Quando la mancata adozione dell’ordinanza sindacale costituisce reato

Il sindaco che omette di emanare un’ordinanza sindacale, relativa al rilascio di un alloggio di edilizia popolare occupato senza titolo, commette il reato di omissione non motivata di atti richiesti ex art. 328, comma 2, c.p

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36177, depositata il 27 agosto 2014. Il caso. Il Procuratore della Repubblica proponeva ricorso immediato per cassazione contro la sentenza che assolveva l’imputata dal reato di cui all’art. 328, comma 1, c.p. rifiuto di atti urgenti , così diversamente qualificata la condotta in origine contestatale art. 328, comma 2, c.p. – omissione non motivata di atti richiesti , perché il fatto non costituisce reato. In particolare la donna, quale sindaco di un Comune, ometteva di emettere l’ordinanza sindacale di rilascio di un alloggio di edilizia popolare occupato senza titolo, senza spiegare i motivi del ritardo ovvero della mancata adozione. Le due ipotesi di reato previste dall’art. 328 c.p Il reato di cui al primo comma dell’art. 328 c.p. si consuma con la sola omissione del provvedimento chiesto alla PA dal soggetto istante ed incidente su beni di valore primario giustizia, sicurezza pubblica, ordine pubblico, igiene e sanità quello sanzionato dal secondo comma presuppone la coeva sussistenza di due complementari contegni omissivi, che investono la mancata adozione entro il termine di trenta giorni dalla domanda dell’interessato dell’atto richiesto e l’assenza di risposta sui motivi della mancata adozione o del suo ritardo, punendosi in tal modo il comportamento di pura inerzia e inattività del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio Cass., Sez. VI, n. 19763/13 Cass., Sez. VI, n. 19551/12 Cass., Sez. VI, n. 11877/03 . Il provvedimento di sgombero come atto tecnicamente dovuto”. La Corte di Cassazione evidenzia come la condotta omissiva attribuita al sindaco non possa essere sussunta nella norma incriminatrice dettata dall’art. 328, comma 1, c.p. il provvedimento di rilascio o di sgombero di immobile abusivamente occupato è definibile come tecnicamente dovuto”, perché destinato a dare compiuta esecuzione a un procedimento amministrativo già culminato in un provvedimento decisorio. Al provvedimento che il sindaco avrebbe dovuto emettere erano, infatti, estranei margini di discrezionalità o di apprezzamento valutativo. La rilevanza penale della condotta omissiva. Il Tribunale erroneamente esclude la rilevanza penale della condotta omissiva del sindaco, in quanto la stessa non sarebbe stata attinta da una valida diffida ad adempiere della parte interessata. Tuttavia, la norma incriminatrice di cui all’art. 328, comma 2, c.p. non reca traccia della necessità di un atto formale di diffida, facendo menzione unicamente di una richiesta di chi vi abbia interesse. Per questi motivi la Corte accoglie il ricorso e annulla con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 19 novembre 2013 – 27 agosto 2014, n. 36177 Presidente Garribba – Relatore Paoloni Motivi della decisione 1. A seguito di opposizione a decreto penale di condanna proposta dall'imputata si è instaurato giudizio ordinario nei confronti di A.T. in ordine al reato di omissione di atti di ufficio punito dall'art. 328 co. 2 c.p. per avere, quale sindaco p.t. del Comune di San Marco dei Cavoti Benevento , destinatario di diffida dello I.A.C.P. contro gli occupanti abusivi di un alloggio popolare e altresì di un invito a provvedere in data 29.5.2007 di L.G., avente diritto al detto alloggio, ad emettere una ordinanza di rilascio dell'appartamento e a fornire spiegazioni al riguardo, ometteva di provvedere e di giustificare i motivi del ritardo reato commesso il 30.6.2007 . All'esito del giudizio il Tribunale di Benevento con sentenza del 22.12.2011 ha assolto la T. dal reato di cui all'art. 328 co. 1 c.p., così diversamente qualificata la condotta in origine contestatale, perché il fatto non costituisce reato. La premessa in fatto della decisione, quale enunciata nella motivazione della sentenza, è offerta da concatenate sequenze storiche. L.G., separata e madre di una minore, inserita nella graduatoria definitiva degli aventi diritto all'assegnazione di un alloggio popolare a San Marco dei Cavoti, apprende che l'appartamento destinatole è stato abusivamente occupato da due coniugi, che si trovano in posizione successiva alla sua nella graduatoria di assegnazione. Per tanto il 13.3.2007 la G. comunica allo I.A.C.P. e al Comune di San Marco dei Cavoti tale situazione, invitando il Comune a porvi rimedio. A sua volta