto da attribuirsi alla parola possesso nell’ambito della sfera penale ai fini della configurazione del furto o di fattispecie analoghe. La certezza del diritto e la uniformità della giurisprudenza e conseguentemente la possibilità per i cives di comprendere non solo i confini del lecito e dell’illecito ma anche i diversi gradi dell’illecito, dipendono dalla chiarezza dei termini e dei concetti. Il diritto penale italiano, come è noto, non ha una definizione di possesso e lo stesso non può essere preso a prestito sic et simpliciter da altri ambiti del diritto. Esso, quindi, è un termine che si presta ad ambiguità e un termine ambiguo, prima o poi, porta ad incertezza e l’incertezza, nel mondo del processo, conduce sempre all’ingiustizia, poiché si possono verificare non solo disparità di trattamento ma anche ambiguità nel giudizio. Se e quando si definirà la questione posta al vaglio della Cassazione è, dunque, demandata ai posteri. Certamente oggi, al di là di ogni controversia sulla consumazione o meno del furto al supermercato, si continua a rubare” e molto più di prima e da molte più persone e ciò certamente non dipende affatto dall’astrattezza o vacuità delle norme, ma da una sempre maggiore povertà e disperazione, che si diffondono a macchia d’olio nelle fasce deboli della popolazione. D’altra parte, punire chi commette un furto è corretto, ma punire il reo, per furto consumato, per aver preso, per fame, del cibo e senza averlo mangiato non pare ipotesi che possa sempre dirsi accettabile. Ma, dopo tutto, non deve stupire la difficoltà di trovare soluzioni sempre adeguate. La giurisdizione si occupa di singoli episodi ed ogni caso è pur sempre un caso e ciò che interessa davvero è la giustizia nel caso concreto, che altro non è che una forma dell’Equità.

Corte di Cassazione, sez. Unite Penali, sentenza 24 aprile – 18 settembre 2014, n. 38344 Presidente Santacroce – Relatore Vecchio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza deliberata il 25 maggio 2012 e depositata il 4 giugno 2012, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della impugnata sentenza del 24 febbraio 2009 del Tribunale di Nola, a carico di P.G. e di C.V. , imputati, in concorso tra loro, del furto aggravato di alcuni indumenti, generi alimentari e cosmetici, sottratti dal supermercato Auchan, in il omissis , ha riconosciuto ai giudicabili appellanti l'attenuante del danno di lieve entità ha dichiarato la ridetta diminuente prevalente - unitamente alle circostanze attenuanti generiche già concesse in primo grado - sulla aggravante del mezzo fraudolento ha ridotto la pena inflitta da quattro mesi di reclusione e 120 Euro di multa a due mesi, venti giorni di reclusione e 80 Euro di multa, ciascuno ha elargito alla C. l'ulteriore beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale e ha confermato nel resto la sentenza appellata. I giudici di merito hanno accertato i giudicabili avevano prelevato la refurtiva dai banchi di vendita del supermercato in particolare, mentre la C. gli faceva da schermo, frapponendosi col proprio corpo, P. , presa una bottiglia di birra, aveva consumato la bevanda e, quindi, aveva riposto il contenitore semivuoto sullo scaffale gli altri oggetti erano stati celati in una borsa, poggiata sul carrello, o nelle tasche del P. tutta la concorsuale azione delittuosa si era sviluppata sotto il costante e diretto controllo degli addetti alla sorveglianza costoro erano intervenuti, subito dopo che gli imputati avevano superato la cassa, senza esibire e senza pagare la merce furtivamente prelevata. 2. Con riferimento ai motivi di gravame e in relazione a quanto serba rilievo nella sede del presente scrutinio di legittimità, sui punti della definizione giuridica della condotta furtiva e del diniego della sospensione condizionale della esecuzione della pena al P. , la Corte territoriale ha osservato quanto segue. 2.1. Sebbene l'azione sia avvenuta sotto la sorveglianza della autorità preposta al controllo”, la condotta degli appellanti ha integrato il delitto di furto consumato, in quanto, secondo il precedente di legittimità in termini, costituito dalla sentenza della Sez. 5, n. 7086 del 19/01/2011, è sufficiente che il bene sia passato nella disponibilità anche temporanea dell'agente”, sicché deve essere disattesa la richiesta di entrambi gli appellanti per la derubricazione del delitto nella ipotesi del tentativo. 