La generica allegazione di difficoltà non esclude l’obbligazione di assistenza familiare

Incombe sull’interessato l’onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l’impossibilità di adempiere alla relativa obbligazione, del tutto inidonea essendo a tal fine la dimostrazione di una mera flessione degli introiti economici o la generica allegazione di difficoltà.

Ad impossibilia nemo tenetur. Con la sentenza n. 38363 del 18 settembre 2014, la sez. VI Penale della Corte di Cassazione ribadisce i principi consolidati in materia di violazione degli obblighi di assistenza familiare dichiarando che incombe sull’interessato l’onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l’impossibilità di adempiere alla relativa obbligazione, del tutto inidonea essendo a tal fine la dimostrazione di una mera flessione degli introiti economici o la generica allegazione di difficoltà. Ciò anche nel caso di disoccupazione dell’obbligato, sia perché tale stato non implica per sé la indisponibilità di risorse, sia perché il soggetto gravato da un obbligo di mantenimento verso minori ha il dovere di attivarsi con ogni possibile e lecito mezzo per assolverlo, tanto che la mancanza di risorse economiche, pure accertata, può assumere rilievo scriminante solo quando persistente, oggettiva ed incolpevole. Obbligo di assistenza familiare. Nel caso di specie il ricorrente aveva impugnato la sentenza con la quale era stata parzialmente riformata la sentenza del Tribunale territoriale che lo aveva dichiarato colpevole del delitto di cui all’art. 570, commi 1 e 2, c.p., per essersi sottratto agli obblighi di assistenza familiare nei confronti della ex convivente e del figlio minore, facendo mancare loro i mezzi di sussistenza. Come detto, la Corte di appello aveva prosciolto il ricorrente con riferimento al delitto in danno della ex convivente, non risultando provato lo stato di bisogno della stessa, ma aveva confermato nel resto la sentenza di condanna del giudice di primo grado. L’imputato era emigrato in Svizzera per trovare lavoro ed aveva inviato per qualche mese piccole somme alla convivente ed al figlio, interrompendo tuttavia ogni rapporto dopo pochi mesi, rendendosi irreperibile. In epoca successiva, dopo circa quattro anni, l’imputato, peraltro dichiarato decaduto dalla potestà genitoriale, aveva iniziato a corrispondere una somma mensile per il mantenimento del figlio. Infine, la Corte di appello territoriale aveva escluso che il ricorrente dovesse essere prosciolto per l’impossibilità di adempiere alle proprie obbligazioni, in quanto la condizione di indigenza era stata allegata in termini generici, senza alcuna documentazione. Assenza di dolo? In sede di ricorso, le doglianze della difesa si focalizzano sulla erronea configurazione della fattispecie nell’ipotesi prevista dal comma 1 dell’art. 570 c.p. in quanto il ricorrente non si era sottratto ai propri doveri di relazione familiare, dovendo emigrare in Svizzera, in condizioni di necessità, per provvedere al mantenimento suo e della famiglia. Successivamente, essendo decaduto dalla potestà genitoriale, l’imputato non poteva essere considerato soggetto obbligato in base alla norma penale de quo. Infine, curiosamente, per il ricorrente il fatto di essersi reso nuovamente reperibile dopo quattro anni di silenzio sarebbe logicamente incompatibile con l’intenzionalità del comportamento omissivo. Come già richiamato in precedenza, gli Ermellini precisano con nettezza di contorni gli incombenti necessari per dimostrare l’impossibilità di adempiere all’obbligazione di assistenza familiare, ritenendo che nel caso di specie non si sia verificato nulla di quanto richiesto dalla norma. Inoltre, secondo il Palazzaccio, la pretesa che la ripresa di piccoli versamenti dopo quattro anni ! possano provare l’assenza di dolo punibile nei quattro anni precedenti si dimostra – come si legge nella sentenza – platealmente infondata. Decadenza della potestà genitoriale. Non è possibile, inoltre, sostenere fondatamente che con la decadenza della potestà genitoriale possano venire meno i poteri del genitore decaduto quale ad esempio l’obbligo di mantenimento. Infatti, secondo la giurisprudenza costante