Facendo guidare la propria autovettura ad un soggetto in stato di ebbrezza si rischia il rinvio a giudizio?

Far guidare la propria autovettura ad un soggetto in stato di ebbrezza alcolica, potrebbe costituire oggetto di imputazione anche per il passeggero-proprietario, rinviato a giudizio dalla Procura di Trieste in ordine a due ipotesi di reato, sia pure contestate in maniera alternativa.

La prima per aver violato l’art. 186 CdS richiamando l’art. 40 cpv c.p. in quanto, quale proprietario del mezzo, non impediva che il conducente si ponesse alla guida in stato di ebbrezza alcolica. La seconda, ex artt. 110-113 c.p. per avere, in concorso di volontà e/o azione con il conducente, concorso alla commissione del medesimo reato di guida in stato di ebbrezza. Il Tribunale di Trieste, in composizione monocratica, con la sentenza n. 379/14, depositata il 23 maggio scorso, in seguito a rito abbreviato, ha riconosciuto la penale responsabilità del conducente, per violazione dell’art. 186 CdS, mandando invece assolto il proprietario-passeggero, perché il fatto non sussiste, da entrambe le qualificazioni in via alternativa. La sentenza assume rilievo perché non sono stati rinvenuti precedenti in termini. Il Giudice, prendendo in considerazione la prima ipotesi, non ritiene che la contravvenzione possa essere addebitata al proprietario, non guidatore, alla stregua dell’art 40 cpv. c.p. e cioè perché non ha impedito un evento che aveva l’obbligo giuridico di impedire. Trattasi di un reato commissivo mediante omissione, ovvero reato omissivo improprio, posto che dalla mancata realizzazione dell’azione pretesa dal soggetto obbligato è derivato l’evento penalmente rilevante. A differenza del reato omissivo proprio, nel quale il colpevole risponde del mancato compimento dell’azione dovuta, senza che consegua un evento naturalistico art. 328 c.p. . Gli elementi caratterizzanti i reati omissivi impropri sono, dunque, l’obbligo giuridico di impedire un determinato evento e il nesso di causalità. Afferma il Giudicante che in tema di CdS la Cassazione, al di là dell’incauto affidamento del veicolo a soggetto privo di idonea abilitazione in tal senso, si è soffermata di fatto solo sulla posizione non già del proprietario, bensì del conducente del mezzo . Esiste, infatti, un obbligo di natura contrattuale sul conducente, il quale deve assicurare al soggetto trasportato una circolazione sicura e priva di rischi. Nel caso che ci occupa nessun obbligo giuridico sussisteva nei confronti del passeggero, semmai era il conducente a garantire che il viaggio, anche a titolo gratuito, avvenisse nella massima sicurezza e di conseguenza difficile se non impossibile individuare alcuna responsabilità, ex art. 40 cpv c.p., in capo al trasportato. Conducente sobrio? Alle stesse conclusioni si giunge anche affrontando il problema sull’esistenza di un eventuale obbligo, ex lege , gravante sul proprietario in relazione allo stato di sobrietà o meno del conducente. Al riguardo sappiamo che esiste, fatto salvo il profilo amministrativo legato all’incauto affidamento del veicolo a soggetto privo dei requisiti di legge, un concorso nel reato di guida senza patente, ex art. 116 CdS. Ora, se questo è vero in relazione al reato di cui all’art. 116 CdS dinanzi evocato, non si vede perché differente ragionamento dovrebbe essere fatto in relazione all’art. 186 CdS . Non sembra facilmente superabile in questo caso il generale principio del divieto del ricorso all’analogia in diritto penale, riguardo innanzi tutto le norme incriminatrici. Ed è altrettanto evidente che, sia la guida senza patente che la guida in stato di ebbrezza, sono sanzionate penalmente e non soggette quindi ad interpretazione analogica. A tutto voler concedere, sarebbe necessario comunque un comportamento doloso nel soggetto che affida ad altri la guida del veicolo, ma anche questa circostanza non è stata sufficientemente provata. Sul punto ritorneremo più dettagliatamente quando tratteremo la tesi del concorso ex art. 110 ovvero 113 c.p Venendo alla seconda qualificazione giuridica, va subito evidenziato che il concorso colposo, per espresso dettato dell’art. 113, non si applica alle contravvenzioni, ma solo ai delitti. Ciò detto, parte della dottrina e della giurisprudenza riconosce la