Affidamento in prova revocato: a quanto ammonta la pena da espiare?

Nel caso di revoca della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, il tempo trascorso può essere computabile al fine dell’espiazione della pena. Al fine di tale computo, la Magistratura di sorveglianza deve prendere in considerazione la durata del periodo di affidamento già trascorso, verificare l’impegno dimostrato del condannato, e rilevare gli eventuali miglioramenti dello stesso. Quanto verificato va, poi, paragonato allo specifico comportamento negativo da cui scaturisca la revoca del beneficio, per stabilire il quantum della durata dell’affidamento in prova da considerarsi, o meno, come pena espiata.

Lo ha deciso la Corte di Cassazione nella sentenza n. 37292, depositata l’8 settembre 2014. Il caso. Il Tribunale di Sorveglianza revocava con ordinanza la misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, concessa all’imputato. La revocava era giustificata dalla condanna riportata in primo grado, alla pena di due anni, inflittagli per il reato di detenzione illegale di cocaina art. 73 d.p.r. n. 309/1990 . Il Tribunale inoltre dichiarava non computabile al fine dell’espiazione della pena il tempo trascorso in affidamento in prova. Il soccombente ricorreva, allora, in Cassazione, denunciando violazione dell’art. 606 let e c.p.p. per mancanza di motivazione sulla ritenuta compatibilità del periodo trascorso in affidamento in prova ai fini dell’espiazione della pena. Il periodo in prova non può essere privo di rilevanza, per il solo fatto della revoca della misura alternativa. Il motivo è fondato. Alla luce, infatti, della sentenza della Corte Costituzionale n. 343/1987 il periodo trascorso in affidamento in prova non può essere considerato privo di rilevanza, per il solo fatto che la misura alternativa venga revocata . Il periodo di prova equivale a pena espiata se Chiarisce, poi, la Corte Suprema, che, determinando una forte limitazione della libertà personale, l’affidamento in prova, se trascorso positivamente, equivale a pena espiata. Il Tribunale di Sorveglianza può, quindi, ritenere che, almeno in parte, il periodi di affidamento possa computarsi a pena espiata, ma deve prendere in considerazione la durata del periodo di affidamento già trascorso, verificare l’impegno dimostrato del condannato, e rilevare gli eventuali miglioramenti dello stesso. In aggiunta, specifica il Collegio, quanto verificato va, poi, paragonato allo specifico comportamento negativo che importi la revoca del beneficio, al fine di stabilire il quantum di durata dell’affidamento in prova da considerarsi come pena espiata ed il quantum invece da considerarsi come privo di rilievo ai fine dell’espiazione della pena . Da verificare l’effettività del processo rieducativo. In conclusione, la Magistratura di sorveglianza è chiamata ad effettuare un giudizio che non si limiti all’esistenza di formali e chiare violazioni delle prescrizione imposte nel corso dello svolgimento della prova sino alla data dello specifico comportamento che ha dato causa alla decisione di revoca, ma è atto a stabilire se il mancato recepimento delle prescrizioni imposte sia stato tale da rendere evidente l’inesistenza, ab initio , di un effettivo processo di recupero educativo tale da giustificare la revoca ex tunc Cass., n. 18247/2014 . Nel caso di specie, manca la spiegazione della gravità oggettiva e soggettiva del comportamento che ha dato luogo alla revoca, e il motivo per cui le evenienze negative, verificatesi al termine dell’esperimento esterno, sono state ritenute di tale gravità, da rivelare l’inadeguatezza del processo di rieducazione e necessaria la revoca. Alla stregua di quanto detto, la Cassazione annulla l’ordinanza e rinvia per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 14 luglio – 8 settembre 2014, n. 37292 Presidente Chieffi – Relatore Casa Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza resa in data 19.11.2013, il Tribunale di Sorveglianza di Milano revocava la misura alternativa dell'affidamento in prova al servizio sociale concessa a B.E.G. con provvedimento emesso dallo stesso Tribunale in data 18.4.2012, in relazione alla sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Monza il 1° dicembre 2010, divenuta irrevocabile il 3.2.2011. La revoca era giustificata dalla condanna riportata in primo grado dal B. alla pena di due anni di reclusione, inflittagli dal Tribunale di Monza con sentenza del 7.11.2013 per il reato di detenzione illegale di 26 grammi circa di cocaina art. 73 D.P.R. n. 309/90 . Con la stessa ordinanza il Tribunale milanese dichiarava non computabile al fine dell'espiazione della pena il tempo trascorso in affidamento in prova. 2. Ha proposto ricorso per cassazione B.E.G., per il ministero del suo difensore di fiducia. 2.1. Con il primo motivo, deduce la mancata notifica dell'avviso di udienza al detenuto, in violazione dell'art. 127, comma 1, cod. proc. pen. art. 606 lett. c cod. proc. pen. , la cui inosservanza, a mente del comma 5 dello stesso articolo 127, determinava la nullità dell'udienza e di tutti gli atti successivi. 