Ultras scatenati, squadra nel mirino: violenza e pericolosità evidenti, Daspo confermati

Scene di ordinaria follia allo stadio, coi cosiddetti ultras impegnati prima in scontri con le forze dell’ordine e poi capaci di ‘occupare’ il terreno di gioco, obbligando l’arbitro a sospendere il match. Nessun dubbio sul tenore e sul contenuto delle azioni messe in atto dai presunti tifosi. Legittima l’applicazione dei Daspo disposti dal Questore.

Tutti allo stadio, allegramente o quasi Obiettivo sostenere la propria squadra del cuore? Che assurdità! Molto più coinvolgente riunirsi in corteo, scontrarsi con le forze dell’ordine e poi mettere in atto una ‘simpatica’ invasione di campo! Scena di ordinaria follia per il calcio nostrano. Unico sprazzo di normalità dalle aule di giustizia confermata, difatti, l’applicazione del Daspo per i sette protagonisti della scorribanda ‘pallonara’ Cassazione, sentenza n. 37757, sez. III Penale, depositata oggi . Cronaca nera pallonara. Campionato di calcio di serie B, stagione 2012/2013 scene di guerriglia a Vicenza, in occasione dell’incontro tra Vicenza ed Empoli. Da annotare sul taccuino non le azioni della partita – vinta nettamente dalla squadra toscana per cinque reti a una –, bensì le ‘imprese’ di alcuni tifosi – presunti – della squadra veneta, capaci di accedere, a match in corso, sul terreno di gioco, obbligando l’arbitro a sospendere per ben trenta minuti l’incontro e chiedendo ed ottenendo un confronto ‘faccia a faccia’ con l’allora capitano del Vicenza, sotto accusa per la pessima classifica poi ‘sublimata’ dalla retrocessione in ‘serie C’ . Logico, e sensato, il provvedimento adottato dal Questore, proprio a seguito dei disordini verificatisi durante e dopo la partita , ossia decreto di divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive e obbligo di presentarsi all’ufficio di pubblica sicurezza competente territorialmente, in concomitanza con gli incontri di calcio della squadra del Vicenza, all’inizio e alla fine degli incontri casalinghi, e all’inizio per quelli in trasferta nei confronti dei sette ultras del Vicenza resisi autori delle scorribande allo stadio Menti. Stadio vietato. E tale valutazione, già condivisa dal Gip presso il Tribunale di Vicenza, viene ora ‘sigillata’ dai giudici della Cassazione, i quali, difatti, respingono tutte le obiezioni mosse dai sette uomini. Decisiva, su tutto, la valutazione delle singole condotte tenute, costituite da superamento di recinzioni e conseguente accesso in zona interdetta al pubblico, da forzatura di portone, da opposizione, con forza, ad uno steward , e tutte, evidenziano i giudici, legittimamente ricomprese nelle fattispecie di violenza su persone o cose, in occasione o a causa di manifestazioni sportive, ovvero di incitamento, inneggiamento o induzione alla violenza e in quelle di superamento indebito di recinzione o separazione dell’impianto, nonché di invasione del terreno di gioco . Evidente, di conseguenza, la pericolosità emergente da tali fatti , posto che i responsabili – identificati tramite videoriprese – hanno dimostrato di non avere remore nell’adottare iniziative violente, nel danneggiare beni pubblici e nell’incitare alla violenza . Difatti, aggiungono i giudici, solo grazie al tempestivo intervento delle forze dell’ordine si sono scongiurati eventi molto più gravi . Tutto ciò conduce a ritenere lapalissiana la notevole pericolosità dei sette ultras, e legittimi i provvedimenti adottati dal Questore.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 16 luglio – 15 settembre 2014, n. 37757 Presidente Mannino – Relatore Andreazza Ritenuto in fatto 1. In data 15 e 16/5/2013 il Questore di Vicenza, relativamente ai disordini verificatisi durante e dopo la partita di calcio tra le squadre del Vicenza e dell'Empoli, emetteva, ai sensi dell'art. 6 della legge n. 401 del 1989, decreti di divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive a carico di M.T., M.P., R.D., F.N., B.C., D.T., B.A La misura veniva disposta per la durata di anni 5 per il B., anni 4 per F., anni 3 per M., M., B. ed anni 2 per R. e D. inoltre il Questore, con gli stessi decreti, e per la stessa durata, imponeva ai suddetti l'obbligo di presentarsi all'ufficio di p.s. competente territorialmente, in concomitanza con gli incontri di calcio della squadra dei Vicenza, all'inizio e alla fine degli incontri casalinghi e all'inizio per quelli in trasferta. I decreti venivano convalidati dal G.i.p. presso il Tribunale di Vicenza con ordinanza in data 20/5/2013. 