Qual è il discrimine tra ignoranza inevitabile della legge penale ed interpretazione normativa errata?

Nell’ipotesi di esecuzione di un provvedimento edilizio in assenza di permesso di costruire non ricorrono gli estremi della buona fede con efficacia esimente ex art. 5 c.p. allorquando l’imputato abbia male interpretato una chiara disposizione di legge e non si sia premurato di consultare il competente ufficio per conoscere quali adempimenti avrebbe dovuto compiere, erroneamente formandosi il convincimento soggettivo della non necessarietà del titolo abilitativo per la realizzazione dell’opera edilizia sulla base di un provvedimento della PA riguardante un’opera diversa da quella abusivamente realizzata.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36852, depositata il 4 settembre 2014. Il caso. Il Tribunale di Gela affermava la penale responsabilità di M.C. per il reato di cui all’art. 44, comma 1, lett. b D.P.R. 380/2001 e lo condannava alla pena ritenuta di giustizia in particolare, secondo la prospettazione accusatoria – in toto accolta dall’Organo Giudicante –l’imputato, nella sua veste di proprietario di un fondo agricolo, avrebbe sullo stesso realizzato, senza concessione edilizia, alcune opere abusive. La Corte di Appello di Caltanissetta, investita del gravame, riformava la statuizione di prime cure limitatamente al solo trattamento sanzionatorio, riducendo la pena originariamente inflitta, ma confermando nel resto la condanna avverso tale sentenza M.C. ricorreva per Cassazione, deducendo due differenti motivi di doglianza. In primis , inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 44 comma 1 lett. b D.P.R. 380/2001 in particolare, la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto responsabile esso imputato nonostante l’intervento eseguito consistesse nella mera pavimentazione in cemento di una esigua porzione di terreno che non avrebbe determinato alcuna variazione della destinazione del fondo. In secundis , inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 42 comma 4 c.p., nella parte in cui i Giudici di seconde cure hanno escluso un errore sul fatto e, pertanto, la buona fede del ricorrente più specificamente, la Corte territoriale avrebbe dovuto ritenere sussistente la buona fede di esso imputato in quanto, considerata la sostanziale irrilevanza dell’intervento edilizio, era indubitabile che M.C. non avesse la piena coscienza e volontà di commettere un illecito, ancor più laddove si consideri che il Comune aveva consentito al ricorrente – senza che fosse necessario alcun permesso di costruire – la recinzione della superficie relativa alla predetta pavimentazione. Anche la mera pavimentazione cementizia di una esigua porzione di fondo agricolo richiede il permesso di costruire. La Terza Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha avuto modo di chiarire alcuni profili sostanziali afferenti i reati edilizi e l’ignoranza della legge penale. Anzitutto, la Corte Regolatrice – richiamando la giurisprudenza di legittimità sul punto – ha specificato come sia da ritenersi pacifico che la realizzazione di una pavimentazione in conglomerato cementizio importi una modificazione dello stato dei luoghi e che, pertanto, la relativa esecuzione richieda obbligatoriamente un prodromico atto di concessione edilizia. Quanto, poi, alla presunta configurabilità nel caso di specie di un errore sul fatto che costituisce reato, i Supremi Giudici hanno statuito come, al fine di invocare la sussistenza di una ignoranza inevitabile è richiesto, quale condicio sine qua non , che dagli atti processuali emerga inequivocabilmente che il soggetto agente abbia fatto tutto quanto il possibile per uniformarsi alla legge, sicché nessun rimprovero, neppure di semplice leggerezza, gli possa essere mosso e che, pertanto, la violazione della norma sia stata determinata da cause del tutto indipendenti dalla sua volontà. Orbene, applicando il predetto principio al caso de quo , emerge l’assoluta insussistenza di alcun profilo di ignoranza inevitabile in effetti, la Corte di legittimità ha chiarito come, nell’ipotesi di esecuzione di un intervento edilizio in assenza di permesso di costruire, non ricorrono gli estremi dell’esimente suddetta allorquando l’imputato abbia male interpretato una pur chiara disposizione di legge e non si sia premurato di consultare il competente ufficio per conoscere quali adempimenti avrebbe dovuto compiere, erroneamente formandosi il proprio convincimento soggettivo che non fosse necessario alcun titolo abilitativo per la realizzazione dell’opera edilizia sulla base di un provvedimento della pubblica amministrazione riguardante un’opera diversa da quella abusivamente realizzata.