Nessun errore di fatto o materiale? Allora, nessun ricorso straordinario

Ai sensi dell’art. 625 bis c.p.p, può essere proposto ricorso straordinario in Cassazione quando vi sia errore materiale o di fatto. Esulano da tale procedimento le censure riguardanti valutazioni di puro diritto.

E’ stato così deciso dalla Corte di Cassazione nella sentenza 38050, depositata il 17 settembre 2014. Il caso. La Cassazione aveva dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall’imputato, condannato nei precedenti gradi di giudizio per il reato di abuso d’ufficio art. 318 c.p. . L’uomo, infatti, in qualità di pubblico ufficiale aveva ricevuto un bene di elevato valore economico, quale corrispettivo per il suo interessamento finalizzato al rilascio di provvedimenti a favore di una ditta. Il ricorso straordinario per cassazione Proponeva ricorso straordinario per cassazione, ex art. 625 bis c.p.p. il difensore dell’imputato, rilevando che nell’impugnata sentenza la Corte era incorsa in errore, giudicando infondato il motivo di doglianza della difesa, relativo alla mancanza di un nesso sinallagmatico tra la dazione del bene e gli atti posti in essere dall’imputato, avendo erroneamente ritenuto utilizzabili le captazioni telefoniche , che, invece, la Corte territoriale aveva ritenuto inutilizzabili. inammissibile quando La Corte nell’affrontare il caso in esame ricorda che è inammissibile il ricorso straordinario per errore di fatto proposto a norma dell’art. 625 bis c.p.p. con il quale si deducano errori di interpretazione di norme giuridiche, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di un’esatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali Cass., n. 3522/2008 . Errore materiale, di fatto e quello di diritto. E’ altrettanto pacifico in sede di legittimità che, ai sensi dell’art. 625 bis c.p.p., l’errore materiale consiste nella mancata rispondenza tra la volontà, correttamente formatasi, e la sua estrinsecazione grafica l’errore di fatto, invece, consiste in una svista o in un equivoco incidenti sugli atti interni al giudizio di legittimità, il cui contenuto viene percepito in modo difforme da quello effettivo. Mentre, rimangono estranei all’area dell’errore di fatto gli errori di valutazione di giudizio dovuti ad una non corretta interpretazione degli atti del processo di cassazione, da assimilare agli errori di diritto conseguenti all’inesatta ricostruzione del significato delle norme sostanziali e processuali Cass., n. 45731/2001 . La valutazione dei Giuridici territoriali era di puro diritto e non di fatto. Nel caso di specie – specificano gli Ermellini - con una valutazione di puro diritto e non certo di fatto, la Corte territoriale, richiamandosi ad un certo filone giurisprudenziale, aveva ritenuto inutilizzabili, ai fini della prova del reato di cui all’art. 318 c.p. a carico dell’imputato, le intercettazioni telefoniche originariamente poste in essere nel procedimento in relazione ad altri e diversi ipotizzati fatti di reato . Inammissibilità del ricorso. Non compete, in conclusione, alla Cassazione stabilire in questa sede se fosse o meno corretta la decisione assunta sull’utilizzabilità dell’intercettazioni da parte del S.C., che aveva disatteso la decisione dei Giudici territoriali. Infatti, tale questione è di diritto, non certo di fatto, perciò non denunciabile attraverso la procedura di cui all’art. 625 bis c.p.p La Cassazione, quindi, dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 16 luglio – 17 settembre 2014, n. 38050 Presidente Casucci – Relatore Alma Ritenuto in fatto Con sentenza del 23/1/2014 la VI Sezione penale di questa Corte Suprema ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dall'imputato M.G. condannato nei precedenti gradi di giudizio per il reato di cui all'art. 318 cod. pen. e, per l'effetto, lo ha condannato al pagamento delle spese processuali della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende. L'imputazione ascritta al M. ha riguardo al fatto che lo stesso, nella sua qualità di pubblico ufficiale dirigente del settore ambiente della Provincia di Massa Carrara , in violazione del codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, riceveva per sé e per sua moglie un orologio di marca e di elevato valore economico, quale corrispettivo per il suo interessamento finalizzato al rilascio di provvedimenti a favore della ditta Costa Mauro S.r.l., svolgente attività di raccolta e trattamento di rifiuti solidi urbani e di produzione di combustibili da rifiuto, in varie pratiche amministrative ed in un ricorso giurisdizionale interessanti la predetta ditta. Propone ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen. il difensore