2.2. Con il secondo motivo, denuncia violazione dell'art. 606 lett. e cod. proc. pen. per mancanza di motivazione sulla ritenuta non computabilità dei periodo trascorso in affidamento in prova ai fini dell'espiazione della pena. 3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per l'annullamento dell'ordinanza impugnata limitatamente alla parte in cui dichiara non computabile ai fini dell'espiazione della pena il tempo trascorso in affidamento in prova, con rinvio al Giudice a quo nel resto, il ricorso andava rigettato. Considerato in diritto 1. Sono fondati entrambi i motivi di ricorso. 1.1. Sebbene il provvedimento di sospensione delle misure alternative ai sensi dell'art. 51 ter Ord. Pen., per la sua natura formale di decreto e per il suo carattere transitorio, non richieda la preventiva convocazione delle parti, è indubbio che l'omissione della notifica dell'avviso di fissazione dell'udienza camerale per la deliberazione sulla revoca della misura comporti la nullità del provvedimento all'esito adottato Sez. 1, Sentenza n. 16654 dell'11/2/2013, Virgilio, Rv. 255688 . Nel caso in questione, dall'esame degli atti inseriti nel fascicolo - cui questa Corte. ha accesso diretto in quanto giudice del fatto processuale Sez. 1, Sentenza n. 8521 del 9/1/2013, Chahid, Rv. 255304 - risulta che, per una evidente svista, il decreto di fissazione dell'udienza camerale del 19.11.2013 emesso dal Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Milano in data 23.10.2013 è stato notificato a mezzo fax, nella medesima giornata del 30.10.2013 h 17 27 e 17 28 , due volte al difensore di fiducia del detenuto avv. Cristiano Magni essendo diretto allo stesso numero di telefono indicato dal legale 03996319995 , senza essere mai stato notificato al diretto interessato. Tale omissione determina la nullità del provvedimento impugnato ai sensi degli artt. 127, commi 1 e 5, e 178, lett. c , cod. proc. pen 1.2. Pur avendo carattere assorbente la rilevata violazione di norme processuali, questo Collegio ritiene di doversi pronunciare, ai fini di una corretta impostazione dei giudizio di rinvio, anche sul secondo motivo di ricorso, volto a censurare la carenza motivazionale dell'ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Milano, laddove ha dichiarato non computabile ai fini dell'espiazione della pena il tempo trascorso in affidamento in prova. Il motivo è fondato. Come è noto, alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 343 del 1987, il periodo trascorso in affidamento in prova non può essere considerato privo di rilevanza, per il solo fatto che la misura alternativa venga revocata. L'affidamento in prova implica pur sempre una forte limitazione della libertà personale, e di regola, se trascorso positivamente, equivale a pena espiata. Il Tribunale di sorveglianza, in presenza di comportamenti particolarmente gravi e che riverberino i loro effetti anche sulla valutazione del periodo già trascorso, può ritenere che, almeno in parte, il periodo di affidamento possa non essere considerato come pena espiata. Ma, sul punto, occorrono una valutazione prima, ed una motivazione poi, molto approfondite e puntuali. Bisogna, cioè, prendere in considerazione la durata del periodo di affidamento già trascorso, verificando l'impegno dimostrato dal condannato durante tale periodo e gli eventuali progressi compiuti alla stregua delle informazioni fornite dal servizio sociale con le relazioni periodiche previste dall'art. 47 O.P., nonché sulla base di ogni altro elemento o circostanza utile. Quanto verificato va, poi, paragonato allo specifico comportamento negativo che importi la revoca del beneficio, al fine di stabilire il quantum di durata dell'affidamento in prova da considerarsi come pena espiata ed il quantum invece da considerarsi come privo di rilievo ai fini dell'espiazione della pena. In sostanza, la Magistratura di sorveglianza è chiamata a effettuare un giudizio che non è limitato alla sola esistenza di formali e conclamate violazioni alle prescrizioni imposte nel corso dello svolgimento della prova sino alla data della specifico comportamento che ha dato causa alla decisione di revoca, ma è volto a stabilire se il mancato recepimento delle prescrizioni imposte sia stato tale, per gravità ovvero per modalità e reiterazione, da rendere evidente l'inesistenza, ab initio, di un effettivo processo di recupero educativo tale da giustificare la revoca ex tunc tra le più recenti, Sez. 1, Sentenza n. 18247 dell'11/4/2014, Daccapo, non mass. Sez. 1, Sentenza n. 9314 del 19/2/2014, Attianese, n.m. conformi, Sez. 1, Sentenza n. 2667 del 18/10/2011, dep. 23/1/2012, Zangara, Rv. 251844 Sez. 1, Sentenza n. 5466 del 3/10/2000, dep. 9/1/2001, Inzerra, Rv. 217617 Sez. 1, Sentenza n. 320 del 13/1/1999, Rodi, Rv. 212712 Sez. 1, Sentenza n. 2943 del 13/6/2001, Modaffarì, Rv. 219477 . Nella motivazione dell'ordinanza impugnata manca una compiuta spiegazione della gravità oggettiva e soggettiva dei comportamento che ha dato luogo alla revoca, e il motivo per cui le evenienze negative, verificatesi al termine dell'esperimento esterno, sono state ritenute di tale gravità, da rivelare l'inadeguatezza dei processo di rieducazione e necessaria la revoca ex tunc , con la conseguenza di mettere nel nulla il periodo di prova trascorso. Anche sotto questo profilo, l'ordinanza impugnata deve essere annullata. Il Giudice dì rinvio dovrà attenersi ai principi sopra enunciati. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Milano.