La maestra picchia, la direttrice non può nascondersi dietro a un dito

Se un’insegnante commette dei maltrattamenti verso gli alunni, la direttrice della scuola non può limitarsi ad affermare di aver informato i propri superiori per andare esente da colpe, in quanto il suo ruolo prevede un obbligo di vigilanza.

E’ quanto emerso nella sentenza n. 38060 della Corte di Cassazione, depositata il 17 settembre 2014. Il caso. La Corte di Cassazione annullava l’ordinanza di misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di un’indagata, direttrice di una scuola, per il reato di maltrattamenti continuati ai danni di alunni, che era stata accusata di aver omesso di esercitare i propri poteri di vigilanza, controllo, segnalazione e denuncia, non impedendo così i maltrattamenti posti in essere da un’insegnante. Il tribunale di Roma, in sede di rinvio, confermava nuovamente l’ordinanza. La direttrice ricorreva, quindi, in Cassazione, contestando ai giudici di merito di aver confermato la sussistenza della gravità indiziaria sugli stessi elementi che i giudici di legittimità avevano ritenuto non sufficienti. Non si era neanche tenuto conto del ruolo effettivo dell’indagata, che, in base al suo contratto di lavoro, poteva soltanto fare delle segnalazioni ai suoi superiori, intervento che aveva svolto. Obbligo di vigilanza. Tuttavia, la Corte di Cassazione rileva che i giudici di merito avevano evidenziato la fonte normativa, che individuava i precisi doveri dell’indagata, consistenti in un obbligo di vigilanza ed in un obbligo di segnalazione agli organi competenti. Inoltre, il tribunale aveva anche indicato, tra le fonti di prova, un’intercettazione ambientale, mediante videoriprese, in cui non era mai stata registrata la presenza della ricorrente il cui obbligo di vigilanza sarebbe dovuto essere ancora più incisivo alla luce di quanto stava emergendo . Questa circostanza aveva portato l’insegnante a continuare i maltrattamenti fino all’applicazione delle misure cautelari. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 18 luglio – 17 settembre 2014, n. 38060 Presidente Esposito – Relatore Iasillo Osserva Con ordinanza del 14.05.2013, il G.I.P. del Tribunale di Roma emise la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di C.M.R. , indagata per il reato di maltrattamenti continuati ai danni di alunni della scuola ove l'indagata svolgeva la funzione di direttrice ed ometteva, in tale veste, di esercitare i poteri di vigilanza, controllo, segnalazione e denuncia non impedendo così i maltrattamenti posti in essere dall'insegnante M.F. . Avverso il provvedimento di cui sopra l'indagata propose istanza di riesame, ma il Tribunale di Roma, con ordinanza del 27.05.2013, la respinse. Ricorse, allora, per cassazione il difensore dell'indagata e questa Corte Sesta Sezione penale con sentenza del 12.11.2013 annullò con rinvio l'ordinanza di cui sopra. In data 06.03.2014 il Tribunale di Roma in sede di rinvio confermò l'impugnata ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Roma in data 14.05.2013. Ricorre per Cassazione il difensore dell'indagata rilevando che solo formalmente il Tribunale si è adeguato al dictum della Suprema Corte. Infatti, il Giudice di merito ha confermato la sussistenza della gravità indiziaria sulla base degli stessi elementi che il Supremo Collegio aveva ritenuto non sufficienti. In particolare il Tribunale non ha tenuto conto del ruolo effettivo dell'indagata - in base alla normativa che disciplina il suo contratto di lavoro -che non le consentiva interventi diversi da quelli effettuati segnalazione ai suoi superiori di quanto appreso . Rileva, poi, che il Tribunale non ha preso in considerazione tutti gli elementi probatori a favore dell'indagata, che elenca si vedano in particolare le pagine da 6 a 8 del ricorso . Il difensore della ricorrente conclude, quindi, per la dichiarazione della perdita di efficacia dell'ordinanza impugnata. Motivi della decisione Il ricorso è infondato. Infatti, il Tribunale del riesame dopo aver riportato la decisione cassata da questa Corte e quanto evidenziato nella sentenza di annullamento con rinvio, ha correttamente esposto le ragioni per le quali ritiene di confermare la misura cautelare adottata nei confronti della ricorrente. In particolare ha ben evidenziato la fonte normativa che individua i precisi doveri dell'indagata che si sostanziano in un obbligo di vigilanza e in un obbligo di segnalazione agli organi competenti si vedano le pagine 6 e 7 dell'impugnata ordinanza . Inoltre, il Tribunale ha correttamente sottolineato in cosa sia consistita la condotta omissiva imputata alla C. . In particolare il Tribunale evidenzia le omissioni in ordine al dovere di segnalazione e di vigilanza ed elenca, correttamente, le fonti di prova dalle quali ricava tale convinzione si vedano le pagine da 7 a 9 dell'impugnato provvedimento . A proposito delle fonti di prova il Tribunale indica - alle pagine 9 e 10 - anche l'intercettazione ambientale mediante video riprese effettuato dalla P. di S. e rileva come dal contenuto di tale intercettazione non viene mai registrata la presenza della C. che come si è detto aveva anche un obbligo di vigilanza obbligo di vigilanza che doveva essere più incisivo soprattutto alla luce di quanto stava emergendo . Circostanza, questa, che ha portato la maestra M. a continuare nelle sue condotte di maltrattamenti” dei bambini fino al omissis quando sono state eseguite le misure cautelari. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.