Nessuna nullità se l’avviso di fissazione dell’udienza non è stato notificato

L’omessa notifica da parte della Cancelleria, tra gli atti da notificare, dell’avviso di fissazione dell’udienza non comporta la nullità assoluta e insanabile, conseguendo questa unicamente quando vi sia carenza di una valida instaurazione del rapporto processuale.

E’ stato così deciso dalla Corte di Cassazione nella sentenza 37676, depositata il 15 settembre 2014. Il caso. Un uomo veniva condannato per i reati di rapina e ricettazione, unificati sotto il vincolo della continuazione. La Corte d’appello, in parziale riforma, assolveva l’imputato dal reati di ricettazione e rideterminava la pena. Ricorreva in Cassazione il soccombente, lamentando la nullità della sentenza per violazione di norme processuali in considerazione della nullità della notifica dell’udienza preliminare e per l’inutilizzabilità di atti compiuti dopo l’archiviazione del procedimento e prima della riapertura delle indagini. Mancava la notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza I motivi sono infondati. Infatti, come risulta dalla documentazione allegata in copia al ricorso, e, in particolare, dal verbale di notifica redatto dalla polizia Penitenziaria, sono stati notificati regolarmente sia la copia integrale del verbale di udienza, sia la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero. Precisa la Corte, non sarebbe stato notificato, invece, l’avviso di fissazione dell’udienza , già però ritualmente notificato a mani della madre convivente , non risultando dagli atti lo stato di detenzione dell’imputato. ma il rapporto processuale si era instaurato validamente. Tuttavia, tale mancanza non comporta la nullità della sentenza. Per giurisprudenza consolidata della Corte di legittimità, dall’omessa allegazione da parte della Cancelleria, tra gli atti da notificare, dell’avviso di fissazione dell’udienza non dipende la nullità assoluta e insanabile invocata dal ricorrente. Tale nullità consegue unicamente quando vi sia carenza di una valida instaurazione del rapporto processuale Cass., n. 1147/2013 . Nel caso di specie erano stati notificati a mani dell’imputato la richiesta di rinvio a giudizio e il verbale d’udienza, sicchè il rapporto processuale era stato validamente instaurato. L’omessa notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare - chiarisce il Supremo Collegio - al più, avrebbe potuto dar luogo ad una nullità a regime intermedio, da dedurre nei termini stabiliti dall’art. 182, comma 2, c.p.p. . Piena utilizzabilità degli elementi raccolti dopo l’archiviazione. Inoltre, anche l’altro motivo di ricorso è infondato. Difatti, nel procedimento contro ignoti non è richiesta l’autorizzazione del gip alla riapertura delle indagini dopo il provvedimento di archiviazione per essere rimasti sconosciuti gli autori del reato. In questo tipo di procedimento l’archiviazione ha la semplice funzione di legittimare il congelamento delle indagini, senza alcuna preclusione allo svolgimento di ulteriori attività investigative, ricollegabili direttamente al principio dell’obbligatorietà dell’azione penale Cass., S.U., n. 13040/2006 . Quindi, correttamente la Corte ha ritenuto la piena utilizzabilità degli elementi di indagine acquisiti dalla polizia giudiziaria dopo il decreto di archiviazione del procedimento contro ignoti. Alla stregua di quanto affermato, la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 20 maggio – 15 settembre 2014, n. 37727 Presidente Gentile – Relatore Cervadoro Svolgimento del processo Con sentenza del 28.11.2011, il Gup del Tribunale di Macerata dichiarò D.G. responsabile dei reati di cui agli artt. 110, 628 c.p., 4 L. n. 110/75, 110, 648 c.p., e unificati i reati sotto il vincolo della continuazione nonché con altri reati, giudicati con sentenza 24.9.2009 della Corte d'Appello di Brescia, lo condannò, in aggiunta alla pena di tale sentenza, ad anni due mesi quattro di reclusione ed Euro 1000 di multa. Avverso tale pronunzia propose gravame l'imputato, e la Corte d'Appello di Ancona, con sentenza del 23.10.2012, in riforma della decisione di primo grado lo assolveva dal reato di ricettazione e rideterminava la pena in anni due mesi due di reclusione ed Euro 500,00 di multa. Ricorre per cassazione l'imputato, deducendo 1 la nullità della sentenza per violazione di norme processuali in considerazione della nullità della notifica dell'udienza preliminare 2 la nullità della sentenza per violazione di norme processuali relative all'inutilizzabilità di atti compiuti dopo l'archiviazione del procedimento e prima della riapertura delle indagini analisi sulle impronte digitali , atti di cui mancano i verbali di reperimento e prelievo 3 la