della Suprema Corte, il provvedimento di decadenza dalla potestà genitoriale fa venire meno i poteri del genitore decaduto ma non i doveri che non siano incompatibili con le ragioni che hanno determinato il provvedimento. Poiché, pertanto, permangono in capo al genitore decaduto oltre che i doveri di natura economica anche quelli di natura morale ne consegue che il provvedimento anzidetto non fa venire meno la permanenza del reato di cui all’art. 570, commi 1 e 2, c.p Da qui la dichiarazione dell’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 1° luglio – 18 settembre 2014, n. 38363 Presidente Garribba – Relatore Leo Ritenuto di fatto 1. È impugnata la sentenza del 19/06/2013 della Corte d'appello di Palermo, con la quale è stata parzialmente riformata la sentenza del locale Tribunale in data 21/02/2012. Con tale ultimo provvedimento, C.C. era stato dichiarato colpevole del delitto di cui all'art. 570, commi 1 e 2, cod. pen., per essersi sottratto agli obblighi di assistenza familiare nei confronti della ex convivente M.G.I. e dei figlio minore F. P. C., facendo mancare loro i mezzi di sussistenza. La Corte territoriale ha prosciolto l'odierno ricorrente con riferimento al delitto commesso in danno della ex convivente, non risultando provato lo stato di bisogno della medesima, ed ha ridotto proporzionalmente la sanzione inflitta dal Tribunale, confermando nel resto la sentenza impugnata. 1.1. II Giudice di primo grado ha reso conto della testimonianza della I., secondo la quale, nell'agosto 2004, l'odierno ricorrente era emigrato in Svizzera per trovare lavoro, ed aveva per qualche mese inviato piccole somme, ma aveva interrotto ogni rapporto con lei e con il figlio a far tempo dal dicembre dello stesso anno, rendendosi addirittura irreperibile. Solo in epoca recente ottobre 2009 , ma successiva alla data fissata nella imputazione 29/11/2007 , C. aveva preso a corrispondere una somma mensile per il mantenimento del figlio, essendo stato per altro dichiarato decaduto dalla potestà genitoriale. Nel frattempo, la sussistenza del bambino e della madre era stata assicurata con i saltuari redditi di quest'ultima e con l'aiuto di terze persone. Lo stesso imputato, nel corso dell'esame dibattimentale, aveva confermato l'omessa corresponsione di somme tra il 2004 ed il 2007, attribuendola all'indisponibilità di un lavoro, ed aveva anche confermato l'assenza di rapporti con il figlio, attribuendola alle resistenze della madre. Aveva aggiunto d'essere ancora mantenuto dai propri genitori, pur dopo il rientro in Italia, avvenuto nel 2009. 1.2. La Corte territoriale, avuto riguardo alle doglianze difensive, ha escluso che il C. dovesse essere prosciolto per l'impossibilità di adempiere alle proprie obbligazioni, poiché la condizione di indigenza era stata da lui allegata in termini generici, senza alcuna documentazione. Si è anche esclusa la rilevanza del fatto che il mantenimento del bambino era stato comunque assicurato mediante le cure della madre e di terzi, posto che la circostanza non poteva comunque escludere lo stati di bisogno del figlio minore. 2. Ricorre il Difensore dell'imputato, declinando diversi motivi di impugnazione, tutti proposti - a mente dell'art. 606, comma 1, lettere b ed e , cod. proc. pen. - prospettando violazioni della legge penale sostanziale e vizi di motivazione. 2.1. In primo luogo sarebbe stata affermata erroneamente la sussistenza del delitto di cui al comma 1 dell'art. 570 cod. pen., poiché C. non si sarebbe sottratto ai suoi doveri di relazione familiare, ma avrebbe semplicemente dovuto emigrare in Svizzera - in condizione di necessità - al fine di provvedere al mantenimento suo e della famiglia. In ogni caso, essendo decaduto dalla potestà genitoriale, l'imputato non potrebbe essere considerato soggetto obbligato in base alla norma penale richiamata. I Giudici di merito, per altro, non avrebbero fornito alcuna specifica motivazione a proposito della fattispecie in discorso. 