possibilità di applicazione del citato art. 113 c.p. anche alle evocate contravvenzioni, ma solo allorché tale concorso avvenga a titolo di dolo . Viene richiamata la sentenza Cass., Sez. IV, n. 32900/2009 laddove è configurabile il concorso nel reato di guida senza patente, anziché l’illecito amministrativo di incauto affidamento di veicolo a persona non munita di patente, quando l’affidante agisca con dolo, cioè sia consapevole che l’affidatario è sprovvisto di patente e ciononostante gli abbia consentito di fare libero uso del veicolo e di commettere il reato. Trattasi, però, di concorso, ex art. 110 piuttosto che 113 c.p., nel reato di guida senza patente, in quanto, pur non essendovi partecipazione all’esecuzione materiale del reato, l’agente ha fornito i mezzi per commetterlo. Il proprietario era a conoscenza che il conducente avesse un tasso alcolemico rilevante penalmente? Applicato questo ragionamento al caso de quo , il passeggero avrebbe dovuto essere consapevole dello stato di ebbrezza del conducente ed in quanto tale partecipe del reato contravvenzionale affidandogli la guida dell’auto. Detto questo, non pare tuttavia, che sia francamente possibile il sostenere, con sufficiente certezza, che il proprietario fosse consapevole del fatto che il conducente versasse in uno stato di alterazione, ma che detto stato alterato fosse penalmente apprezzabile. Depongono in tal senso diversi fattori. C’è prima di tutto la fascia, da 0,5 a 0,8 g/l, la cui punibilità è prevista solo a livello amministrativo e, pertanto, non costituisce ancora illecito penale. Per questo è difficile sostenere che il passeggero fosse a conoscenza che l’affidatario del mezzo avesse un tasso alcolemico rilevante penalmente, anche perché questo tipo di accertamento è rimesso alla valutazione altrui e soggetto a vari fattori. Tantomeno il conducente non era stato sottoposto all’alcoltest perché coinvolto in un sinistro, ma nel corso di un normale controllo di prevenzione. Elementi che inducono a ritenere non sufficientemente provato il dolo del proprietario affidante necessario a sorreggere un eventuale concorso che il Giudicante ritiene ai sensi dell’art. 113 c.p., ma che, anche alla luce della citata sentenza della Suprema Corte, più propriamente sarebbe invece avvenuto ex art. 110 c.p Tesi accusatoria non condivisa anche sotto questo profilo, attesa l’assoluzione perché il fatto non sussiste.

Tribunale Ordinario di Trieste, sentenza 14 marzo – 23 maggio 2014, n. 379 Giudice Tomassini Fatto e diritto All'odierna udienza e venivano tratti a giudizio per rispondere dei reati loro ascritti. In particolare il era imputato del reato di cui all'art. 186, II comma, lett. c , sexies , CdS, laddove la rispondeva, in via alternativa, del reato di cui all'art. 40 cpv cp, 186 II co lett. c , sexies Cds ovvero del reato di cui agli artt. 110-113 cp, 186, II co. Lett. c II co sexies Cds. Il procedimento si svolgeva con le forme del rito abbreviato essendovi stata richiesta in tal senso da parte degli imputati in data 7.2.2014. Il Giudice disponeva in conformità alla richiesta del predetto Difensore, ed acquisiva il fascicolo del Pm. Il Giudice, inoltre, avuto riguardo alle conclusioni dalle Parti rassegnate, rinviava all'odierna udienza per eventuali repliche, e dunque decideva la controversia nei termini di cui al seguente dispositivo. Vicenda, questa oggi in esame, alquanto insolita, in special modo per quanto riguarda, come si vedrà, la posizione della imputata. In data 26.4.2012 i Cc di Muggia fermavano alle ore 03.30 circa in via Petracco, in Trieste, l'autovettura Lancia Y tg. BV198MD di proprietà della predetta. Alla guida vi era il Costui, sottoposto ad alcoltest, risultava positivo ad entrambi i controlli rispettivamente, 2,01 g/L la prima prova e 1,84g/L la seconda . Pacifica, dunque, ed incontestabile -ed onestamente incontestata la colpevolezza del menzionato rispetto al reato addebitatogli, reato correttamente contestato essendo egli nella c.d. fascia sub c ed essendo altresì sussistente la circostanza aggravante dell'ora notturna come detto, erano le tre e mezza circa della mattina . Molto, molto più complessa la posizione della soggetto che viene in questa sede accusata, in via alternativa, di concorso, ex art. 113 cp, nel reato colposo