lo I.A.C.P. segnala al Comune di aver già emesso ordine di rilascio e diffida nei confronti degli occupanti abusivi, come già comunicato fin dal 31.3.2006 allo stesso Comune, all'uopo sollecitato a emettere -come da sua specifica competenza normativa art. 30 Legge Regione Campania 18/1997 ordinanza di rilascio dell'immobile. Con consecutiva nuova comunicazione-diffida del 29.5.2007 la G., rinnovando la richiesta di ordinanza di rilascio dell'alloggio popolare destinatole, chiede al Comune di precisare ogni circostanza sulla mancata emissione della citata ordinanza. Chiarite tali emergenze asseverate, afferma il Tribunale, dai documenti versati agli atti , il collegio decidente ha rilevato come debba considerarsi dato storico di oggettiva pregnanza che l'organo comunale, in persona del sindaco T., pur obbligato per legge ad emettere le ordinanze di rilascio di immobili di edilizia popolare e pur informato del lungo protrarsi dell'occupazione abusiva dell'alloggio della G., ha omesso di emettere i relativi provvedimenti senza spiegare i motivi del ritardo ovvero della mancata adozione . Nondimeno il Tribunale ha creduto di dover inquadrare il fatto, così diversamente qualificandolo, nella fattispecie di cui al 1° comma dell'art. 328 c.p., in luogo di quella ascritta all'imputata ai sensi del 2° comma dello stesso art. 328 c.p. Ciò perché l'omissione del sindaco è consistita essenzialmente nella mancata adozione di un provvedimento ordinanza di rilascio che doveva essere compiuto per ragioni di giustizia, ossia per ripristinare la situazione di diritto e garantire agli aventi diritto l'effettiva acquisizione dell'alloggio popolare . Ad avviso del Tribunale non è configurabile l'ipotesi prevista dall'art. 328 co. 2 c.p. perché nel caso di specie mancherebbe un atto avente natura e funzione tipica della diffida ad adempiere ne deriva che il reato non sia configurabile quando la richiesta non sia qualificabile come diffida ad adempiere diretta alla messa in mora del destinatario e da quest'ultimo immediatamente valutabile, per il suo tenore letterale e per il suo contenuto, come tale . Riqualificata -quindi la fattispecie concreta ai sensi dell'art. 328 co. 1 c.p., il Tribunale ha tuttavia ritenuto non sufficientemente provato il dolo del reato in parola. Evenienza desunta dalla relazione di un assistente sociale sulla condizione di grave disagio economico della coppia con un bambino appena nato occupante abusivamente l'alloggio. Stato di cose che può aver indotto l'imputata, si sostiene in sentenza, a non attivare i poteri di sgombero in attesa di una qualche soluzione che consentisse di contemperare i contrapposti interessi dell'avente diritto all'alloggio e degli occupanti abusivi. 2. Contro la sentenza assolutoria ha proposto ricorso immediato per cassazione il Procuratore della Repubblica di Benevento, deducendo duplice violazione di legge. 2.1. Erronea applicazione dell'art. 328 co. 1 c.p. Il ragionamento seguito dal Tribunale per ricondurre la condotta dell'imputata alla ipotesi di cui al 1° comma dell'art. 328 c.p. e non a quella, già ascritta alla T., di cui al 2° comma della stessa disposizione è sbagliato. L'ordinanza sindacale di rilascio di un alloggio di edilizia popolare occupato senza titolo si inserisce in un procedimento avente esclusiva natura amministrativa, che vede il sindaco quale semplice esecutore di un atto dovuto per legge. Il decreto di rilascio con relativa diffida all'occupante abusivo compete al solo presidente dello I.A.C.P., unico titolare del relativo potere artt. 11 e 18 D.P.R. 30.12.1972 n. 1035 , che lo trasmette al sindaco, che ha competenza funzionale ad emettere la conseguente ordinanza di rilascio ai sensi dell'art. 30 L.R. Campania 20.7.1007 n. 18. Tale provvedimento è, dunque, privo del carattere di atto indifferibile senza ritardo da compiersi per ragioni di giustizia penale, civile o amministrativa secondo quanto prevede l'art. 328 co. 1 c.p. Né l'ordinanza di sgombero di alloggio I.A.C.P. rientra nel novero delle ordinanze contingibili e urgenti proprie del sindaco a tutela dell'incolumità delle persone o della sicurezza urbana ovvero a tutela della viabilità pubblica. Né a maggior ragione sussistono gli ulteriori motivi di ordine pubblico e tanto meno di igiene e sanità richiamati dall'art. 328 co. 1 c.p. L'amplissima definizione conferita dal Tribunale alla categoria dei motivi di giustizia è impropria, perché tali vanno ritenuti soltanto quelli afferenti alla giurisdizione in modo effettivo e non eventuale o ipotetico. 