Reati fiscali: “giù le zampe” dai beni della società che ha motivo di esistere

Il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, previsto dall’art. 19 d.lgs. n. 231/2001, non può essere disposto sui beni appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della società, in quanto gli artt. 24 e ss. dello stesso d.lgs. non prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l’adozione del provvedimento, con esclusione dell’ipotesi in cui la struttura aziendale costituisca un apparato fittizio utilizzato per commettere illeciti.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 38118, depositata il 17 settembre 2014. Il caso. La Corte di Cassazione annullava con rinvio l’ordinanza di sequestro preventivo per equivalente limitatamente al sequestro dei beni delle società coinvolte nel procedimento a carico di un indagato per il reato di omesso versamento dell’IVA. In seguito, il tribunale di Messina respingeva nuovamente l’istanza di riesame avanzata dall’indagato, rappresentante legale di una società. I giudici del rinvio ritenevano che dalla documentazione prodotta fosse emerso che fossero stati sottoposti a sequestro solo i conti correnti intestati all’indagato o quelli su cui lo stesso era delegato ad operare, che rientravano quindi nella sfera della sua piena disponibilità. L’uomo esercitava poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà anche sui conti formalmente intestati alle società che egli rappresentava, perciò sussisteva un rapporto che gli consentiva l’utilizzazione dei conti. Primo rinvio. L’indagato ricorreva in Cassazione, contestando al tribunale di non aver tenuto conto delle indicazioni fornite dalla Cassazione nella prima sentenza di annullamento. Infatti, i giudici di legittimità avevano richiamato l’attenzione sulla necessità di verificare l’esistenza di qualsiasi elemento idoneo a suffragare la tesi della natura fittizia delle società colpite dal provvedimento. Infatti, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, previsto dall’art. 19 d.lgs. n. 231/2001, non può essere disposto sui beni appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della società, in quanto gli artt. 24 e ss. dello stesso d.lgs. non prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l’adozione del provvedimento, con esclusione dell’ipotesi in cui la struttura aziendale costituisca un apparato fittizio utilizzato per commettere illeciti. Analisi superficiale. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione rileva che i giudici di merito si erano limitati a sottolineare la disponibilità, da parte dell’indagato, rappresentante legale, dei conti riconducibili alla società. Invece, avrebbero dovuto verificare l’esistenza di elementi idonei a suffragare la tesi che le aziende colpite da sequestro rimaste estranee al procedimento penale fossero semplicemente un apparato fittizio, creato a fini illeciti. Solo questa condizione avrebbe permesso il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ai danni della società, come previsto dagli artt. 24 e ss. d.lgs. n. 231/2001. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rinvia nuovamente la decisione al tribunale di Messina.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 8 aprile – 17 settembre 2014, n. 38118 Presidente Zecca – Relatore Foti Ritenuto in fatto -1- Con decreto del Gip del Tribunale di Messina, del 21 novembre 2012, è stato disposto il sequestro preventivo per equivalente di denaro e beni nella disponibilità di G.A. , per un importo fino alla concorrenza di Euro 1.880.797,38, in relazione all'ipotesi di reato, di cui all'art. 10 ter del d.l.vo n. 74/2000, contestata. Secondo l'accusa, la Pro.co.ge s.p.a. , alla cui rappresentanza legale di erano avvicendati il G. ed il coindagato C. pure raggiunto da sequestro , aveva omesso il versamento del debito Iva nei termini di legge per il periodo d'imposta, rispettivamente, del 2009 e del 2008. -2- Con ordinanza del 10 gennaio 2013, il Tribunale di Messina ha respinto la richiesta di riesame avanzata dal G. . -3- Proposto dallo stesso ricorso per cassazione, la terza sezione di questa Corte, con sentenza del 4 luglio 2013, ha annullato con rinvio la predetta ordinanza, limitatamente al sequestro dei beni delle società coinvolte nel sequestro. Il giudice di legittimità, premesso - che ai fini del sequestro preventivo, funzionale alla confisca ex art. 322 ter cod. pen., non occorre provare il nesso di pertinenzialità della res rispetto al reato, essendo assoggettabili a confisca beni che siano comunque nella disponibilità dell'indagato per un valore corrispondente a quello relativo al profitto o al prezzo del reato - che il concetto di disponibilità va esteso a tutte quelle situazioni nelle quali il bene stesso ricada nella sfera degli interessi economici del prevenuto, ancorché questi eserciti il proprio potere su di esso tramite altri soggetti - che, in conseguenza, legittima il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente la interposizione fittizia, cioè quella situazione in cui il bene, pur formalmente intestato a terzi, sia nell'effettiva disponibilità dell'indagato tanto premesso, dunque detto giudice ha rilevato che la possibilità di sottoporre a sequestro preventivo beni formalmente intestati a terzi, rimasti estranei al procedimento penale, presuppone una pregnante valutazione, sia pure in termini di semplice probabilità, sulla base di elementi che appaiono indicativi della loro effettiva disponibilità da parte dell’indagato, per effetto del carattere meramente fittizio della loro intestazione . Quanto alle persone giuridiche, ha aggiunto, poi, lo stesso giudice, che il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, previsto dall'art. 19 del D.Lgs. 8 giugno 2001 n. 231, non può essere disposto sui beni appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per le violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della