2.2. La norma del comma 2 dell'art. 570 cod. pen. sarebbe stata applicata illegittimamente, essendosi il C. trovato nella obiettiva impossibilità dio versare somme mensili nel periodo di sospensione compreso tra il dicembre 2004 e l'ottobre del 2009. La scelta dell'imputato di rendersi nuovamente reperibile dal 2009 sarebbe logicamente incompatibile con l'intenzionalità del comportamento omissivo. La Corte territoriale, d'altra parte, avrebbe enunciato principi astratti, senza realmente procedere ad un esame delle caratteristiche del caso concreto, trascurando ad esempio il fatto che l'imputato sarebbe tuttora mantenuto dai genitori, o quello che si troverebbe in precarie condizioni di salute. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile, in quanto proposto in base a motivi non consentiti dalla legge cioè pertinenti al merito della decisione assunta dai Giudici territoriali , privi del necessario carattere di specificità e, comunque, manifestamente infondati. Dalla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ed anche di una somma ulteriore in favore della Cassa delle ammende, che la Corte, valutate le circostanze del caso concreto, stima di quantificare in 1.000,00 euro. 2. Accertato in fatto che per quattro anni consecutivi il C. non aveva minimamente contribuito al mantenimento del figlio, la Corte di merito ha fatto corretta applicazione di principi da tempo consolidati nella giurisprudenza di legittimità, a cominciare da quello per il quale incombe all'interessato l'onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l'impossibilità di adempiere alla relativa obbligazione, del tutto inidonea essendo a tal fine la dimostrazione di una mera flessione degli introiti economici o la generica allegazione di difficoltà Sez. 6, Sentenza n. 8063 del 08/02/2012, rv. 252427 , o lo stesso stato di disoccupazione dell'obbligato Sez. 6, Sentenza n. 5751 del 14/12/2010, rv. 249339 Sez. 6, Sentenza n. 7372 del 29/01/2013, rv. 254515 , sia perché tale stato non implica per sé la indisponibilità di risorse, sia perché il soggetto gravato da un obbligo di mantenimento verso minori ha il dovere di attivarsi con ogni possibile e lecito mezzo per assolverlo, tanto che la mancanza di risorse economiche, pure accertata, può assumere rilievo scriminante solo quando persistente, oggettiva ed incolpevole Sez. 6, Sentenza n. 41362 del 21/10/2010, rv. 248955 . Nulla di tutto questo si riscontra nel caso di specie, visto che finanche nel ricorso, inammissibilmente, si continua semplicemente a ribadire che C. non aveva lavoro e che per questo era andato in Svizzera non a lavorare, evidentemente . Per il resto, si propongono argomenti di prova logica che chiaramente mirano ad ottenere un diverso giudizio sul fatto da parte della Corte di legittimità, e che sono oltretutto platealmente infondati così la pretesa che la ripresa di piccoli versamenti dall'ottobre del 2009 epoca successiva alla data di cessazione della condotta contestata in questa sede possa provare l'assenza di dolo punibile nei quattro anni precedenti il dolo consiste nella mera coscienza e volontà di non tenere la condotta obbligatoria a fronte dello stato di bisogno del soggetto tutelato o la pretesa che uno stato di indigenza attuale, meramente asserito, possa provare, per lo stesso lunghissimo periodo, l'impossibilità assoluta di adempiere nei termini sopra indicati insuperabile, puntualmente verificabile, persistente, incolpevole. Quanto alla tesi che l'obbligo di mantenimento sarebbe venuto meno con la decadenza dalla potestà genitoriale, si tratta di un assunto erroneo, come già altre volte stabilito da questa Corte, con orientamento che non v'è ragione alcuna di modificare il provvedimento di decadenza dalla potestà genitoriale fa venire meno i poteri del genitore decaduto ma non i doveri che non siano incompatibili con le ragioni che hanno determinato il provvedimento. Poiché, pertanto, permangono in capo al genitore decaduto oltre che i doveri di natura economica anche quelli di natura morale e segnatamente quelli di istruzione e di educazione ne consegue che il provvedimento anzidetto non fa venire meno la permanenza dei reato di cui all'art. 570, commi primo e secondo, c.p. Sez. 6, Sentenza n. 4887 del 21/03/2000, rv. 216132 nello stesso senso Sez. 6, Sentenza n. 43288 del 29/10/2009, rv. 245254 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 01/07/2014.