Necessaria l’inefficienza causale dell’azione per configurare il reato impossibile

Affinché un’azione possa considerarsi inidonea è necessario che la sua incapacità a condurre all’evento sia assoluta, intrinseca e originaria, secondo una valutazione oggettiva da compiersi risalendo al momento iniziale del suo compimento.

Reato impossibile. Con la sentenza n. 35669 depositata il 13 agosto 2014, la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione interviene in materia di reato impossibile per inidoneità dell’azione ex art. 49, comma 2, c.p. ribadendo che affinché un’azione possa considerarsi inidonea è necessario che la sua incapacità a condurre all’evento sia assoluta, intrinseca e originaria, secondo una valutazione oggettiva da compiersi risalendo al momento iniziale del suo compimento. In buona sostanza, secondo gli Ermellini , l’incapacità deve tradursi in inefficienza causale rispetto alla produzione dell’evento, indipendentemente da ogni cautela predisposta dalla parte offesa o intervento successivo che abbia impedito la realizzazione di tale evento. Quando i rumori dei vicini provocano reazioni eccessive. L’occasione che ha dato il via alla valutazione dei giudici di Piazza Cavour si riferisce all’ipotesi di diffamazione che colpisce la ricorrente e un altro condomino nei confronti di un vicino. In particolare, il Tribunale territoriale aveva condannato la ricorrente, colpevole dei reati di cui agli artt. 660, 594, 595 c.p., per aver recato molestia e disturbo ad un vicino di casa, a causa di rumori prodotti all’interno del proprio appartamento, in un caso pronunciando al suo indirizzo ed in sua presenza, a seguito delle lamentele ricevute, il classico vaffanculo” e successivamente per averlo additato in seno all’assemblea condominiale, nel corso della quale era stata letta una missiva inviata per conto dell’imputata e di altro condomino anch’egli imputato da un legale, quale responsabile del clima di disagio che si era venuto a creare ed ancora quale autore di epiteti ed ingiurie, così ledendone l’onore ed il prestigio. Entrambi gli imputati, dunque, in primo grado venivano condannati per la condotta diffamatoria e al risarcimento del danno. In sede di appello, il giudice di merito, in parziale riforma della sentenza di primo grado, assolveva l’imputata per il reato di molestia o disturbo alle persone, perché il fatto non sussiste, e rideterminava la pena irrogata in € 600 di multa, revocando, infine, la condanna degli imputati al risarcimento del danno. Il contesto condominiale è divenuto occasione di uso frequentissimo di espressioni e termini disdicevoli. Gli imputati propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello proponendo diversi motivi di doglianza. Tra questi, il primo si focalizza sulla mancata valorizzazione da parte del giudice di merito della specificità del contesto nel quale la condotta ebbe ad inserirsi, non considerando come il contesto condominiale sia divenuto nel corso del tempo occasione di uso frequentissimo di espressioni e termini disdicevoli. In secondo luogo, la difesa dei due imputati osserva che il reato contestato non poteva che risultare impossibile, dal momento che nessun condomino era rimasto colpito” dal contenuto della lettera. I giudici del Palazzaccio , tuttavia, ritengono di dover rigettare i ricorsi presentati dagli imputati, anche in relazione agli effetti civili scaturenti dalla sentenza impugnata. Il valore spregiativo dell’espressione. In realtà, la Corte di Cassazione – come si legge nella sentenza in commento -, pur avendo osservato in passato che relativamente alla portata offensiva dell’espressione vaffanculo”, si deve prendere atto del degrado del linguaggio e della inciviltà che oramai non di rado contraddistingue il rapporto tra i cittadini, tuttavia tale espressione non è soltanto indice di cattiva educazione e di uno sfogo dovuto ad una pretesa invadenza dell’offeso, ma anche del disprezzo che si nutre nei confronti dell’interlocutore. Pertanto, è compito del giudice di merito, tenere doverosamente conto del contesto nel quale l’espressione è stata pronunciata. Ciò facendo riferimento ad un criterio di media convenzionale in rapporto alla personalità dell’offeso e dell’offensore ed al contesto nel quale la frase ingiuriosa sia stata pronunciata. Così, nel caso in esame, l’espressione è stata proferita in un contesto che non appare idoneo ad escludere la portata offensiva di essa, in quanto la