2.2. Erronea applicazione dell'art. 328 co. 2 c.p. L'assunto in base al quale il Tribunale ha escluso la configurabilità della fattispecie di cui all'art. 328 co. 2 c.p. muove da una interpretazione additiva e manipolativa della norma penale, che non prevede alcuna formale ed espressa diffida ad adempiere da parte del privato nei confronti del pubblico ufficiate o dell'incaricato di pubblico servizio, costituendo presupposto necessario e sufficiente della disciplina penale soltanto l'evenienza che il richiedente sia titolare di un interesse specifico e differenziato rispetto a quello della generalità dei cittadini. Nel caso di specie la istante L. G., assegnataria di un alloggio I.A.C.P. fin dal 2005, il 29.5.2007 ha chiesto al sindaco di San Marco dei Cavoti di fornire le informazioni necessarie in merito alle ordinanze di rilascio degli alloggi popolari che avrebbe dovuto emettere nei confronti degli occupanti abusivi nonché un riscontro nei termini di legge . La comunicazione della donna contiene, dunque, anche una espressa intimazione al sindaco. La portata della norma incriminatrice non può essere ridotta, come sostenuto dal Tribunale, asserendo che l'istanza della G. integrava una semplice richiesta di informazioni sul ritardo nell'adottare un provvedimento, poiché il reato sanziona la mancata risposta all'istanza per esporre i motivi del ritardo unita alla mancanza dell'atto richiesto con la stessa istanza. Nel caso di specie sia la prima che la seconda sono mancati, come -del resto riconosce la stessa impugnata sentenza del Tribunale, e in entrambi i casi si tratta di provvedimenti rientranti nella esclusiva competenza del sindaco e non delegabili ad altri funzionari del Comune. 3. Il ricorso del pubblico ministero è assistito da fondamento e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio degli atti, per il giudizio di merito in grado di appello, alla Corte di Appello di Napoli ai sensi dell'art. 569 co. 4 c.p.p. Gli argomenti con i quali il ricorrente p.m. censura l'erroneità della decisione del Tribunale sannita, sia quanto alla non configurabilità nei fatti di causa della ritenuta ipotesi di cui all'art. 328 co. 1 c.p., sia quanto alla ravvisabilità nella condotta omissiva dell'imputata T. della contestata fattispecie di cui all'art. 328 co. 2 nella sua duplice connotazione di mancata adozione dell'atto richiesto e di congiunta mancata giustificazione del corrispondente ritardo, appaiono giuridicamente ineccepibili. 3.1. Ma deve rilevarsi che, a monte delle pertinenti doglianze formulate con il ricorso del p.m., la sentenza del Tribunale si segnala per una ulteriore preliminare diversa causa di nullità, in questo caso in procedendo, afferente alla operata diversa definizione giuridica, a norma dell'art. 521 co. 1 c.p.p., della ipotesi di reato contestata all'imputata ai sensi dell'art. 328 co. 2 c.p. e ricondotta dal giudice di merito alla diversa fattispecie di cui all'art. 328 co. 1 c.p. In vero nel caso in esame è stato violato il principio di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, non potendo giudicarsi ai sensi dell'art. 328 co. 1 c.p. una condotta omissiva contestata alla stregua della diversa previsione dell'art. 328 co. 2 c.p., poiché si è in presenza di due diverse fattispecie di reato, del tutto autonome e distinte tra loro. Il reato di cui al 1° comma si consuma con la sola omissione del provvedimento chiesto alla P.A. dal soggetto istante ed incidente su beni di valore primario giustizia, sicurezza pubblica, ordine pubblico, igiene e sanità quello sanzionato dal 2° comma presuppone la coeva sussistenza di due complementari contegni omissivi, che investono la mancata adozione entro il termine di trenta giorni dalla domanda dell'interessato dell'atto richiesto e l'assenza di risposta sui motivi della mancata adozione o del suo ritardo, punendosi in tal modo il comportamento di pura inerzia e inattività del pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio Sez. 6, 20.1.2003 n. 11877, Carletti, rv. 224861 Sez. 6, 5.4.2012 n. 19551, Santaniello, rv. 252785 Sez. 6,16.4.2013 n. 19763, Carbonara, n.m. . Non sottacendosi, per completezza, che il reato di omissione di atti di ufficio ex art. 328 co. 2 c.p. integra un delitto plurioffensivo, perché la sua realizzazione lede, oltre l'interesse pubblico al buon andamento e alla trasparenza della P.A., anche il concorrente interesse del privato danneggiato dall'omissione o ritardo di un atto amministrativo dovuto Sez. 2, 29.3.2011 n. 17345, P.C. in proc. Carota, rv. 25007 . 