Una prima condanna non salva da altre se la lezione non è stata imparata

Di regola, il delitto ex art. 632 c.p. alterazione dello stato dei luoghi è un reato istantaneo, in quanto si consuma nel momento stesso in cui si modifica lo stato dei luoghi. Tuttavia, può assumere un carattere permanente qualora necessiti, perché perdurino gli effetti della modifica, di un’attività continua o ininterrotta dell’agente.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 37671, depositata il 15 settembre 2014. Il caso. Nel novembre 2012, una donna veniva condannata dal gdp di Rutigliano per il reato ex art. 632 c.p. deviazione di acque e modificazione dello stato dei luoghi . L’imputata ricorreva in Cassazione, lamentando la violazione del principio del ne bis in idem , in quanto già nel luglio 2012 era stata condannata per lo stesso reato per aver impedito ad una vicina l’accesso all’immobile di sua proprietà posizionando un cancello chiuso a chiave. La donna deduceva che il fatto fosse lo stesso contestato nella prima sentenza, cioè proprio il posizionamento del cancello. Alterazione dello stato dei luoghi. La Corte di Cassazione ricorda che il bene giuridico tutelato dall’art. 632 c.p. è l’integrità dell’altrui proprietà immobiliare e del possesso contro ogni arbitraria modificazione dello stato dei luoghi che possa renderne incerta la posizione giuridica o alterarne le condizioni di pacifico godimento. Qualsiasi alterazione dello stato dei luoghi, tale da consentire un profitto ingiusto all’agente e determinare conseguenze dannose all’integrità dell’immobile e all’accertamento dei diritti reali su di esso, costituisce immutazione. Nel caso specifico, la ricorrente era stata condannata, la prima volta, per fatti contestati fino al giugno 2007 e una seconda volta per fatti contestati fino ad ottobre 2008. Reato istantaneo, ma con delle eccezioni. Di regola, il delitto ex art. 632 c.p. è un reato istantaneo, in quanto si consuma nel momento stesso in cui si modifica lo stato dei luoghi. Tuttavia, può assumere un carattere permanente qualora necessiti, perché perdurino gli effetti della modifica, di un’attività continua o ininterrotta dell’agente. Questa era la situazione del caso di specie, in cui la ricorrente aveva impedito l’accesso all’abitazione della vicina mediante la chiusura a chiave di un cancello, a suo esclusivo favore, anche dopo i fatti di cui alla prima sentenza. Avendo, quindi, il reato natura permanente, non vi era alcuna violazione del principio del ne bis in idem . Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 20 maggio – 15 settembre 2014, numero 37671 Presidente Gentile – Relatore Cervadoro Svolgimento del processo Con sentenza dell'8.11.2012, il Giudice di Pace di Rutigliano dichiarò B.A. responsabile del reato di cui all'art. 632 c.p. e la condannò alla pena di Euro 900,00 di multa. Ricorre per cassazione l'imputata, deducendo l'inosservanza ed errata interpretazione della legge penale art. 649 c.p.p. per violazione del principio del ne bis in idem infatti, già con sentenza numero 93/12 emessa il 19.7.2012 lo stesso Giudice di Pace di Rutigliano ha condannato la ricorrente alla pena di Euro 1200,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento dei danni in favore della parte civile L.C. per i reati di ingiuria e modificazione dello stato dei luoghi artt. 81, 594 e 632 c.p. per con più atti esecutivi di un medesimo disegno criminoso proferiva all'indirizzo della signora L.C. parole volgari e impediva alla medesima l'accesso all'immobile di sua proprietà sito in omissis , ivi posizionando un cancello con serranda chiusa a chiave. Avverso detta sentenza, la sottoscritta proponeva tempestivo atto di appello. È pacifico che il fatto contestato nel procedimento penale per cui è stata emessa la sentenza numero 93/2012 del 19.7.2012 è il medesimo fatto chiusura di un cancello con serratura chiusa a chiave contestato nel procedimento penale in cui è stata emessa la sentenza impugnata sentenza numero 128/2012 . Poiché si è verificata una illegittima duplicazione del processo, chiede pertanto l'annullamento della sentenza. Motivi della decisione 1. Il bene giuridico tutelato dalla norma di cui all'art. 632 c.p. è l'integrità dell'altrui proprietà immobiliare e del possesso contro ogni arbitraria modificazione dello stato dei luoghi che possa renderne incerta la posizione giuridica o alterarne le condizioni di pacifico godimento. Costituisce pertanto immutazione qualunque alterazione dello stato dei luoghi, purché tale da consentire un profitto ingiusto all'agente o ad altri , e da determinare conseguenze dannose sull'integrità dell'immobile e sull'accertamento dei relativi diritti reali di godimento su di esso. 2. Nella fattispecie, è provata l'esistenza di una porta di ingresso all'appartamento di proprietà di L.C. e P.A. in omissis , nonché la realizzazione di un cancelletto, il quale - in quanto chiuso a chiave - costituisce impedimento all'uso di tale accesso a mezzo di una scala sulla quale le parti offese vanterebbero almeno un diritto di servitù di passaggio , rendendo in tal modo pieno ed esclusivo il godimento della proprietà della scala medesima da parte dell'imputata. 3. Nella sentenza in data 19.7.2012, i fatti sono contestati sino al 1.6.2007 mentre, nella sentenza in data 8.11.2012, oggetto di ricorso, i fatti sono contestati sino al 24.10.2008 . Orbene, il delitto di cui all'art. 632 c.p. è di regola reato istantaneo, perché si consuma nel momento stesso in cui si modifica lo stato dei luoghi tuttavia può assumere carattere permanente qualora necessiti, perché perdurino gli effetti della modifica, di un' attività continua o ininterrotta dell'agente cfr. Cass.Sez. II, sent. numero 47630/2008 Rv. 242300 Sent.Sez. II, sent. numero 11690/1980 Rv. 146533 . E nella fattispecie, appare evidente che l'impedimento al diritto reale di godimento della scala, e quindi dell'accesso all'abitazione dal civico OMISSIS attraverso l'immutazione dello stato del luogo, sia costituito proprio dalla chiusura a chiave di un cancello, che invece consente, anche dopo i fatti di cui alla sentenza del 19.7.2012 e tale circostanza appare pacifica, né è stata oggetto di deduzione alcuna da parte della ricorre ricorrente l'uso esclusivo della scala da parte della B. . Considerato che il reato, nella fattispecie, ha pertanto natura permanente, in considerazione della necessaria attività posta in essere dalla ricorrente per mantenersi l'uso esclusivo della scale, non vi è nella fattispecie stata alcuna violazione del principio del ne bis in idem , e l'unico motivo di ricorso è quindi manifestamente infondato. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. penumero , con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l'imputata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché -ravvisandosi profili di colpa v.Corte Cost. sent.numero 186/2000 , nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.