Non si fa intimidire dalle minacce ricevute: deve venirlo a dire in tribunale

Nel caso in cui il testimone oggetto di pressioni volte ad inquinare la genuinità delle sue dichiarazioni dibattimentali nel caso di specie, dallo stesso denunciate non si sottragga all’esame dibattimentale, è illegittima l’acquisizione delle dichiarazioni predibattimentali dallo stesso rese senza procedere all’esame.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 37868, depositata il 16 settembre 2014. Il caso. La Corte d’appello di Milano condannava 3 imputati per concorso in estorsione aggravata e continuata, in quanto avevano costretto, con delle minacce di morte, la vittima a consegnare loro delle somme di denaro. Gli imputati ricorrevano in Cassazione, lamentando la violazione dell’art. 500, comma 4, c.p.p., in merito all’erronea acquisizione ed utilizzazione delle dichiarazioni predibattimentali della persona offesa, acquisite perché quest’ultima aveva denunciato pressioni, pur non essendosi rifiutata di rendere testimonianza. La Corte d’appello fondava la sua decisione sul precedente n. 27582/2010 della Cassazione, secondo cui l’acquisizione al fascicolo del dibattimento delle dichiarazioni precedentemente rese al pm del testimone condizionato”, ai sensi dell’art. 500, comma 4, c.p.p. non richiede né la loro preventiva contestazione, né la presentazione del testimone al dibattimento. In quel caso, la persona dichiarante che si assumeva essere stata vittima di violenze e/o minacce volte ad inquinare la genuinità delle sue future dichiarazioni dibattimentali, o ad incidere sulla sua volontà di rendere l’esame, non si era presentata in dibattimento. Intimidazione. Era, quindi, legittima in quella situazione l’acquisizione al fascicolo del dibattimento delle dichiarazioni precedentemente rese in caso contrario, l’intimidazione nei confronti della persona offesa avrebbe avuto il risultato sperato di impedire la testimonianza. Nel caso di specie, invece, la persona offesa aveva denunciato le pressioni ricevute e, dopo un iniziale allontanamento, si era regolarmente presentata in dibattimento per rendere l’esame. Era, quindi, certamente indebito il preliminare rifiuto di procedere all’esame dibattimentale in contraddittorio del dichiarante. L’art. 500, comma 4, c.p.p., infatti, condiziona l’acquisizione in deroga a due presupposti in alternativa o la non accettazione del contraddittorio da parte del testimone oppure la possibilità che questo, in dibattimento, deponga il falso o faccia affermazioni comunque contrastanti rispetto a quelle predibattimentali. Nessuna delle due condizioni ricorreva nel caso specifico. In più, la valutazione dei giudici di merito di irrimediabile inquinamento della genuinità della persona offesa in virtù delle pressioni ricevute, posta a base della ritenuta inutilità dell’esame dibattimentale, si contraddiceva con quella riguardante la ritenuta attendibilità dello stesso dichiarante dello stesso dichiarante in merito alle pressioni ricevute e che avevano giustificato l’acquisizione ex art. 500, comma 4, c.p.p. , di cui si era ritenuta raggiunta la prova soltanto in virtù di quanto dichiarato dallo stesso. In ogni altra situazione, quando l’esame dibattimentale è possibile, le contestazioni nell’esame testimoniale costituiscono l’unico strumento processuale per far rilevare la divergenza tra le dichiarazioni rese dal teste in dibattimento e quelle dallo stesso rese in fase di indagini preliminari. I giudici di legittimità, in conclusione, affermano che nel caso in cui il testimone oggetto di pressioni volte ad inquinare la genuinità delle sue dichiarazioni dibattimentali nel caso di specie, dallo stesso denunciate non si sottragga all’esame dibattimentale, è illegittima l’acquisizione delle dichiarazioni predibattimentali dallo stesso rese senza procedere all’esame. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 13 giugno – 16 settembre 2014, n. 37868 Presidente Gentile – Relatore Beltrani Ritenuto in fatto Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza emessa in data 22 febbraio 2012 dal Tribunale della stessa città, che aveva dichiarato per quello che in questa sede rileva, a seguito della separazione processuale - come da ordinanza in atti - della posizione dell'originario coimputato S.A. gli imputati M.F. , L.F. e Z.C.G. colpevoli di concorso in estorsione aggravata e continuata in danno di O.F. , costretto, con minacce di morte rivolte a lui personalmente ed alla moglie, a consegnare agli imputati somme di denaro pari nel complesso a circa ottomila Euro fatti commessi tra settembre 2009 e settembre 2010 , condannando ciascuno ritenute per tutti le circostanze attenuanti generiche alle pene ritenute di giustizia. Contro tale provvedimento, gli imputati il L. con l'ausilio di un difensore iscritto nell'apposito albo speciale gli altri due personalmente hanno proposto distinti ricorsi per cassazione, deducendo i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p. ricorso M. I - erronea applicazione dell'art. 500, comma 4, c.p.p., nonché violazione degli artt. 514 e 526, co. 1-bis, c.p.p., per erronea acquisizione ed utilizzazione delle dichiarazioni predibattimentali della p.o., acquisite perché la stessa p.o. aveva denunciato pressioni, pur non avendo rifiutato di rendere testimonianza II - erronea applicazione degli artt. 267 e 268 c.p.p., ed inutilizzabilità ex art. 271 c.p.p., dell'intercettazione ambientale del 13 settembre 2010, intercorsa tra la p.o. e gli imputati, perché esulante dal provvedimento autorizzativo del g.i.p., in quanto asseritamente eseguita su impulso della P.G., che avrebbe fornito alla p.o. il materiale necessario per eseguire la captazione III - erronea applicazione dell'art. 603 c.p.p. in relazione all'art. 493, comma 2, c.p.p., per indebito rigetto della richiesta di audizione del proprio figlio ricorso L. I/II - violazione degli artt. 108, 178, 180 c.p.p. e 24 della Costituzione, per illegittimità dell'ordinanza 9 gennaio 2013, con la quale è stata rigettata la richiesta di termini a difesa formulata da un nuovo difensore dell'imputato, a seguito della revoca del mandato ad uno dei precedenti codifensori, e manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione sul punto III - violazione degli artt. 125, comma 3, e 546, comma 1, c.p.p. in relazione all'art. 111, comma 6, della Costituzione quanto alla motivazione dell'affermazione di responsabilità IV - reitera il I motivo dedotto dalla M. V - mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione quanto al contributo concorsuale che si assume fornito dall'imputato al reato contestato VI - mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt. 192 e 194 c.p.p. VII - inosservanza degli artt. 125, comma 3, 546, comma 1, 192 c.p.p. e 111, comma 6, della Costituzione, nonché mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione con riferimento ai fatti contestati all'imputato nel settembre 2009 VIII - mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione quanto alla determinazione della pena ricorso Z. I - mancata assunzione di una comparazione fonometrica costituente prova decisiva II - mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione quanto alla ritenuta attendibilità della p.o. ed alla identificazione nell'imputato del cinese detto M. autore delle condotte di cui all'imputazione III - erronea applicazione della legge penale e/o mancata o manifesta illogicità della motivazione quanto alla qualificazione giuridica dei fatti accertati, a suo avviso integranti gli estremi del reato di cui all'art. 393 c.p All'odierna udienza pubblica, è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito all'esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe, e questa Corte Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in pubblica udienza. Considerato in diritto I ricorsi sono in parte fondati e vanno accolti per quanto di ragione. 1. Il primo motivo del ricorso M. , ripreso anche dal IV motivo del ricorso L. , è fondato. 