altrui, ovvero del reato omissivo c.d. improprio costruito ai sensi dell'art. 40 cpv cp. Costei non stava guidando era seduta a fianco del , e, di conseguenza, unica sua possibile colpa è stata quella di essere stata, in tale veste soggettiva, vicina a colui che di certo ha commesso il reato a lui addebitato. Si rende innanzitutto questo Giudice conto della non facilità almeno per il sottoscritto della decisione che gli viene chiesta. Non sono stati rinvenuti precedenti in termini, e di conseguenza non si potrà che procedere per linee generali, nella speranza di trovare, appunto in tali linee , una indicazione tecnicamente valida. Sarà necessario, come ovvio, affrontare entrambe le prospettazioni d’Accusa portate avanti dal Pubblico Ministero. Non convincente, sebbene di certo suggestiva, la tesi secondo la quale la dovrebbe rispondere del reato addebitatole alla stregua del disposto di cui all'art. 40 cpv cp. Come noto, il reato omissivo improprio o di mancato impedimento, ovvero ancora commissivo mediante omissione, consiste nel mancato impedimento di un evento materiale che si aveva l'obbligo giuridico di impedire ai sensi dell'evocato art. 40 cpv cp. Secondo illustre dottrina, un reato omissivo è configurabile soltanto se il soggetto riveste, preventivamente alla commissione del fatto di reato, la qualifica soggettiva dalla quale derivi l'obbligo giuridico di attivarsi per impedire l'evento. Da tale precisazione deriva che i reati omissivi propri possono essere propri es. art. 328 cp ovvero comuni art. 593 cp laddove i reati omissivi impropri sono tutti reati propri. Ciò si spiega con la necessità di salvaguardare i destinatari delle norme penali nel senso di rendere chiaro chi sia il soggetto tenuto ad osservare l'obbligo di impedire l'evento in ciò, peraltro, si coglie l'operatività del principio di legalità, declinato come principio di riserva di legge, tassatività e determinatezza . Gli elementi caratterizzanti i reati omissivi impropri sono l. l'obbligo giuridico di impedire l'evento, con la correlata conclusione giusta la quale deve esistere, a monte, una fonte da cui simile obbligo scaturisce, 2. il nesso di causalità tra l'omissione e l'evento. Evidente, comunque, che in tanto si procederà alla verifica del nesso di causalità in quanto positiva risulti la prima valutazione, e cioè la individuazione di una fonte generatrice di un obbligo di impedire un determinato evento. Non è questa la sede per descrivere le tesi che in dottrina hanno lungamente analizzato tale cruciale problema. In tema di CdS la Cassazione, a quanto consta al sottoscritto Giudice, ed al di là dell'incauto affidamento del veicolo a soggetto privo di idonea abilitazione in tal sensoi, si è soffermata da fatto solo sulla posizione non già del proprietario, bensì del conducente del mezzo. Invero, si opina, sul conducente grava un obbligo di natura contrattuale intercorrente con il soggetto trasportato, obbligo che fa sì, in buona sostanza, che il conducente medesimo abbia il dovere di mettere il citato soggetto trasportato nelle migliori condizioni in vista di una circolazione stradale il più possibile sicura e priva di rischi. Ora, se le cose stanno in questo modo, non sfuggirà al lettore la difficoltà nel rinvenimento, in capo alla la quale, si ricorda, era la proprietaria passeggera del mezzo, non già la conducente del medesimo -, di un obbligo rilevante ai fini che ora interessano. Di certo la imputata non aveva alcun tipo di obbligo contrattuale, ed anzi semmai era lei stessa ad avere, giusta quanto sopra precisato, una legittima aspettativa ad essere tenuta al riparo di eventuali pericoli da parte del Si consideri, ad esempio, quanto previsto dall'art. 1681 cc in tema di responsabilità del vettore . Come noto, giusta l'ultimo comma di detto articolo, simili prescrizioni si applicano anche nei contratti di trasporto gratuito . Tuttavia, anche in quel caso, eventualmente, come già anticipato, eventuale obbligazione graverebbe o sarebbe gravata sul non già sulla mera trasportata, di modo che veramente difficile sarebbe la individuazione di un obbligo sulla medesima incombente ex art. 40 cpv cp. Da escludersi la c.d. consuetudine ovvero il precedente fratto illecito, non rimane che affrontare la questione forse più delicata, e