Ai domiciliari ma beccato in cortile: vacilla l’accusa di evasione

Precipitoso rientro in casa per l’uomo, che prova ad utilizzare la porta-finestra che collega abitazione e cortile, ma viene ‘beccato’ dalla polizia. Ciò nonostante, non è scontata la condanna per evasione vanno valutate, con attenzione, le caratteristiche del luogo, e anche il collegamento tra cortile e appartamento.

Scena fantozziana blitz della polizia, e l’uomo, ufficialmente ai ‘domiciliari’ ma beccato in cortile, prova il rientro precipitoso a casa, attraverso una ‘porta-finestra’. Evidente la ‘passeggiata’ non autorizzata, ciò però potrebbe non bastare per la condanna per il reato di evasione. Nodo da sciogliere, difatti, è la valutazione del cortile condominiale e del collegamento con l’abitazione dell’uomo Cassazione, sentenza n. 36639, sez. VI Penale, depositata oggi . Passi indietro Eppure, in prima e in seconda battuta, la posizione dell’uomo è davvero delicata sia in Tribunale che in Corte d’Appello, difatti, egli viene condannato per il reato di evasione , col corredo anche della resistenza a pubblico ufficiale . Conseguenze? Adieu ai ‘domiciliari’, e pena di cinque mesi e dieci giorni di reclusione . Fatale, come detto, il fatto che l’uomo sia stato trovato nel cortile retrostante l’abitazione – nel complesso condominiale dove si trova il suo appartamento –, mentre stava velocemente rientrando in casa attraverso una ‘porta-finestra’ . Nessun dubbio sul ‘peso’ della condotta dell’uomo, almeno per i giudici di merito, anche tenendo presente che la misura cautelare degli arresti domiciliari contemplava, in effetti, l’obbligo di non stazionare neppure nel giardino o distacco condominiale . Ma questa visione viene messa in discussione dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, accogliendo le obiezioni mosse dal difensore dell’uomo, evidenziano che, ai fini della valutazione della configurabilità della trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari , per stretta pertinenza dell’abitazione deve intendersi il luogo che sia da questa immediatamente raggiungibile, senza soluzione di continuità spaziale . Per giunta, spiegano ancora i giudici, non possono essere di per sé esclusi dal concetto di abitazione un’area condominiale, un giardino o un cortile, non potendosi intendere l’abitazione esclusivamente come un appartamento in senso stretto, ossia come una serie di locali chiusi . Di fronte a queste valutazioni, la vicenda non è ancora chiusa la posizione dell’uomo dovrà essere nuovamente esaminata dai giudici di Appello, i quali dovranno vagliare con attenzione le caratteristiche concrete del luogo dove l’uomo è stato beccato dalla polizia, prima di pronunciarsi sull’accusa di evasione.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 10 luglio – 2 settembre 2014, n. 36639 Presidente Agrò – Relatore De Amicis Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 25 giugno 2013 la Corte d'appello di Torino ha confermato la sentenza del Tribunale di Asti del 27 aprile 2012, che all'esito di giudizio abbreviato dichiarava S.G. colpevole dei reati di cui agli artt. 385 e 337 c.p., commessi in Villanova d'Asti il 6 aprile 2012, condannandolo alla pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione, riconosciuto il vincolo della continuazione e concesse le attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva. 2. Avverso la su indicata sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, deducendo due motivi di doglianza, il cui contenuto viene qui di seguito sinteticamente illustrato. 2.1. Erronea applicazione della legge penale riguardo alla configurabilità dei reato di evasione, in quanto l'imputato è stato trovato nel cortile mentre stava velocemente rientrando nella sua abitazione attraverso la porta-finestra, ed il cortile, collegato all'abitazione dello S. con la suddetta porta-finestra, è di piccole dimensioni, essendo delimitato con un cancello, all'interno di un modesto complesso condominiale con quattro alloggi di edilizia popolare. Nella nozione di abitazione, dunque, possono farsi rientrare anche le sue immediate adiacenze, senza alcuna frattura spaziale. 2.2. Illogicità della motivazione riguardo alla mancata sostituzione della pena detentiva in sanzione pecuniaria, stante il contrasto con la giurisprudenza di questa Suprema Corte, secondo cui la prognosi di inadempimento ostativa alla su indicata sostituzione in forza dell'art. 58, comma 2, della l. n. 689/1981 si riferisce solo alla semidetenzione e alla libertà controllata, non alla pena pecuniaria sostitutiva, che non prevede alcuna particolare prescrizione. Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni di seguito indicate. 