del predetto imputato rilevando che nella sopra menzionata sentenza la Corte è incorsa in errore giudicando infondato il motivo di doglianza della difesa relativo alla mancanza di un nesso sinallagmatico tra la dazione del bene di cui sopra e gli atti posti in essere dal M. avendo erroneamente ritenuto di potersi servire per la decisione delle captazioni telefoniche che la Corte territoriale aveva dichiarato inutilizzabili. Il ricorrente ha allegato al ricorso una pagina della decisione sul punto adottata dalla Corte territoriale. Lamenta, ancora, il ricorrente che la Corte ha pure inesattamente reputato che il motivo di ricorso intendesse far perno su di un presunto trattamento più favorevole dell'art. 318 cod. pen. a seguito della novella di cui alla L. 190/2012 nel mentre la difesa aveva argomentato che la tesi della prescindibilità del nesso sinallagmatico riguardo all'art. 318 previgente era stata respinta dai commentatori della L. 190/2012. Considerato in diritto Deve, innanzitutto essere premesso che è inammissibile il ricorso straordinario per errore di fatto proposto a norma dell'art. 625-bis cod. proc. pen. con il quale si deducano errori di interpretazione di norme giuridiche, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l'attribuzione ad esse di un'inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali Cass. Sez. 6, Sent. n. 3522 del 09/12/2008, dep. 27/01/2009, Rv. 242658 . Questa Corte Suprema in epoca più remota ha già avuto modo di chiarire, e l'odierno Collegio ne condivide l'assunto, che l'errore materiale e l'errore di fatto, indicati dall'art. 625 bis cod. proc. pen. come motivi di possibile ricorso straordinario avverso provvedimenti della corte di cassazione, consistono, rispettivamente, il primo già previsto come emendabile, a determinate condizioni, dall'art. 130 cod. proc. pen. , nella mancata rispondenza tra la volontà, correttamente formatasi, e la sua estrinsecazione grafica il secondo assimilabile a quello revocatorio già previsto, in materia civile, dall'art. 391 bis cod. proc. pen. , in una svista o in un equivoco incidenti sugli atti interni al giudizio di legittimità, il cui contenuto viene percepito in modo difforme da quello effettivo. Deve pertanto ritenersi che rimangano del tutto estranei all'area dell'errore di fatto - restando quindi fermo, con riguardo ad essi, il principio di inoppugnabilità dei provvedimenti della Corte di cassazione - gli errori di valutazione e di giudizio dovuti ad una non corretta interpretazione degli atti del processo di cassazione, da assimilare agli errori di diritto conseguenti all'inesatta ricostruzione del significato delle norme sostanziali e processuali Cass. Sez. 1, sent. n. 45731 del 13/11/2001, dep. 20/12/2001, Rv. 220373 . Orbene, nel caso in esame, con una valutazione di puro diritto e non certo di fatto la Corte territoriale, richiamandosi ad un certo filone giurisprudenziale, aveva ritenuto inutilizzabili ai fini della prova del reato di cui all'art. 318 cod. pen. a carico dell'imputato M. le intercettazioni telefoniche originariamente poste in essere nel procedimento in relazione ad altri e diversi ipotizzati fatti-reato. La VI Sezione penale di questa Corte Suprema, come è dato leggere nella parte motiva della sentenza che in questa sede ci occupa, ha per contro ritenuto utilizzabili tali intercettazioni all'evidenza implicitamente disattendendo la decisione sul punto adottata dalla Corte territoriale. Non compete certo all'odierno Collegio stabilire in questa sede se fosse più corretta la decisione assunta sul punto dalla Corte d'Appello o dalla VI Sezione penale di questa Corte Suprema con la sentenza che in questa sede ci occupa ma è un dato indiscutibile che la questione sulla utilizzabilità o meno delle intercettazioni telefoniche e, per l'effetto, in ordine alla loro valenza sul ritenere correttamente configurato il reato contestato all'imputato, è una questione di diritto e non certo di fatto e, come tale, non denunciabile con la procedura di cui all'art. 625 bis cod. proc. pen Per le ragioni sopra evidenziate il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Peraltro, alla luce delle linee guida tracciate dalle Sezioni Unite di questa Corte Cass. Sez. U., sent. n. 43055 del 30/09/2010, dep. 03/12/2010, Rv. 248380 e dal Giudice delle leggi cfr. Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186 la particolarità della questione sollevata, oggetto di contrasto giurisprudenziale, assume caratteristiche tali che per ragioni di equità appare doveroso esentare il ricorrente dalla condanna al pagamento di una somma in favore della cassa per le ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.