cioè quella concernente un eventuale obbligo ex lege. Come detto, il CdS è silente al riguardo, ma altrettanto silente il Codice non si pone rispetto, come pure visto, all'incauto affidamento del mezzo a soggetto privo di patente . Ebbene, già questa differente modalità di trattazione della vicenda induce a ritenere che nessun obbligo gravi sul proprietario in relazione allo stato di sobrietà o meno del conducente. Invero, dovrebbe essere sempre valido il brocardo giusta il quale lex, ubi voluti, dixit ”. In altre parole, cioè, sempre avendo a mente che in ambito penale ogni allontanamento dal principio della tassatività è a dir poco sospetto, non v'ha chi non veda come la estensione, da parte dell'Interprete e cioè del Giudice di un criterio di responsabilità in capo al proprietario, ma non conducente, del mezzo proprio a cagione della di lui posizione soggettiva sia estensione alla quale procedere con molta cautela. Ma nel caso di specie vi è di più, ed è argomento, questo, che verrà speso e valutato anche in altra parte del presente provvedimento. E’ noto che salvo il profilo amministrativo legato all'incauto affidamento del veicolo a soggetto privo dei necessari requisiti di Legge, ugualmente esiste un concorso nel reato di guida senza patente di cui all'art. 116 CdS. In proposito, invero, la Corte di Cassazione ha anche recentemente statuito al riguardo. Ora, se questo è vero in relazione al reato di cui all'art. 116 CdS dinanzi evocato, non si vede perché differente ragionamento dovrebbe essere fatto in relazione all 'art. 186 CdS. Sarebbe necessario il dolo, dunque, e tale dolo non risulta nel caso di specie essere stato dimostrato il punto verrà maggiormente sviluppato allorché si discuterà della opzione alternativa portata avanti dal Pm, e cioè la tesi del concorso, ex art. 110 ovvero 113 cp . In conclusione, dubita il Giudice che in una situazione come quella ora in esame sulla gravasse, nella di lei qualità di proprietaria della autovettura condotta dal una posizione di garanzia ex art. 40 cpv cp, di modo che non pare che vi siano spazi per una sua condanna sotto questo profilo. Analoga conclusione deve essere raggiunta anche in ordine alla contestazione in via alternativa dal Pm proposta. L'art. 113 cp riguarda, formalmente, i delitti, e non già le contravvenzioni, di modo che già sotto questo preliminare aspetto vi è, all 'evidenza, un problema. Ciò detto, parte della dottrina e della giurisprudenza riconosce la possibilità di applicazione del citato art. 113 cp anche alle evocate contravvenzioni, ma solo allorché tale concorso avvenga a titolo di dolo e qui, come evidente, si torna al problema dinanzi accennato . In altre e più semplici parole, secondo questa ricostruzione la in tanto risponderà del reato ascrittole ex art. 113 cp – l’art. 110 cp, francamente, non pare correttamente evocabile, atteso che difettano i principi che regolano gli elementi del concorso ordinario in quanto consapevole, dello stato di ebbrezza del ed in quanto tale, appunto, dolosamente partecipe del di lui reato contravvenzionale. Ebbene, tale ragionamento sarebbe condivisibile in astratto, ma sconta, in concreto, il difetto di una tranquillizzante prova in tal senso. Si è visto che il prevenuto era in stato di ebbrezza, ed aveva un tasso alcolemico di certo rientrante nella maggiormente grave fascia di cui alla lettera c del II comma dell'art. 186 CdS. Detto questo, non pare, tuttavia, che sia francamente possibile il sostenere, con sufficiente certezza, che la fosse non si dice consapevole del fatto che il versasse in uno stato di alterazione, ma che detto stato alterato fosse penalmente apprezzabile. Il punto merita un minimo di precisazione. E’ noto che nella fascia da 0.5 a 0.8 g/l si versa in uno stato di illiceità, nel senso che non si dovrebbe guidare in simili condizioni. Ciò detto, è tuttavia altresì vero che la sanzione a tal proposito irrogabile è di natura amministrativa, di modo che è ovvio che nell'ambito di tale ambito il reato non si sia ancora consumato. Ora, ciò premesso, pare al Giudice francamente impossibile l'affermare che la fosse non solo consapevole che il fosse in stato di alterazione da alcol alterazione si immagina e già questo termine la dice lunga su quanto tale percezione possa essere spesa