4. Per quel che attiene alla prima doglianza, emerge dalla sentenza impugnata che la configurabilità del reato di evasione è stata ritenuta muovendo dal presupposto che l'imputato è stato trovato nel cortile retrostante dell'abitazione, mentre stava velocemente rientrando in casa dove era agli arresti domiciliari attraverso la portafinestra . La misura cautelare degli arresti domiciliari, emessa dal Tribunale di Asti con ordinanza dei 26 settembre 2011, contemplava in effetti l'obbligo di non stazionare neppure nel giardino o distacco condominiale. Al riguardo, tuttavia, occorre considerare, sulla base dei canoni ermeneutici delineati da questa Suprema Corte, che ai fini della valutazione della configurabilità della trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari, per stretta pertinenza dell'abitazione deve intendersi il luogo che sia da questa immediatamente raggiungibile senza soluzione di continuità spaziale e che, per le sue caratteristiche strutturali, risulti destinato esclusivamente alla vita privata di chi dimora nel fabbricato in cui si trovano l'appartamento o la casa da ultimo, v. Sez. 3, n. 4369 del 12 dicembre 2013, dep. 30 gennaio 2014, Rv. 258838 . Ne discende che, ai fini dell'apprezzamento di condotte potenzialmente elusive del regime cautelare o espiatorio degli arresti-detenzione domiciliari, l'abitazione dalla quale la persona non può allontanarsi deve intendersi come il luogo in cui il soggetto svolge la propria vita domestica e privata, con esclusione di appartenenze aree condominiali, dipendenze, giardini, cortili e spazi simili che non siano strettamente attigue o pertinenti cioè annesse all'abitazione, dalla quale siano immediatamente raggiungibili senza alcuna soluzione di continuità Sez. 6, n. 4143 del 17/01/2007, dep. 01/02/2007, Rv. 236570 v., inoltre, Sez. 6, n. 3212 del 18/12/2007, dep. 21/01/2008, Rv. 238413 , cioè senza attraversare spazi non riconducibili all'esercizio della vita domestica e privata. Occorre, infatti, che le esigenze legate ai controlli di P.G., periodicamente o saltuariamente esperibili sulla presenza o reperibilità dell'imputato nel luogo di custodia domiciliare, assumano le valenze dell'immediatezza e della non aleatorietà, e che la loro effettività non sia frustrata da un allontanamento del soggetto dallo spazio definito dalla sua stretta abitazione o dalle sue immediate adiacenze, senza alcuna frattura spaziale. Non possono essere di per sé esclusi dal concetto di abitazione, dunque, un'area condominiale, un giardino o un cortile, non potendosi intendere l'abitazione esclusivamente come un appartamento in senso stretto, ossia come una serie di locali chiusi, ma dovendo la stessa, al contrario, essere considerata come il luogo dove ordinariamente si realizza la vita domestica e privata v., in motivazione, Sez. 3, n. 4369 del 12 dicembre 2013, dep. 30 gennaio 2014, cit. . Dalla lettura della sentenza impugnata, in definitiva, non sembra emergere un adeguato approfondimento delle linee interpretative al riguardo tracciate da questa Suprema Corte, omettendosi di vagliare le caratteristiche concrete del luogo ove, al momento dell'intervento effettuato dagli organi di P.G., si trovava l'imputato, la cui condotta potrebbe integrare una mera inosservanza delle prescrizioni inerenti alla misura cautelare applicatagli. 5. Parimenti fondata deve ritenersi, inoltre, la seconda censura v., supra, il par. 2.2. , avendo la Corte di merito enunciato con affermazioni solo generiche le ragioni del diniego della conversione della pena, senza considerare che la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria è consentita anche in relazione a condanna inflitta a persona in condizioni economiche disagiate, in quanto la prognosi di inadempimento, ostativa alla sostituzione in forza dell'art. 58, secondo comma, della L. 24 novembre 1981, n. 689, si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni, ossia alla semidetenzione e alla libertà controllata, e non alla pena pecuniaria sostitutiva, che non prevede alcuna particolare prescrizione Sez. Un., n. 24476 del 22/04/2010, dep. 30/06/2010, Rv. 247274 . Nell'enunciare tale principio, questa Suprema Corte ha affermato che, nell'esercitare il potere discrezionale di sostituire le pene detentive brevi con le pene pecuniarie corrispondenti, il giudice deve tenere conto dei criteri indicati nell'art. 133 cod. pen., tra i quali è compreso quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell'imputato, ma non quello delle sue condizioni economiche. 6. S'impone, conclusivamente, l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, per unna rivalutazione degli specifici profili sopra evidenziati, che nella piena libertà dei relativi apprezzamenti di merito dovrà colmare le su indicate lacune motivazionali, uniformandosi ai principii di diritto in questa Sede stabiliti. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'Appello di Torino.