2.2. Neppure merita accoglimento la ulteriore censura del P. , per il diniego della sospensione condizionale della esecuzione della pena. I precedenti penali ostano alla concessione del beneficio, in quanto l'appellante ne ha già fruito due volte mentre - come esattamente considerato dal Tribunale - nulla rileva che, al momento della commissione del furto, fosse stata depenalizzata la contravvenzione di cui all'art. 116 del codice della strada, per la quale il P. era stato in precedenza condannato. 3. Entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione, col ministero del difensore di fiducia, avvocato P.C. , mediante atto recante la data del 3 luglio 2012, depositato il 12 luglio 2012, col quale sviluppano due motivi. 3.1. Col primo motivo il difensore ha denunziato ai sensi dell'art. 606, comma 1, lettera b , cod. proc. pen., inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge penale, in relazione agli articoli 56, 110, 624 e 625 cod. pen Il ricorrente, dando atto del contrario arresto di legittimità citato dalla Corte territoriale, deduce che nella giurisprudenza della Corte di cassazione è presente l'orientamento opposto, secondo il quale, se l'azione furtiva si svolge sotto il controllo del personale addetto alla sorveglianza, il delitto non deve ritenersi consumato. Argomenta, quindi, il difensore neppure qualora il reo abbia oltrepassato le casse dell'esercizio commerciale senza pagare la merce sottratta” si perfeziona l'impossessamento infatti, a fronte di una situazione [ .] monitorata sin dall'inizio, [ .] il corpo di vigilanza [ .] del soggetto passivo ha titolo per recuperare il bene dal reo in applicazione della scriminante della legittima difesa [ .] all'interno della sfera di dominio della vittima”. 3.2. Col secondo motivo il difensore ha denunziato, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera e , cod. proc. pen. mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in relazione al diniego dalla sospensione condizionale della esecuzione della pena nei confronti del P. . Il ricorrente deduce il delitto contestato è stato commesso quando la contravvenzione di guida senza patente era stata abolita” e prima che il reato fosse ripristinato per effetto del decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117, convertito dalla legge 2 ottobre 2007, n. 160 sicché deve essere applicata la legge più favorevole mentre non rileva il ripristino successivo della norma abrogata, come ha stabilito la Corte di cassazione con sentenza n. 23613 del 18/03/2004 il precedente di legittimità, citato dal giudice di primo grado e, implicitamente fatto proprio dalla Corte di appello sentenza n. 34682 dell'11/02/1982 , non è pertinente, in quanto nel caso considerato il diniego della sospensione condizionale della esecuzione della pena si fondava sulla considerazione del disvalore patrimoniale-commerciale” delle condotte. 4. La Quinta Sezione penale, assegnataria del ricorso, con ordinanza, in data 22 gennaio 2014, l'ha rimesso alle Sezioni Unite a norma dell'articolo 618 cod. proc. pen L'ordinanza rileva il contrasto giurisprudenziale in ordine alla questione, oggetto del primo motivo di ricorso, della qualificazione giuridica della condotta furtiva consistente nel prelievo di merce dai banchi di un supermercato e nel successivo occultamento della refurtiva all'atto del passaggio davanti al cassiere, quando tutta la azione delittuosa si sia svolta sotto il controllo costante del personale addetto alla vigilanza, intervenuto solo dopo che il soggetto attivo ha superato la barriera della cassa. 