“Invasione di territorio” del pedone: da risarcire il ciclista che si butta

Il pedone che invade la pista ciclabile è tenuto a risarcire il danno cagionata al ciclista transitante, che per evitare l’impatto, cada a terra riportando lesioni.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 35957 della Corte di Cassazione, depositata il 19 agosto 2014. Il caso. Una donna, scesa senza guardare da un marciapiede, aveva invaso l’adiacente pista ciclabile, provocando la caduta di una ciclista transitante con la propria bicicletta, cagionandole lesioni personali. Il Giudice di Pace assolveva la donna dal reato di lesioni colpose per non aver commesso il fatto. Su appello della sola parte civile, il Tribunale, in riforma della sentenza impugnata, condannava il pedone al risarcimento del danno a favore della ciclista. Avverso la sentenza d’appello ricorreva, allora, la soccombente, lamentando vizio di motivazione per aver omesso di procedere alla valutazione critica dell’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla parte civile. Rilevanza e attendibilità fonti di prova giudizio insindacabile in sede di legittimità. La Cassazione ricorda che non è sindacabile in sede di legittimità, la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova, circa contrasti testimoniali o circa la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti, salvo il controllo su eventuali vizi di congruità e logicità della motivazione Cass., n. 20806/2011 . Nel caso di specie, il giudice d’appello aveva motivato in modo adeguato, completo ed esauriente sia l’inattendibilità delle disposizioni rese dai testi, perché contraddittorie e non armonizzabili tra loro, sia la credibilità e la coerente logicità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa. Il Giudice difatti aveva riscontrato l’oggettiva plausibilità delle descrizioni offerte dalla ciclista, comparandole anche con la descrizione resa dalla stessa imputata. Riscontri non smentiti dalla circostanza portata avanti dalla ricorrente, circa la mancanza di conseguenze lesive a suo carico, non essendoci stato alcun contatto con la ciclista. La valutazione del giudice d’appello – specifica la Corte – è immune da vizi di indole giuridica e logica e come tale si sottrae alle censure illustrate dai ricorrenti in sede di legittimità. Sulla base di tali argomenti la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 5 giugno – 19 agosto 2014, n. 35957 Presidente Zecca – Relatore Dell’Utri Ritenuto in fatto 1. Con sentenza resa in data 16.9.2010, il giudice di pace di ha assolto dall'imputazione relativa al reato di lesioni colpose asseritamente commesso, in il 7.6.2005, ai danni di , per non aver commesso il fatto. All'imputata, era stata originariamente contestata la condotta colposa consistita nella violazione delle norme sulla disciplina della circolazione sudale, essendo, nell'occasione de qua, repentinamente scesa senza guardare da un marciapiede, casi invadendo l'adiacente pista ciclabile andando a costituire un ostacolo per i ciclisti ivi transitanti, e provocando la caduta della transitante sulla pista con la propria bicicletta, così cagionandone lesioni personali comportanti un impedimento ad attendere alle ordinarie occupazioni per un periodo superiore ai 40 giorni. Con sentenza in data 13.7.2012, il tribunale di su appello della sola parte civile, in riforma della sentenza impugnata, ha condannato la al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita, rimettendo le parti dinanzi al giudice civile competente per la liquidazione, salva l'assegnazione di una provvisionale in favore della Avverso la sentenza d'appello, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione l'imputo, sulla base di tre motivi di impugnazione. 2.1. - Con il primo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, essendo il giudice d'appello pervenuto in modo erroneo alla riforma della sentenza di primo grado, senza procedere allo sviluppo di alcuna argomentazione critica destinata a disarticolare le ragioni indicate dal primo giudice a sostegno dell'assoluzione dell'imputata. In particolare, il tribunale di avrebbe del tutto omesso di affrontare il punto determinante del discorso giustificativo della sentenza di primo grado consistito nella ritenuta contraddittorietà della deposizione resa dalla parte civile nel corso del giudizio , limitandosi all'indicazione di rilievi del tutto generici e inconferenti ai fini della decisione a ciò peraltro sollecitato dalle aspecifiche censure illustrate nell'appello della parte civile , ivi compreso l'irrilevante giudizio di inattendibilità formulato in relazione alle altre deposizioni testimoniali addotte dalla difesa. 2.2. - Con il secondo motivo, la ricorrente si duole del vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata, per aver omesso di procedere ad alcuna valutazione critica in ordine all'intrinseca attendibilità delle dichiarazioni rese dalla parte civile, indicate a sostegno della condanna pronunciata in sede d'appello. 2.3. - Da ultimo, la ricorrente si duole della radicale omissione di motivazione, imputabile alla sentenza d'appello, circa la disposta assegnazione, in favore della parte civile costituita, della provvisionale dell'importo di euro 8,000,00, determinata dal tribunale senza indicazione di alcun criterio idonea a controllarne la congruità. 2.4. - All'odierna udienza, il difensore delle parte civile ha concluso come da nota scritta depositata. Considerato in diritto 3. Il ricorso infondato. Preliminarmente, osserva il collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa corte di cassazione, debba ritenersi non sindacabile, in sede di legittimità, la valutazione del giudice di merito, cui spetta il giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova, circa contrasti testimoniali o circa la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti, salvo il controllo su eventuali vizi di congruità e logicità della motivazione Cass., Sez. 2, n. 20806/2011, Rv. 250362 Cass., Sez. 4, n. 8090/1981, Rv. 150282 . Nel caso di specie, il giudice d'appello ha evidenziato come le deposizioni rese dei testi fossero minate da intrinseca inattendibilità, avendo gli stessi reso dichiarazioni nel loro complesso contraddittorie, siccome caratterizate da attestazioni in più punti non armonizzabili tra loro, secondo quanto reso evidente dai passaggi espressamente e analiticamente riportati nel testo della motivazione. Lo stesso tribunale ha inoltre evidenziato la credibilità e la coerente logicità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, individuandone il riscontro attraverso l'oggettiva plausibilità delle descrizioni relative alle occorrenze del fatto dalla stessa offerte, oltre alle conferme rinvenibili dal racconto reso dalla stessa imputata riscontri non smentiti in alcun modo dalle circostanze valorizzate dall'imputata, circa la mancanza di conseguenze lesive a suo carico atteso il carattere pacifico della circostanza costituita dalla mancanza di alcun contatto tra le protagoniste del sinistro , ovvero in ordine alle conseguenze della visita oculistica sostenuta dalla poco prima del sinistro, avuto riguarda al carattere meramente congetturale dell’eventuale compromissione delle facoltà visive della vittima. La motivazione compendiata dal giudice d'appello deve dunque ritenersi su tali punti completa ed esauriente, immune da vizi d'indole logica o giuridica, come tale idonea a sottrarsi integralmente alle censure in questa sede illustrate dalla ricorrente. Deve ritenersi, da ultimo, del tutto privo di rilievo il terzo motivo di ricorso avanzato dalla con riferimento alla contestata quantificazione della provvisionale riconosciuta in favore della persona offesa, dovendo il tema ritenersi integralmente assorbito dall'avvenuto definitivo accertamento della responsabilità della ricorrente e della disposta rimessione, alle determinazioni del giudice civile, della conclusiva quantificazione del danno risarcibile. 4. - Sulla base delle argomentazioni che precedano, dev'essere attestata l'integrale infondatezza di tutti motivi di doglianza avanzati dalla ricorrente, con conseguente rigetto del relativo ricorso e la condanna della stessa al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile , secondo la liquidazione di cui al dispositivo. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile , liquidate in euro 2.000,00, oltre accessori come per legge.