Il “ragionevole dubbio” della Cassazione: tifoso turbolento non vuol dire necessariamente devastatore

La mancata identificazione del supporter tra gli autori dei fatti criminosi avvenuti durante e dopo l’incontro di calcio, conduce alla emersione di un ragionevole dubbio circa la sua effettiva partecipazione alle condotte devastatrici, non potendosi escludere che l’uomo abbia optato per una condotta diversa, senza arrecare alcun ulteriore contributo, neanche sotto l’aspetto psicologico, a condotte tenute da altri.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37576, depositata il 12 settembre 2014. Il caso. La Corte di Appello confermava la penale responsabilità dell’imputato in relazione al reato di devastazione di cui all’art. 419 c.p., per fatti avvenuti in Pescara, dopo l’incontro di calcio Pescara/Sambenedettese. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’uomo, deducendo violazione di legge penale e vizio di motivazione. La nozione di devastazione . La nozione di devastazione è stata individuata dalla Corte di legittimità nella commissione di azioni che, con qualsiasi modalità, siano produttive di rovina, distruzione o anche danneggiamento, che sia comunque complessivo, indiscriminato, vasto e profondo, di una notevole quantità di cose mobili o immobili, sì da determinare non solo un pregiudizio nel patrimonio di uno o più soggetti ma anche offesa e pericolo concreto dell’ordine pubblico Cass., Sez. I, n. 22633/10 . La partecipazione dell’odierno ricorrente. Le dimensioni quantitative dei danneggiamenti indubbiamente consentono di ritenere integrata, in fatto, la fattispecie delittuosa. Carente è, invece, la motivazione della decisione in punto di partecipazione a tali fatti dell’odierno ricorrente. Questi, infatti, come si evince dal testo della decisione di primo grado, risulta identificato con certezza solo nella fase che precede l’inizio dell’incontro di calcio, fase durante la quale pure si registrò un primo scontro tra supporters del Pescara e le forze dell’ordine. Tuttavia, le immagini tratte dai filmati non hanno consentito di identificare l’imputato tra gli autori dei fatti criminosi avvenuti durante e dopo l’incontro di calcio. Di conseguenza, la mancata identificazione del ricorrente condurrebbe alla emersione di un ragionevole dubbio circa la effettiva partecipazione di costui alle condotte devastatrici, non potendosi escludere che l’uomo abbia optato per una condotta diversa, senza arrecare alcun ulteriore contributo, neanche sotto l’aspetto psicologico, a condotte tenute da altri. Per questi motivi la Corte accoglie il ricorso e annulla con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 18 marzo – 12 settembre, numero 37576 Presidente Cortese – Relatore Magi Ritenuto in fatto 1. In data 24 novembre 2010 la Corte d'Appello di L'Aquila decidendo sull'appello proposto da T.M. avverso la decisione emessa dal GUP di Pescara in data 19.5.2005, confermava la penale responsabilità dell'imputato in relazione al reato di devastazione di cui all'art. 419 cod. penumero per fatti avvenuti in Pescara il 20 e il 21 gennaio 2003, meglio descritti al capo F della contestazione. A seguito della declaratoria di intervenuta prescrizione di altre fattispecie, la pena risulta determinata in quella di anni due, mesi cinque e giorni dieci di reclusione. La decisione richiama l'ampio compendio probatorio già valutato in primo grado, ritiene configurabile in fatto e in diritto il delitto di devastazione a seguito della disamina dell'ampiezza e gravità degli eventi lesivi e dannosi provocati dal gruppo di 'tifosi' del Pescara di cui l'imputato faceva parte e ritiene configurabile il concorso nell'azione collettiva posta in essere in più riprese prima, durante e dopo una partita di calcio anche lì dove l'identificazione certa del soggetto sia avvenuta esclusivamente in rapporto ad un segmento , significativo, dell'azione medesima. 2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione - a mezzo del difensore - T.M., deducendo violazione di legge penale e vizio di motivazione. Nel ricorso si sostiene che le numerose censure proposte avverso la decisione di primo grado non sarebbero, in realtà, state valutate. Il T. si sarebbe venuto a trovare in una posizione defilata rispetto agli altri coimputati e sarebbe stato coinvolto per caso in una parte degli scontri. Si ritiene che al più la sua condotta poteva dar luogo a responsabilità per semplice danneggiamento, reato da considerare prescritto. