Disagiate condizioni economiche: non solo indigenza, ma anche serio e considerevole squilibrio patrimoniale

Ai fini della remissione del debito per spese di giustizia e di mantenimento in carcere, il requisito delle disagiate condizioni economiche è integrato non solo quando il soggetto si trovi in stato di indigenza, ma anche quando l’adempimento del debito comporti un serio e considerevole squilibrio del suo bilancio domestico, tale da precludere il soddisfacimento di elementari esigenze vitali e compromettere quindi il recupero ed il reinserimento sociale.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37275, depositata l’l 8 settembre 2014. Il caso. Con ordinanza il Tribunale di sorveglianza rigettava l’istanza del condannato volta alla remissione del debito per spese processuali, ritenendo insussistente il requisito delle disagiate condizioni economiche. Ricorreva per cassazione la difesa, chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizio di motivazione. Secondo la prospettazione difensiva il giudice, ai fini della valutazione del requisito delle disagiate condizioni economiche, non aveva considerato che per consolidata giurisprudenza tale requisito è integrato non solo quando il soggetto si trovi in stato di indigenza, ma anche quando l’adempimento del debito determinerebbe per il debitore gravi difficoltà nel far fronte alle elementari esigenze di vita ovvero, comportando un notevole squilibrio, determinerebbe una compromissione della possibilità di recupero ed il reinserimento. La valutazione delle disagiate condizioni economiche. Secondo la Corte di Cassazione ai fini della remissione del debito per spese di giustizia e di mantenimento in carcere, il requisito delle disagiate condizioni economiche richiesto sia dall’abrogata l. n. 354/1975, art. 56, che dal vigente D.P.R. n. 115/2002, art. 6, è integrato non solo quando il soggetto si trovi in stato di indigenza, ma anche quando l’adempimento del debito comporti un serio e considerevole squilibrio del suo bilancio domestico, tale da precludere il soddisfacimento di elementari esigenze vitali e compromettere quindi il recupero ed il reinserimento sociale Cass., Sez. I, n. 14541/06 . A tal fine occorre avere riguardo all’entità del debito e all’impatto che il suo assolvimento provocherebbe sulla situazione complessiva del condannato. Nel caso di specie, manca una qualsivoglia valutazione in concreto tra l’entità del debito e l’attuale consistenza patrimoniale e reddituale del condannato o dimostrativa del suo tenore di vita. Per questi motivi la Corte accoglie il ricorso e annulla con rinvio l’ordinanza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 17 giugno– 8 settembre 2014, n. 37275 Presidente Chieffi– Relatore Novik Ritenuto in fatto Con ordinanza in data 26/9/2013 il tribunale di Sorveglianza di Bari rigettava l'istanza di D.S.A. volta alla remissione del debito di Euro 14.000 per spese processuali, relativo alla condanna riportata con sentenza del tribunale di Firenze del 3/2/2009, ritenendo insussistente il requisito delle disagiate condizioni economiche, in quanto percettore nel 2011 di un reddito complessivo di Euro 15.941 e proprietario al 50% di un appartamento in Sannicandro, in relazione ai quali D.S. non poteva considerarsi in stato di indigenza, come richiesto dall'articolo 47, O.P Ricorre per cassazione la difesa, chiedendone l'annullamento per violazione di legge e vizio di motivazione. Il giudice, ai fini della valutazione del requisito delle disagiate condizioni economiche, non aveva considerato che per consolidata giurisprudenza il requisito delle disagiate condizioni economiche è integrato, non solo quando il soggetto si trovi in stato di indigenza, ma anche quando l'adempimento del debito determinerebbe per il debitore gravi difficoltà nel far fronte alle elementari esigenze di vita ovvero, comportando un notevole squilibrio, determinerebbe una compromissione della possibilità di recupero ed il reinserimento. Il giudice non aveva inoltre considerato l'attuale stato di disoccupazione dell'istante e che la moglie e i figli erano assolutamente privi di reddito autonomo. Nel suo parere scritto il Procuratore Generale presso questa Corte, ha chiesto l'annullamento con rinvio dell'ordinanza, in quanto il riferimento al concetto di indigenza era estraneo al dettato normativo che richiedeva l'accertamento di disagiate condizioni economiche. Inoltre era stato valorizzato il reddito percepito nell'anno 2011, prima ancora che l'istante concludesse l'espiazione della misura alternativa e non era stato considerata l'incidenza del pagamento della pena pecuniaria sul complessivo bilancio familiare in relazione alle aspettative di un positivo reinserimento sociale che l'andamento positivo della misura alternativa rende più che probabili . Considerato in diritto Il Collegio ritiene che il ricorso sia da accogliere. Questa Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che ai fini della remissione del debito per spese di giustizia e di mantenimento in carcere, il requisito delle disagiate condizioni economiche richiesto sia dall'abrogata Legge n. 354 del 1975, art. 56, che dal vigente D.P.R. n. 115 del 2002, art. 6, è integrato non solo quando il soggetto si trovi in stato di indigenza, ma anche quando l'adempimento del debito comporti un serio e considerevole squilibrio del suo bilancio domestico, tale da precludere il soddisfacimento di elementari esigenze vitali e compromettere quindi il recupero ed il reinserimento sociale. Sez. 1, Ordinanza n. 14541 del 24/01/2006 Cc. dep. 27/04/2006 Rv. 233939, Mangione . A tal fine occorre avere riguardo all'entità del debito e all'impatto che il suo assolvimento provocherebbe sulla situazione complessiva del condannato. La motivazione con la quale si esclude l'esistenza di condizioni economiche disagiate non è, ad avviso del Collegio, da ritenere soddisfacente né in astratto, né in rapporto all'entità del debito, mancando una valutazione in concreto tra l'entità del debito e la attuale consistenza patrimoniale e reddituale del condannato o dimostrativa del suo tenore di vita. L'ordinanza va quindi annullata con rinvio al tribunale di sorveglianza di Bari per nuovo esame. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Bari.