Patteggiamento da riformulare secondo la lex mitior

Per l’effetto della nuova legge sul piccolo spaccio” l. n. 79/2014 , l’accordo, posto a base della sentenza patteggiata, concluso prima dell’entrata in vigore della novella normativa, è nullo e può essere riformulato, anche quando l’accordo originario risulti ricompreso nei nuovi parametri. Si applica infatti la lex mitior, più favorevole al reo.

E’ stato così deciso dalla Corte di Cassazione nella sentenza 38137, depositata il 17 settembre 2014. Il caso. Il Tribunale, all’esito di richiesta della parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p., applicava nei confronti dell’imputato, per il reato di produzione, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti art. 73 d.p.r. n. 309/1990 , la pena concordata dalle parti stesse. La rinuncia. Avverso tale sentenza proponeva ricorso in Cassazione il soccombente, ma faceva poi pervenire la dichiarazione di rinuncia. Chiarisce la Cassazione che, nonostante, la rinuncia, la statuizione deve essere annullata. L’iter legislativo nuovo trattamento sanzionatorio. L’imputato era stato condannato per l’ipotesi di reato ex art. 73 della disciplina sopracitata, che all’epoca dei fatti importava una pena da 1 a 6 anni di reclusione e da 3.000 a 26.000 euro di multa. Con la l. n. 79/2014 alla fattispecie in esame, riscritta come autonoma figura di reato, è stato attribuito un diverso e meno grave trattamento sanzionatorio da 6 mesi a 4 anni di reclusione e da 1.032 a 1.329 euro di multa . Deve annullarsi la decisione di merito In sede di legittimità è stato affermato che, in casi come quello in esame, il rispetto del principio di legalità della pena impone l’annullamento d’ufficio della statuizione di merito . prevale la lex mitior. Secondo l’indirizzo giurisprudenziale affermatosi in sede di legittimità, prevale la lex mitior , pur in presenza di cause di inammissibilità del ricorso in Cassazione. Deve essere rilevata d’ufficio la sopravvenuta non conformità alla legge della sanzione originariamente applicata, che si converte in una ipotesi di nullità sopravvenuta della sentenza impugnata. Non è condivisibile ritenere che l’accordo, posto a base della sentenza patteggiata, concluso prima dell’entrata in vigore della novella normativa predetta, resterebbe salvo, nonostante il sopravvento di un regime sanzionatorio più favorevole, ove la pena base risulti ricompresa nei nuovi parametri. La sanzione penale è contra legem da riformulare il patteggiamento. In conclusione, il patto, sotteso alla sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p., oggi risulta essersi formato in relazione ad una sanzione penale da considerarsi ormai contra legem , dovendo trovare applicazione il nuovo regime più favorevole. Precisa la Corte Suprema, che caduto il patto, le parti restano libere di riformulare, alla luce del nuovo trattamento penale, il nuovo accordo, il quale, è ben chiarire, ove i limiti edittali nuovi lo consentano, può anche confermare, se del caso, la quantificazione precedente . La cassazione annulla senza rinvio l’impugnata sentenza e dispone la trasmissione degli atti al tribunale per ulteriore corso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 16 luglio – 17 settembre 2014, numero 38137 Presidente Zecca – Relatore Grasso Fatto e diritto 1. Il Tribunale di Ancona con sentenza del 12/10/2013, all'esito di richiesta delle parti ai sensi dell'art. 444, cod. proc. penumero , applicò nei confronti M.M. , imputato di violazione degli artt. 73 del d.P.R. numero 309/1990, 337, 582 e 585, in relazione agli artt. 576 numero 1 e 61 numero 2., cod. penumero , la pena concordata dalle parti medesime, previo riconoscimento dell'ipotesi di cui al comma 5 del citato art. 73 ed effettuata la riduzione del rito. 2. Avverso la sentenza l'imputato, dopo aver proposto ricorso per cassazione, faceva pervenire dichiarazione di rinunzia del 15/1/2014. 