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 giugno– 4 settembre 2014, n. 36852 Presidente Fiale– Relatore Scarcella Ritenuto in fatto 1. M.C. ha proposto ricorso, a mezzo del difensore fiduciario cassazionista, avverso la sentenza della Corte d'appello di Caltanissetta, emessa in data 18/07/2013, depositata in data 8/10/2013, con cui, in parziale riforma della sentenza del tribunale di GELA del 9/10/2012, veniva ridotta la pena inflitta al ricorrente a mesi 1 di arresto ed Euro 5000,00 di ammenda per il reato di cui all'art. 44, comma 1, lett. b , d.P.R. n. 380/2001 per aver realizzato, senza concessione edilizia, quale proprietario, alcune opere edilizie meglio descritte nel capo 1 dell'imputazione. Fatti contestati come accertati nel periodo compreso tra il omissis . 2. Con il ricorso, proposto a mezzo del difensore fiduciario cassazionista, vengono dedotti due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen 2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di cui all'art. 606, lett. b c.p.p., in relazione all'art. 44, comma 1, lett. b , d.P.R. n. 380/2001. La censura investe l'impugnata sentenza per aver la Corte d'appello ritenuto responsabile il ricorrente del reato sub 1 , nonostante l'intervento eseguito consistesse nella pavimentazione, con conglomerato cementizio battuto, di una piccola porzione di terreno pari a mq. 750 , che non avrebbe minimamente determinato la variazione della destinazione del fondo in sintesi, il ricorrente avrebbe provveduto a realizzare, su una piccola porzione del fondo agricolo pari al 9,55 % dell'intero uno spiazzo utile alla manovre ed alla sosta dei mezzi, senza creare nuovi volumi la giurisprudenza richiamata dalla Corte d'appello a sostegno della condanna sarebbe erronea, riguardando la pavimentazione di un'area estesa di mq. 8800 relativamente ad un'area adibita a parcheggio. 2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di cui all'art. 606, lett. b c.p.p., in relazione all'art. 42, comma 4, c.p., nella parte in cui i giudici hanno escluso un errore sul fatto e, dunque, la buona fede del ricorrente. La censura investe l'impugnata sentenza per non aver la Corte d'appello ritenuto esistente la buona fede del ricorrente, in quanto attesa la modesta consistenza dell'intervento edilizio, era indubitabile che il ricorrente non avesse la piena coscienza e volontà di commettere un reato, soprattutto laddove si consideri che il Comune aveva consentito al ricorrente la recinzione della superficie relativa alla predetta pavimentazione in altri termini, poiché il Comune aveva comunicato al ricorrente che, per la realizzazione del muro di recinzione, non fosse necessario il permesso di costruire, questi sarebbe stato indotto a ritenere priva di rilievo penale la realizzazione della pavimentazione di un'esigua porzione del fondo agricolo, obiettivamente meno incisiva rispetto alla realizzazione di un muro di recinzione, sicché la volontà del ricorrente sarebbe stata inficiata da una difettosa percezione della realtà e, quindi, da un errore sul fatto determinato da una situazione non ricollegabile alla sua volontà. Considerato in diritto 3. Il ricorso dev'essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza. 4. I motivi, attesa l'omogeneità dei profili di censura dedotti, possono essere congiuntamente trattati. Ambedue si appalesano, tuttavia, inammissibili a giudizio del Collegio. Ed invero, emerge dall'impugnata decisione che il ricorrente è stato condannato per aver realizzato nel suo terreno, esteso circa 750 mq., una pavimentazione con battuto di cemento armato la Corte territoriale ha ritenuto del tutto priva di rilievo la circostanza, dedotta dal ricorrente, secondo cui la predetta pavimentazione riguardasse