Complice nella rapina: l’arma scotta, anche se non ce l’ha in mano

Nell’ipotesi di consumazione di una rapina a mano armata, tutti i compartecipi, quindi sia gli autori materiali sia coloro che prestano l’assistenza necessaria, rispondono anche del porto illegale di armi, in quanto l’ideazione dell’impresa criminosa comprende anche il momento rappresentativo del loro impiego e, di conseguenza, del porto abusivo delle stesse per realizzare la necessaria minaccia o violenza.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 37530, depositata oggi. Il caso. La Corte d’appello di Bologna condannava ad una pena di 3 anni e 10 mesi di reclusione, oltre a 1.000 € di multa, una donna per aver partecipato, insieme ad altre persone, a 5 episodi di rapina aggravata e a uno limitato al solo tentativo. Una pena ritenuta eccessiva dall’imputata, che ricorreva in Cassazione i giudici d’appello erroneamente avevano ritenuto sussistente l’aggravante della rapina a mano armata, circostanza che aveva condotto anche alla sua condanna per la contravvenzione prevista dall’art. 4 l. n. 110/1975, che disciplina il possesso ingiustificato di armi. A sua discolpa, deduceva di non aver mai partecipato all’azione criminale, rimanendo sempre nell’auto o nei pressi delle banche. Come avrebbe potuto sapere che il correo aveva un taglierino in mano durante gli eventi? Difficile ipotizzare il buio assoluto” della donna. La Corte di Cassazione risponde nettamente alla domanda della ricorrente, ricordandole le sue stesse dichiarazioni al gup, in cui era emerso che la presenza fisica della donna nelle vicinanze delle banche era accompagnata dalla consapevolezza di ciò che il suo compare” stava facendo all’interno. A loro volta, quindi, i giudici di legittimità rivolgono una domanda all’imputata come sarebbe stato possibile portare a termine le rapine senza la minaccia effettuata con un oggetto, come un taglierino, idoneo all’offesa della persona? L’aggravante, quindi, era stata correttamente ritenuta sussistente, secondo un giudizio di prevedibilità alla stregua del minimo di diligenza . Infatti, l’art. 59 c.p. prevede la valutazione a carico dell’agente delle circostanze aggravanti, se da lui conosciute oppure ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa. Aggravante per tutti. In più, ricorda la Cassazione dichiarando inammissibile il ricorso, nell’ipotesi di consumazione di una rapina a mano armata, tutti i compartecipi, quindi sia gli autori materiali sia coloro che prestano l’assistenza necessaria, rispondono anche del porto illegale di armi, in quanto l’ideazione dell’impresa criminosa comprende anche il momento rappresentativo del loro impiego e, di conseguenza, del porto abusivo delle stesse per realizzare la necessaria minaccia o violenza, essenziali per la rapina a mano armata.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 13 maggio – 12 settembre 2014, numero 37530 Presidente Prestipino – Relatore Cervadoro Svolgimento del processo Con sentenza del 16.4.2013, la Corte d'Appello di Bologna confermava la decisione di primo grado che aveva condannato D.M. alla pena di anni tre mesi dieci giorni venti di reclusione e € 1000 di multa per il reato di cui agli artt. 110, 628, 3° co. numero 1 c.p. in relazione ad alcuni episodi di rapina. Ricorre per cassazione il difensore dell'imputata, deducendo 1 erronea applicazione degli artt. 628, co. 3 c.p. 59 co. 2 c.p. e mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione ai sensi dell'art. 606, co. 1, lett. b ed e c.p.p. in relazione all'aggravante contestata. L'imputata è stata condannata per cinque episodi di rapina aggravata e una tentata rapina aggravata in concorso con P.F. oltre che per la contravvenzione di cui all'art. 4 1. 110/75. L'imputata che non ha mai attivamente partecipato all'azione criminale, rimanendo sempre nell'autovettura o nei pressi degli Istituti di credito, non era a conoscenza del possesso del cutter da parte del correo, né dalla sentenza emergono elementi tali da far ritenere il contrario 2 erronea applicazione dell'art. 4 1. 110/75 e mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione ai sensi dell'art. 606, co. 1, lett. b ed e c.p.p. in relazione alla ritenuta responsabilità anche per la contravvenzione. Chiede pertanto l'annullamento della sentenza. Motivi della decisione In appello, il difensore dell' imputata ha dedotto motivi unicamente in ordine alla determinazione della pena lamentandone l'eccessività, ed affermando che i fatti materiali erano tutti ascrivibili al P. in questa sede, deduce l'erronea applicazione della legge penale e la carenza di motivazione in relazione alla ritenuta responsabilità per la contravvenzione di cui all'art. 4 l. 110/75, e all'aggravante di aver fatto uso di arma cutter . Entrambi i motivi oltre che nuovi sono del tutto generici, prospettando poi una semplice rilettura del compendio probatorio, secondo un iter tipicamente inammissibile nel giudizio di legittimità. Il ricorso, sussistendo il divieto di novum in Cassazione e stante la genericità dei motivi, è pertanto inammissibile. L'art. 59 c.p. prevede, poi, la valutazione a carico dell'agente delle circostanze aggravanti, se da lui conosciute ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa. Orbene, secondo le stesse dichiarazioni dell'imputata al GUP, la sua presenza fisica nei pressi delle banche era assistita dalla consapevolezza su ciò che il compagno avrebbe realizzato all'interno del singolo Istituto bancario e quindi - nella fattispecie - le aggravanti sono state correttamente ritenute, secondo un giudizio di prevedibilità alla stregua del minimo di diligenza. E' infatti evidente che non sarebbe stato possibile portare a termine alcuna rapina se non dietro seria minaccia effettuata con oggetto che come il cutter, utilizzato dal P., fosse idoneo all'offesa alla persona. Nell'ipotesi di consumazione di una rapina a mano armata, tutti i compartecipi, e cioè sia gli autori materiali che coloro i quali - come l'imputata - abbiano prestato la necessaria assistenza, rispondono anche del reato di porto illegale di armi, atteso che l'ideazione dell'impresa criminosa comprende anche il momento rappresentativo del loro impiego e, quindi, del porto abusivo delle stesse per realizzare la necessaria minaccia o violenza, essenziali a tale tipo di reato cfr. Cass. Sez. II, Sent. numero 49389/2012 Rv. 253915 . Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. penumero , con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l'imputata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa v. Corte Cost. sent. numero 186/2000 , nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.