3. Nonostante la rinunzia, la quale impedisce il vaglio delle avanzate censure, la statuizione deve essere annullata, per altra ragione. All'imputato è stata riconosciuta l'ipotesi all'epoca costituente attenuante di cui al comma 5 dell'art. 73 del d.P.R. numero 309/1990, che, secondo la disciplina al tempo vigente, importava una pena da uno a sei anni di reclusione e da 3.000 a 26.000 Euro. Con il decreto legge 20/3/2014, numero 36, ora convertito nella legge 16/5/2014, numero 79, alla fattispecie in esame, riscritta come autonoma ipotesi di reato, è stato attribuito un diverso e meno grave trattamento sanzionatorio da sei mesi a quattro anni di reclusione e da 1.032 a 10.329 Euro di multa nella prima versione di reato autonomo minore introdotta con il D.L. 23/12/2013, numero 146, convertito nella L. 21/2/2014, numero 10, le cui previsioni sono state prematuramente poste in crisi dalla sentenza della Corte cost. numero 32/014, con la quale è stato dichiarata costituzionalmente illegittima l'equiparazione trattamentale, a prescindere dalla qualità delle sostanze stupefacenti, operata con la novella apportata all'art. 73 del d.P.R. numero 309/1990 dall'art. 4bis, comma 1, lett. b, D.L. 30/12/2005, convertito nella L. 21/2/2006, numero 49, il reato risultava punito con la reclusione da un anno a cinque anni e con la multa da 3.000 a 26.000 Euro . In sede di legittimità, si è più volte chiarito Cass., Sez. V, numero 345 del 13/11/2002, Rv. 224220 Sez. I, numero 1711 del 14/4/1994, Rv. 197464 in siffatti casi che il rispetto del principio di legalità della pena comb. disp. art. 2, comma 4. cod. penumero e 129, comma 2, cod. proc. penumero impone annullamento d'ufficio della statuizione di merito. Siccome condivisamente illustrato in profondità nella sentenza di questa stessa Sezione numero 13903/14 del 28/2/2014, il principio di retroattività della norma più favorevole si fonda sulla legge ordinaria art. 2, comma 4, cod. penumero e, giudicata non pertinente l'evocazione degli artt. 13 e 25, Cost., sull'art. 3 Cost. Pertanto Il livello di rilevanza dell'interesse preservato dal principio di retroattività della lex mitior - quale emerge dal grado di protezione accordatogli dal diritto interno, oltre che dal diritto internazionale convenzionale e dal diritto comunitario - impone di ritenere che il valore da esso tutelato può essere sacrificato da una legge ordinaria solo in favore di interessi di analogo rilievo quali - a titolo esemplificativo - quelli dell'efficienza del processo, della salvaguardia dei diritti dei soggetti che, in vario modo, sono destinataci della funzione giurisdizionale, e quelli che coinvolgono interessi o esigenze dell'intera collettività nazionale connessi a valori costituzionali di primario rilievo cfr. sentenze numero 24 del 2004 numero 10 del 1997, numero 353 e numero 171 del 1996 numero 218 e numero 54 del 1993 . Con la conseguenza che lo scrutinio di costituzionalità ex art. 3 Cost., sulla scelta di derogare alla retroattività di una norma penale più favorevole al reo deve superare un vaglio positivo di ragionevolezza, non essendo a tal fine sufficiente che la norma derogatoria non sia manifestamente irragionevole” C. cost. sent. numero 393/2006 per la giurisprudenza di legittimità, Sez. 3, numero 34117 del 27/04/2006 - dep. 12/10/2006, Alberini e altro, Rv. 235051 . La Corte Costituzionale con la sentenza numero 236 del 19/7/2011, dopo aver ripreso le norme sovranazionali rilevanti in materia, ha escluso che l'art. 7 CEDU imponga una maggior tutela della retroattività della lex mitior, anzi rilevando che nella CEDU si rinviene il limite del giudicato, valicabile, invece, secondo lo stato dell'elaborazione interna, oltre a segnare un'incidenza, per estensione di materia, inferiore all'area delineata dall'art. 2, comma 4, cod. penumero . 