società, atteso che gli artt. 24 e ss. del citato D.Lgs. non prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l'adozione del provvedimento, con esclusione dell'ipotesi in cui la struttura aziendale costituisca un apparato fittizio utilizzato per commettere illeciti . -4- Con ordinanza del 18 novembre 2013, il Tribunale di Messina ha respinto la richiesta di riesame. Ha sostenuto il giudice del rinvio che dalla documentazione in atti emergeva che erano stati sottoposti a sequestro solo i conti correnti intestati al G. o quelli sui quali lo stesso era delegato ad operare, come tali rientranti nella sfera della sua piena disponibilità nei termini di qualificata probabilità richiesti nella sede cautelare. In virtù della delega, ha osservato il tribunale, è lecito ritenere che il G. esercitasse poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà anche sui conti formalmente intestati alle società che egli rappresentava di guisa che dovrebbe ritenersi accertata la sussistenza di un rapporto che consentiva al prevenuto l'utilizzazione dei conti e che legittima l'adozione della misura cautelare. -5- Avverso detta decisione, ricorre in cassazione il G. , che deduce l'illegittimità della decisione impugnata, emessa in violazione dell'art. 627 co. 3 cod. proc. pen. nella misura in cui il tribunale non ha tenuto conto dei principi di diritto affermati da questa Corte con la sentenza di annullamento dell'ordinanza del 10.1.13 e si è limitato ad una mera rielaborazione delle argomentazioni svolte dallo stesso tribunale con la predetta ordinanza. In realtà, sostiene il ricorrente, a fronte delle precise indicazioni fornite dal giudice di legittimità con la sentenza di annullamento, che aveva richiamato la necessità di verificare l'esistenza di qualsiasi elemento idoneo a suffragare la tesi della natura fittizia delle società colpite dal provvedimento di cautela e quindi ad attestare la legittimità del provvedimento stesso, i giudici del riesame, disattendendo le indicazioni ed i principi affermati da questa Corte, nessun accertamento, nei termini indicati, hanno svolto e non hanno specificato da quali concreti elementi è stata desunta l'esistenza di una interposizione fittizia di persona tra il G. e le società aggredite . Incorrendo nello stesso vizio già rilevato dal Giudice di legittimità, il quale aveva sottolineato come la disponibilità, da parte del G. , dei conti delle società non potesse essere desunta solo dalla qualità dello stesso di rappresentante delle società medesime, ed aveva rilevato l'impossibilità di disporre il sequestro su beni appartenenti a persona giuridica ove si proceda per violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della società. Considerato in diritto -1- Il ricorso è fondato, limitatamente ai rapporti bancari intestati a società diverse dalla Pro.co.ge. s.p.a. . In realtà, il giudice del rinvio, con motivazione particolarmente sintetica, che sembra solo una rielaborazione di concetti già espressi dallo stesso tribunale con la prima ordinanza annullata, ha ritenuto di desumere la disponibilità, da parte del G. , dei conti riconducibili alle società raggiunte dal sequestro solo dalla qualità di costui di legale rappresentante delle stesse, in tal guisa avendo omesso di considerare quanto in proposito osservato il giudice di legittimità. Con la sentenza di annullamento, invero, era stato evidenziato che tale disponibilità non avrebbe potuto solo desumersi dalla mera rappresentanza legale delle società affermazione con la quale il tribunale non si è in alcun modo rapportato, essendosi limitato a ribadire, genericamente, a giustificazione della decisione adottata, che legittimo doveva ritenersi il sequestro, avente ad oggetto conti correnti intestati al G. o quelli sui quali egli era delegato ad operare, in quanto rientranti nella sfera della sua piena disponibilità. Nella stessa sentenza di annullamento, premessi i principi di diritto ai quali il tribunale avrebbe dovuto uniformarsi, era stata quindi rilevata la necessità di approfondire il tema dei rapporti intercorrenti tra il G. e le società, rimaste estranee al procedimento penale, dallo stesso amministrate, al fine di verificare l'eventuale esistenza di elementi idonei a suffragare, anche solo in termini probabilistici, le tesi che le aziende colpite dal sequestro altro non rappresentassero che un apparato fittizio, creato a fini illeciti, e dunque assoggettabile al provvedimento ablativo. Con detti principi e con le indicazioni contenute nella sentenza di annullamento, il tribunale non si è per nulla confrontato, avendo sostanzialmente eluso i temi segnalati dal giudice di legittimità in punto di verifica e di individuazione di elementi dai quali potesse dedursi l'esistenza di una interposizione fittizia di persona tra il G. e le società coinvolte nel sequestro , avendo anche mancato di rapportarsi al principio secondo cui al sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, ex art. 19 del d.l.vo n. 231/01, non possono essere assoggettati i beni appartenenti alla persona giuridica, ove si proceda per violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della società, posto che i reati fiscali non rientrano tra le fattispecie che autorizzano l'adozione del provvedimento, salvo che l'azienda altro non rappresenti che una struttura creata ad hoc al fine di commettere illeciti. -2- In definitiva, le censure proposte sono fondate con riguardo al sequestro dei rapporti bancari intestati a società diverse dalla Pro.co.ge. s.p.a. - società alla quale si riferiscono i mancati versamenti d'imposta - nei confronti delle quali l'ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di Messina. P.Q.M. Annulla la impugnata ordinanza limitatamente al sequestro dei rapporti bancari intestati a società diverse dalla Pro.co.ge. SPA, con rinvio sul punto al Tribunale di Messina. Rigetta nel resto.