frase pronunciata dall’imputata all’indirizzo del vicino di casa per una questione di rumori non diminuisce la valenza spregiativa dell’onore. Al contrario, secondo i giudici della Suprema Corte, i rapporti di vicinato devono essere improntati ad un maggior rispetto reciproco tra le persone, perché altrimenti – come dicono espressamente gli Ermellini - inducono ad una impossibilità di convivenza che, invece, è necessitata dalla quotidiana relazione nascente dal fatto abitativo e che deve essere garantita. L’azione è causalmente efficiente . Quanto al reato impossibile, come già evidenziato, la Corte di Cassazione non ritiene che le espressioni usate dai due imputati siano in sé inidonee ad attentare al prestigio sociale della persona offesa, percepibili in maniera positiva dai restanti condomini, specialmente, laddove sia stata riferita falsamente alla persona offesa una condotta aggressiva e gravemente ingiuriosa nei confronti dell’imputata in occasione dell’episodio riferito. Da qui il rigetto dei ricorsi e la condanna al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 7 aprile – 13 agosto 2014, numero 35669 Presidente Oldi – Relatore Pezzullo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 23.11.2009 il Tribunale di Firenze dichiarava F.D. colpevole dei reati di cui agli artt. 660, 594 e 595 c.p. per avere recato molestia e disturbo al vicino di casa L.F., a causa dei rumori prodotti all'interno del proprio appartamento, in un caso pronunciando al suo indirizzo ed in sua presenza, a seguito delle lamentele ricevute, la frase vaffanculo e successivamente per averlo additato in seno all'assemblea condominiale, nel corso della quale era stata letta la missiva inviata per conto dell'imputata e del B. da un legale, quale responsabile del clima di disagio che si era venuto a creare ed ancora quale autore di epiteti ed ingiurie, così ledendone l'onore ed il prestigio e la condannava alla pena di € 800,00 di multa, nonché B.G. colpevole del reato di cui all'articolo 595 c.p. in concorso con la F., per la condotta diffamatoria descritta e lo condannava alla pena di € 600,00 di multa entrambi gli imputati venivano condannati al risarcimento del danno in favore delle parti civili, L.F. e F.S., nell'importo di € 1000,00 per ciascuna e nella misura del sessanta per cento la F. e del quaranta per cento il B 2. La Corte d'Appello di Firenze, con sentenza in data 23.5.2012, in parziale riforma della sentenza di primo grado, assolveva la F. dal reato di cui all'articolo 660 c.p., perché il fatto non sussiste, e rideterminava la pena irrogata in € 600,00 di multa, nonchè revocava la condanna degli imputati al risarcimento del danno nei confronti di S.F., riducendo il risarcimento nei confronti di F.L. ad € 800,00, 3. Avverso tale sentenza gli imputati, a mezzo del proprio difensore, hanno proposto ricorso affidato a tre motivi, lamentando -con il primo motivo, l'erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell'articolo 606, primo comma, lett. b c.p.p., in relazione all'articolo 594 c.p., atteso che la corte di merito non ha valorizzato la specificità del contesto nel quale la condotta ebbe ad inserirsi e non ha considerato come, in particolare, il contesto condominiale sia divenuto nel corso dei tempo occasione di un uso frequentissimo di espressioni e termini disdicevoli -con il secondo motivo, l'inosservanza della legge penale in relazione al combinato disposto di cui all'articolo 595 e 49 c.p. e la mancanza di motivazione, atteso che il reato in questione non poteva che risultare impossibile, dal momento che nessun condomino è rimasto colpito dal contenuto della lettera tale doglianza proposta specificamente nell'atto di appello non ha costituito oggetto di risposta da parte della corte di merito -quale terzo motivo, l'illogicità della motivazione in relazione all'omessa rideterminazione delle spese di costituzione e difesa delle parti civili, a seguito della esclusione della condanna degli imputati al risarcimento del danno nei confronti della S., ai sensi dell'articolo 541/1 c.p.p. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è inammissibile ai sensi dell'articolo 606, terzo comma, c.p.p., sicchè non è preclusa a questa Corte la possibilità di rilevare e dichiarare cause di non punibilità a norma dell'articolo 129 c.p.p. Sez. Unumero , numero 23428 del 22/03/2005 Sez. IV, numero 31344 dell' 11/06/2013 . 