in ambito penale alquanto evidente, ma per il resto lasciata, appunto, alla valutazione altrui , ma anche ugualmente consapevole quanto meno che il citato si trovasse in stato di intossicazione alcolica superiore a 0.8. Invero, solo in questo caso si sarebbe potuto rimproverare alla giudicabile di avere, mediante affidamento all'uomo della propria vettura, colposamente contribuito alla realizzazione, da parte dell'imputato, del reato contestatogli. Ma, si ripete, da cosa si può ottenere tale e simile tranquillizzante prova? A dirla tutta, anche la annotazione di Pg dd. 26.4.2012 in atti e legittimamente acquisita a seguito di richiesta di giudizio abbreviato non pare dire molto in proposito. Invero, il era stato sottoposto a controllo alcolimetrico non già perché coinvolto in un sinistro ovvero perché palesemente ubriaco , ma solo perché portatore dei consueti indici di ebbrezza che solitamente inducono i rappresentati delle Forze dell'Ordine ad una valutazione in tal senso. Ebbene, stando così le cose, come si può realmente dire che la sapesse che il conducente della macchina di sua proprietà, fosse in uno stato di ebbrezza penalmente rilevante? Come si può escludere che la donna non pensasse, erroneamente, che vi fosse, sì, uno stato di ebbrezza, ma che detto stato e detta condizione rimanessero nell'ambito del penalmente lecito? E’ chiaro, almeno ad avviso del sottoscritto Giudice, che per superare simile dubbio occorrerebbe procedere ad una petizione di principio, e cioè ad un qualcosa che nel processo penale non può che avere scarsa cittadinanza. Ecco, dunque, che, fermo restando che in capo alla giudicabile permangano seri dubbi circa il di lei comportamento, è in ogni caso il Giudice dell'opinione che non sia stato superato quel minimun richiesto per la dimostrazione di quel dolo che deve sorreggere il concorso ex art. 113 cp in relazione alle contravvenzioni, e che di conseguenza anche sotto questo profilo la tesi accusatoria non possa essere condivisa. Non rimane, a questo punto, che passare ad affrontare la problematica relativa alla dosimetria della pena nei confronti del concretamente irrogabile. Non è in alcun modo opportuno concedere al citato le circostanze attenuanti generiche ex art. 62 bis cp. Il fatto oggi in esame è oggettivamente grave elevato stato di alterazione alcolica in contesto di guida notturna e l'imputato ha, tra gli altri, anche un precedente specifico del 2009. Indiscutibile, pertanto, che il riconoscimento delle menzionate attenuanti generiche ex art. 62 bis cp altro non sarebbe che una sorta di esercizio di buonismo privo di ogni significato. Sicura, come detto, la sussistenza della circostanza aggravante della guida in stato di ebbrezza in orario notturno. Ciò premesso avuto riguardo non solo ai criteri guida di cui all'art. 133 cp, ma anche alla diminuente imposta per la scelta del rito ex art. 442 cpp, è il Giudice dell'opinione che equa pena per il in ordine al reato del quale egli stesso è stato riconosciuto colpevole ben possa essere quella di mesi quattro di arresto ed € 2000,00 di ammenda a detta sanzione segue, ope legis, la condanna del stesso al pagamento delle spese processuali. Il Giudice, ancora, ricorrendone i presupposti di legge infligge all'imputato la pena accessoria della sospensione della patente per la durata di anni uno. Sussistono adeguati elementi per procedere alla sostituzione della pena detentiva di cui sopra in quella di mesi otto di libertà controllata. Motivazione riservata ex art. 544 III comma cpp nel termine di giorni novanta. P.Q.M. Il Giudice, visti gli artt. 442, 533, 535 cpp dichiara colpevole del reato ascrittogli e concessa la diminuente di cui all'art. 442 cpp lo condanna alla pelta di mesi quattro di arresto ed € 2000,00 di ammenda oltre al pagamento delle spese processuali infligge all'imputato la pena accessoria della sospensione della patente per la durata di anni uno dispone la sostituzione della pena detentiva di cui sopra in quella di mesi otto di libertà controllata Visto l'art. 530 II co cpp assolve dal reato ascrittole, in entrambe le qualificazioni in via alternativa proposte, perché il fatto non sussiste Visto l'art. 544 III co cpp indica in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione della presente sentenza.