nullità della sentenza per violazione di norme processuali relative all'inutilizzabilità di atti compiuti dopo l'archiviazione del procedimento impronte prelevate dal rilevatore installato presso la Banca in violazione delle norme stabilite per la protezione dei dati personali 4 la nullità della sentenza per errata valutazione delle prove, in particolare sull'effettiva altezza del rapinatore rispetto a quella dell'imputato 5 la nullità della sentenza per omessa motivazione sull'eccessivo aumento dato in continuazione tra la pena di cui al presente processo e quella di cui ad altra sentenza. Chiede pertanto l'annullamento della sentenza. Motivi della decisione 1. Il primo motivo di ricorso è infondato. La Corte d'Appello ha rigettato l'analogo motivo d'appello, rilevando che all'udienza preliminare del 3.10.2011, il GUP - previo accertamento presso il DAP dello stato detentivo del D. - aveva disposto il rinvio all'udienza del 28 novembre 2011, con traduzione dell'imputato per tale udienza e notifica allo stesso del verbale di udienza e del decreto di fissazione dell'udienza preliminare. Come risulta dalla stessa documentazione allegata in copia al ricorso, e in particolare dal verbale di notifica redatto dalla Polizia Penitenziaria della Casa Circondariale di Foggia, al D. in data 27 ottobre 2011 sono stati regolarmente notificati sia la copia integrale del verbale di udienza che la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero. Non sarebbe stata notificato, invece, l'avviso di fissazione dell'udienza peraltro, già ritualmente notificato in data 24.1.2011 a mani della madre convivente, non risultando dagli atti lo stato di detenzione dell'imputato . Dalla omessa allegazione da parte della Cancelleria - tra gli atti da notificare - dell'avviso di fissazione dell'udienza non deriva però, la nullità assoluta e insanabile invocata dal ricorrente, la quale consegue unicamente alla carenza di una valida instaurazione del rapporto processuale v., da ultimo, Cass.Sez. V, sent.n. 1147/2013 Rv. 258869, e Sez. U, sent. n. 35358/2003 Rv. 225361 . Nella fattispecie, all'imputato sono stati notificati a mani proprie sia la richiesta di rinvio a giudizio che il verbale di udienza, e pertanto il rapporto processuale è stato validamente instaurato l'omessa notifica nei suoi confronti anche dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, al più, avrebbe potuto dar luogo ad una nullità a regime intermedio, da dedurre nei termini stabiliti dall'art. 182, comma 2, c.p.p E pertanto, pur a voler prescindere dalla precedente e già avvenuta rituale notifica a mani della madre convivente, poiché - all'udienza del 28 novembre 2011 - né l'imputato, del quale era stata disposta la traduzione in udienza in quanto detenuto, né il suo difensore hanno eccepito alcunché in ordine all'omessa notifica dell'avviso in questione, e alle eventuali conseguenze negative evocate, ma neppure indicate in ricorso che ciò avrebbe comportato ai fini dell'integrità del contraddittorio e dei diritti di difesa, l'invocata nullità sarebbe stata comunque sanata in quanto non tempestivamente rilevata. 2. Anche il secondo e terzo motivo sono infondati. Nel procedimento contro ignoti non è richiesta l'autorizzazione del G.I.P. alla riapertura delle indagini dopo il provvedimento di archiviazione per essere rimasti sconosciuti gli autori del reato, in quanto il regime autorizzatorio prescritto dall'art. 414 c.p.p. è diretto a garantire la posizione della persona già individuata e sottoposta ad indagini, mentre nel procedimento contro ignoti l'archiviazione ha la semplice funzione di legittimare il congelamento delle indagini, senza alcuna preclusione allo svolgimento di ulteriori, successive attività investigative, ricollegabili direttamente al principio dell'obbligatorietà dell'azione penale cfr.Sez. U, Sent. n. 13040/2006 Rv. 233198 . Correttamente la Corte ha quindi ritenuto la piena utilizzabilità degli elementi di indagine acquisiti dalla polizia giudiziaria dopo il decreto di archiviazione del procedimento contro ignoti del 26.10.2007, rappresentando altresì che - contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa - nel fascicolo delle indagini sono presenti tutti gli atti relativi ai reperti in questione, e alle indagini effettuate come da informativa dei Carabinieri di Civitanova Marche del 10.2.2010 che richiama la trasmissione in data 6 novembre 2007 al RIS dei reperti, e in particolare dell'impronta corrispondente a quella del D. tratta dal supporto informatico della Banca , alla quale sono allegati gli esiti puntualmente documentati di detta comparazione con quella dell'impronta dell'imputato eseguita in occasione del successivo fotosegnalamento del 