4.1. Secondo un primo orientamento, cui si è uniformata la Corte territoriale e che è stato da ultimo ribadito con sentenza della stessa Sezione rimettente, n. 20838 del 07/02/2013, Fornella, Rv. 256499, la condotta in parola integra gli estremi del delitto di furto consumato, nulla rilevando, al riguardo, la circostanza che il fatto sia avvenuto sotto il costante controllo del personale del supermercato incaricato della sorveglianza così ex plurimis Sez. 5, n. 7086 del 19/01/2011, Marin, Rv. 249842 Sez. 5, n. 37242 del 13/07/2010, Nasi, Rv. 248650 Sez. 5, n. 27631 del 08/06/2010, Piccolo, Rv. 248388 Sez. 5, n. 23020 del 09/05/2008, Rissotto, Rv. 240493 . L'indirizzo in parola sostiene che il soggetto attivo del reato nel preciso momento nel quale supera la cassa, senza mostrare e pagare la refurtiva celata, perfeziona la sottrazione del bene del quale consegue istantaneamente il possesso illegittimo. Peraltro alcuni arresti della Sezione rimettente non massimati anticipano, addirittura, il momento della consumazione del furto Sez. 5, n. 25555 del 15/06/2012, Magliulo, e Sez. 5, n. 30283 del 30/03/2012, Oprea , correlandolo all'occultamento della refurtiva, prima della presentazione alla cassa. 4.2. Secondo l'orientamento opposto, invocato dal ricorrente, la concomitante sorveglianza continua dell'azione criminosa da parte del soggetto passivo o dei suoi dipendenti addetti alla vigilanza impedisce la consumazione del reato di furto, in quanto la refurtiva, appresa e occultata permane nella sfera di vigilanza e di controllo diretto dell'offeso, il quale può in ogni momento interrompere la condotta delittuosa così Sez. 5, n. 11592 del 28/01/2010, Finizio, Rv. 246893 Sez. 5, n. 21937 del 06/05/2010, Lazaar, Rv. 247410 Sez. 5, n. 7042 del 20/12/2010, dep. 2011, D'Aniello, Rv. 249835 Sez. 4, n. 38534 del 22/09/2010, Bonora, Rv. 248863 e, in tema di rapina impropria, Sez. 2, n. 8445 del 05/02/2013, Niang, non massimata . A tale orientamento si riconnette, peraltro, il dictum delle Sezioni Unite, in tema di configurabilità del tentativo di rapina impropria, nel caso in cui non si sia perfezionata la sottrazione del bene finché la cosa non sia uscita dalla sfera di sorveglianza del possessore questi è ancora in grado di recuperarla, così facendo degradare la condotta di apprensione del bene a mero tentativo” Sez. U, n. 34952 del 19/04/2012, Reina . 4.3. In conclusione, sulla base del rilevato contrasto, la Sezione rimettente ha sottoposto la seguente questione Se la condotta di sottrazione di merce all'interno di un supermercato, avvenuta sotto il costante controllo del personale di vigilanza, sia qualificabile come furto consumato o tentato allorché l'autore sia fermato dopo il superamento della barriera delle casse con la merce sottratta ”. 5. Con decreto del 30 gennaio 2014 il Primo Presidente ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite e ha fissato la trattazione per la odierna udienza pubblica. Considerato in diritto 1. Il ricorso dell'imputato merita, nei termini che seguono, parziale accoglimento, in relazione al secondo motivo di impugnazione. Il ricorso dell'imputata è totalmente infondato. 2. La questione di diritto, sottoposta all'esame di questo Collegio, non assume, per vero, rilievo nel caso in esame. I giudici di merito hanno accertato - e il punto risulta affatto pacifico in giudizio - che, quanto meno per una parte della refurtiva, il perfezionamento dell'impossessamento e della sottrazione del bene altrui è incontrovertibile. Infatti, il P. , in concorso colla C. , che lo spalleggiava, ingerì il contenuto di una bottiglia di birra, prelevata dal banco di esposizione, avendo, quindi, cura di riporre il contenitore semivuoto sullo scaffale, per dissimulare la sottrazione. Orbene la consumazione, in senso tecnico, del delitto, perfezionatasi mediante la materiale ingestione del bene sottratto, rende ininfluente la questione della definizione giuridica della concorrente condotta relativa al compendio costituito dai residui beni, oggetto della furtiva apprensione. La Corte di cassazione ha fissato il principio di diritto secondo il quale, qualora la condotta furtiva riguardi una pluralità di cose di pertinenza dello stesso detentore, nel medesimo contesto temporale e spaziale, se l'agente si impossessi di alcuni dei beni, senza riuscire, per cause indipendenti dalla sua volontà, a impossessarsi degli altri, l'azione complessa, essendo progressiva, deve essere considerata unica, in quanto la parte più rilevante, già posta in essere, assorbe quella in itinere e realizza un solo e unico reato consumato delle cose sottratte, restando escluse sia l'ipotesi del furto tentato sia quella del furto consumato in concorso con il tentativo così Sez. 5, n. 1985 del 07/02/1997, El Bouhtari, Rv. 208667 cui adde Sez. 2, n. 2185 del 03/12/1975, dep. 1976, Salvatore, Rv. 132353 Sez. 5, n. 32786 del 25/06/2013, Craparotta, Rv. 257256 . Corretta risulta, pertanto, la qualificazione del reato operata dalla Corte territoriale. 