2. Per il reato di cui all'articolo 594 c.p. ascritto alla F., invero è maturato successivamente alla sentenza di secondo grado alla data dell' 1.9.2013 , il termine di prescrizione, pari ad anni sette e mesi sei, a decorrere dal 1.3.2006, ma l'obbligo della immediata declaratoria di tale causa di estinzione, sancito dal primo comma dell'articolo 129 c.p.p., implica nel contempo la valutazione della sussistenza in modo evidente di una ragione di proscioglimento dell'imputato, alla luce della regola di giudizio posta dal secondo comma del medesimo articolo 129 c.p.p., rilevabile, tuttavia, soltanto nel caso in cui le circostanze idonee ad escludere l'esistenza dei fatto, la commissione del medesimo da parte dell'imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di constatazione , ossia di percezione ictu oculi , che a quello di apprezzamento e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento Sez. III, numero 10221 del 24/01/2013 . Nel caso di specie non ricorrono in modo evidente ed assolutamente non contestabile ragioni di proscioglimento dell'imputata, ai sensi dell'articolo 129/2 c.p.p. risultando pacifico che la F. profferì all'indirizzo di L.F. l'espressione vaffanculo e tale espressione, proprio in relazione al contesto in cui è stata pronunciata, deve ritenersi offensiva dell'onore e del decoro della p. o 3. I ricorsi degli imputati vanno rigettati, anche in relazione agli effetti civili scaturenti dalla sentenza impugnata. 3.1. Il primo motivo di ricorso relativo al delitto di ingiuria ascritto alla F. è infondato. Ed invero, la frase oggetto di giudizio è stata pronunciata dall'imputata dopo che L.F. si era lamentato del rumore che proveniva di buon mattino dall'appartamento sovrastante, occupato dalla F., dando colpi al soffitto per invitare a fare piano e costei, dopo aver suonato all'appartamento della persona offesa per chiedere spiegazioni dell'accaduto, mostrava segni di irritazione e, quindi, proferiva l'espressione vaffanculo al suo indirizzo. La ricorrente in sostanza sostiene che tale espressione sarebbe divenuta di uso comune e avrebbe, quindi, perso valenza offensiva, specie ove si consideri un contesto, quale quello condominiale, oggetto di giudizio, nel quale i soggetti si trovano in posizione di parità, ed ha invocato all'uopo alcune pronunce di questa Corte. Va tuttavia evidenziato che il precedente invocato dalla ricorrente Sez. V, numero 27966 del 13 luglio 2007 , pur dando atto che alcune espressioni hanno perso il loro carattere offensivo, prendendo il posto nel linguaggio corrente di altre aventi significato diverso tra cui l'espressione oggetto dell'imputazione, vaffanculo , che viene frequentemente impiegata per dire non infastidirmi , non voglio prenderti in considerazione ovvero lasciami in pace e che l'uso troppo frequente, quasi inflazionato, delle suddette parole ha modificato in senso connotativo la loro carica, ha comunque precisato che la portata offensiva o meno, dell'espressione in esame è senza dubbio condizionata dal contesto in cui si inserisce se questa viene pronunciata dall'interessato nei confronti di un'insegnante che fa un' osservazione o di un vigile che dà una multa, assume carattere di spregio diversa è la situazione se si colloca nel discorso che si svolge tra soggetti in posizione di parità ed in risposta a frasi che non postulano, per serietà ed importanza del loro contenuto, manifestazione di specifico rispetto. Nel caso esaminato da questa Corte in qual precedente trattavasi di espressione pronunciata in una situazione del tutto particolare, che si collocava nell'ambito di un vivace scontro verbale durante un dibattito politico, connotato da un clima particolarmente polemico, che aveva dato luogo a scambio di accuse e la condotta verbale dell'imputato rappresentava una maleducata e volgare manifestazione di insofferenza, e per tale contesto di inserimento non è stata ritenuta tale da offendere l'onore ed il decoro dell'interlocutore, ai sensi dell'articolo 594 c.p Più recentemente, questa Corte, nel valutare la portata offensiva dell'espressione vaffanculo , ha evidenziato, che pur dovendosi prendere atto del degrado del linguaggio e della inciviltà che oramai non di rado contraddistingue il rapporto tra i cittadini, tuttavia, tale espressione non è soltanto indice di cattiva educazione e di uno sfogo dovuto ad una pretesa invadenza dell'offeso, ma anche del disprezzo che si nutre nei confronti dell'interlocutore Sez. V, 07/05/2013, numero 28645 , precisando