4. Secondo l'indirizzo che questo Collegio reputa più confacente ad assicurare il rispetto della prevalenza della lex mitior pur in presenza di cause d'inammissibilità nel giudizio di legittimità deve essere rilevata d'ufficio la sopravvenuta non conformità alla legge della sanzione originariamente applicata, che si converte in una ipotesi di nullità sopravvenuta della sentenza impugnata, analogamente, peraltro a quel che diffusamente si è ritenuto nell'ipotesi di declaratoria di illegittimità costituzionale di una norma disciplinante il trattamento sanzionatorio, come sopra si è anticipato, e, se del caso, anche attraverso l'intervento rimodulatorio del giudice dell'esecuzione S.U. numero 18821 del 24/10/2013, Ercolano . Non ignora questa Corte il sussistere di una discordante opinione, secondo la quale l'accordo, posto a base della sentenza patteggiata, concluso prima dell'entrata in vigore della novella di cui sopra, resterebbe salvo, nonostante il sopravvento di un regime sanzionatorio più favorevole, ove la pena base risulti ricompresa nei nuovi parametri Sez. III, numero 11110 del 25/2/2014, Rv. 258353 . Una tale impostazione non è condivisibile. In primo luogo devesi precisare che anche ove il giudice, nel determinare la pena non sia partito da una quantificazione divenuta illegale, la stima sanzionatoria che lo stesso è chiamato a svolgere risulta essere stata effettuata sulla base di una realtà normativa non più in vigore, superata da una nuova regolamentazione indubbiamente ed inequivocamente più favorevole, come nel caso al vaglio sia per il minimo che per il massimo . In secondo, ma non secondario, luogo occorre rilevare che la nuova configurazione normativa ha dato vita, come si è anticipato, ad un'autonoma figura di reato ciò ha ricadute inevitabili sul computo della pena in concreto, specie in caso di continuazione qui la rilevanza è massima, in quanto viene ad incidere sull'individuazione del reato più grave . 5. Piuttosto occorre coordinare le affermazioni fin qui sviluppate con la constatazione che con la rinuncia, costituente negozio processuale abdicativo, l'impugnante manifesta la propria irretrattabile volontà di non voler più coltivare l'impugnazione. Una tale determinazione, alla quale possono essere sottesi i più vari motivi individuali meritevoli di tutela, pur in presenza di una regime normativo più favorevole deve essere tenuta salva, a condizione, tuttavia, che il rinunziante abbia manifestato il suo volere con la consapevolezza dell'intervenuto mutamento, il che deve affermarsi, per presunzione di conoscibilità, tutte le volte che l'atto abdicativo risulti essere stato confezionato successivamente all'entrata in vigore del nuovo e più favorevole regime pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della legge o della pronuncia d'incostituzionalità . Nel caso alla mano una tale evenienza non ricorre in quanto la manifestazione di rinunzia è ben anteriore alla pubblicazione della favorevole novella. 6. Ciò premesso, il patto, sotteso alla sentenza emessa ai sensi dell'art. 444, cod. proc. penumero , oggi risulta essersi formato in relazione ad una sanzione penale da ritenersi ormai contra legem, dovendo trovare applicazione il nuovo regime sanzionatorio più favorevole, ai sensi dell'art. 2, comma 4, cod. penumero , non ostandovi nessuna delle superiori esigenze individuate dalla Corte Costituzionale nella sentenza numero 393, sopra citata. Ciò posto, caduto il patto, le parti restano libere di riformulare, alla luce del nuovo trattamento penale, il nuovo accordo, il quale, è bene chiarire, ove i limiti edittali nuovi lo consentano, può anche confermare, se del caso, la quantificazione precedente. 7. S'impone, pertanto, l'annullamento senza rinvio della statuizione, con trasmissione degli atti per il prosieguo giudizio ordinario o nuovo patteggiamento . P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Ancona per ulteriore corso.