2008 v.pagg.5 e 6 della sentenza impugnata . Vale poi richiamare il principio sancito da questa Corte, per cui nel giudizio abbreviato sono rilevabili e deducibili solo le nullità di carattere assoluto e le inutilizzabilità cosiddette patologiche e pertanto, l'irritualità dell'acquisizione dell'atto probatorio è neutralizzata dalla scelta negoziale delle parti di tipo abdicativo, che fa assurgere a dignità di prova gli atti di indagine compiuti anche senza rispetto delle forme di rito v. in tal senso Cass. Sez.V, Sent. n. 46406/2012 Rv. 254081 Sez.III, sent. n. 29240/2005 Rv 232374 . Alla luce di tali principi restano dunque ininfluenti i rilievi della difesa che riguardano l'inutilizzabilità delle prove acquisite in assenza dei verbali attestanti il reperimento delle impronte, dovendosi ritenere del tutto corrette e pertinenti le argomentazioni svolte dal giudice di appello. Per quanto concerne poi la tutela accordata dalla legge alla riservatezza, siffatta tutela non è assoluta e cede dinanzi alle esigenze di tutela della collettività e del patrimonio e, in specie, alle esigenze di accertamento probatorio proprie del processo penale, come già affermato da questa Corte in diverse occasioni v. Cass. Pen. Sez.IV, sent.n. 10697/2012 Rv 252673 nel caso di telecamere situate in luoghi esposti al pubblico Sez.V, sent.n. 34842/2011 Rv. 250947 in riferimento alle videoriprese effettuate con telecamere installate all'interno dei luoghi di lavoro al fine di esercitare un controllo a beneficio del patrimonio aziendale . Nella fattispecie, l'impronta è stata acquisita dal rilevatore posto all'ingresso dell'Istituto bancario non vi è stata pertanto alcuna intrusione nella privata dimora o nel domicilio, e le ragioni di tutela, sub specie di diritto alla riservatezza o alla privacy ad esse connessi, non sono predominanti rispetto esigenze di tutela della collettività. È sufficiente a riguardo rammentare che il procedimento ha ad oggetto un grave episodio di rapina in istituto bancario, rapina commessa con armi da più persone, puntando alla gola di una delle cassiere un taglierino e minacciando di morte i presenti. 3. Con il terzo motivo il ricorrente, pur avendo formalmente denunciato il vizio di difetto di motivazione fondandolo sull'asserita omessa considerazione da parte dei Giudici del merito dell'unico dato certo emerso dalle indagini, ossia sulla effettiva differenza di altezza tra i rapinatori rispetto a quella dell'imputato ha, tuttavia, nella sostanza, svolto ragioni che costituiscono una critica del logico apprezzamento delle prove fatto dal giudice di appello con la finalità di ottenere una nuova valutazione delle prove stesse e ciò non è consentito in questa sede v. Sez. U, Sent. n. 10713/2010 Rv. 245931 . È il caso di aggiungere che la sentenza impugnata va necessariamente integrata con quella, conforme nella ricostruzione dei fatti, di primo grado, derivandone che i giudici di merito hanno spiegato in maniera adeguata e logica, le risultanze confluenti nella certezza della responsabilità dell'imputato per il reato di rapina aggravata in concorso, evidenziando la Corte che l'ingresso del soggetto è documentato dalle immagini e dall'impronta rilevata e si colloca alle ore 11,56, pochi minuti prima dell'orario dell'avvenuta rapina che è indicato alle ore 12,00 nei vari verbali di sommarie informazioni e corrisponde alla sequenza operativa descritta dai presenti un soggetto entrò a viso scoperto e si diresse munito di taglierino verso la cassiera, mentre altri due rapinatori operarono travisati da passamontagna. Né può riconoscersi efficacia invalidante alla discrasia tra l'altezza dell'imputato e quella inferiore indicata da alcuni soggetti presenti, atteso che tale informazioni paiono gioco forza condizionate dall'estrema concitazione e dal dinamismo dell'azione delittuosa, tanto da rilevarsi anche sensibilmente diverse tra loro”, mentre la presenza di D. in banca all'orario della rapina è dimostrata con certezza e non vi è prova alcuna o allegazione difensiva contraria v.pag.6 della sentenza impugnata . 4. Il quarto e ultimo motivo è del tutto generico, mentre la Corte ha fornito adeguata motivazione circa la pena applicata in continuazione con quella di altra sentenza già passata in giudicato, rilevando sia la gravità del fatto che la personalità dell'imputato condannato per altra rapina commessa a distanza di breve tempo da quella di cui al presente procedimento. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l'imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento. Il ricorso, in considerazione dell'infondatezza di alcuni motivi e l'inammissibilità di altri, va rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.