1.1. Oggetto di doglianza è se l'applicazione della disciplina di cui all'art. 500, comma 4, c.p.p. postuli la previa audizione dibattimentale del dichiarante, oppure no. La Corte di appello ha fondato il suo convincimento sulla sentenza n. 27582 del 2010 di questa Corte Suprema, la cui massima ufficiale n. 248052 è così formulata L'acquisizione al fascicolo del dibattimento delle dichiarazioni precedentemente rese al pubblico ministero dal testimone condizionato, ai sensi dell'art. 500, comma quarto, cod. proc. pen., non richiede né la loro preventiva contestazione, né la presentazione del testimone al dibattimento In motivazione la Corte ha aggiunto che l'espressione sono acquisite, impiegata dalla norma citata, indica un automatismo che ne consente l'acquisizione anche in assenza di una richiesta delle parti ”. Dalla lettura della motivazione si desume che, in quel caso, la dichiarante che si assumeva essere stata vittima di violenze e/o minacce volte ad inquinare la genuinità delle sue future dichiarazioni dibattimentali, o ad incidere tout court sulla sua volontà di rendere l'esame, non si era presentata in dibattimento Nel caso concreto, la Corte ha evidenziato la esistenza di elementi sintomatici del violento condizionamento posto in essere dall'imputato nei confronti della donna sul punto, basti rilevare che, come risulta dal testo del provvedimento impugnato, una telefonata di minacce del Ro. ha raggiunto la Pa. mentre era nella Caserma dei Carabinieri ed è stata registrata. Di conseguenza, è ragionevole ritenere che la donna si sia resa irreperibile e sottratta allo esame testimoniale perché condizionata dal timore di rappresaglie da parte dell'imputato sotto questo profilo, la conclusione della Corte di Appello è corretta e non richiedeva più esaustive indagini” . Il principio, assolutamente condivisibile in relazione al caso cui esso si riferiva emblematico esempio di violenze o minacce poste in essere con il risultato più proficuo per il soggetto agente, per indurre un testimone a non rendere il previsto esame dibattimentale, avendolo addirittura indotto a rendersi irreperibile è stato più recentemente ribadito Sez. III, sentenza n. 12463 del 14 dicembre 2011, dep. 3 aprile 2012, CED Cass. n. 252246 Sono utilizzabili e legittimamente acquisite al fascicolo del dibattimento ex art. 500, comma quarto, cod. proc. pen. le dichiarazioni predibattimentali della persona offesa, vittima di violenza sessuale, che, per sottrarsi a gravi intimidazioni finalizzate ad evitarne la deposizione o a ritrattare le accuse, sia costretta a rendersi irreperibile e non compaia in udienza per testimoniare” , ma mal si attaglia alla fattispecie concreta oggetto degli odierni ricorsi, caratterizzata dal fatto che la p.o., per nulla irrimediabilmente intimidita, aveva denunciato le pressioni ricevute e, pur dopo un iniziale allontanamento, si era regolarmente presentata in dibattimento per rendere il chiesto esame. In siffatta fattispecie, se non è dubbia la possibilità, ove ne fosse risultata permanente la necessità, di acquisire ai sensi dell'art. 500, comma 4, c.p.p. le dichiarazioni predibattimentali della p.o., è certamente indebito il preliminare rifiuto di procedere all'esame dibattimentale in contradditorio del dichiarante. 1.1.1. A tale conclusione induce, invero, il rilievo testuale che l'art. 500, comma 4, c.p.p. espressamente condiziona l'operatività della disciplina acquisitiva in deroga che prevede, al ricorrere, alternativamente, di uno dei due seguenti presupposti - la non accettazione in tutto od in parte del contraddittorio da parte del testimone affinché non deponga” , in presenza della quale non sarebbero tout court ammesse contestazioni, né, conseguentemente, l'utilizzazione delle precedenti dichiarazioni rese dal testimone, se non in presenza dell'illecita turbativa esterna . - . ovvero l'accettazione del contraddittorio da parte del testimone o deponga il falso” , il quale renda, peraltro, dichiarazioni dibattimentali difformi rispetto a quelle predibattimentali solo perché inquinate dall'intervento della indebita turbativa esterna. In quest'ultima fattispecie, il riferimento all'eventualità di una precedente contestazione e quindi alla necessità che l'esame abbia luogo , pur se non normativamente esplicitato, deve ritenersi implicito, ove si consideri che l'art. 500 c.p.p. null'altro disciplina se non la materia delle contestazioni in corso dell'esame dibattimentale del testimone. A conferma implicita di tale assunto, questa Corte Suprema Sez. III, sentenza n. 39319 del 5 giugno 2009, CED Cass. n. 244958 pur in relazione a diversa fattispecie, ha già chiarito che, quando l'esame dibattimentale sia possibile, le contestazioni nell'esame testimoniale costituiscono l'unico strumento processuale per far rilevare la divergenza tra le dichiarazioni rese dal teste in dibattimento e quelle dallo stesso rese in fase di indagini preliminari”. 