pur sempre, tuttavia, che spetta ai giudici di merito, tenere doverosamente conto del contesto nel quale l'espressione è stata pronunciata. Al fine di accertare se sia stato leso il bene protetto dall'articolo 594 c.p., occorre pertanto fare riferimento ad un criterio di media convenzionale in rapporto alla personalità dell'offeso e dell'offensore ed al contesto nel quale la frase ingiuriosa sia stata pronunciata Sez. V , numero 30956 del 02/07/2010 . Nel caso in esame, il contesto nel quale l'espressione vaffanculo è stata proferita non appare idoneo ad escludere la portata offensiva di essa, essendo stata la frase pronunciata dall'imputata all'indirizzo di un vicino di casa per una questione di rumori e siccome la vicenda coinvolge la vita di relazione quotidiana non perde valenza spregiativa dell'onore i rapporti di vicinato, invero, devono essere improntati ad un maggiore rispetto reciproco tra le persone, perchè altrimenti inducono ad una impossibilità di convivenza, che, invece, è necessitata dalla quotidiana relazione nascente dal fatto abitativo, e che deve essere garantita Sez. V, 29/10/2009, numero 3931 . 3.2. Il secondo motivo di ricorso relativo alla ricorrenza dell'ipotesi di cui all'articolo 49/2 c.p., in relazione al delitto di diffamazione ascritto ad entrambi gli imputati, non essendo rimasto alcun condomino colpito dalla missiva in contestazione, è del pari infondato. Va premesso che la sentenza impugnata, nel richiamare la sentenza di primo grado, ha ritenuto il contenuto della lettera sottoscritta da entrambi gli imputati allegata al verbale di assemblea condominiale idoneo a gettare discredito sul F., laddove si afferma del tutto falsamente che la F. si era comportata correttamente nell'episodio relativo alle ingiurie, quando la stessa aveva tenuto una condotta aggressiva e gravemente ingiuriosa. Correttamente in proposito la sentenza impugnata ha evidenziato come il fatto che taluni degli altri condomini fossero a conoscenza dei cattivi rapporti tra il F. e la F. non esclude la rilevanza penale della condotta addebitabile ad entrambi gli imputati In tema di fattispecie di reato impossibile per inidoneità dell'azione ex articolo 49 comma 2 c.p., si deve ricordare che perché un'azione possa considerarsi inidonea è necessario che la sua incapacità a condurre all'evento che in tema di diffamazione si presenta di pericolo sia assoluta, intrinseca e originaria, secondo una valutazione oggettiva da compiersi risalendo al momento iniziale del suo compimento deve cioè tradursi in inefficienza causale rispetto alla produzione dell'evento, indipendentemente da ogni cautela predisposta dalla parte offesa o intervento successivo che abbia impedito la realizzazione di tale evento Sez. I, 15/12/2006, numero 4359 .Nel caso di specie non risultano utilizzate dagli imputati espressioni rivolte al F. in sé inidonee ad attentare al prestigio sociale della p.o., percepibili positivamente dai condomini, specie laddove è stata riferita falsamente alla p.o. una condotta aggressiva e gravemente ingiuriosa nei confronti della F. in occasione dell'episodio dei rumori, sicchè non appare configurabile l'ipotesi di cui all'articolo 49/2 c.p 3.3. Infondato si presenta, infine, il terzo motivo di ricorso con il quale i ricorrenti si dolgono dell' omessa rideterminazione delle spese di costituzione e difesa delle parti civili, a seguito della esclusione della condanna degli imputati al risarcimento del danno nei confronti della S Ed invero, le parti civili presentavano in primo grado una nota spese unica per entrambe, senza considerare se non per la somma di € 500,00 -la pluralità delle parti, mentre l'importo liquidato è stato di gran lunga inferiore a quello richiesto, tale da non risultare in sostanza influenzato dalla esclusione della condanna in favore della S 4. In definitiva, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio agli effetti penali, limitatamente al reato di ingiuria ascritto a F.D., per essere lo stesso estinto per prescrizione il ricorso della stessa F. va rigettato nel resto il ricorso di B.G. va rigettato e lo stesso va condannato al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Annulla senza rinvio agli effetti penali la sentenza impugnata limitatamente al reato di ingiuria ascritto a F.D., per essere lo stesso estinto per prescrizione rigetta nel resto il ricorso della F. rigetta il ricorso di B.G. che condanna al pagamento delle spese processuali.