2. Avverso il provvedimento di convalida hanno proposto ricorso per Cassazione, assistiti dai rispettivi difensori, deducendo i motivi per ciascuno indicati M.T. violazione di legge e vizio di motivazione, con particolare riferimento alla sussistenza in capo al ricorrente dei presupposti previsti dalla legge per quanto riguarda l'adozione della misura. Si richiama in premessa la sentenza della Corte costituzionale n. 136 del 1998 e la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 44273 del 2004 le quali hanno sancito che, ai fini della convalida dei provvedimento di comparizione personale, identificato come misura di prevenzione, il controllo dei G.i.p. deve essere esteso all'esistenza di tutti i presupposti previsti dalla legge e richiesti dalla natura di prevenzione, con la conseguenza che si deve valutare la necessità ed urgenza del provvedimento, la pericolosità concreta del soggetto, la congruità della durata della misura, ed eventualmente disporne una riduzione temporale. Ciò posto, il ricorrente si duole del fatto che nel caso in esame l'ordinanza impugnata sarebbe carente in relazione, essenzialmente, ai presupposti di legge in particolare con riguardo alla partecipazione ai fatti, alla pericolosità concreta, alla durata della misura. In particolare il ricorrente, diversamente da quanto emerge dal decreto convalidato, non avrebbe tenuto alcuna condotta di concorso nella violazione dell'art. 6 della legge n. 401 del 1989 e che pertanto la motivazione sul punto sarebbe contraddittoria ed illogica. M.P., B.A., R.D., F.N., B.C. I ricorrenti si dolgono, richiamando la giurisprudenza costituzionale e di legittimità, di a. Carenza di motivazione e totale assenza della stessa in relazione alla prescrizione dell'obbligo di comparizione tutti tranne B. . b. Violazione e/o falsa applicazione di legge, nella parte in cui si impone un doppio obbligo di firma, in maniera indiscriminata per tutti gli incontri, senza congrua motivazione o limitazione ad alcune partite piuttosto che ad altre. c. Violazione di legge, per omessa indicazione in ordinanza di convalida della facoltà di impugnazione in cassazione e dei termini per provvedervi. d. Violazione di legge per omessa notifica al difensore dell'ordinanza di convalida, da ritenersi invece obbligatoria con carattere di tempestività. Il solo F.N., anche, di e. Violazione di legge per eccessiva ed immotivata durata della misura. D.T. a. Omissione di motivazione in relazione alla necessità di disporre anche l'obbligo di firma, oltre che il divieto di accesso. b. Vizio di motivazione in ordine alla durata del provvedimento. Considerato in diritto 3. Nell'ordinanza impugnata ci si sofferma, in maniera ampia ed articolata, sull'oggetto della convalida e, in particolare, ci si sofferma sui comportamenti dei singoli durante la partita di calcio del Vicenza disputatasi il 4/5/2013. In quella giornata dapprima vi fu un corteo, cui parteciparono numerosi degli odierni ricorrenti, che si scontrò con le forze dell'ordine avanti all'ingresso della tribuna dello stadio Menti, e successivamente intervenne l'invasione del campo di gioco, effettuata prima dell'inizio del secondo tempo della partita. Ciò posto, tutte le censure svolte nei singoli ricorsi sono infondate o manifestamente infondate. 4. Con riguardo ai preliminari profili di carattere procedurale, è anzitutto manifestamente infondata la doglianza riguardante la mancata indicazione, nel provvedimento impugnato, dei termini previsti per l'impugnazione. Va osservato infatti che l'art. 6 cit. prevede, al comma 4, che contro l'ordinanza di convalida è proponibile il ricorso per cassazione ne consegue che, per effetto della generale previsione di cui all'art. 585, comma 1, lett. a , c.p.p, da intendersi implicitamente richiamata da detta norma, il termine per l'impugnazione, pari a giorni quindici, discende direttamente dalla legge sì da non esservi alcuna necessità di una specifica indicazione. In ogni caso, essendo stata presentata tempestiva impugnazione, manca qualsivoglia interesse alla deduzione di una simile doglianza. Analogamente la normativa vigente non prevede affatto la notifica del provvedimento di convalida al difensore, che potrebbe anche non essere stato nominato, ma soltanto, ai sensi dei commi 2 e 2 bis dell'art. 6 cit., al soggetto interessato. Anche in tal caso mancherebbe peraltro alcun interesse ad impugnare il provvedimento sotto tale profilo attesa ancora una volta l'intervenuta tempestiva impugnazione. 5. Quanto al merito, l'ordinanza impugnata si è soffermata analiticamente 1 sulle singole condotte tenute costituite nella specie, con le necessarie precisazioni per ognuno dei ricorrenti, da superamento di recinzioni e conseguente accesso in zona interdetta al pubblico, da forzatura di portone, da opposizione con forza ad uno steward da ritenersi tutte comunque ricomprese nelle fattispecie di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive ovvero di incitamento, inneggiamento o induzione alla violenza indicate dall'art. 6, comma 1, cit. e di superamento indebito di recinzione o separazione dell'impianto nonché di invasione dei terreno di gioco indicate nell'art. 6 bis, comma 2, come richiamate dall'art. 6, comma 1 2 