3. In ordine al diniego della sospensione condizionale della esecuzione della pena, chiesta dal P. , la Corte territoriale è incorsa in vero e proprio errore di diritto, reputando che la condanna, per reato depenalizzato, in relazione alla quale il ricorrente aveva fruito del beneficio per la seconda volta, costituisse formale ostacolo per la reiterazione. Al di là di alcuni arresti in tal senso, risalenti, peraltro, nel tempo Sez. 2, n. 3377 del 03/02/1997, Bonetta, Rv. 207552 Sez. 6, n. 35176 del 05/07/2001, Magrini, Rv. 220106 e, da ultimo, Sez. 4, n. 14857 del 27/02/2003, Torchia, Rv. 224823 , la giurisprudenza di legittimità si è, ormai, pacificamente orientata nella affermazione del principio di diritto, secondo il quale le precedenti condanne relative a fatti non più costituenti reato per abolitio criminis non sono preclusive della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena Sez. 6, n. 16363 del 05/02/2008, Scaccini, Rv. 239555 cui adde, tra le altre, Sez. 4, n. 21730 del 02/03/2004, Campolo, Rv. 228578 Sez. 5, n. 28714 del 04/07/2005, Savegnago, Rv. 231867 Sez. 5, n. 44281 del 01/07/2005, Scutti, Rv. 232621 Sez. 5, n. 18 del 27/11/2007, dep. 2008, Colombo, Rv. 238876 . Né, alla luce dei principi della irretroattività della legge penale e, nel caso di successione nel tempo di leggi diverse, della applicazione di quella più favorevole per il reo, la novella recata dal decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117, convertito dalla legge 2 ottobre 2007, n. 160 che ha ripristinato la sanzione penale per la condotta di guida di veicolo senza la prescritta abilitazione assume rilievo - nel senso postulato dai giudici di merito - della reviviscenza degli effetti penali” della condanna infitta per reato poi abolito. Esclusa, pertanto, la ricorrenza del divieto formale dell'articolo 164, comma quarto, primo inciso, cod. pen., resta, beninteso, impregiudicata la valutazione, ai fini del giudizio prognostico di cui al primo comma del medesimo articolo, anche delle condotte relative alle precedenti condanne per reati poi depenalizzati Sez. 5, n. 34682 del 11/02/2005, Marisca, Rv. 232312, cui adde Sez. 3, n. 15164 del 16/01/2003, Gravano, secondo la quale nel caso di sopravvenuta abolitio criminis , sebbene la cessazione di tutti gli effetti penali della condanna non si connette automaticamente al giudizio prognostico di ravvedimento previsto dalla legge [ .] appare logica e coerente la considerazione che, ai fini della prognosi per il futuro, il fatto che il soggetto ha più volte violato i precetti penali, per quanto successivamente interessati da una modifica legislativa che ha abrogato la norma incriminatrice, fa ritenere poco probabile che egli si astenga dal commettere nuovi reati per l'avvenire” . Ma in proposito non basta la mera prospettazione dell'astratta possibilità di siffatta valutazione evocata dal giudice di primo grado e richiamata dalla Corte territoriale occorre il concreto e motivato apprezzamento della condotta ai fini del giudizio prognostico in ordine alla sospensione condizionale della esecuzione della pena. Si rende, pertanto, necessario un nuovo giudizio nei confronti del P. riguardo alla sospensione condizionale della esecuzione della pena. 4. Conseguono alle considerazioni che precedono l'annullamento della sentenza impugnata nei confronti del P. , limitatamente alla sospensione condizionale della pena, il rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Napoli il rigetto, nel resto, del ricorso dell'imputato il rigetto del ricorso della C. e, ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., la condanna di costei al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di P.G. , limitatamente alla sospensione condizionale della pena, e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Napoli. Rigetta nel resto il ricorso di P. . Rigetta il ricorso di C.V. che condanna al pagamento delle spese processuali.