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato, per le ragioni che seguono. La lettura data da questa Corte di legittimità alla nozione di devastazione di cui all'art. 419 cod.penumero è stata espressa - in modo uniforme - nella commissione di azioni che, con qualsiasi modalità, siano produttive di rovina, distruzione o anche danneggiamento, che sia comunque complessivo, indiscriminato, vasto e profondo, di una notevole quantità di cose mobili o immobili, sì da determinare non solo un pregiudizio nel patrimonio di uno o più soggetti e con esso il danno sociale conseguente alla lesione della proprietà privata ma anche offesa e pericolo concreto dell'ordine pubblico tra le molte, Sez. I numero 22633 del 1.4.2010, rv 247418 . Ora, nel caso in esame, la motivazione della decisione impugnata muove da un coerente presupposto di fatto, rappresentato dai fatti di devastazione che risultano realizzati, in particolare, dopo l'incontro di calcio Pescara/ Sambenedettese da un consistente gruppo di tifosi dei Pescara. Le dimensioni quantitative dei danneggiamenti - avvenuti in parte nel corso dell'incontro e per lo più dopo lo svolgimento dello stesso - indubbiamente consentono di ritenere integrata, in fatto, la fattispecie delittuosa. In particolare, al di là del lancio di oggetti verso le forze dell'ordine incriminato autonomamente come resistenza aggravata, reato prescritto negli scontri avvenuti dopo l'incontro risultano danneggiate numerose autovetture in sosta, vetrine ed insegne di negozi, il che porta a ritenere effettivamente integrata la fattispecie in parola. Carente è, invece, la motivazione della decisione in punto di partecipazione a tali fatti dell'odierno ricorrente. Costui, infatti, come risulta dal testo della decisione di primo grado, risulta identificato con certezza solo nella fase che precede l'inizio dell'incontro di calcio, fase durante la quale pure si registrò un primo 'scontro' tra alcuni supporters del Pescara e le forze dell'ordine. In particolare il T., prese parte a tale fase iniziale degli incidenti, collocando una transenna per ostacolare l'intervento delle forze dell'ordine, nonchè partecipando al lancio di oggetti verso gli agenti che cercavano di disperdere i tifosi. Dalla stessa decisione di primo grado si apprende, tuttavia, che dopo tale primo episodio vi fu un temporaneo ristabilimento dell'ordine mentre gli atti vandalici ripresero durante l'incontro con devastazione dei bagni di un settore dello stadio e nuovi lanci di materiale verso le forze dell'ordine e si manifestarono in modo ancor più violento dopo la fine dei medesimo. Le immagini tratte dai filmati non hanno consentito, dunque, di identificare il T. tra gli autori dei fatti criminosi avvenuti durante o dopo l'incontro, a differenza di altri originari coimputati. Da qui la fondatezza dei ricorso, posto che nella decisione impugnata si afferma v. pag. 7 l'irrilevanza circa l'avvenuta identificazione degli imputati in una piuttosto che in un'altra delle tre fasi, attesa la contiguità spaziale di tali luoghi e la contiguità temporale in cui gli scontri sono avvenuti. Detta affermazione, tuttavia, non appare rispondente a criteri di stretta logica dimostrativa e finisce con il creare una responsabilità concorsuale evidentemente per concorso morale in assenza di solida base probatoria. Si è già evidenziato, in fatto, che non vi fu continuità temporale assoluta tra i diversi momenti di conflittualità tra le forze dell'ordine e la 'tifoseria violenta' dei Pescara. Per quanto esposto nella decisione di primo grado, vi sarebbe stata una interruzione dei comportamento violento proprio dopo la prima fase avvenuta al di fuori dello stadio, che è la fase in cui è emersa la partecipazione dell'attuale ricorrente. In tale primo segmento, peraltro, non appaiono realizzate condotte definibili in termini di devastazione essendosi verificato, per quanto emerge dal contenuto della decisione di primo grado, un - pur cruento e riprovevole - scontro tra un gruppo di tifosi e le forze dell'ordine. La mancata identificazione del T. nei successivi segmenti, avvenuti a distanza di tempo, condurrebbe pertanto alla emersione di un ragionevole dubbio circa la effettiva partecipazione di costui ai fatti qui in discussione le condotte devastatrici non potendosi escludere che il T. abbia optato per una condotta diversa, senza arrecare alcun ulteriore contributo - neanche sotto l'aspetto psicologico - a condotte tenute da altri. La finalità unitaria, e pertanto, l'ascrivibilità collettiva dell'azione complessivamente realizzata nei tre segmenti temporali prima descritti deve infatti essere sostenuta o da un riscontro di compresenza che nel caso in esame manca o, quantomeno, da una motivazione che dia conto della effettiva continuità di azione, tale da far ritenere i fatti di devastazione espressivi di una comune volontà si veda, sul tema dell'azione collettiva, tra le molte, Sez. VI numero 37337 del 10.7.2003, rv 227321 . Il riscontrato vizio motivazionale determina, pertanto, l'annullamento della decisione impugnata con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di Appello di Perugia. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte d'Appello di Perugia.