1.1.2. Così riepilogata la disciplina positiva, appare evidente che, nel caso di specie, non ricorreva la prima delle alternative cui l'art. 500, comma 4, condiziona le acquisizioni de quibus, e cui si riferisce il precedente indebitamente valorizzato dalla Corte di appello. In difetto dell'esame del dichiarante, non può ritenersi verificata neanche la condizione alternativa prevista dalla predetta disposizione, non essendo dato sapere se il dichiarante avrebbe o meno deposto il falso. 1.1.3. Deve, peraltro, aggiungersi che, sotto il profilo strettamente motivazionale, la valutazione di irrimediabile inquinamento della genuinità della p.o. in virtù delle pressioni ricevute, posta dai giudici di merito a fondamento della ritenuta inutilità dell'esame dibattimentale, mal si concilia, ed anzi più radicalmente contraddice quella dagli stessi giudici operata nel procedimento quanto alla ritenuta attendibilità dello stesso dichiarante in merito alle pressioni ricevute, delle quali si è ritenuta raggiunta la prova onde legittimare la disposta acquisizione ex art. 500, comma 4, c.p.p. delle dichiarazioni predibattimentali dal medesimo rese proprio e soltanto in virtù delle dichiarazioni dal predetto in proposito rese. La ragione di tali diverse valutazioni - se esistente - avrebbe, pertanto, dovuto essere esplicitata. 1.1.4. La sentenza impugnata va, pertanto, annullata nei confronti di tutti gli odierni ricorrenti, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano che, nel nuovo giudizio, si atterrà al seguente principio di diritto Nel caso in cui il testimone oggetto di pressioni volte ad inquinare la genuinità delle sue dichiarazioni dibattimentali nel caso di specie, dallo stesso denunciate non si sottragga all'esame dibattimentale, è illegittima l'acquisizione delle dichiarazioni predibattimentali dallo stesso rese senza procedere all'esame”. La Corte di appello terrà altresì conto della considerazione di cui al p. 1.1.3. 1.2. Il secondo motivo del ricorso M. è manifestamente infondato, dovendo ritenersi intervenuta rituale convalida della contestata intercettazione pur se le indicazioni logistiche non risultano esattamente sovrapponibili, dal contesto investigativo cui il predetto provvedimento fa riferimento emerge all'evidenza che proprio quella de qua dovunque sarebbe intervenuta era la conversazione la cui intercettazione si intendeva autorizzare. 1.3. Il terzo motivo del ricorso M. è assorbito dall'accoglimento del I motivo. 2. Il primo motivo del ricorso L. è manifestamente infondato, ove si consideri che la revoca del mandato è per legge inefficace prima del valido intervento del nuovo difensore cfr. art. 107, commi 4 e 3, c.p.p. , e comunque che il L. risultava al tempo stesso validamente assistito da un codifensore. Nessun termine a difesa spettava quindi al difensore la cui nomina era - per scelta esclusivamente riferibile all'imputato, e non altrimenti necessitata -sopravvenuta. 2.1. Il quarto motivo del ricorso L. è fondato per le stesse ragioni in precedenza illustrate con riguardo all'omologo motivo del ricorso M. . 2.2. Tutti gli altri motivi del ricorso L. sono assorbiti dall'accoglimento del IV motivo. 3. I motivi del ricorso Z. sono assorbiti dall'accoglimento del I motivo del ricorso M. e del IV motivo del ricorso L. decisione che si estende anche allo Z. ai sensi dell'art. 587 c.p.p. . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti dei ricorrenti M.F. , L.F. e Z.C.G. , con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano per nuovo giudizio.