sull'identificazione dei responsabili, tra cui anche i ricorrenti, effettuata, tramite videoriprese anche grazie alla consultazione del report degli ingressi in tal modo superandosi il travisamento del volto di alcuni come da indicazioni contenute nell' annotazione di polizia giudiziaria 3 sulla pericolosità emergente da tali fatti posto che gli autori degli stessi hanno dimostrato di non avere remore nell'adottare iniziative violente, nel danneggiare beni pubblici e nell'incitare alla violenza , sì che solo grazie al tempestivo intervento delle forze dell'ordine si sono scongiurati eventi molto più gravi. Il provvedimento impugnato ha quindi fatto corretta applicazione dei principi più volte enunciati, a partire da Sez. U., n. 44273 del 27/10/2004, Labbia, Rv. 229112, da questa Corte, dandosi in esso atto, appunto, non solo del comportamento illecito attribuito ai vari ricorrenti, con l'indicazione, per ciascuno, delle specifiche condotte, ma anche dei profili di pericolosità desumibile dagli stessi. Di qui la manifesta infondatezza dei relativi rilievi contenuti nei ricorsi. 6. Con riguardo poi alle ulteriori censure, è manifestamente infondata quella anzitutto relativa alla congruità della durata delle misure l'ordinanza ha posto in rilievo, con motivazione specifica e logicamente corretta, essere stata considerata più grave la partecipazione ai fatti avvenuti presso l'ingresso delle tribune, essere stati considerati più pericolosi i soggetti che hanno agito travisandosi il volto e, tra tutti costoro, essere stato considerato più pericoloso B.C. non solo per l'atteggiamento estremamente violento e provocatorio, ma anche per la condanna già riportata per reati commessi in occasione di manifestazione sportiva e per i due provvedimenti questorili già ricevuti. Di qui la diversa, motivata, durata delle misure adottate. Anche relativamente al duplice obbligo di firma, imposto solo per gli incontri in casa posto che per quelli in trasferta si è previsto l'obbligo di comparizione in concomitanza con il solo momento di inizio della partita, il provvedimento ne ha motivato la necessità con la finalità, chiaramente desumibile dalla descrizione dei fatti posti in essere, di prevenire nuove violenze. Né è dato comprendere il senso della doglianza in ordine alla indiscriminata estensione a tutti gli incontri di calcio della squadra vicentina dell'obbligo di comparizione, essendo del tutto logico, tanto da potersi ritenere implicita, nella motivazione, la ragione dell'obbligo generalizzato, che si sia ritenuto necessario prevenire violenze che, occasionate da un incontro di calcio della squadra di cui i ricorrenti sono tifosi, potrebbero appunto riproporsi in occasione di ogni incontro di tale squadra. Di qui la manifesta infondatezza della doglianza. 7. Infine, è infondata la censura con cui ci si duole della omessa specifica motivazione circa la necessità di adozione, oltre che del divieto di accesso, della misura dell'obbligo di comparizione. In proposito questa Corte ha già affermato che è illegittima l'ordinanza di convalida dei provvedimento del Questore impositivo dell'obbligo di presentazione ad un ufficio o comando di polizia in concomitanza di manifestazioni sportive, che non enunci le specifiche ragioni che facciano ritenere insufficiente l'adozione della sola misura di prevenzione del divieto di accesso agli stadi Sez.3, n. 15505 del 31/03/2011, Zotti, Rv. 250008 infatti, la contestuale o pregressa adozione del provvedimento di divieto di partecipazione a manifestazioni sportive costituisce condizione necessaria, ma non sufficiente, per l'applicazione dell'ulteriore misura di prevenzione dell'ordine di comparizione nell'ufficio di polizia competente, in quanto per giustificare tale ulteriore misura, per la quale è richiesto un quid pluris di pericolosità sociale, occorre che nella motivazione del provvedimento dei Questore vengano esplicitate le specifiche ragioni che facciano ritenere insufficiente l'adozione della sola misura di prevenzione del divieto di accesso Sez. 3, n. 20276 del 19/04/2006, Pressiani ed altri, Rv. 234692 . Nella specie, tuttavia, la mancanza di motivazione è solo apparente. L'ordinanza impugnata, come già detto sopra, ha posto in rilievo, sia pure con riguardo al presupposto del divieto di accedere a luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive, che gli autori dei fatti hanno dimostrato di non avere remore nell'adottare iniziative violente, nel danneggiare beni pubblici e nell'incitare alla violenza ora, una tale affermazione, proprio perché spesa con riferimento alla non richiesta motivazione del divieto di accesso, che non è infatti oggetto di convalida, ha senso, nell'economia dei provvedimento, solo se riferita, invece, alla misura dell'obbligo di comparizione. 8. I ricorsi vanno, in definitiva, rigettati con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.