3.2. Che la condotta omissiva attribuita al sindaco T. non possa essere sussunta nella norma incriminatrice dettata dall'art. 328 co. 1 c.p. è dato oggettivo che viene in luce, come evidenzia il ricorrente p.m., dalla semplice indicazione degli elementi referenziali di tale ipotesi criminosa individuati dalla sentenza del Tribunale. Per quanto involgente un diritto primario della richiedente parte privata L. G., quale il diritto all'abitazione, l'atto di sgombero dell'alloggio popolare alla stessa destinato e occupato senza titolo non può in alcun modo coniugarsi alle generiche ragioni di giustizia ritenute dal Tribunale e ancora meno alle altre ipotesi di cui all'art. 328 co. 1 c.p. ai fini dell'adozione di un provvedimento indifferibile. In vero le ragioni di giustizia considerate dall'art. 328 co. 1 c.p. attengono all'esercizio della giurisdizione in senso proprio ovvero a fatti atti che ad essa si colleghino in modo strumentale o funzionale, in quanto idonei a rendere possibile o più agevole l'attività del giudice penale, civile, amministrativo , del pubblico ministero o degli ufficiale di polizia giudiziaria Sez. 6, 26.2.2013 n. 16567, Salvatore, rv. 254860 . 3.3. Al provvedimento che il sindaco avrebbe dovuto emettere e che la G. aveva sollecitato anche prima dell'atto di diffida del 29.5.2007 erano, per altro, estranei margini di discrezionalità o di apprezzamento valutativo del sindaco, trattandosi di un provvedimento di rilascio o sgombero di immobile abusivamente occupato definibile, giusta la corretta esegesi della normativa di settore svolta dal ricorrente p.m., come tecnicamente dovuto , perché destinato a dare compiuta esecuzione a un procedimento amministrativo già culminato nel provvedimento decisorio del presidente dello I.A.C.P. disponente il rilascio dell'alloggio popolare gestito appunto dallo I.A.C.P. con contestuale diffida ad ottemperare nei confronti degli occupanti abusivi. La oggettiva omissione di tale atto, pure ribadita dallo stesso Tribunale, è oggetto di una fuorviante e contraddittoria analisi della sentenza impugnata. Il Tribunale, da un lato, riconosce la storicità dell'omissione del predetto atto dovuto, ma in modo ben singolare dubita della pienezza del dolo generico che avrebbe scandito la consapevole omissione dell'atto da parte dell'imputata T., nella sua qualità di sindaco perfettamente edotto della situazione dell'alloggio e della fondatezza della richiesta della G. di conseguirne la legittima disponibilità. Da un altro lato lo stesso Tribunale sembra escludere la stessa rilevanza penale della condotta omissiva, solo in quanto la stessa non sarebbe stata attinta da una valida diffida ad adempiere della parte interessata G. . Tale assunto, come osserva il ricorrente p.m., è infondato. Vuoi perché la norma incriminatrice art. 328 co. 2 c.p. non reca traccia della necessità di un atto formale di diffida, facendo menzione unicamente di una richiesta di chi vi abbia interesse di tal che non possono ritenersi necessarie forme e contenuti specifici di siffatta richiesta, fino ad assimilarla alla nozione civilistica di diffida ad adempiere dettata dall'art. 1454 cod. civ. in tema di risoluzione del contratto per inadempimento. Vuoi perché in rapporto alla funzione propria di tale richiesta, che è quella di mettere in mora la P.A. e per essa il pubblico ufficiale competente ad emettere un determinato atto e di farne constare l'omissione o l'inerzia Sez. 6, 27.10.2010 n. 40008, Torio, rv. 248531 Sez. 6, 7.6.2011 n. 36249, Scarpa, rv. 250808 , la richiesta-invito diffida del 29.5.2007 inviata al Comune di San Marco dei Cavoti dalla G., non soltanto richiama la precedente richiesta del 17.3.2007 con specifico invito-intimazione a sanare la situazione alloggio della G. indebitamente occupato da terzi , cioè a provvedere, disponendo il rilascio-sgombero del'alloggio. Ma, come puntualmente dedotto dal ricorrente p.m., contiene un esplicito invito a provvedere recte vera e propria intimazione mediante l'adozione del provvedimento che avrebbe dovuto [già] essere emesso dal Comune per l'esattezza proprio dal sindaco T. . 3.4. Conclusivamente, per le ragioni esposte, la sentenza impugnata deve essere come già anticipato annullata con rinvio degli atti alla Corte di Appello di Napoli per il giudizio di appello in ordine al reato ascritto ad A. T. ai sensi dell'art. 328 co. 2 c.p., precisandosi per completezza descrittiva che il reato è tuttora lungi dall'essere raggiunto da causa estintiva prescrizionale, destinata a maturare non prima dell'1.3.2015 computate le sospensioni ex lege del relativo termine registrate dal giudizio di merito . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per il giudizio alla Corte di Appello di Napoli.