solo una parte del fondo, giacché, in ogni caso, vi era stata una trasformazione urbanistica del territorio né, infine, rileva la circostanza che questi avesse ottenuto un'autorizzazione amministrativa che, in realtà, riguardava solo la realizzazione di una recinzione di conci in tufo, che il ricorrente aveva però costruito utilizzando cemento armato. Osserva il Collegio, quanto all'intervento edilizio in sé, che è pacifico che per la realizzazione di una pavimentazione in cemento armato è necessario il massimo titolo abilitativo permesso di costruire , a nulla rilevando la pretesa esiguità dell'intervento rispetto all'estensione complessiva del terreno. È stato già affermato da questa Corte, infatti, che le opere di pavimentazione di un suolo con impiego di conglomerato cementizio importano una modificazione dello stato dei luoghi ottenuta con attività costruttiva che richiede la concessione edilizia Sez. 3, n. 10127 del 06/03/1978 - dep. 25/07/1978, Galletto, Rv. 139840 . 4.1. Quanto, poi, alla presunta configurabilità, nel caso in esame, di un errore sul fatto che costituisce reato ex art. 42, comma 4 c.p. rectius , art. 47 c.p. , detto errore non può essere utilmente invocato nel caso in esame, in quanto il convincimento soggettivo del ricorrente secondo cui, per la pavimentazione non occorresse il permesso di costruire, non seguiva ad una erronea comunicazione del Comune che, invece, aveva rilasciato l'autorizzazione ad eseguire la sola recinzione , con conseguente esclusione dell'invocata buona fede del contravventore. Sul punto, infatti, è stato già in precedenza affermato da questa Corte che, per trovare applicazione il principio enunciato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 364 del 24 marzo 1988 con la quale detta Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 5 cod. pen. nella parte in cui non esclude dalla inescusabilità dell'ignoranza della legge penale l'ignoranza inevitabile è necessario che dagli atti del processo risulti che l'agente abbia fatto tutto il possibile per uniformarsi alla legge, sicché nessun rimprovero, neppure di semplice leggerezza, gli possa essere mosso, e che, pertanto, la violazione della norma sia avvenuta per cause del tutto indipendenti dalla sua volontà v., sul punto Sez. 3, n. 2698 del 18/01/1991 - dep. 01/03/1991, Sina, Rv. 186513 . Ne consegue che nell'ipotesi di esecuzione di un intervento edilizio in assenza di permesso di costruire non ricorrono gli estremi dell'esimente suddetta allorquando l'imputato abbia male interpretato una pur chiara disposizione di legge e non si sia premurato di consultare il competente ufficio per conoscere quali adempimenti egli avrebbe dovuto compiere, erroneamente formandosi il convincimento soggettivo, sulla base di un provvedimento della pubblica amministrazione riguardante opera edilizia diversa da quella abusivamente realizzata, che non fosse necessario alcun titolo abilitativo per la realizzazione di quest'ultima. Deve, pertanto, essere affermato il seguente principio di diritto Nell'ipotesi di esecuzione di un intervento edilizio in assenza di permesso di costruire non ricorrono gli estremi della buona fede con efficacia esimente ex art. 5 c.p., nell'interpretazione datane dalla Corte cost. con la sentenza n. 364/1988, allorquando l'imputato abbia male interpretato una pur chiara disposizione di legge e non si sia premurato di consultare il competente ufficio per conoscere quali adempimenti egli avrebbe dovuto compiere, erroneamente formandosi il convincimento soggettivo, sulla base di un provvedimento della pubblica amministrazione riguardante opera edilizia diversa da quella abusivamente realizzata, che non fosse necessario alcun titolo abilitativo per la realizzazione di quest'ultima” . 5. Per completezza, infine, rileva il Collegio che per il reato per cui si procede il termine di prescrizione massima, in assenza di sospensioni, maturerà in data 11 giugno 2014, successivamente alla decisione di questa Corte. 6. Il ricorso dev'essere, dunque, dichiarato inammissibile. Segue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma che si stima equo fissare, in Euro 1000,00 mille/00 . P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.